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Sagarana VORREI ESSERE BAMBINA


Eunice Odio


VORREI ESSERE BAMBINA



 

 
 
Io vorrei essere bambina
per accoppiare le nubi a distanza
(alte claudicanti della forma),
 
per giungere all’allegria delle piccole cose
e domandare,
come chi non lo conosce,
il colore delle foglie.
Com’era?
 
Per ignorare ciò che è verde,
il verde mare,
la risposta salubre del tramonto in ritirata,
il timido gocciolare degli astri
sul muro del vicino.
 
Essere la bambina
che cadeva d’improvviso
dentro un treno con angeli,
che arrivavano così, in vacanza,
a correre brevemente tra le uve,
o attraverso notturni
fuggiti da altre notti
di geometrie più alte.
 
Però adesso, che cosa devo essere?
Se mi sono nati questi occhi così grandi
e questi chiari desideri di sbieco.
 
Como potrò essere ora
quella che voglio io
bambina di verdi,
bambina vinta di contemplazioni
che cade da se stessa rosea
 
... se mi dolse moltissimo dire
per raggiungere nuovamente la parola
che fuggiva,
saetta scappata dalla mia carne,
 
e mi ha addolorato molto amare a tratti,
impenitente e sola
e parlare di cose incompiute,
tinte cose di bimbi,
di candore dissimulato,
o di semplici api
aggiogate a tristi rosari.
 
O essere colma di questi scatti
che mi cambiano il mondo a grande distanza.
 
Come potrò essere ora,
bambina in tumulto,
forma mutevole e pura,
o semplicemente, bambina alla leggera,
divergente in colori
e adatta per l’addio
in ogni momento.
 
 
 
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In lingua originale:
 
 
YO QUISIERA SER NIÑA
 
 
 
Yo quisiera ser niña
para acoplar las nubes a distancia
(Claudicadoras altas de la forma),
 
para ir a la alegría po lo pequeño
y preguntar,
como quien no lo sabe,
el color de las hojas.
¿Cómo era?
 
Para ignorar lo verde,
el verde mar,
la respuesta salobre del ocaso en retirada,
el tímido gotear de los luceros
en el muro del vecino.
 
Ser niña
que cayera de pronto
dentro de un tren con ángeles,
que llegaban así, de vacaciones,
a correr un poquito por las uvas,
o por nocturnos
fugados de otras noches
de geometría más altas.
 
Pero ya, ¿que he de ser?
Si me han nacido estos ojos tan grandes
y esos rubios quereres de soslayo.
 
Cómo voy a ser ya
esa que auiero yo
niña de verdes,
niña vencida de contemplaciones,
cayendo de sí misma sonrosada
 
...si me dolió muchísimo decir
para alcanzar de nuevo la palabra
que se iba,
escapada saeta de mi carne,
 
y me ha dolido mucho amar a trechos
impenitente y sola
y hablar de cosas inacabadas,
tintas cosas de niños,
de candor disimulado,
o de simples abejas,
enyugadas a rosarios tristes.
 
O estar llena de esos repentes
que me cambian el mundo a gran distancia.
 
Cómo voy a ser ya,
niña en tumulto,
forma mudable y pura,
o simplemente, niña a la ligera,
divergente en colores
y apta para el adiós
a toda hora.






(Poesia tratta da Questo è il bosco e altre poesie, Eunice Odio, cura e traduzione di Tomaso Pieragnolo, 2009, Via del Vento).




Eunice Odio

Eunice Odio nacque a San Josè, Costa Rica, il 9 ottobre 1919 e morì a Città del Messico il 23 marzo 1974. Frequentò le scuole primarie e secondarie nella capitale, dove si sposò nel 1939 con l’avvocato Enrique Coto Conde, dal quale si separò dopo due anni. Viaggiò poi in America Centrale, Cuba e Stati Uniti. Di ritorno in Costa Rica nel 1944 pubblicò le sue poesie nel Repertorio Americano di J.G. Monge e in alcuni periodici. Nel 1947 vinse il premio “15 de Septiembre” con Los elementos terrestres e si recò in Guatemala a ritirarlo, dove si trattenne lavorando per il Ministero dell’Educazione e come giornalista. In Argentina pubblicò nel 1953 Zona en territorio del alba, libro che rappresentò il Centro America nella collezione “Brigadas Liricas”. Nel 1955 si trasferì in Messico dove visse fino alla morte; lavorò come giornalista culturale, critico d’arte e traduttrice dall’inglese, sviluppando per questo paese e la sua storia mitica un amore profondo e creativo. Nel 1957 il suo libro di maggiore esito, El transito de fuego, vinse il “Certamen de Cultura de El Salvador”. Nel 1962 diventò cittadina messicana e dal 1964 collaborò con la rivista venezuelana Zona Franca. I suoi ultimi anni furono amareggiati dall’aspra polemica con la sinistra messicana, che mal reagì ai suoi critici articoli nei confronti di Fidel Castro, isolandola e ostacolando la sua carriera. Alimentò quel periodo con l’alcol e una collera lacerante che la separarono dal mondo; morì nel 1974 mentre preparava una antologia dei suoi migliori testi (Territorio del alba y otros poemas) che ebbe edizione postuma nello stesso anno. La morte la colse in assoluta solitudine; il suo corpo fu trovato nel bagno di casa dieci giorni dopo il decesso. La poesia di Eunice Odio si può a grandi linee situare nella transizione tra realismo e avanguardia, specialmente nella corrente surrealista. Cercò di ricreare nella sua opera la visione plastica e inappagata di un mondo spesso gravoso, trasmettendo nei suoi versi la stessa intensa passione con cui visse i suoi giorni. Da una prima produzione più tradizionale (Los elementos terrestres) di cui l’erotismo esplicito e delicato e la celebrazione della consegna fisica tra amato e amata sono gli argomenti portanti, ricreati con echi letterari di San Juan de la Cruz e del Cantico dei Cantici, Eunice sviluppò in Territorio del alba una maggiore audacia lessicale con immagini forti e originali ed una punta di surrealismo come apporto all’avanguardia del periodo. In Transito de fuego praticò una sorprendente intelligenza creatrice, capace di materializzare il nominato mediante la parola scritta in forma allegorico-drammatica, con versi spesso indecifrabili ed ermetici, fino ad arrivare nell’ultima produzione (Pastos de sueños) ad una poesia più metafisica e concettuale, più distaccata e di più ampia estensione.





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