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Sagarana LA STANZA DA LETTO DI MIA MADRE


Warsan Shire


LA STANZA DA LETTO DI MIA MADRE



 

La stanza da letto di mia madre odorava di incenso e di vuoto.
Le palme delle sue mani erano soffici ed anche quando dormivamo nel suo letto
lei ancora allungava le braccia al di là dei nostri piccoli corpi per trovare qualcosa che non c'era.
 
Le persone tristi hanno il dono del tempo, mentre il mondo stordisce tutti; rimangono immobili, i loro corpi rifiutano di stare al passo con l'universo.
 
Con questo genere di persone tutto fa male molto a lungo, tutto si muove senza fretta, le ferite sono sempre fresche.
 
Avevo sei anni quando nostro padre se ne andò; mia madre si mise lo smalto rosso e rifiutò di piangere. 
 
Ricordo che mia zia cercava di convincere mia madre a uscire dal bagno -
“Leila, Leila smettila di strofinare la vasca”.
 
Mia madre ha il profumo delle cose dimenticate.
É appiccicato ai suoi capelli e alla curva della schiena.
Anche il suo modo di parlare è intriso di assenza.
 
Nelle foto del passaporto ha la tristezza sul volto.
Questi giorni le somiglio tanto.
 
 

                                                                                  (A cura di Paola Splendore)

 




Warsan Shire
Warsan Shire è nata in Kenia nel 1988, da genitori somali in fuga dalla guerra civile, Warsan Shire è cresciuta a Londra dove i genitori si trasferiscono a pochi mesi dalla sua nascita. Oggi, a poco più di venti anni, gira il paese dando voce con i suoi testi e le sue performance ai diseredati e agli incompresi. Nei suoi versi si ritrovano echi della lunga ricerca di asilo, della guerra, l'attraversamento dei confini, la perdita, la follia. In uscita in Inghilterra la sua prima raccolta poetica con l'editore Flippedeye.

“Non ho mai trovato bella la bellezza, mi piace cercarla. E capisco che non tutti sono come me, non a tutti piacerà quel che scrivo. e mi sta bene così”.

“Scrivo perché altrimenti non saprei cos'altro fare con le mani. ma se ci penso bene, scrivo perché la condizione umana non è semplice, e a volte neppure bella”.





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