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Sagarana SAGARANA PER L'HAITI


Vista la tragedia umana e naturale ad Haiti che continua a esplicarsi sotto lo sguardo attonito del mondo abbiamo pensato alla poesia come mezzo per esprimere il dolore, la denuncia e il recupero di umanità necessari in questo momento. Abbiamo deciso pertanto di dedicare questa Lavagna del Sabato a poesie che esplorino e mettano a nudo tutto ciò che le viscere della terra stanno rivelando in questa fiera e sfortunata isola caraibica, e per questo abbiamo invitato alcuni poeti italiani, nativi o migranti, che ci hanno regalato ciascuno una sua poesia inedita sull'argomento. Speriamo così di contribuire alla moltitudine di voci che si stanno levando in tutto il mondo per sostenere il popolo haitiano.


Sette poeti


SAGARANA PER L'HAITI



 

Davide Ferrari
 
UN FILM SOTTILE

Un film sottile di calce 
altra non se ne possiede.
Sepolti -dicevano- in fossa comune
ma braccia, gambe spezzate 
sono bianche al vento
a diventare ossa alla vista dei figli.
Nemmeno coprire le fosse si può fare,
Haiti dove i sassi hanno valore
dove la calce ha un prezzo,
e i corpi sono nemmeno più merce
irrigiditi, innumeri, come
nei mucchi di Auschwitz.

 
 
 
oooOooo
 
 
Giulio Stocchi
 
PAESAGGIO
 
 
Quando poi ebbe cessato
la terra di scuotersi
di dosso
il più che millenario
fastidio
di ciò che la gravava
e tornò frantume
di pietraia
la fatica
di generazioni
così che l’unica
misura
contro il cielo
furono le braccia
aperte
nere
della madre
ad ascoltare il lamento
che di laggiù
veniva
ed un raschìo di maceria
spezzata con le unghie
tra le notizie e dietro
gli occhiali
giù brillava
lo sguardo
di chi allineando
cifre
sui fogli
contava
intanto
il guadagno
 
 
oooOooo
 
 
Hamid Barole Abdu
 
PER I DANNATI DELLA TERRA
 
 
Per coloro che non hanno diritto alcuno
Non conoscono pace e uguaglianza
Che vivono nel terrore
E nell’angoscia
Non conoscono democrazia
Né partecipazione
 
Per coloro che non hanno mai conosciuto
L’amore
Nati nella cultura della guerra
Giocano con le armi
Oppressi da mali secolari
E odi tribali
 
Per coloro che navigano nell’assoluta
Arretratezza
E sognano solamente nemici
Vivono nella povertà
Nell’ignoranza
Non conoscono la libertà
 
Per coloro che nascono nello
Sfruttamento
Umiliati senza dignità
Vivono nell’oppressione
E non possono ribellarsi
 
Per coloro che conducono una vita
Penosa
Che hanno interiorizzato l’offesa
Vivono nella sofferenza
E nella paura
 
Per coloro che permangono
Nell’impotenza
E di lottare non hanno forza
 
Per coloro che desiderano ridere
E vogliono la pace
Io sogno
Quel sottile tremante
Raggio di sole
Che un giorno
Esitante
Illuminerà i loro volti,
Ma che mai più
Abbandonerà le loro anime.
 
 
oooOooo
 
 
Julio Monteiro Martins
 
HAITI
 
 
Addosso a me
il mantello del bondyè:
una lastra di cemento.
Tenebre, abissi,
il pepe bianco
della calce viva.
 
La terra nostra
è la foglia del banano
alla mercede del machete,
delle frustate
dell’uragano.
Ogni calcinaccio un fiore.
 
Il gros bonange non c’era.
Il gros bonange dormiva
dai tempi di Toussaint Louverture,
decapitato nel sonno,
tumulato da Papa Doc.
 
I tonton macoutte
anche se cadaveri
si risveglieranno
con in pugno
l’ascia di Shango.
Gli angeli del Dahomey
invece,
le ali strappate nel crollo,
non si rialzeranno mai più.
 
La nuvola di piombo
mi ha seppellito
nella tana del profondo.
Si è spento il sole
sotto la pietra sacra dei Loa.
 
Sono nel regno notturno
del Baron Cimetere.
Uso una montagna
per cappello.
Non vedo – polvere negli occhi.
Non parlo – polvere nella bocca.
Non respiro – polvere nelle narici.
 
Non oso più camminare
sull’uragano
che si nascondeva tra le radici.
 
Sono qua, giù,
ed aspetto.
 
Ora anch’io
piccola mambo,
mi nascondo
in silenzio
tra le radici.
 
 
oooOooo
 
 
Adam Vaccaro
 
HAITI È UN URLO
 
Haiti è un urlo – l’ultimo
di questa carne umana 
macinata dalla macina
del dominio che decide
senza domande chi nel mondo
navigherà nell’oro o nella
                                           merda 
Il terremoto ha rotto il silenzio
sulla infinita colonna in-fame di
bambini in fila verso la bocca 
corrosa che li renderà liberi! – ma
vedete come siamo trepidi e
bravi nell’invio di soldati e
soccorsi  
 
Io giravo scalzo e senza
pazienza senza consistenza
senza accoglienza nemmeno del
vento che mi braccava nella polvere
come l’ultimo invisibile granello
qual ero e nient’altro
                                    anch’io 
Che all’urlo d’ali della Terra
bastò poco per sollevare
fino a questi prati di cielo
limpidi e senza limiti così
pieni dello stesso niente che
ero – finalmente angelo e 
                                          libero
E scorrono in tivvù i numeri
impossibili dei morti senza
nome le immagini dei corpi
immoti tra le coltri di polvere
i morti ammassati in bare
sconnesse di cartone e fosse
                                              comuni
Ancora ancora e ancora
repliche senza vergogna
delle catene dei deliri
di Dachau e Auschwitz
rinnovate senza scandalo
ora è solo colpa di Dio e della
                                                 Terra
 
 
 
oooOooo
 
 
 
Gregorio Carbonero
 
CANZONE DEL QUIETO VIVERE
 
Come si vive dalle tue parti? gli si chiedeva
perché no, invece, come si muore dalle tue parti,
pensi che avresti il diritto di morire come un individuo
il diritto all’angoscia del tempo che passa,
meritare una veglia funebre, parenti
amici che ti rimpiangono, è anche un privilegio dopo tutto,
- a un migrante
(no immigrato o emigrato
l’atto incompiuto, la meta non ancora raggiunta
la mano si agita e non afferra alcunché
o è l’annaspare
che muove a speranza?)
 
Ma tu conosci la normativa:
cammina come se non ti fossi fermato mai.
sii educato, ponderato, esibisci un passo agile
il muoversi svelto, da persona indaffarata (ma non innervosirti
sarebbe troppo rischioso, chiunque potrebbe
essere di troppo, non si sa mai!)
 
Roba da terzo mondo! Si sente dire in giro
roba da altri mondi! roba da matti! da non credersi!
le sofferenze di altri sono i tuoi fantasmi
ingozzato di paure, ti chiedi in che mondo viviamo
ma si dovrà pur vivere!
(anche di avanzi si può vivere, anche tra scarti, poi
basterebbe un passo falso per finire male)
segui senza capire, non c’è niente
da capire e anche niente da non capire,
tutto sarà come prima, ma com’era prima
questo non lo sai, cosa potrebbe essere come prima?
 
Non sei un diseredato, un emarginato
ma cosa ti succede in questi ultimi tempi?
I giornali, la tv, parlano dell’istinto di sopravvivenza,
che per vivere si debba ricorrere al istinto di sopravvivenza?
dicono di cadaveri che ormai vengono bruciati per strada
parlano di stermini, pulizie etniche, stragi
sciagure di massa, paura della sete, si calcola
quanti bambini muoiono al secondo,
pari all’intera popolazione prescolare del Giappone
ogni anno muoiono 6 milioni di bambini
di fame, in realtà non per la mancanza di cibo, spiegano
ma per le malattie contratte a causa di un sistema immunitario
indebolito da una scarsa alimentazione.
intanto ascolti l’insistente mormorio dei fantasmi burloni
dei fantasmi cialtroni: roba da matti!,
roba da terzo mondo! roba da altri mondi!
 
 
oooOooo
 
 
Pina Piccolo
 
AREITO PER WINNIE TILIN
Per voce della madre ancestrale dell’Haiti, Regina Anacaona
 
Winnie  Tilin, 18 mesi
Eroica Bimba Haitiana
ti proclama lo zio Franz
unico superstite
della tua stirpe
Perla di Hispaniola
figlia delle figlie della regina Anacaona
che ci scruti serena
con lo sguardo regale
di chi è al di sopra del bene e del male.
 
Rosellina nera sbocciata dalle viscere contorte della terra
per te le tue antenate hanno creato
uno scrigno d’aria
come quelli che nascondevano le gioie
dei vecchi bucanieri
di Bertrand D’Ogeron, quello delle
piantagioni di tabacco
che necessitavano di robuste mani nere
E ora ci osservi serena e non gridi
mentre le mani bianche della troupe maschia
di giornalisti australiani
ti fan da levatrice
e tutti i santi
di Toussaint L’Overture
il Giacobino Nero
davanti a te s’inchinano.
 
Gioisci della loro presenza
mentre lente proseguono le sepolture
e lenti si levano i canti notturni degli sfollati
dei discendenti di schiavi neri ribelli
che bivaccano con le anime dei Taino
scacciando con creole canzoni di libertà
trasmesse alla radio dell’agronomo Jean Dominque
i demoni dell’occidente che esalano
dalle piste dell’aeroporto
come un tempo esalarono dalle caravelle
attraccate al Mole Saint Nicole
dal quale i disperati salparono secoli dopo
in imbarcazioni di fortuna
ributtati agli squali dalle maritime interdictions
note in altri paesi col fantasioso nome di “respingimenti”.
 
Squali, tiburones, anch’essi dai nomi strani
come Papa Doc e Baby Doc mentre un ex- prete
che faceva rullare il tamburo della giustizia
eletto a furor di popolo
veniva dichiarato pazzo
dall’egemone vicino
e costretto
lui, presidente di quella che era stata
180 anni prima
la prima repubblica nera
a rifugiarsi nell’ultima
nazione a liberarsi dell’apartheid.
 
Sputa sull’acqua nera
la Blackwater
che ora all’aeroporto
imbottigliano in plastica
per tenderla come la tesero a Bassora
come la tesero a tutti i santi di New Orleans
rifugiati sui tetti con la loro musica
A tenderla sono sempre gli stessi lupi
travestiti da pecora
né il Nobel per la pace
né l’ostentato mantello di carità
l’anima gliela pulisce.
 
Mentre la gente muore di sete
aspettando le giuste condizioni di sicurezza
Mentre gli sciacalli se la ridono nei loro palazzi di vetro
e i giornalisti gridano allo sciacallaggio
se un morto di fame
afferra un tozzo di pane
che spunta dalle macerie di un supermercato.
 
Che il candore della tua tutina bianca
e del pannolone
in cui amorevole ti avvolse ta maman
tre giorni prima di fondere il suo spirito
con quello degli antenati
folgori le ormai non tanto oscure trame
di chi pratica con feroce mitezza
il mestiere
di banchiere di macerie.




NOTE BIOGRAFICHE:


Davide Ferrari (Bologna, 21 gennaio 1958) È stato curatore della pagina di recensioni librarie di Mattina, su L'Unità (quotidiano) (1997-1998), Direttore della rivista Innovazione educativa (1998-2000) e membro del comitato di Direzione di Riforma della scuola. Insegna Storia e didattica della poesia all'Università di Bolzano. È stato impegnato politicamente, nei movimenti per la pace e nella sinistra italiana. Oggi è membro del PD. Con Fabio Zanzotto, Giancarla Codrignani, Giuseppe D'Agata e altri intellettuali ha promosso l'Associazione culturale della Sinistra per il Partito Democratico. La sua poesia richama, con particolare struggente intensità, i temi della giovinezza, passata a contatto con il mare, e della vita amorosa, ripercorsa con caratteristica malinconia e senso dell'incompiutezza.

Giulio Stocchi è nato nel 1944. Ha pubblicato presso Einaudi il volume di versi e prosa Compagno poeta.NonSoloParole.com ha pubblicato in forma cartacea no-copyright In tempo di guerra che l’autore aveva precedentemente distribuito in rete nelle versioni italiana, inglese e spagnola. Per i tipi della CUEC di Cagliari è stato stampato nel 2003 L’altezza del gioco. Le Edizioni Lavoro Liberato hanno pubblicato nel 2007 Ciò di cui si parla con disegni di Paolo Dorigo. Nel gennaio 2010, FAREPOESIA di Pavia ha pubblicato Quadri di un’esposizione.

Hamid Barole Abdu è nato ad Asmara, in Eritrea, nel 1953; dal 1974 vive in Italia. Ha pubblicato: “Eritrea: una cultura da salvare” (1988), “Akhria – io sradicato poeta per fame” (1996) che ha ricevuto unanimi consensi di critica tanto da aggiudicarsi nel ’96 la XIII edizione del Premio letterario “Satyagraha” a Riccione, “Sogni e incubi di un clandestino” (2001), “Seppellite la mia pelle in Africa, una raccolta di poesie e brevi racconti” tradotti in italiano ed in inglese (2006). Assieme a Daniele Barbieri (giornalista) ha scritto un testo dal titolo “Le scimmie verdi”, una performance che è stata presentata in molte città italiane. Il testo è stato pubblicato in “Limite acque sicure”, racconti a cura di Massimo Avenali, Noubs edizioni, 2009.

Julio Monteiro Martins, (Niterói, 1955), scrittore di origine brasiliana. Nel suo paese natale ha lavorato come avvocato dei Diritti umani e come scrittore ha pubblicato nove libri, tra racconti, saggi e romanzi. In Italia sono stati pubblicati Racconti italiani, La passione del vuoto, Madrelingua e L’amore scritto, tutti usciti per Besa editrice. Insegna all’Università di Pisa ed è il direttore della rivista “Sagarana”. Altre informazioni: http://www.sagarana.net/speciale/index.html

Adam Vaccaro, poeta e critico nato in Molise nel 1940, vive a Milano. Ha pubblicato varie raccolte di poesie, tra le ultime: La casa sospesa, Novi Ligure 2003, e la raccolta antologica La piuma e l’artiglio, Editoria&Spettacolo, Roma 2006. Tra le pubblicazioni d’arte: Spazi e tempi del fare (Studio Karon, Novara 2002) e Labirinti e capricci della passione (Milanocosa, Milano 2005) con acrilici di Romolo Calciati. Con Giuliano Zosi e altri musicisti, ha realizzato concerti di musica e poesia. Collabora a riviste e giornali con testi poetici e saggi critici. Per quest’ultimo versante, ha pubblicato Ricerche e forme di Adiacenza, Asefi Terziaria, Milano 2001. Ha fondato e presiede Milanocosa (www.milanocosa.it,), Associazione con cui ha curato: Poesia in azione, raccolta dal Bunker Poetico, alla 49a Biennale d’Arte di Venezia 2001, Milanocosa, Milano 2002; “Scritture/Realtà – Linguaggi e discipline a confronto”, Atti, Milanocosa 2003; 7 parole del mondo contemporaneo, Milanocosa, Milano 2005. Ha progettato e dirige la Rivista telematica Adiacenze, materiali di ricerca e informazione culturale del Sito di Milanocosa.

Gregorio Carbonero è nato nel 1953 a Boconò, in Venezuela, da genitori italiani emigrati nel dopoguerra. Ha compiuto Studi di fisica: all’Universidad de “Los Andes”. Mérida, Estado Mérida. Venezuela e di Musica: Conservatorio di musica del dipartimento di arti e cultura, Universidad de “Los Andes”. Mérida, Estado Mérida. Venezuela, e da 18 anni si è trasferito in Italia. Vive a Cremona. Oboista, diversi anni in orchestra sinfonica, come orchestrale e musica da camera con numerose partecipazioni in eventi e concerti di musica contemporanea e del 900. Le sue poesie sono uscite in Italia sul trimestrale di poesia internazionale "Pagine", e sulla rivista. “Caffè, per una letteratura multiculturale”. Sulle riviste on-line "El-Ghibli", "Sagarana", "Kuma" e nell’antologia Ai confini del verso: poesia della migrazione in italiano (a c. di Mia Lecomte, Firenze, Le Lettere 2006). Ha pubblicato la raccolta poetica Nervature (Roma, Editrice Zone 2006) finalista al premio “Dedalus” 2007, e menzione speciale della giuria al Premio Nazionale di Poesia “In/Civile” 2007 Comune di San Giuliano Terme.

Pina Piccolo è una traduttrice ed insegnante italo-americana. Nata in California, cresciuta in Italia, ritornata negli USA e vissuta lì per 30 anni ed infine riapprodata in Italia, si considera bilingue e “multicultural” e scrive sia in inglese che in italiano. Formatasi come italianista all’Università di Berkeley, ha svolto attività di promozione culturale in entrambi i paesi organizzando iniziative politico-culturali, promuovendo la conoscenza di figure della cultura progressista in entrambi i paesi anche attraverso interviste, saggi e poesie. Negli ultimi anni ha pubblicato poesie e racconti che affrontano, tra altre cose, il tema del razzismo e della xenofobia, purtroppo di grande attualità su scala mondiale.






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