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Sagarana PESCI


Carlos Calero


PESCI



 

Per Vilma e il suo appetito, onnipresente e permanente.
 
Dove infrangeranno la dorsale questi pesci sul lago della luce agitata; e ondeggiano splendenti. Quasi invisibili, quasi incolori, però vivi; quasi un banco di pesci e silenzio; quasi, quasi desideri da restituire con il mistero bucolico dei loro occhi. Questa fu l’infanzia, un quartiere iridescente, una scuola sotto santi tutelari, uno sbuffo di mare con venti che entrano ed escono, allontanandosi e tornando con le apparizioni del ricordo; come una processione di parchi e piazze verdi, piccole strade dell’istante. Una processione di anime, quasi moribonde, cammina un’altra volta bimba sopra il pietrisco, con uniforme di scuola per le vie di una città iridescente. Cammina verso le paure del sangue, sotto le acacie; sotto lo splendore scarlatto della speranza. Ora tornano i nostri pesci aleggiando con squame idilliche e mare dove irrompe la bellezza; tornano alle stanze, come chiavi alle soglie con spiriti cimiteriali ed archi sbiancati dalla calce del tempo. Gli stessi pesci tremano nelle mani, divengono desideri; terminano d’essere pietra, ritratti del ricordo; lasciano intatta la memoria prima di saltare nell’acqua con lo schiamazzo urbano della loro montagna incantata con il filo verde della sera.
 
                   (Introduzione e traduzione a cura di Tomaso Pieragnolo)
 
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In lingua originale:
 
PECES
 
Carlos Calero
 
 
 
Para Vilma y su paladeo, ubicuo y permanente.
 
Dónde romperán el espinazo esos peces sobre el lago de la luz bullente; y flotan rutilantes. Casi invisibles, casi incoloros, pero vivos; casi cardumen y silencio; casi, casi deseos para devolverlos con el misterio bucólico de sus ojos. Esa fue la infancia, un barrio iridiscente, una escuela bajo tutelares santos, un resoplido de mar con vientos entrando y saliendo, yendo o volviéndose por las apariciones del recuerdo; como una procesión de parques y glorietas, callejuelas del instante. Una procesión de almas, casi moribundas, va otra vez niña sobre los pedruscos, con uniforme de escuela por las calles de una ciudad iridiscente. Va a los pavores de la sangre, bajo las acacias; bajo los rojizos resplandores de la esperanza. Ahora vuelven nuestros peces aleteando con escamas del poema y mar donde irrumpe la belleza; vuelven a los aposentos, como llaves a los pasadizos con espíritus de cementerios y arcos pintados por la cal del tiempo. Los mismos peces tiemblan en sus manos, se hacen deseos; dejan de ser piedra, bocetos del recuerdo; dejan intacta la memoria antes de saltar al agua con la algarabía urbana de su montaña enamorada con el hilo verde de la tarde.
 




Carlos Calero
Carlos Calero nasce nel leggendario quartiere Barrio de Monimbó, in Nicaragua, nel 1953, circondato da lagune, ricordi ancestrali, miti e leggende che hanno spesso popolato la sua produzione. Attualmente risiede in Costa Rica. Ha pubblicato cinque libri di poesia: El humano oficio (2000, Centro Nicaragüense de Escritores), La costumbre del reflejo (2006, Editorial Andrómeda, San José, Costa Rica), Paradojas de la mandíbula (2007, Editorial Andrómeda, San José Costa Rica), Arquitecturas de la sospecha (2008, Editorial Andrómeda, San José, Costa Rica), Cornisas del asombro (2009, Editorial 400 Elefantes, Managua, Nicaragua). E’ laureato in Scienza dell’Educazione ed insegna al Liceo San Antonio di Desamparados e alla Universidad Católica de Costa Rica Anselmo Llorente y Lafuente. Ha pubblicato saggi sulla poesia centroamericana e su alcuni autori contemporanei. La sua poesia è presente nelle riviste letterarie di Nicaragua e Costa Rica ed in alcune antologie poetiche di entrambi i paesi. Spesso percorsi dalla forza immaginifica della nostalgia, i suoi versi stanno in felice equilibrio tra passato e presente, nella tensione prolifica tra un tempo remoto e idillico e un presente urbano incerto, che il suo ruolo di insegnante a contatto con la gioventù della capitale ripropone quotidianamente.




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