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Sagarana I VENDITORI AMBULANTI


– Brano tratto dal romanzo E non disse nemmeno una parola


Heinrich Böll


I VENDITORI AMBULANTI



 

(…) Fuori pioveva, e nel viale alcune foglie isolate cadevano ondeggiando sull’asfalto. Mi fermai al portone d’ingresso, aspettai finché all’angolo vidi spuntare il 12, vi saltai sopra e andai fino a Tckhoffplatz. Il tram era pieno di gente, e i loro abiti esalavano odor di bagnato. La pioggia era aumentata ancora, quando al Tckhoffplatz saltai giù senza aver pagato. Andai a ripararmi di corsa sotto il tendone di un chiosco che fungeva da “tavola calda”, mi feci strada fino al banco, ordinai una salsiccia arrostita e una tazza di brodo, mi feci dare dieci marchi. Mentre addentavo la salsiccia, guardai nello specchio che occupava tutta la parete di fondo del chiosco. A tutta prima non mi riconobbi: visi quel volto magro e livido sotto il basco sbiadito e a un tratto scoprii di assomigliare a quei venditori ambulanti che mia madre non mandava mai via quando venivano a suonare alla sua porta. La funerea desolazione dei loro volti appariva alla luce crepuscolare della nostra anticamera quando, da ragazzino, andavo qualche volta ad aprire la porta. Quando poi veniva mia madre, che avevo chiamata timorosamente, sorvegliando con gli occhi il nostro attaccapanni, appena mia madre giungeva dalla cucina, asciugandosi le mani nel grembiule, una luce strana e inquietante si spandeva sui visi di quegli esseri sconsolati, che offrivano in vendita sapone in polvere o cera per pavimenti, lamette da barba o stringhe da scarpe. L’espressione di felicità che il solo apparire di mia madre accendeva in quelle livide facce aveva qualcosa di terrificante. Mia madre era una donna di cuore. Non riusciva a scacciare nessuno dalla sua porta; ai mendicanti dava un po’ di pane, se ne avevamo, denaro, se ne avevamo, offriva loro almeno una tazza di caffè, e se in casa non c’era proprio più niente dava loro un po’ d’acqua fresca e il conforto dei suoi occhi. Tutt’intorno al nostro campanello s’erano moltiplicate le tacche dei mendicanti, i segni dei vagabondi, e chi veniva a offrirci la sua merce aveva buone probabilità di rifilarci qualcosa, per poco che in casa ci fosse anche una sola moneta bastante a pagare un paio di legacci. Anche coi rappresentanti mia madre ignorava ogni prudenza, nemmeno ai volti di questi irrequieti esponenti del mondo d’oggi essa sapeva resistere, e firmava contratti di compera, polizze d’assicurazione, note di ordinazione, e ricordo che quando da bambino, la sera, ero già a letto, sentivo mio padre che tornava a casa, ed era appena entrato in sala da pranzo, che già scoppiava la lite, una lite spettrale in cui mia madre non diceva quasi una parola. Era una donna silenziosa. Uno degli uomini che si presentavano al nostro uscio portava un berretto basco sbiadito, come quello che porto io adesso, si chiamava Disch, era un prete spretato, come venni a sapere più tardi, e vendeva sapone in polvere.
Ora, mentre mangiavo la salsiccia, il cui calore scottava dolorosamente le mie gengive indolenzite, mi accorsi, guardandomi in quello specchio piatto là in fondo, che cominciavo ad assomigliare a quel tal Disch: il berretto, la faccia livida e scarna, e l’espressione sconsolata dello sguardo. Ma accanto al mio volto vidi, nello specchio, il volto dei miei vicini: bocche spalancate per addentar salsicce, palati scuri e profondi dietro i denti gialli, in cui cadevano rosei bocconi di carne, cappelli nuovi e cappelli malandati, e le capigliature bagnate di gente a testa nuda, tra i quali il viso colorito della rivenditrice passava e ripassava di continuo. Sorridendo allegramente essa pescava le salsicce bollenti, con una pinza di legno, in mezzo al grasso galleggiante, schizzava un po’ di senape in un piattino di cartone, andava su e giù tra quelle bocche masticanti, raccoglieva i piattini sporchi, macchiettati di senape, distribuiva sigarette e limonate, ritirava i soldi con le dita rosee un po’ troppo corte, mentre la pioggia tambureggiava sul tetto del chiosco. (…)






Tratto dal romanzo E non disse nemmeno una parola, prima edizione Medusa editori, 1955, seconda edizione Oscar Mondadori, Torino, 1977, traduzione di Italo Alighiero Chiusano.




Heinrich Böll

Heinrich Böll fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1972.





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