Torna alla homepage

Sagarana NEL GIARDINO DELLE PAROLE SOGNATE


Fabiana Taddeucci


NEL GIARDINO DELLE PAROLE SOGNATE



 

Prima di entrare nell'illusione del mondo, gli uomini vivevano in un giardino e la lingua che parlavano scintillava di luce. Con questa intonavano un canto poetico al quale gli uccelli e le stelle rispondevano. Ciò suscitò l'invidia del Serpente che soffiò nei loro cuori il sospetto che quel luogo chiuso fosse una prigione e loro prigionieri. Così presi dalla furia di sapere, da quali tesori erano stati esclusi, non ascoltarono Harut e Marut quando, prima di istruirli, dissero loro: “noi altri non siamo che una tentazione”.
 
Gli uomini lasciarono così il giardino per entrare nel Tempo, che come un grave avrebbe aumentato l'accelerazione avvicinandosi all'impatto. La caduta era iniziata.
 
Da quel momento, ricordare la bella rosa rampicante Noisette con sotto i fiori di Kniphofia Uvaria e la Haloragis Erecta, era possibile solo dormendo nell'ombra delle colonne del tempio. E chi era fortunato poteva incontrare nel proprio sogno quel vecchio dal volto immobile ma con quello sguardo che vibrava di luce e chiedergli una storia, una delle tante che lui sapeva, su quei giardini chiusi da mura merlate dove la cortesia e la bellezza, che li abitavano, passavano i giorni a intrecciare fiori e dove unicorni e arcangeli facevano compagnia a delicate fanciulle.
 
Ma poi il tempio cadde in rovina. E le giuste proporzioni della terra e dell'acqua e dell'aria e del fuoco per costituire l'oro furono dimenticate. Gli uomini cominciarono ad assomigliare sempre più ad altro. Il loro linguaggio sempre più livido e disarticolato. I loro movimenti sempre più goffi. E ovunque polvere e sterpaglie.
I giardini ridotti a fondali dipinti negli ateliers dei fotografi. E poeti si uccisero, altri diventarono trafficanti d'armi. E nessuno di loro precisò se quella scelta al silenzio fosse la dichiarazione di una sconfitta o invece la vittoria su tutti i rumori del mondo.
 
Solo Sheherazade affidò la sua vita al saper raccontare storie e per mille e una notte il sultano la ascoltò, assieme al giardino che da dietro la tenda dell'alcova respirava su di loro il profumo intenso dei gelsomini.
Davvero fu un tappeto volante a portarlo?
Davvero.
E completamente ammaliato, il sultano le offrì, come dono d'amore, l'essenza delle sue rose più preziose.
Ma questo non impedì le piogge, che comunque arrivarono, e le tempeste di vento. Tutto diventò gelo e angoli acuti. E i suoni degli uomini divennero sempre più gutturali e il loro restare eretti sempre più difficoltoso.
 
Così le scimmie apparvero nel mondo.
 
Sul bianco della neve, il loro pelo scuro si potrebbe dire nero.
Lucio, il ragazzo, ricorda il maestro pittore che distingueva il nero antico dal nero fresco, il nero brillante dal nero opaco.
Sono scimpanzè: hanno occhi piccoli situati in orbite profonde e narici grandi e labbra sottili. Si sono impadroniti di quello che un tempo fu il giardino del re. Sui rami di quegli alberi brulli hanno fatto i nidi.
Devono a lungo aver osservato gli uomini e ora ne imitano i gesti, pensa il ragazzo che inavvertitamente si è avvicinato troppo. E un grido d'allarme attraversa allora il branco, l'odore di un altra specie è arrivato a loro e l'istante si riempie di grugniti e latrati e strilla affannose. Con le labbra serrate e uno sguardo feroce battono le
mani e i piedi, agitano le braccia, qualcuno lancia verso il ragazzo rami secchi, caduti a terra per il peso della neve.
Lì, nel giardino che fu del re.
 
Corre il ragazzo, nella neve alta, con stretto sotto il braccio un tappeto arrotolato. Lanciarlo contro gli scimpanzé, ha pensato per un istante, che certo distratti non si sarebbero più curati di lui. Ma poi irragionevolmente per placarli ha lasciato loro lo zaino con le provviste e le poche cose che aveva.
Ora, rannicchiato nell'angolo di quella stazione di benzina, con vento gelido che entra dalle finestre senza vetri e fuori una notte immobile nel suo spettrale biancore, fissa il tappeto arrotolato vicino a lui nel quale lui sa è gelosamente custodito, chiuso da un bordo di pietre preziose, qualcosa che lui non ha mai visto: un giardino a primavera.





Fabiana Taddeucci: Sono nata e vivo a Lucca. Segno zodiacale: scorpione. Ho vari racconti inediti. Un romanzo, La notte si tinge di blu, edito da LibertāEdizioni con lo pseudonimo Maria Rossi. Un romanzo scritto anni fa e "rivisitato" in questo ultimo mese, in cerca di editore. Due romanzi su cui sto lavorando.





    Torna alla homepage copertina I Saggi La Narrativa La Poesia Vento Nuovo