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Sagarana A CASA E DI CORSA


Massimo Capitani


 

C’erano tutte le premesse perché quella non fosse una bella giornata, vecchie incomprensioni, paure (le mie) e cazzi vari. Così invece di essere contento di chiudere il locale e tornarmene a casa, me ne stavo pensoso a immergere e strizzare lo straccio:
Quell’anno (1989) era stato un disastro, il peggiore della mia già pessima carriera scolastica, tutto era cominciato con: “se arrivi al quarto anno vedrai che la strada è in discesa” pronunciato da un compagno più grande o, “quelli come te gli mandano a studiare perché in Italia non costa niente farlo” riferito da un esimio professore che si vantava di aver preso la laurea copiando.
Ma forse nessuna delle due indicazioni era stata determinante.
Il babbo informato della mia bocciatura non disse niente, si limitò a darmi una delle sue occhiatacce e a suggerirmi un paio di posti di lavoro.
Così quella mattina, con il giusto anticipo, ero sul posto:
-      buongiorno
-      buongiorno
-      sono Massimo, sono qui per quel lavoro
-      come? (il frastuono del traffico le impedì di capire)
-       MASSIMO QUELLO CHE… dovrebbe venire a lavorare qui
-      bene, mettiti questo grembiule che ti faccio vedere
in un paio di minuti il lavoro entrò nel vivo, dall’altra parte del bancone una selva di avventori urlanti strillavano “un cappuccio chiaro, uno in vetro, uno senza schiuma, una caffè macchiato, uno basso, uno in vetro basso macchiato e con dolcificante…”
 e poi dalla mia parte:
“ una brioche vuota, una alla crema, un pattaceo, una sfoglia, un dito, un cotto e fontina, uno al prosciutto crudo…”
La Franca accompagnava tutto con un “pronto notaio, avvocato, dottore, professore, signore, caro”.
Erano le 11.00 e ormai sul campo rimanevano un paio di salati e una brioche, la Franca uscì dal chiosco con pacchetto di super senza filtro, ne prese una e se la cacciò in bocca, fumava e guardava pensosa il bar dall’altra parte della strada.   
Alle 11.30 arrivò quello che la Franca chiamava l’ultimo barbaro del mattino, era un ragazzo sulla trentina, scoglionatissimo, spolverava quello che rimaneva e si faceva un bel cappuccino doppio. Finito il lauto pasto si metteva a sfogliare la pagina sportiva di un quotidiano, poi dopo un paio di minuti salutò chiamando la Franca “tesoro”. Io la guardai con aria interrogativa lei rispose:” non ci far caso anche lui è così”
Non era solo lui così, tutti per la Franca avevano una battuta in più, lei da brava venditrice regalava sorrisi interi, mezze promesse e qualche bacetto, non credo altro. All’inizio la vedevo come una gran rompicoglioni poi, ma mano che il tempo passava mi accorsi che era molto di più.
Quello che non capivo era il perché fra tutti i pretendenti lei nutrisse simpatia per un tipo stortignaccolo, bruttino e con la puzza sotto il naso. Era un avvocato o un professore di qualche cosa. Una mattina mi chiese
-      dov’è la sig.ra Franca?
-      è dietro, se vuole gliela chiamo
-      sempre a fumare quelle sigarette orrende e a sognare quel bar
-      eh sì
-      mi faccia una cortesia (quindi estrasse dalla tasca un lussuoso portasigarette, ne controllò il contenuto e me lo consegnò) aggiungendo “lo dia alla Franca dopo che me sarò andato”.
Incredibile ma vero, anch’io avevo qualche pretendente. Fra tutte (modo di dire perché non erano una selva) spiccava un ragazza bruna, non alta di statura e molto graziosa, lavorava dal parrucchiere di fronte a noi, spesso la vedevi arrivare con il vassoio vuoto e andarsene via con quello pieno. Di rado si fermava a prendere un latte macchiato, guardavo i suoi occhioni davanti e dietro
il suo culetto, fasciato dagli immancabili fuseax, regolarmente il latte non montava e regolarmente la Franca mi faceva fare il viso rosso.
Sarei andato avanti così per sempre se quella mattina la Franca non mi avesse ceduto il posto dal parrucchiere.
Le sue mani mi frizionavano la testa e dopo il taglio me l’asciugavano, vinsi l’emozione e anche il rumore del fon e sparai:
-      perché non usciamo una di queste sere?
-      Perché no, facciamo stasera (rispose a bruciapelo)
-      .. bene per stasera
era andata bene, anzi meglio del previsto, ma ora dove l’avrei portata? E cosa mi sarei messo addosso? Mi maceravo nell’incertezza mentre il tempo passava ii vestiti si accumulavano sopra il letto e la ritrosa dei capelli proprio non si voleva cedere sotto chili di gel.
Eravamo seduti su scomode panche di metallo quando fece la comparsa il cameriere, o Ozzy come tutti qui lo chiamavano, maglia dei Metallica strappata e spillone da balia all’orecchio destro. Lei era in bagno così ordinai due tagli medi, 2/3 di birra e 1/3 whisky.
Mentre cercava di mandare giù il suo drink, vidi entrare il Lupo, era andato dentro per i fatti di Torino e da lì non l’avevo più visto. Così non trovai niente di meglio di parlare dl lui, aggiunsi che probabilmente se l’era cavata con il daspo, lei rispose:
-      cos’è il daspo?
-      una misura costrittiva che vieta agli Ultras di partecipare a tutte le manifestazioni sportive sul territorio nazionale, qualcuno gli ha dedicato un libro si chiama “l’amore ai tempi del daspo” lo conosci?
-      Non conosco “l’amore ai tempi del colera”
-      E di chi è?
-      Marquez, Gabriel Garcia Marquez
Stavo per rispondere chi? il centravanti dell’Argentina, ma rimasi in silenzio, ormai situazione era irrecuperabile.
Il silenzio si prolungò, poi lei finalmente concluse “sono stanca domani devo lavorare”.
Non l’ho più rivista.
-      è chiuso
-      solo un pacchetto di sigarette
-      o.k entra
-      ciao
-      ciao
Il ragazzo si mette a fumare fuori dal negozio, lo vedo attraverso la vetrina, aggeggia qualcosa al cellulare o forse scrive su di un taccuino. Indossa un bomber mimetico, sul braccio destro una spilla che raffigura il gruppo ultras locale. Chissà perché l’ho trattato male
-      se vuoi, puoi entrare a fumare la sigaretta
ci mettiamo ad un tavolo uno davanti all’altro le nostre bocche mangiano e sputano fumo, poi esordisco
-      problemi di donne
-      come hai fatti a capirlo
-    la tua faccia
-      ma te non ce l’hai una casa
-      ce l’ho, mi manca la voglia di tornarci, sei innamorato?
-      Non lo so, lei sembra di sì è da quando avevo 15 anni che mi sta dietro
-      Per sapere se sei innamorato di una donna ci devi fare l’amore, e comunque innamorarsi è solo l’inizio
-      Sono ancora giovane per una storia seria, voglio continuare a vivere un altro po’, poi la posso anche sposare tanto…
Abbasso la testa per un momento, solo il tempo per spengere la sigaretta, quando la rialzo lui non c’è più, lo cerco con gli occhi per un po’, ma non dispero magari (anzi sono sicuro) lo ritroverò proprio qui fra qualche anno con il solito problema, ma la certezza stavolta, ditornarsene a casa e di corsa.
 




Massimo Capitani: Firenze il 30/07/1970, da un po’ mi dedico alla scrittura, pensieri e parole bussano spesso alla porta, affiorano ricordi di amori, “ragazzate” e fatiche quotidiane… Da giugno 2007 scrivo su un blog www.pensarenoncostanulla.splinder.com




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