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Sagarana QUALCUNO MI VEDE PIANGERE IN UN SOGNO


In morte del poeta Francisco Ruiz Udiel


QUALCUNO MI VEDE PIANGERE IN UN SOGNO



 

 
cura e traduzioni di Tomaso Pieragnolo
 
 
 
“Alguien me ve llorar en un sueño”: “Qualcuno mi vede piangere in un sogno”.
È il titolo dell’ultimo libro del giovane amico e poeta nicaraguese Francisco Ruiz Udiel, che ci ha lasciato tragicamente all’età di trentatrè anni, all’alba del primo giorno dell’anno.
Collaboratore assiduo di El Nuevo Diario di Managua, Francisco era uno dei poeti più rappresentativi della sua generazione: nel 2005 aveva vinto il Premio Internacional Ernesto Cardenal de Poesía Joven. Era funzionario del Centro Nicaragüense de Escritores e capo redazione delle riviste El Hilo Azul e Carátula. Cofondatore della casa editrice Leteo Ediciones, nata per promuovere giovani poeti del Nicaragua attraverso la distribuzione gratuita dei loro libri, aveva pubblicato come coeditore Memoria poética: Poetas, pequeños Dioses (Managua, 2006); Sergio Ramírez: Perdón y olvido, Antología de cuentos (1960-2009), (Managua, 2009); Claribel Alegría: Ars Poética (Managua, 2007); Missael Duarte Somoza: Líricos instantes (Managua, 2007) e Víctor Ruiz: La vigilia perpetua (Managua, 2008).
Gli antichi greci non scrivevano necrologi, ma alla dipartita di un uomo si domandavano: ha vissuto con passione? Francisco certamente sì.
Instancabile promotore culturale, creatore di progetti, di idee, di rapporti umani intensi e sinceri, che coltivava con fervore e professionalità, sempre attento e sensibile alle nuove istanze della poesia nazionale ed internazionale, Francisco viveva di poesia, per la poesia, nutrendosi di poesia, convinto, come spesso diceva, che “alla poesia spetta il compito di immaginare il mare”.
La solitudine in cui sentiva rinchiusa la propria anima si è rivelata invincibile e nessuno ha potuto comprendere che i suoi occhi sempre acuti, univoci, intelligenti e soprattutto vivi, nel sogno di cui siamo il riflesso già da tempo avevano cominciato a dirci addio.
Arrivederci, poeta, userò le tue parole per ricordarti: ”tras tanta angustia y melancolía, sólo quedan las palabras.”, “dopo tanta angustia e malinconia solamente restano le parole.”
Ma sempre tra le mie mani mancheranno le tue lettere, a inviare baci enormi.
 
 
 
 
LASCIA LA PORTA APERTA
 
A Claribel Alegría
Sua Maestà
 
Lascia la porta aperta.
Che le tue parole entrino
come un arco tessuto da cipressi,
appena più leggere
della ineludibile vita.
Lontano è il porto
dove le barche di ebano
riposano con tristezza.
Poco mi importa giungere ad esse,
poiché lungo è l’abbraccio con la notte
e corta la speranza con la terra.
In qualunque luogo io vada
il mare mi scaglia lontano,
un’altra alba dove l’immaginazione
ormai non può convertire il fango
in vasi dove accumulare ricordi.
Mi stanco di svegliarmi,
la luce mi ferisce quando non voglio vedere.
Il viaggio ad Itaca nulla mi offre.
Se avessi almeno un poco di vino
per ubriacare i giorni che ci restano
      ubriacare i giorni che ci restano
                       che ci restano.
 
 
 
In lingua originale:
 
DEJA LA PUERTA ABIERTA
 
A Claribel Alegría
Su Majestad
 
Deja la puerta abierta.
Que tus palabras entren
como un arco tejido por cipreses,
un poco más livianas
que la ineludible vida.
Lejos está el puerto
donde los barcos de ébano
reposan con tristeza.
Poco me importa llegar a ellos,
pues largo es el abrazo con la noche
y corta la esperanza con la tierra.
Donde quiera que vaya
el mar me arroja a cualquier parte,
otro amanecer donde la imaginación
ya no puede convertir el lodo
en vasijas para almacenar recuerdos.
Me canso de despertar,
la luz me hiere cuando ver no quiero.
El viaje a Ítaca nada me ofrece.
Si hubiera al menos un poco de vino
para embriagar los días que nos quedan
        embriagar los días que nos quedan
   que nos quedan.
 
(Da “Alguien me ve llorar en sueño”, Managua 2005)


 
 
 
 
 
 
POESIA PER RESTARE IMMUNE
 
Reco una grata tra le mie dita
una prigione di vento che ti parla
toccami e sarò libero.
Reco due occhi che si aprono
grandi nella notte
e un abisso che separa
il mio corpo
da un altro corpo.
 
Quattro milioni di anni
mi imprigionarono
aria vuota in un fianco
e mi riconsegno al suolo
perfino la libertà atterrisce
nell’ultimo istante.
 
Non mi riconosco
in un’alba di traditori
in una lama ossidata
dall’odore dei miei morti
né nella fredda corteccia
degli alberi che attendono
sarà che già mi sono abituato
affinché sotterrino nei miei occhi
una sera amara
e due aghi di cielo.
 
Che altro può ferirmi ?
 
 
In lingua originale
 
 POEMA PARA QUEDAR INMUNE
  
 Llevo una reja en mis dedos
una prisión de viento que te habla
tócame y seré libre.
Llevo dos ojos que se abren
grandes en la noche
y un abismo que separa
a mi cuerpo
de otro cuerpo.
 
Cuatro millones de años
me encerraron
cuenco aire en un costado
y me devuelvo al suelo
incluso la libertad aterra
en el último instante.
No me reconozco
en una madrugada de traidores
en una hoja oxidada
por el olor de mis muertos
ni en la fría corteza
de los árboles que esperan
será que ya me acostumbré
a que me entierren en los ojos
una amarga tarde
y dos agujeros de cielo.
 
¿Qué más puede herirme?
 
(Da “Alguien me ve llorar en sueño”, Managua 2005)
 


 
RISVEGLIO DELL’ACQUA
a Tania María
 
Come diafane comete guidate dal filo
di un gomitolo, che a svolgerlo
scioglie la nostra immagine;
così resteranno gli uccelli
sospesi nell’aria
quando attraverserai la piazza
e i tuoi capelli disegneranno
arabeschi sulle mie labbra.
 
Dopo il nostro incontro,
il rumore della cattedrale rivelerà
i segreti che conserviamo.
 
Altri giungeranno al luogo,
domanderanno di noi.
Lì lasciarono scritti
i loro nomi, diranno poi,
indicando un obelisco.
 
I mercanti di specchi
racconteranno la storia:
noi li vedemmo,
lei vestiva di nero,
portava un volto di gigli;
Lui fabbricava briciole
di pane tra le sue dita.
 
In questo luogo della piazza
si eleva un filo purpureo,
un pesce igneo lo avvolge:
idra della penombra,
dove si uniranno gli abbracci
che mancarono?
 
In questo stesso luogo,
dove i fari
spargono la loro nebbia
e dove le parole
raschiano l’afflizione dell’acqua,
in questo stesso luogo,
tornerà a ripetersi il nostro amore.
 
 
In lingua originale
 
DESPERTAR DEL AGUA
 
a Tania María
 
Como diáfanas cometas guiadas por el hilo
de un ovillo, que al soltarlo
deshace nuestra imagen;
así quedarán las aves
suspendidas en le aire
cuando cruces la plaza
y tus cabellos dibujen
arabescos en mis labios.
 
Después de nuestro encuentro,
el rumor de la catedral revelará
los secretos que guardamos.
 
Otros llegarán al lugar,
preguntarán por nosotros.
Allá dejaron escritos
sus nombres, dirán luego,
señalando un obelisco.
 
Los mercaderes de espejos
contarán la historia:
nosotros los vimos,
ella iba de negro,
llevaba un rostro de lirios;
él fabricaba migajas
de pan entre sus dedos.
 
En este sitio de la plaza
se eleva un hilo púrpura,
un pez igneo lo entrelaza:
hidra de la penumbra,
¿dónde se unirán los abrazos
que hicieron falta?
 
En este mismo lugar,
donde los faros
esparcen su neblina
y donde las palabras
rozan la aflicción del agua,
en este mismo lugar,
volverá a repetirse nuestro amor.
 
(Poesia inedita, inviatami da Franscisco nell’aprile del 2010)
 
 
 
 
IN QUALE LUOGO RICAMERÀ IL SUO VESTITO
 
In quale luogo ricamerà il suo vestito
la ragazza che sognava
vasi verdi,
la sua amarezza disciolta
nella scrittura.
 
Dove e a quale albero
ormeggia la sua ombra; ahi, animale
di ognuno nel sangue dell’altro,
goccia di solitudine, foglia olivastra
che conservava come scapolare
tra i suoi capelli la storia,
i disamori naufraghi nei suoi occhi.
 
Quale era il suo nome afferrato all’erba,
che sostanza dissolta
crebbe nella tempesta dell’arco.
 
Come si faceva chiamare la ragazza
che camminò con me con l’espressione assorta,
tacendo, ora lo so, la pioggia dietro le sue palpebre.
 
Come si faceva chiamare colei che si scordò di sé,
l’orma separata, cicala ammutolita.
 
Io, che appresi a conservare i suoi dolori,
non potei destarla dalla sua nebbia,
per timore, perché non sapevo
che era il mio nome quello che cercava.
 
E giunsi a udire la fuga del cervo,
il bicchiere rotto e la fiamma che va bruciando
il passo dei fiori disseccati.
 
Di lei solo mi resta la cicatrice dell’acqua,
la colonna di cera e un odore
che addormenta insieme ai limoneti.
 
 
In lingua originale
 
EN QUÉ LUGAR BORDARÁSU VESTIDO
 
En qué lugar bordará su vestido
la muchacha que soñaba
con jarrones verdes,
su amargura deshecha
en la escritura.
 
Dónde y junto a qué árbol
amarra su sombra; ay, animal
de cada uno en la sangre del otro,
gota de soledad, hoja cetrina
que guardaba como escapulario
en sus cabellos la historia,
los desamores náufragos en sus ojos.
 
Cuál era su nombre asido a la hierba,
qué sustancia disuelta
creció en la tempestad del arco.
 
Cómo se hacía llamar la muchacha
que caminó junto a mí con el semblante absorto,
callando, ahora sé, la lluvia tras sus parpados.
 
Cómo se hacía llamar la que se olvidó de sí,
la huella desprendida, cigarra enmudecida.
Yo, que aprendí a guardar sus dolores
no pude despertarla de su tiniebla,
por temor, por no saber
que era mi nombre lo que buscaba.
 
Y llegué a escuchar la huida del ciervo,
el vaso roto y la llama que va quemando
el paso de las flores secas.
 
De ella sólo me queda la cicatriz del agua,
la columna de cera y un olor
que adormece junto a las limonarias.
 
(Poesia inedita, inviatami da Francisco nell’aprile del 2010)
 
 
 
 
GESTO SVANITO ALL’ANGOLO DI UNA STAZIONE
 
Questa stazione non sarà più una stazione,
resterà unicamente il mio gesto svanito
nella polvere di qualche finestra,
se per caso ci saranno finestre,
se per caso deciderò nelle stazioni
di abbandonare qualche gesto.
 
Attenderò con le cabine telefoniche
affinché le ore svaniscano azzurre
nella mia sigaretta accesa
di sguardo triste e inclinato,
mi vedranno serrare la mandibola
per masticare, come gli uccelli
che migrano da una terra all’altra,
qualunque boccata d’aria
senza sapere cosa li attende.
 
L’aria è diventata amara
e ancora non so in quali altre stazioni
la mia solitudine avvicinerà un altro corpo.
 
 
In lingua originale
 
GESTO DESVANECIDO EN ESQUINA DE UNA ESTACIÓN
 
Esta estación no será más una estación,
quedará únicamente mi gesto desvanecido
en el polvo de alguna ventana,
si acaso hay ventana,
si acaso decido en las estaciones
desamparar algún gesto.
 
Esperaré junto a las cabinas telefónicas
a que las horas se desvanezcan azules
en mi cigarillo encendido
de mirada triste e inclinada,
me verán apretar la mandíbula
para masticar, como las aves
que emigran de una tierra a otra,
cualquier bocado de aire
sin saber qué les espera.
 
El aire se ha vuelto amargo
y aún no sé en qué otras estaciones
abordará mi soledad otro cuerpo.
 
(Da “Alguien me ve llorar en sueño”, Managua 2005)
 
QUALCUNO CERCA DI DESTARSI
 
A Oscar Núñez Argumedo
 
Nulla giustifica il tuo tradimento,
nemmeno il fatto di sopportare
l’atto ordinario che ti duplica.
 
Stai lottando per destarti
da questi futili e minuti dettagli
che ti assorbono il sonno,
come la fessura che lasciò aperta
la rabbia in te e che fu ago
senza respiro nel tuo petto.
 
Da quel giorno la tua memoria
ti costrinse a un gioco
continuo del passato,
ti abituasti a osservare
gli stessi volti,
a nominarli, madre, fratello;
inventasti un ordine familiare
per giustificare l’incidente
del tuo sguardo assestato sul tetto.
 
I tuoi occhi rimasero vaganti
e dovemmo in quel momento
scuoterti molte volte per le spalle
perché non ti affogassi negli spettri.
 
Poi dormisti per molte ore
per sopportare il sogno.
E il giorno seguente ti sedesti a tavola
a inzuppare quelle secche e porose
visioni per portarle alla tua bocca
e gonfiarti da dentro.
 
Da allora sapesti che né tu
né nessuno sarebbe stato capace di fabbricare
i propri ricordi.
 
 
 
In lingua originale
 
Nada justifica tu traición,
ni siquiera el hecho de sobrellevar
el acto ordinario que te duplica.
 
Estás luchando por despertar
de esos fútiles y menudos detalles
que te absorben el sueño,
como la rendija que dejó abierta
la rabia en vos y fue aguja
sin respiro en tu pecho.
 
Desde ese día tu memoria
te forzó a un juego
continuo del pasado,
te acostumbraste a observar
los mismos rostros,
a nombrarlos, madre, hermano;
inventaste un orden familiar
para justificar el incidente
de tu mirada asestada en el techo.
 
Tus ojos se quedaron atorados
y tuvimos en ese momento
que darte varias palmadas en la espalda
para que no te ahogaras de espectros.
 
Luego dormiste durante largas horas
para soportar el sueño.
Y al siguiente día te sentaste en la mesa
a remojar aquellas secas y porosas
visiones para llevarlas a tu boca
y henchirte por dentro.
 
Desde entonces supiste que ni vos
ni nadie sería capaz de fabricar
sus propios recuerdos.
 
(Da “Alguien me ve llorar en sueño”, Managua 2005)
 
 
 
 
 
SAREBBE UN PECCATO
 
Mi dirai che questa poesia è geniale
mi darai una pacca sulla spalla
mi applaudirai
continuerai a ripetere questa finta
parola per tutta la tua vita
Felicitazioni!
e allora ti sarai trasformato
in un delinquente politico
o in un dirigente studentesco
­- è lo stesso -
in oratore di chiese
in un mitomane che non mente
poiché solo manifesta
un’altra possibilità della verità
sarai il cleptomane che cerca
dai librai qualsiasi parola sciolta
per riempire i suoi forzati versi.
 
Sinceramente ti dico
sarebbe un peccato
che diventassi azionista
settario gotico
piccolo ladruncolo letterario
consigliere di accademie
e terminassi come quei topi
che vivono di cerimonie
e glorificazioni assurde.
 
 
In lingua originale
 
SERÍA UNA LASTIMA
 
Me dirás que este poema es genial
me darás una palmadita en el hombro
me aplaudirás
pasarás repitiendo esa fingida
palabra toda tu vida
¡Felicidades!
y entonces te habrá convertido
en un delincuente político
o en un dirigente estudiantil
- que es lo mismo -
en orador de iglesias
en un mitómano que no miente
pues sólo manifiesta
otra posibilidad de la verdad
serás el cleptómano que busca
en los libreros cualquier palabra suelta
para hacer rellenos a sus forzados versos.
 
De verdad te digo
sería una lástima
que te volvieras accionista
sectario gótico
pequeño ladronzuelo literario
concejal de academias
y terminaras como esos topos
viviendo de ceremonias
y glorificaciones absurdas.
 
(Da “Alguien me ve llorar en sueño”, Managua 2005)
 
FINZIONI PER MORDERE LA MELA DEI MUTI
 
Mi incontreranno
con due monete in altra patria
e la mia memoria si chiuderà
come il silenzio
che invade una sala
in cui nemmeno le sedie possono vedersi
una di fronte all’altra,
poiché la paura aprirà
fenditure sulla loro schiena.
 
Vuoterò i miei occhi
e non attenderò più volti
che mi dolgano,
né trafficherò con briciole di speranza
nella futile aria.
 
Sono diventato immune a me stesso,
dimenticai quando fu l’ultima volta
in cui morsi la spietata indifferenza
con cui il vuoto ci tratta.
 
 
In lingua originale
 
FICCIONES PARA MORDER LA MANZANA DE LOS MUDOS
 
Me encontrarán
con dos monedas en otra patria
y mi memoria se cerrará
como el silencio
que invade una sala
donde ni la sillas pueden verse
una fruente a otra,
pues el miedo abrirá
rendijas en su espalda.
 
Vaciaré mis ojos
y no esperaré más rostros
que me duelan,
ni traficaré con migajas de esperanzas
en el vano aire.
 
Me he vuelto inmune a mí mismo,
olvidé cuando fue la última vez
que mordí la despiadada indiferencia
con que el vacío nos trata.
 
(Da “Alguien me ve llorar en sueño”, Managua 2005)




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