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Sagarana A STA PER ANARCHIA, V PER VENDETTA


Immagini di Guy Fawkes e la creazione dell’anarchismo postmoderno


Lewis Call


A STA PER ANARCHIA, V PER VENDETTA



 

(pubblicato originalmente in Anarchist Studies, volume 16, numero 2, 1 gennaio 2008, pagg. 154-172)
 
Remember. remember
The Fifth of November
The Gunpowder Treason and Plot
I know of no reason
Why Gunpowder Treason
Should ever be forgot
(Filastrocca della tradizione britannica, circa 17esimo secolo)
(Ricorda, ricorda/ il 5 di novembre/ il tradimento e il complotto delle Polveri/ non conosco motivo/per cui il tradimento delle Polveri/ debba mai essere dimenticato)
 
 
Circa quattro secoli fa, un gruppo di dissidenti cattolici di impronta radicale tentarono di assassinare James Stuart, il re scozzese che, in seguito alla morte di Elisabetta I, era stato da poco incornato re d’Inghilterra. Nel 1605 i cospiratori avevano pianificato di far detonare una grande quantità di polvere da sparo sotto il palazzo di Westminster durante la seduta di apertura del Parlamento. Se il piano avesse funzionato, il Gunpowder Plot avrebbe ucciso non solo il re James VI di Scozia, ovvero James I di Inghilterra, ma anche tutti i Lord e i Common riuniti in assemblea. Quest’azione avrebbe in pratica decapitato il nascente stato britannico che James Stuart, fervente sostenitore dell’Unione, stava cercando di consolidare. Ma naturalmente la cospirazione venne scoperta e l’attentato sventato, il Re e il Parlamento furono salvati e i regni di Inghilterra e di Scozia vennero alla fine unificati.
Ciò che si evince da questa edificante storiografia contenuta nei libri di testo non rende lontanamente l’idea del vero significato del Complotto. In termini pratici, seguendo le argomentazioni di Mark Nicholls, il Complotto potrebbe essere servito a dimostrare la “considerevole efficienza del centro amministrativo dell’Inghilterra degli Stuart” (3), nonostante che, a livello di rappresentazione simbolica, il Complotto rivelasse la tremenda fragilità dello stato moderno britannico ai suoi albori. L’emergente stato britannico non perse infatti tempo a sposare il progetto di ricordare il Complotto e per quattro secoli il popolo britannico ha commemorato il complotto con una festività riconosciuta dallo Stato ogni 5 novembre. Ma col passare del tempo si sono verificati incredibili mutamenti in ciò che i britannici ricordano e come lo ricordano (Sharpe 83-84). E’ ovvio che questo, potenzialmente, rappresenta un grosso problema per lo stato britannico moderno che è in essenza un meccanismo per la rappresentazione e la trasmissione di potere politico. Per questi motivi, è proprio dalla sua capacità di controllare la rappresentazione di eventi dal valore costitutivo quale il Gunpowder Plot che la mera esistenza dello stato britannico potrebbe dipendere. Eppure lo stato moderno ha chiaramente perso quella capacità. Sotto la rassicurante storia ufficiale del Complotto (il tradimento sventato, lo stato salvato) si cela una storia anarchica segreta.
Questa storia anarchica è particolarmente interessata ai mutamenti del significato di Guy Fawkes, personaggio che non era affatto a capo della cospirazione, capeggiata invece da Robert Catesby. Fawkes deve la sua notorietà al fatto che gli era stato assegnato il compito di “premere il grilletto” cioè di far detonare la polvere da sparo. Più significativo per noi è invece il fatto che sia stata proprio l’immagine di Guy Fawkes a conquistare lo status di importante icona nella cultura politica moderna della Gran Bretagna. Inizialmente, lo stato britannico aveva sperato di mantenere il monopolio sulle rappresentazioni di Fawkes e per molti anni la sua effigie veniva puntualmente bruciata in grandi falò ogni cinque novembre. Nel diciannovesimo secolo, però, questa immagine venne a significare altre cose, come ad esempio la resistenza all’emergente regime disciplinare implementato dall’amministrazione municipale moderna. Il nome di Guy Fawkes stava nel frattempo subendo una notevole mutazione. Due anni prima del Complotto, nel 1603, lo stesso Fawkes aveva abbandonato il nome di Guy facendosi chiamare invece Guido (Fraser 90). La sua decisione di staccare il significante ‘guy’ dal significato (cioè sé stesso) avrebbe avuto monumentali conseguenze che avrebbero lasciato il suo nome a disposizione per futuro uso politico. Infatti, considerati i successivi usi politici del nome in chiave anarchica, siamo tentati di concludere che questo gesto simbolico potrebbe essere stata l’azione più radicale mai compiuta da Fawkes. Poco dopo la scoperta del Complotto la parola ‘guy’ entrava nel lessico inglese, prima con una connotazione peggiorativa ( a ‘bad guy’ – un tizio cattivo), e poi seguendo la deriva atlantica perde tale connotazione a favore del significato più neutro di ‘tizio’ o ‘persona’ (Clancy 285). Oggi nella lingua parlata informale negli Stati Uniti siamo diventati tutti ‘guys’ (‘Hey guys!’ ci chiama la mia figlia di quattro quando cerca di attirare l’attenzione di noi genitori).
A seconda del contesto la parola ‘guy’ può significare uomini, donne e perfino oggetti inanimati (Clancy 288) ed è diventata un bellissimo esempio di quello che i post-strutturalisti chiamano significante flottante o vuoto. Esso significa- e il linguaggio non può fare a meno di significare- ma non significa mai due volte allo stesso modo. Ed è dunque il più pericoloso dei significanti – o da un punto di vista anarchico, il più interessante.
L’immagine della faccia di Guy Fawkes ha anch’essa subito una simile trasformazione e, contrariamente alla teoria strutturalista classica delineata da Ferdinand de Saussure, dimostra che il simbolo può essere arbitrario quanto il segno. La faccia di notorio cospiratore è diventata un potente simbolo “flottante”quindi, potenzialmente uno strumento molto potente per articolare l’anarchismo in chiave post-moderna. Se maneggiato con competenza può aprirsi un varco nella struttura della rappresentazione dello stato moderno. Sul finire del ventesimo secolo scrittori ed artisti iniziarono a riconoscere il potenziale dell’immagine di Guy Fawkes per quanto riguarda la radicalità della critica. Nel 1981, Alan Moore e David Lloyd pubblicarono V for Vendetta, un pionieristico fumetto (o graphic novel come cominciavano a chiamarli a quel tempo) di grande spessore politico. L’eroe del libro è un anarchico noto solo con il nome di V, guerriero sia a livello simbolico che reale in guerra contro lo stato fascista. Orribilmente sfigurato, V indossa sempre una maschera rappresentante il volto di Guy Fawkes. In V for Vendetta, l’immagine di Fawkes significa libertà, intesa in un’accezione chiaramente di sinistra e libertaria. Nel 2006 James McTeigue curò la regia della versione cinematografica del libro mentre i fratelli Wachowski, noti per il loro lavoro talvolta brillante, ne curarono la sceneggiatura. Già allenati nella rappresentazione dell’anarchismo post-moderno grazie al ciclo di Matrix, in un certo senso McTeigue e i fratelli Wachowski continuarono ed ampliarono la loro sperimentazione con il film che prende spunto dal cospiratore londinese. L’opera cinematografica ricevette molte critiche ( non ultimo dallo stesso autore del fumetto Alan Moore) che lo accusavano di aver tradito il libro. Ma come poteva un film tradire un libro che altro non era se non l’ultima ri-appropriazione di un simbolo instabile, dalla rispettabile età di più di quattro secoli? In realtà il film era molto più interessante di quanto non sia stato riconosciuto dai critici. Nelle mani di McTeigue e dei fratelli Wachowski, la faccia di Fawkes aveva realizzato il suo pieno potenziale. Era diventato un simbolo post-moderno veramente nomade, in perpetuo mutamento, e che lo stato non poteva fissare una volta per tutte. Significati che si spostavano in ogni inquadratura, la faccia dimostrava la sua capacità di minare la stabilità dell’intero ordine della rappresentazione su cui poggia il potere statale nel mondo post-moderno.
Durante gli anni 80, grazie a Moore e a Lloyd, la faccia di Fawkes venne tappezzata su tutte le edicole della Gran Bretagna e degli Stati Uniti e, vent’anni dopo, grazie a McTeigue e ai fratelli Wachowski s’impossessò dei cartelloni del cinema e degli schermi televisivi. A questo punto possiamo considerare la possibilità che la faccia di Fawkes abbia sbucato l’ordine simbolico dominante. Questo evento è paragonabile per forma, se non per ampiezza, agli eventi del Maggio 1968.1
Oggi si possono facilmente ottenere maschere di Guy Fawkes per pochi soldi. Esse sono impressionanti (anche se ambigue) a livello di impatto visivo e allo stesso tempo assicurano a chi le indossa un anonimato sempre più prezioso in una cultura satura di sorveglianza come la nostra. La faccia del celebre cospiratore ora si può trovare dappertutto, in manifestazioni pacifiste come pure cortei contro il nucleare. Nelle strade del centro di Vancouver, in Canada, ho visto quella faccia mescolarsi a quelle di persone senza tetto e di ambientalisti dediti al riciclaggio. E nelle mia modesta cittadina universitaria di San Louis Obispo in California, ho visto un gruppo di Guys (probabilmente studenti) gesticolare in maniera istrionica nel centro commerciale downtown. Che cosa poteva significare questo? Forse una critica postmoderna al consumismo?2 Sì, perché è così che scelgo di leggere la situazione al momento. Liberata da ogni significato permanente, la faccia di Fawkes è lì pronta a battersi contro il capitale e lo stato nel posto dove essi sono più deboli, il terreno della rappresentazione. Solo un simbolo nomade di tale calibro può potenzialmente tenere il passo con le permutazioni continue del capitalismo nell’epoca post industriale. Bisogna quindi considerare la faccia di Hawkes uno strumento vitale al progetto anarchico postmoderno.
1605: L’ ANARCHISMO ANGLO-CATTOLICO PREMODERNO E LE ORIGINI DELL’ANARCHISMO POSTMODERNO
Antonia Fraser ha giustamente descritto la storiografia del Gunpowder Plot in termini di una “continua battaglia tra i sostenitori della tesi del Complotto e coloro che sostengono che non vi sia mai stato alcun Complotto (Pro-Plotters vs No-Plotters- 349). La storiografia moderna è chiaramente dominata dai primi, i quali sostengono che nel novembre del 1605 un piccolo gruppo di cattolici radicali capeggiati da Robert Catesby tentò di far saltare in aria il Parlamento. Secondo invece un’intrigante e dura a morire contro-storia cattolica il Complotto sarebbe stato solo un’invenzione di Robert Cecil, Barone di Salisbury e ministro principale di James Stuart per fagocitare la condanna dei cattolici (Levine 192). La versione più conosciuta di questa contro-storia è stata quella esposta nel 1897 dal padre gesuita John Gerard. Sebbene essa sia stata confutata molte volte, James Sharpe ha pienamente ragione nel far notare che questa “contro storia ricorrente del Complotto… non è stata mai completamente messa a tacere” (46). Continuando a combattere una caparbia guerriglia contro la versione fornita dalla storiografia dominante3, la contro storia cattolica focalizza la nostra attenzione sulla natura flessibile, malleabile e simbolica del Complotto, che resiste alle interpretazioni fisse. Nonostante quattro secoli di storiografia che fissano saldamente i particolari storici, il significato finale di tali dettagli rimane indeterminato (e forse non determinabile) e il Complotto rimane un terreno simbolico contestato. Sebbene abbia avuto luogo agli albori del periodo moderno della storia politica inglese, sorprendentemente il Complotto contiene forti elementi postmoderni e le sue numerose rappresentazioni ci forniscono un’occasione unica per studiare l’articolazione a lungo termine di un sistema simbolico postmoderno.
Di grande interesse sono i diversi modi in cui il Complotto rilascia il suo significato. Un aspetto vitale, ma frequentemente trascurato è il suo significato di opposizione all’Unione della Gran Bretagna. Guy Fawkes scrisse di una “ naturale ostilità tra gli inglesi e gli scozzesi”, sostenendo che “non sarà possibile riconciliare queste due nazioni, così come sono, per molto tempo” (Fraser 89). Il re James Stuart era invece determinato a perseguire il suo sogno dell’unione politica tra Scozia e Inghilterra, e fu lui infatti a proporre che venisse chiamata il Regno Unito della Gran Bretagna. (Fraser 103-4). Ed è proprio in questo momento che abbiamo i primi rimescolamenti dello stato britannico moderno il cui nome sarebbe infatti poi stato Regno Unito di Gran Bretagna. Il suo nome e potere si sarebbero basati sull’efficacia della manipolazione del linguaggio e   del significato. Ma ancora prima che questo potesse verificarsi, quello che potenzialmente doveva essere il Regno Unito avrebbe dovuto affrontare le rivendicazioni di un movimento rivoluzionario che intendeva, come aveva dichiarato lo stesso Fawkes, “far saltare” in patria i nuovi regnanti (Fraser 209). Benché sventata a livello di politica convenzionale, l’impatto linguistico e simbolico di questa rivoluzione si sarebbe fatto sentire per secoli a venire. Oggi siamo tutti Guys, e questo è indubbiamente un risultato importante dal punto di vista politico.
La figura di Guy Fawkes esprime il suo potere non solo a livello linguistico ma anche a quello simbolico. Ciò emerge in maniera lampante quando si prendono in considerazione gli affascinanti usi e costumi nati in concomitanza a questa ricorrenza. L’anno dopo la scoperta del Complotto il Parlamento dichiarò quella data festa nazionale (3 James I, Capitolo 1). La festa venne iscritta nel breviario delle preghiere anglicane e fino al 1859 teoricamente tutti i sudditi erano obbligati ad osservarla (Sharpe 79). Il 5 novembre è stata l’unica festa nazionale a sopravvivere nel periodo del Commonwealth di Cromwell (Fraser 353). Forse non fu un caso che proprio il 5 novembre 1588 il Protestante William d’Orange sbarcò a Devon liberando la Gran Bretagna dal regime cattolico di James II.
A questo punto la data sembrerebbe costituire un terreno simbolico sicuro per le forze del nazionalismo protestante. Sennonché nel diciannovesimo secolo la figura di Guy Hawkes viene riabilitata, e diventa soggetto di una pantomima comica (Sharpe 118) per cui la commemorazione del Powder Treason si trasforma in una Notte dei Falò più laica e meno minacciosa. Stranamente, è in questo preciso momento storico che gli elementi anarchici della festa diventano manifesti. A metà del diciannovesimo secolo i centri abitati inglesi iniziano a intuire la pericolosità di disordini legati alla Notte dei Falò. A Guildford nella contea di Surrey, i membri della “Guy’s society” iniziano a sfidare la polizia e le autorità locali lasciando la città “alla mercè dei “Guys” (Sharpe 153). La situazione diventa ancora più evidente nel 1853: secondo un giornale locale “…un forestiero avrebbe immaginato di essere in un Paese in preda all’anarchia e ai repubblicani rossi”. (Sharpe 155). Come dimostra lo studioso, le elite locali iniziano a ritirare il loro sostegno per la festa quando incominciano ad associarla a sommovimenti delle classi basse e a problemi dell’ordine pubblico e della sicurezza (Sharpe 163). Mentre le elite abbandonano quel poco di controllo che potevano aver esercitato in precedenza su questa festa anarchica, presto essa si tramuta in un attacco laico generalizzato contro le autorità, assumendo frequentemente la forma di protesta della sinistra. Non a caso in anni recenti nella Notte dei Falò sono state incendiate le effigi di Margaret Thatcher, Ronald Reagan e George W. Bush (Sharpe 175).
Questo interessante assalto ai simboli dello statismo conservatore moderno ci fa ricordare la storia segreta del 5 novembre. Nel 1605, gli anarchici pre-moderni tentarono di distruggere il nascente stato britannico per riportare l’inghilterra al Cattolicesimo (e presumibilmente lasciare che la Scozia si arrangiasse da sé). L’emergente stato britannico si liberò rapidamente dei cospiratori ma non poté fare lo stesso con la cospirazione. Infatti lo stato britannico moderno continua tuttora a definirsi, in modalità importanti, attraverso l’atteggiamento oppositivo verso l’anarchismo pre-moderno incarnato da Guy Fawkes. Nel 1605, Fawkes e i suoi compagni tentarono di assassinare non solo il re, ma l’intero apparato dello stato britannico moderno proprio sul nascere. Il complotto non era solo cattolico di ispirazione ma era in opposizione all’emergere di un Regno Unito di Gran Bretagna forte e centralizzato. La riabilitazione di Fawkes corrisponde a un crescente senso di frustrazione per l’espansione continua dei poteri dello stato britannico. Guy Fawkes e la Notte dei Falò adesso non significano più il terrorismo cattolico ma la devoluzione, l’autonomia locale, il rifiuto da parte della classe operaia del conservatorismo sociale ed economico del Thatcherismo, come pure una critica radicale contro il militarismo anglo-americano. E’ ovvio che questi valori coincidono con dell’anarchismo britannico contemporaneo facendo così diventare oggi il cospiratore londinese un improbabile simbolo di eroismo per le forze che si contrappongono allo stato.
1981: ANARCHIE MODERNE E POSTMODERNE NELLA GRAPHIC NOVEL V FOR VENDETTA DI MOORE E LLOYD
“L’hanno fatto diventare un simbolo buono per tutte le stagioni, vero?” (Moore and Lloyd, 252). A parlare è Mr. Finch, capo della polizia investigativa nella Gran Bretagna fascista delineata nella graphic novel di Alan Moore. Il poliziotto si riferisce a “V”, il misterioso protagonista del fumetto del 1981 V for Vendetta.   Per tutto il libro la faccia di V rimane nascosta dietro la maschera di Guy Fawkes diventando infatti “un simbolo per tutte le stagioni” in quanto è l’unica parte dell’immagine di Guy Fawkes che non cambia mai. Mr. Finch, erede di una inetta polizia vittoriana in posti come Guildford, è di una lentezza ed ottusità uniche. Infatti è soltanto alla fine della storia che si accorge della vera minaccia rappresentata da V, pericoloso in quanto idea e non persona. Più precisamente V è un sistema di significazione sovversivo. Per presentare il problema in termini strutturalisti, V è un significante vuoto, appartiene a una tipologia di significanti che rifiuta di attaccarsi a qualsiasi significato. Ciò è particolarmente interessante perché secondo il modello classico dello strutturalismo è il segno linguistico ad essere arbitrario mentre il simbolo visivo non lo è. De Saussure insisteva che per il simbolo “esiste ancora un rudimento di legame naturale tra significante e significato” (68). Le potenzialità post-strutturaliste di V for Vendetta sono pertanto molto alte e la sua radicalità consiste esattamente nel fatto che in questa storia il simbolo è tanto “instabile” quanto il segno. La scelta di simboli operata da V è stata particolarmente accorta perché arrivati al 1981 la faccia di Guy Fawkes aveva accumulato centinaia di significazioni cangianti. Lo scrittore Alan Moore e il disegnatore David Lloyd riconoscevano che un simbolo può diventare talmente carico di significati multipli che alla fine crolla sotto il proprio peso, eludendo completamente in tal modo qualsiasi significato. Anche se sembra contraddire l’intuito, il rudimento di significato che de Saussure aveva scoperto nel simbolo può accumularsi fino a raggiungere un punto critico oltre il quale è impossibile investirlo di ulteriori significati. Questo punto costituisce l’orizzonte dell’evento che circonda il buco nero delle significazione.
Non c’è da stupirsi se V affronta questi temi con prudenza, spesso battendo la ritirata in una rappresentazione più convenzionale di un anarchismo semplicemente moderno, coraggioso dal punto di vista politico ma indubbiamente più cauto dal punto di vista stilistico. Questi limiti ci illustrano i confini entro i quali bisognava stare nel 1981. In quegli anni i fumetti erano finalmente riusciti a stabilire un proprio territorio dopo essere stati esclusi per quasi tutto il 20esimo secolo dai canoni di opere ritenute soggetti degni di critica letteraria. Assieme alla fantascienza e alla pornografia, l’influente autore e critico letterario americano Samuel Delany aveva relegato i fumetti alla categoria di “paraletterature”5, argomentando però in maniera convincente che le paraletterature sono in grado di contribuire alla nostra cultura in modalità uniche e innovative, particolarmente a livello di forma. Durante gli anni 80, i fumettisti e gli artisti esplorarono temi letterari di un certo spessore, spesso all’interno di una cornice di storie che venivano narrate nell’arco di diversi numeri che si potevano collezionare e che potevano essere ripubblicate come “graphic novels”. La famosa serie Dark Night Returns di Frank Miller (1986) aveva re-immaginato Batman non nel classico ruolo di “buono” ma come “cattivo”, sollevando questioni etiche sulle pratiche di vigilantismo. Il 1986 vide anche la pubblicazione di Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons, la storia di supereroi realisticamente nevrotici raccontata con uno stile cinematografico molto innovativo.
Negli anni 80 i fumetti non diventavano solo più seri ma cominciavano anche ad affrontare temi politici. E’ interessante notare che sia Dark Night di Miller e Watchmen di Moore mettevano in risalto l’ambientazione in una tarda fase della Guerra Fredda: il pericolo di una guerra nucleare tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniuti giganteggiava in entrambi i fumetti. E’ importante ricordare che nella cultura popolare anglo-americana il pessimismo distopico riguardo il futuro prossimo restava una caratteristica molto importante anche mentre Mikhail Gorbaciov iniziava a sondare la possibilità di un disgelo nel rapporto USA-URSS. Watchmen rappresentava la continuazione dei temi che Moore e Lloyd avevano esplorato nel 1981 quando avevano pubblicato V for Vendetta nella rivista inglese Warrior. Nella trama di V, Moore adoperava un congegno che iniziava ad essere riconoscibile come uno dei tropi più importanti nei fumetti nella fase conclusiva della Guerra Fredda: una guerra nucleare limitata tra USA e URSS scatena l’inverno nucleare e il caos politico che ne consegue agevola l’ascesa al potere di un regime fascista in Gran Bretagna. V for Vendetta fu pubblicato non molto tempo l’elezione di Ronald Reagan negli Stati Uniti e del Primo Ministro Margaret Thatcher in Gran Bretagna. In entrambi i paesi la cultura politica diventava sempre più conservatrice, se non reazionaria e profondamente ostile a qualsiasi rappresentazione positiva della politica di sinistra. Considerata la cultura politica anglo americana di quegli anni, sembra abbastanza incredibile che Moore e Lloyd possano aver raccontato da un punto di vista simpatetico la storia di un anarchico cappa e spada con la faccia di Guy Fawkes proprio in quegli anni. Ma a volte l’essere paraletterari costituisce un vantaggio. Come sostiene Greg Hoppenstand i fumetti sono il genere ideale per storie a sfondo politico perché possono permettersi molto di più rispetto ai generi più seri. Come le favole di Esopo, V for Vendetta poteva affrontare di petto argomenti che chiamavano in causa forti emozioni senza per questo attirare lo sguardo vigilante del governo allo scopo di moralizzarlo” (521).
V for Vendetta offre uno sguardo acuto e penetrante sul fenomeno dell’ascesa del fascismo. Il partito fascista “Norsefire” approfitta del vuoto di potere venutosi a creare con il crollo dello stato liberale britannico in seguito alla guerra nucleare. “Non c’era più governo. Solo piccole bande tutte che si davano da fare per impadronirsi del potere” (28). Naturalmente i media del capitalismo all’epoca delle multinazionali spesso scambiano questo quadro per anarchia: caos politico e sociale che segue all’improvvisa assenza di uno stato efficace nell’esercizio della repressione. Ma V rifiuta questa rappresentazione standard e menzognera. Mentre si prepara a far saltare il tribunale Old Bailey simbolo dell’ingiustizia, V nomina l’anarchismo sua amante e dichiara “…è stata lei a insegnarmi che la giustizia non ha significato senza libertà” (41). In V il tema libertario è molto forte e costituisce una parte essenziale della critica politica di Moore alla Guerra Fredda nel suo ultimo periodo. Moore trova infatti il comunismo di stato stile sovietico ripugnante quanto il capitalismo conservatore anglo-americano con il quale cospira per la distruzione del mondo. Evey, la giovane pupilla di V, presto riconosce la fonte del potere di V, “Puoi fare tutto quello che vuoi, vero? Immagino sia come conquistare l’universo” (43).
Bisogna riconoscere a Moore e Lloyd il merito di aver saputo evitare anche la facile discesa nell’individualismo edonista che rappresenta il maggior pericolo di tale libertarismo. Quando V dice a Evey, “Fa quello che vuoi… non ci sarà altra legge”, questa resiste al suo edonismo di seconda mano replicando, “Citare Aleister Crowley non è sufficiente” (217). Il fumetto continua a interrogare i propri valori libertari. Mentre i cittadini della Gran Bretagna fascista sentono il richiamo dell’appello rivoluzionario di V, il regime fascista inizia a sfaldarsi, e si scatenano disordini e sommosse. “ Tutti questi disordini e tumulti, V… è questo l’anarchismo?” incalza Evey, “ E’ questo il paese del “fai quello cheti pare?” (195). V la informa che “Anarchismo significa “senza capi” non “senza ordine”. Con l’anarchismo inizia un’epoca di ordnung, ordine vero, cioè ordine volontario.”. V è calmo, quasi didattico. Il suo discorso sembra un saggio di Kropotkin: tale è il linguaggio dell’anarchismo moderno di sinistra. V ripete anche la famosa equazione di Bakunin degli impulsi creativi e distruttivi. La sua posizione è l’essenza della prassi dell’anarchico moderno: ammira il potenziale liberatorio di una distruzione pensata ma anela anche al giorno in cui questa possa cedere il passo a una creatività più pacifica. “Facciamo un brindisi a tutti i nostri bombaroli, tutti i nostri bastardi,” dichiara V, “Brindiamo alla loro salute… e poi non incontriamoci più con loro” (222). Questo punto è sufficientemente importante da meritare la ripetizione: Evey ricorda le parole di V mentre sta per compiere le sue difficili scelte politiche dopo la sua morte (248). Il messaggio finale di V a Londra è un appassionato appello a cogliere le potenzialità creative inerenti alla distruzione delle forme politiche esistenti, “ Nell’anarchismo, esiste un’altra via. Con l’anarchismo dalle macerie sorge nuova vita, si ristabilisce la speranza” (258).
La coraggiosa visione anarchica di Moore è stata certamente una boccata d’aria fresca nella Gran Bretagna di Thatcher, ma la sua versione dell’anarchia rimane primariamente moderna, non post-moderna. V for Vendetta mantiene il suo amore per il pensiero dialettico reperibile nella maggior parte dell’anarchismo teorico scientifico dell’Ottocento. “C’è voluto talmente tanto tempo a costruire il tuo bell’impero. E adesso basta schioccare le dita… ed eccolo crollato” (208). V costituisce lo schioccare delle dita della storia, e non è l’unico. Una donna, quadro del partito, a lungo tartassata e sfruttata dai membri di alto rango del suo stesso partito, pianifica anche lei l’assassinio del dittatore. “E’ la storia a muovermi le gambe e niente, niente potrà fermarmi”, pensa (234). V rivela i limiti dell’approccio dialettico. Dopo la morte di V, Evye comprende che è stato importante principalmente come idea. Vorrebbe togliergli la maschera per vederne i veri lineamenti, vedere chi “era veramente”, ma esita, “Se gli tolgo la maschera, qualcosa scomparirà per sempre, sarà sminuita perché chiunque tu sia non potrai mai essere tanto grande quanto l’idea di te” (250). Nell’anonimato di V c’è qualcosa che disturba, fa venire in mente la critica rivolta da Bakunin al determinismo economico di Marx: se la storia fosse veramente determinata dalle forze del materialismo dialettico, le scelte politiche e le azioni dei singoli non potrebbero possibilmente avere alcun peso. V for Vendetta suggerisce invece che dopotutto V non è un soggetto individuale energico e autentico, capace di plasmare la storia, ma piuttosto una forza vuota e impersonale: un’idea che cambia la storia. Tutto ciò richiama una dialettica hegeliana più che marxiana: V è la nottola di Minerva, e la dialettica nella quale essa opera è puramente astratta, quella idealista della Fenomenologia di Hegel. E’ difficile intravedere grandi potenzialità rivoluzionarie in tutto questo.
Per fortuna V riesce in qualche modo a trascendere il pensiero dialettico moderno sotto alcuni aspetti importanti. Il libro flirta con una politica post-moderna più innovativa e questo si può vedere chiaramente nel suo trattamento dei media e della televisione. La televisione di stato fascista trasmette spazzatura tipicamente razzista, ad esempio le avventure di un supereroe Ariano del futuro “Storm Saxon” (Tempesta Sassone). Quando V interrompe la trasmissione, si sentono le prevedibili proteste del popolo, “ Perché allora ho pagato quel cazzo di canone?” (112), commento ironico sul fatto che i cittadini britannici sono costretti a pagare il canone per il privilegio di permettere alla BBC, televisione di stato, di dire loro cosa devono pensare. Le autorità fasciste sono terrorizzate dalla capacità di V di appropriarsi dei mezzi dell’informazione, “ Non possiamo trasmettere subito… lo sta già facendo qualcun altro” (186). Mentre i fascisti perdono il controllo sul sistema dei media, crolla con grande rapidità anche il loro sistema politico. “Le società autoritarie sono come pattinatori sincronizzati, si muovono in forme complesse, meccanicamente precise e soprattutto, precarie” (197). Questa frase fa pensare a quanto sostiene Baudrillard quando dice che il segreto del potere è che non esiste (Strategie Fatali 80). V infatti invoca il concetto di simulacro di Baudrillard per descrivere la natura del potere in una Gran Bretagna post apocalittica, “ in una burocrazia, gli schedari sono la realtà” (Moore e Lloyd, 218).
La buona notizia è che se V ha colto nel segno, il potere in apparenza monolitico e invincibile dello stato britannico altro non è che un precario castello composto dalle schede di quello schedario. Se nel mondo postmoderno il potere si basa largamente sull’illusione e sulla manipolazione creativa della realtà, i rivoluzionari hanno una strategia chiara ed efficace a loro disposizione. Basta impossessarsi dei motori della simulazione, è sufficiente strappare i veli dell’illusione e rimpiazzare il discorso ufficiale con una narrativa radicale alternativa. E questa è precisamente la strategia di V, che sceglie di commemorare il “contributo” del “grande cittadino” Guy Fawkes distruggendo Jordan Tower e il vecchio Palazzo delle Poste, e così facendo mette fuori commissione la macchina della propaganda di stato e il sistema di sorveglianza. (186-7). Questa è l’unica parte dell’assalto di V contro la macchina cibernetica che sottoscrive il potere dello stato contemporaneo. In una sotto-trama affascinante, scopriamo che il dittatore fascista Adam Susan è in verità ancora vergine e nella sua repressione è innamorato dell’enorme computer Fato addetto al monitoraggio della vita di ogni suddito inglese. “Nei suoi sogni più segreti sente la fame del duro abbraccio di macchine crudeli” (91). Una delle vittorie più significative di V è la “seduzione” del computer Fato (201). Nel discorso della sottocultura dell’hacker postmoderno, questa viene definita una “intrusione da cappello bianco”, cioè una incursione non autorizzata in sistema a network per scopi socialmente responsabili.
L’anarchismo postmoderno è anche promosso da V attraverso la sua sfida coerente e deliberate al concetto di individuo normale. Come dimostrato da Michel Foucault, tale concetto è una parte cruciale dell’apparato con cui lo stato moderno mantiene e aumenta il proprio potere.5 V sostiene che gli individui “normali” sono stati largamente responsabili per il successo del fascismo. “Abbiamo avuto tutta una serie di malversatori, truffatori, bugiardi e pazzi che hanno preso una serie di decisioni disastrose”, afferma V nella sua trasmissione pirata alla televisione (116). ( Mentre parla sullo sfondo sfilano immagini di Hitler, Stalin e Mussolini.) “Ma chi li ha eletti?” incalza nella vignetta successiva in cui David Lloyd presenta “Il nucleo famigliare” standard: padre ciccione con una pinta di birra in mano, madre passiva, due bambini annoiati, tutti seduti davanti alla televisione. “Siete stati voi!” dichiara V, “ Siete stati voi che avete nominato questa gente! Che gli avete dato il potere di prendere decisioni al vostro posto!” (117). Questa argomentazione ci ricorda l’interpretazione del fascismo, della Scuola di Francoforte particolarmente la sua articolazione nel libro di Erich Fromm Fuga dalla libertà. Consegniamo di nostra volontà la nostra libertà in mano ai fascisti, anzi ne siamo entusiasti, perché siamo terrorizzati all’idea della libertà individuale pura. “ La situazione è sotto controllo, i cittadini vengono esortati a procedere “normalmente” con la propria vita, dichiara lo stato fascista, mentre Londra scende in uno stato di caos caratterizzato da disordini e saccheggi (191). Chiaramente i fascisti si disperano per mantenere l’apparenza di normalità mentre V rende più che chiaro il fatto che il ‘normale’ non è altro che una facciata vuota. In termini visivi Lloyd rende esplicito questo concetto con una serie di tre vignette che mostrano il negozio di ‘Supersavers’ (191.) Nella prima vignetta si vedono cittadini passivi in apparenza “normali” di fronte al negozio con l’atteggiamento di squadristi. Nella seconda vignetta gli stessi cittadini adesso in veste di truppe passano davanti al negozio marciando. Nella terza vignetta non ci sono più persone ma solo il negozio con le finestre rotte e le merci saccheggiate.
La sfida anarchica e postmoderna di V alla “normalità’ raggiunge punte massime di chiarezza nel ritratto impietoso della omofobia fascista da lui dipinto. In una delle parti più commoventi del racconto, Valerie, una lesbica imprigionata e torturata dal regime fascista dichiara che poco dopo essersi impadroniti dello stato i fascisti “avevano cominciato a fare retate contro i gay’ (159). “Perché hanno così tanta paura di noi?”, si chiede (159). E’ un’ottima domanda. La risposta, forse è che i gay e le lesbiche rappresentano una minaccia simbolica al sistema fascista di rappresentazione. Le identità ed i sistemi di significazione dei gay e delle lesbiche stanno in diretta contrapposizione al concetto omogeneo di normalità che è una componente cruciale del regime simbolico fascista.
Questa sfida sovversiva alla normalità suggerisce anche alcune interessanti strategie di resistenza. Verso la fine, V imprigiona Evey in un luogo che simula una prigione fascista. (Se l’autorità fascista si basa sul mantenimento dell’illusione di potere, diventa possibile per altri appropriarsi di quella autorità sviluppando illusioni proprie. La decisione di V prendere questa strada è, naturalmente, discutibile dal punto di vista etico e problematizza tutto il suo progetto politico in maniera interessante.) V infligge su Evye mesi di torture fisiche e psicologiche. Quando infine scopre la verità della propria situazione, Evey affronta V dicendogli, “Dici di volermi liberare e invece mi hai messo in prigione…” (168). V risponde, “ Eri già in prigione. Sei stata in prigione tutta la tua vita.”E poco dopo, “Non ti ho messo io in prigione, Evey. Ti ho solo fatto vedere le sbarre” (170). Ed è qui che V sviluppa un’argomentazione radicale postmoderna: il potere oppressivo dello stato fascista (e dello stato moderno più in generale) non sta nella capacità di tali stati a dispiegare forme convenzionali di potere politico ed economico. Piuttosto, il potere veramente terrificante degli stati fascisti (e di tutti gli stati moderni) sta nella loro capacità di far valere e fare osservare una determinata percezione del mondo. L’unica sfida efficace al fascismo secondo V è l’attacco a quella percezione. Per arrivare a questo bisogna sviluppare ed articolare una politica simbolica radicale, una qualsiasi che sia sufficientemente drammatica per superare l’intera struttura fascista di rappresentazione. I metodi con cui V raggiunge questo obiettivo sono discutibili, ma alla fine Evey arriva a capire che la sua esperienza è stata trasformativa e liberatoria. I critici che difendono lo stato avranno la tentazione di sottovalutare la trasformazione di Evey relegandola a semplice manifestazione della ‘sindrome di Stoccolma’ , ma ciò è troppo semplice. David Lloyd ci fornisce indizi in una sequenza psichedelica e densa dal punto di vista visivo che illustra la reazione di Evey alla morte di V. La ragazza finalmente rifiuta la dialettica: V può anche essere una grande idea, ma ciò non toglie ha bisogno di essere una persona. Con le mani tremanti Evey inizia a togliergli la maschera. Mentre solleva quel suo “sorriso che ti fa arrabbiare’ , il sorriso sardonico di Guy Fawkes viene sostituito dalla faccia spaventata della bambina Evey. “Finalmente so”, conclude Evey, “So chi V deve essere” (250). La pagina seguente contiene solo immagini: Alan Moore fa un passo indietro per permettere a Lloyd di presentare l’argomentazione simbolica. Piano piano Evey si avvicina allo specchio di V,   si guarda e poi fa lo stesso sorriso di Fawkes a sé stessa. Evey non è semplicemente innamorata di V, sta diventando V. Ciò è possibile (perfino facile) perché V è sempre stato solo qualcuno che tutti possono essere: semplicemente un tizio (Guy)
 
2006: ANARCHISMO TRANSLATLANTICO POSTMODERNO NEL FILM DI MCTEIGUE/WACHOWSKI “V FOR VENDETTA”
Numerose sono state le lamentele dei critici dirette all’adattamento cinematografico di V for Vendetta. La delusione di Alan Moore fu tale che insistette per far togliere il suo nome dal progetto. Tra le obiezioni del fumettista c’era anche la sua contrarietà alla decisione del regista di trasformare la storia in una “parabola per l’epoca di Bush” (citato in Xenakis 135). Ma che altro avrebbero potuto fare? Sebbene i fratelli Wachowski fossero stati interessati al progetto dai lontani anni 80, fu solo agli inizi del 21 secolo che finalmente si concretizzò il progetto per l’adattamento cinematografico. A quel punto la parabola modernista di Moore sulla politica degli ultimi anni della Guerra Fredda non sembrava avere più alcuna pertinenza. I Wachowsky si videro quindi costretti a raccontare una storia nuova, una che avesse un senso nell’universo simbolico venutosi a creare dopo l’11 settembre 2001. Chiaramente andavano a toccare un tasto dolente, specialmente per la destra. “ Se credete che l’intero edificio della guerra al terrore sia fondato su un castello di menzogne, V for Vendetta fa per voi”, tuonava John Podhoretz, una delle voci più autorevoli della destra americana. Il problema per persone come Podhoretz – ed è un problema che si aggrava ogni giorno sempre di più- è che un gran numero di statunitensi e un numero ancora maggiore di stranieri la pensava e la pensa proprio così.
Una critica più seria arrivava invece da critici letterari di orientamento progressista che si occupano di fantascienza. Ad esempio, citando l’opera di Toni Negri e Michael Hardt, Lucius Shepard sosteneva che il film The Matrix, del 1999 dei fratelli Wachowski pur fingendo un atteggiamento rivoluzionario altro non era che un dispositivo di marketing di grande successo, l’ente corporativo simulava unità con la classe dei consumatori e finiva per indebolire l’intero concetto di rivoluzione” (122). Per Shepard, “V for Vendetta potrebbe essere all’incirca la stessa cosa” (122). V è indubbiamente un film Hollywoodiano, fatto bene, di gradevole aspetto e realizzato con un grosso budget, ma Shepard ha troppa fretta nel concludere che quindi il film non abbia niente di radicale da offrire. Sottovaluta il regista esordiente James McTeigue e lo relega al ruolo di marionetta dei fratelli Warchowski, mentre invece questi dimostra un sorprendente livello di sofisticazione politica, “ [il fim V] è ambiguo dal punto di vista politico, ma più dai credito alle capacità critiche del pubblico e ne presumi l’intelligenza meglio è”, afferma il regista (citato da Lyall). McTeigue riconosce chiaramente il potenziale radicale insito in un sistema di rappresentazione sovversivo e ambiguo, e ciò non dovrebbe stupire. Dopotutto il regista esordiente aveva lavorato con i Wachowski come assistente regista nel film The Matrix, opera che dimostrava un forte interesse per la filosofia postmoderna in genere e la teoria della simulazione di Baudrillard in particolare. In V sia il regista che gli sceneggiatori continuarono ad esplorare quegli interessi stavolta in chiave nettamente politica riuscendo a realizzare una impressionante dimostrazione cinematografica che valorizza l’anarchismo postmoderno.
 In realtà anche qualche critico allineato alla sinistra postmoderna ha riconosciuto le potenzialità rivoluzionarie del film, evidenziando il trattamento riservato dal film alla sessualità. “V è un fantasy all’insegna dell’avventura che tocca i centri del piacere”, osserva Richard Goldstein e conclude, “Nonostante i limiti estetici, per la sua evocazione dell’erotismo della resistenza bisogna considerare questo film un evento significativo”. Quando nella versione cinematografica V interroga l’intersezione tra sessualità e politica è in realtà più radicale del fumetto. Adam B. Vary mette l’accento sul fatto che nella rappresentazione della sessualità il film è deliberatamente più provocante e radicale del fumetto. Citando McTeigue il critico afferma, “Credo che per certi versi la graphic novel sia vittima dei suoi tempi per quanto riguarda la rappresentazione dell’omosessualità”. Come fa notare Vary, nella versione cinematografica cambiando l’orientamento sessuale del personaggio di Deitrich da etero a gay è avvenuto un ampliamento degli orizzonti della rappresentazione.
Fin dall’inizio il film è esplicito nell’accogliere le potenzialità post-strutturaliste dell’immagine di Guy Fawkes che Moore e Lloyd avevano già incominciato a sondare nel fumetto. Il film apre con una breve rievocazione storica del Complotto delle Polveri offerta al pubblico da una voce femminile fuori campo (quella del personaggio di Evey interpretato da Natalie Portman) che riecheggia quel che Goldstein aveva già giustamente individuato come ‘l’eros della resistenza’. “So che si chiamava Guy Fawkes e che nel 1605 aveva tentato di far saltare in aria il Parlamento” (009).6 Pur nel modesto numero di informazioni che rilascia Evey è più informata della maggior parte del pubblico, ma ciò non ha importanza. La sua voce fuori campo ci riassicura che la nostra incapacità culturale di ricordare esattamente cosa si festeggia il 5 novembre non è un ostacolo politico insormontabile. Nell’ambiente politico postmoderno il fatto che la faccia di Fawkes si ostini nel suo rifiuto di attaccarsi a un significato specifico può essere interpretato in maniera positiva, come indicazione che questa immagine può essere riutilizzata per qualsiasi scopo sovversivo adatto al momento storico. “Ci viene detto di ricordare l’idea e non l’uomo perché un uomo può fallire”, continua Evey, “Può essere catturato, può essere ucciso e poi dimenticato. Ma quattrocento anni dopo, un’idea è ancora in grado di cambiare il mondo.”. Il film individua subito il problema inerente all’approccio dialettico alla rivoluzione. “Ma un’idea non la puoi baciare“ , continua la voce fuori campo di Evey mentre sullo schermo appare la faccia di Guy stretta dentro al cappio, “Non la puoi toccare o stringere” (010). Il film offre una soluzione a questo problema eroticizzando l’idea chiamata V e in tal modo traendolo in salvo dal territorio arido e piatto della dialettica. Gli eventi successivi ci inducono a ripensare alla meravigliosa ironia in queste prime affermazioni di Evey. Alla fine del teaser storico, il pubblico comprende che una qualche non specificata idea che richiama questo Guy cambierà il mondo, mentre alla conclusione del film gli spettatori potranno anche credere che si possa baciare questa idea. 
Il cinema è un mezzo molto efficace per la rappresentazione del genere di politica visuale che V for Vendetta chiaramente desidera mettere in atto. A livello tecnico il cinema è in grado di rappresentare altre forme di mass media di carattere cinetico e visivo come la televisione in maniera più immediata di quanto non possa fare il genere fumetto utilizzato da Moore e Lloyd. Quando V s’impadronisce della Jordan Tower per trasmettere il suo messaggio sovversivo, in basso a destra su ogni schermo della Gran Bretagna fascista si vede apparire un divertente logo, cioè la V che simboleggia il protagonista, con la lettera iscritta dentro un cerchio, seguita dalla dicitura TV. Naturalmente questa V non è altro che il simbolo dell’ A anarchica invertita e leggermente camuffata mentre le lettere TV sono una mossa giocosa da parte dello spiritoso personaggio per richiamare canali come MTV. Indubbiamente questo ludico dettaglio sarà giudicato dai critici della sinistra modernista una ulteriore prova dell’allineamento del film con i valori delle grandi multinazionali, ma in questo saggio se ne propone una lettura diversa. Nella trama Il personaggio V utilizza un sistema di rappresentazione simbolica che sa risulterà comprensibile a un pubblico televisivo saturo di media ( il ché vale anche per il pubblico reale del film). L’atto di occupare la Jordan Tower e di trasmettere il proprio bollettino viene compiuto perché il personaggio vuole garantirsi almeno della possibilità che le sue parole siano recepite. Dopotutto è sua intenzione fare una breve conferenza introduttiva sulla politica post-strutturalista per cui è legittimo iniziare offrendo al pubblico qualcosa che gli sia familiare. Con un discorso che richiama il linguaggio di Foucault, V dichiara che, “Benché si possano usare i manganelli al posto della conversazione, le parole manterranno sempre il loro potere” (037). Il personaggio prosegue affermando, “ Le parole offrono il mezzo per significare e per coloro che ascoltano, l’enunciato della verità” (38). Naturalmente la sua scelta di parole è significativa. Se invece di offrire un significato le parole offrono il mezzo per un significato, si suggerisce che il significato è un qualcosa che costruiamo noi stessi. Similarmente, V parla non della verità ma dell’enunciato della verità, indicando così che essa non esiste prima dell’atto della parola: uno strutturalismo estremo. Verso la fine del suo discorso, V rivela che il suo strutturalismo è allineato a Nietzsche ed è quindi quasi certamente foucaultiano. Come nella graphic novel, V dichiara Guy Fawkes un “grande cittadino”. Ma il V dei fratelli Wachowski aggiunge queste parole che non appaiono nella versione di Moore, “La sua speranza era di ricordare al mondo che equità, giustizia e libertà sono più che parole. Sono prospettive” (041). Con queste parole V rivela un’etica prospettivista: il suo rifiuto post strutturalista di qualsiasi significato assoluto non sottintende un relativismo insignificante ma piuttosto un prospettivismo che potrebbe valutare vari punti di vista e sottoscrivere quelli che promuovono valori progressisti.
La promozione dell’etica nel linguaggio sembra essere una delle principali preoccupazioni del protagonista. I fratelli Wachowski aggiungono queste parole al monologo di Valerie, la vittima dell’omofobia fascista, “Ricordo come il significato delle parole iniziò a cambiare. Come a un tratto diventarono spaventose parole che non ci erano familiari, parole come “collaterale” e “extraordinary rendition”(114). Alan Moore denunciò il film per i suoi riferimenti alla cultura politica del periodo post 11 settembre ma sono proprio questi gli elementi che ne mantengono viva la rilevanza. La Guerra Fredda che caratterizza la graphic novel originaria si è conclusa. Adesso siamo invischiati in una Guerra al Terrore e questa guerra, più ancora dell’altra, viene combattuta sul terreno del linguaggio. E non è poi l’unica guerra che dobbiamo affrontare. “Ricordo come ‘diverso’ diventò ‘pericoloso’”, dice la Valerie dei fratelli Wachowski (115). Nel film l’omofobia del fascismo viene evidenziata in misura molto maggiore rispetto al fumetto: diverso è pericoloso, perché la differenza (specialmente quella sessuale) potrebbe potenzialmente minare il delicato sistema simbolico all’interno del quale è iscritto l’ordine fascista. Il film prende una decisione importante e coraggiosa, quella di raffigurare sessualità alternative come potente antidoto alla conformità culturale imposta da e necessaria al fascismo, rimandandoci alle macchine desideranti, antifasciste di Deleuze e Guattari. Ci fa ricordare anche del fatto che lo scrittore noto in precedenza con il nome di Larry Wachowski adesso è Laurenca, una transessuale che non è stata ancora operata, che secondo il critico conservatore Podhoretz, “… vive sotto il dominio di una sadica di professione nota con il nome di Mistress Ilsa Strix”. Il commentatore di destra continua affermando che “ [V] sarebbe forse potuto essere sovversivo” se fosse stato fedele alle tendenze erotiche di Laurenca, ma anche qui Podhoretz si sbaglia. V è sovversivo esattamente perché è fedele alla nuova, radicale sessualità di Laurenca, non nella sua forma, ma nella sua marginalità, nel suo essere Altro. Il corpo di V, come quello di Laurenca è radicalmente non ortodosso. E’questa la differenza che rende pericoloso V ed è proprio questa la differenza amata da Evey. La rappresentazione di V può non essere esplicitamente trans-genere ma una radicale ambiguità sessuale esiste sicuramente in V, ed è indubbio che questo fa parte del suo potere.
A questo potente prospettivismo post-strutturalista V aggiunge una sorta di Situazionismo assurdista che spinge il film verso una completa evoluzione della politica postmoderna. Ricalcando il teatro dell’Assurdo V utilizza lo strumento della satira per criticare la Guerra al Terrore. Deitrich (Stephen Fry) è il presentatore di uno spettacolo di varietà in uno dei canali della televisione di stato. In uno sketch particolarmente esilarante interpreta V che viene smascherato come clone cattivo del dittatore fascista Adam Suter e si ha quindi una specie di inseguimento tra cloni nello stile di un bizzarro sketch a là Benny Hill completo anche di colonna sonora che richiama lo show del comico britannico. Vale la pena ricordare che il film mantiene un alto livello di realismo e sebbene sia ambientato in un futuro prossimo non contiene alcun elemento fantastico. Il mondo di V è pressappoco il nostro mondo. Quindi un programma di questo genere ricorda al pubblico del film quel che la televisione potrebbe fare al nostro mondo ma non fa. La vita privata di Deitrich è ancora più sovversiva dei suoi sketch: nella cantina segreta egli conserva un certo numero di opere proibite compreso un quadro intitolato ‘Dio salvi la Regina’ con la faccia del Cancelliere Sutler trasposta a quella della monarca. McTeigue dichiarò che il quadro era stato ispirato alla grafica utilizzata dall’artista Jamie Reid per le copertine e manifesti dei Sex Pistols. Sempre secondo il regista, Reid era stato influenzato dai Situazionisti (Wachowski Brothers e McTeigue 241). I riferimenti alla cultura punk e al Situazionismo indicano una maggiore sofisticazione nel suo lessico simbolico-politico rispetto al libro (ed anche una maggiore radicalità). Nel fumetto di Moore/Lloyd la distruzione del Parlamento veniva rappresentato come un evento curioso e di minore importanza mentre nel film il critico Goldstein fa notare che diventa “un’ammaliante immagine di anarchia iconoclastica [che] richiama i valori punk centrali alla cultura giovanile fino a che, dopo l’11 settembre, non sono state sostituite con pose patriottiche.”
Nella trama di Alan Moore, V fa saltare in aria il Parlamento all’inizio della narrazione mentre nel finale il grande bersaglio diventa 10 Downing St (cioè la sede del Primo Ministro e del Governo) perché il fumettista aveva in mente l’opposizione di V a una manifestazione particolare del potere di Stato all’epoca della Guerra Fredda nella sua fase conclusiva. McTeague e i Wachowski mettono invece nella scena finale la distruzione del Parlamento perché hanno invece in mente un assalto post moderno più ambizioso contro le fondamenta simboliche dello stato moderno. I critici liberal non esitano ad unirsi a quelli più conservatori nella denuncia di questo progetto. Il critico David Denby della rivista The New Yorker, per esempio, si lamenta del fatto che il film finisce per “festeggiare un attacco contro un’icona della democrazia liberale” e conclude che V è “ un’opera presumibilmente antifascista” che “brama il fuoco e la morte”. Ma il punto del film è precisamente che il Parlamento è un simbolo instabile quanto quello di Guy Fawkes: può rappresentare gli eccessi del potere dello stato facilmente quanto può rappresentare quella conveniente astrazione ch si chiama “democrazia liberale”. Per ottenere dagli uffici addetti al rilascio dei permessi le autorizzazioni per filmare la distruzione del Parlamento, Nick Daubeny il rappresentante dei produttori del film “dovette insistere sui pericoli dello stato totalitario e il fatto che [nella scena] si rappresenta la restaurazione della democrazia (citato in Lyall). Il film quindi non ripudia la flessibilità e ambiguità del suo simbolismo, anzi, riesce a mantenere un forte senso etico attraverso tutte queste ambiguità. Il critico Tony Williams ha ragione nel sostenere che “ sebbene diversi commentatori abbiano condannato V per il suo presunto appoggio all’attentato dell’11 settembre e ai terroristi, V fa saltare in aria solo edifici che sono vuoti, seguendo anche la filosofia anarchica di Bakunin secondo la quale un atto di distruzione può anche essere creativo” (19). V è esplicito nella sua politica simbolica. ”L’edificio è un simbolo come lo è pure l’atto di distruggerlo. Sono le persone a dare potere ai simboli: un simbolo in sé è insignificante, ma se ha alle spalle abbastanza persone, far saltare in aria un edificio può cambiare il mondo” (056). Ed è qui che il post-strutturalismo radicale del film si manifesta in maniera eclatante: il simbolo è definito come radicalmente fluido, il suo significato è infinitamente flessibile e quel significato viene articolato mentre il simbolo passa attraverso il suo ambiente culturale.
V spiega tutto ciò a Evey e nella scena successiva va ad assassinare Prothero, il fascista che è “La Voce di Londra”. Quest’ultimo si sta guardando alla televisione e mentre V si avvicina il Prothero teletrasmesso sta istruendo il pubblico sulla “morale della storia, “ I buoni (good guys) vincono e i cattivi (bad guys) perdono, e come sempre l’Inghilterra avrà la meglio” (060). Ma in realtà, a quattro secoli dal Complotto delle Polveri lo stato britannico lotta ancora per mantenere il suo vacillante potere definendo diversi tipi di Guys. Nel film, lo stato perde questa lotta come pure qualsiasi rivendicazione di legittimità. V invita i cittadini di Londra a indossare le maschere di Guy Fawkes e alla fine del film ciò che è già avvenuto a livello linguistico accade sullo schermo: tutti diventano un Guy. Londra viene trasformata in una città di Guys, un mare vasto ed enigmatico di facce di Fawkes sorridenti. Questo finale costituisce una rottura radicale   rispetto alla conclusione del libro di Moore nella quale Evey solleva la maschera dal corpo di V e decide di continuare a lottare, come individuo che si conforma al libertarismo classico. “Lui era tutti noi, “ conclude la voce di Evey fuori campo (168). Williams giustamente considera questa conclusione in definitiva migliore dell’altra (23). Il Bildungsroman di Moore poteva pure essere stato una storia piena di ispirazione che narra del percorso di una donna verso l’impegno politico, ma il film è molto più ricco: è una narrativa postmoderna che tratta di come un simbolismo politico sovversivo possa diffondersi per tutta una cultura come un virus o un meme, riscrivendo quella cultura proprio nel processo di diffusione. Il film raggiunge il suo culmine emotivo proprio prima della distruzione del palazzo del Parlamento, quando Evey infine bacia V. Si offre al pubblico una ispirata visione cioè le belle labbra di Evey che carezzano i tratti senza vita della maschera di Guy Fawkes. Evey è innamorata del meme, ama il simbolo, il suo potere e il modo in cui V ha esercitato quel potere per dare alla Gran Bretagna la possibilità di conquistarsi la libertà. Non stupisce quindi che i critici liberal si girino dall’altra parte con ribrezzo a questa scena. “Certo Evey gli dice che è un mostro – e poi cerca di sedurre la sua maschera”, mugugna il critico Jeff Giles di Newsweek, “In un film se la bella ragazza si innamora di te e continua ad essere innamorata sei l’eroe”. Ma chi è questo “tu” in questo caso? Non un uomo, certamente, ma piuttosto un Guy, un tizio che si conquista la ragazza (a guy who gets the girl) – che poi diventa la ragazza [ndr: quando questa si mette la maschera] ed infine diventa tutti.
Alcuni critici possono sostenere che il film V for Vendetta non è fedele al libro mentre altri possono anche chiedersi se libro e film abbiano veramente a che fare con il Complotto delle Polveri del 1605. Quello che in entrambi i casi i critici si lasciano sfuggire è il punto più interessante e cioè che il simbolo di Guy Fawkes è importante precisamente perché non è mai fedele a sé stesso. E’ quella faccia sorridente che si guarda allo specchio e dice, con Foucault, “Non chiedere chi sono e non chiedermi di restare lo stesso: lascia che siano i burocrati e i poliziotti a controllare che abbiamo le carte in regola” (Archeologia della conoscenza, 17). Gli anarchici specialmente quelli postmoderni e post strutturalisti, dovrebbero festeggiare l’esistenza di questa faccia, di questo Guy che non offre un messaggio politico specifico con un valore dubbio e di breve durata. Ci regala invece qualcosa di molto più utile- un sistema sovversivo di rappresentazione simbolica. L’opera di McTeigue e dei Wachowski, come quella di Moore e di Lloyd confermano il lungo pedigree anarchico di tale sistema. La faccia di Fawkes è pronta adesso per essere ulteriormente dispiegata nel ventunesimo secolo.
Note
[1] Jean Baudrillard, per esempio, legge gli eventi del Maggio francese come un’insurrezione simbolica con conseguenze di lungo termine. Nel suo libro del 1976 Scambio simbolico e morte, sostiene che “ la situazione catastrofica che si aprì in Maggio ’68 non è ancora finita” (34).
2 La comprensione di questo fenomeno è resa ancora più complessa dal fatto che la maschera stessa è diventata merce a uso di consumatori, disponibile in rete per $6,49 su Amazon. Ma se utilizziamo i mercati di consumo per acquisire gli strumenti necessari per criticare il capitalismo, stiamo solo facendo un uso pratico degli strumenti esistenti per trascendere l’ordine esistente –affermazione ad alto tasso anarchico.
3 Il padre gesuita Francis Edward ha ancora una volta presentato la contro storia cattolica nel suo libro del 1969 Guy Fawkes: The Real Story of the Gunpowder Plot?, e ha continuato a sviluppare lo stesso filone nei decenni successivi (Levine, 195, nota 10).
4 Infatti per Delany i fumetti si trovavano in prima linea nel conflitto culturale tra “letteratura seria” e le paraletterature. Delany sostiene che la domanda “ I fumetti si possono definire arte?” impedisce “ la considerazione seria di arte (nel senso limitato e legato al valore) di qualsiasi testo appartenente a qualsiasi genere paraletterario, fantascienza, fumetti, pornografia, thriller, western…” (Politics of Paraliterary Critiscism, 236).
5Ad esempio, “La campagna contro la droga è un pretesto per rafforzare la repressione sociale, non solo attraverso retate poliziesche ma anche tramite l’esaltazione indiretta dell’individuo normale, razionale, coscienzioso e ben adattato” (Foucault, “Azione rivoluzionaria: “Fino adesso”, 226).
6 Tutte le citazioni fanno riferimento alla sceneggiatura utilizzata per il film e che appare in V for Vendetta: From Script to Film dei fratelli Wachowski e James McTeigue.
 
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(Traduzione di Pina Piccolo.)




Lewis Call
Professore di Storia alla California Polytechnic State University, lo studioso statunitense Lewis Call č una figura centrale nell’elaborazione del pensiero post-anarchico moderno. Nel suo famoso libro Postmodern Anarchism del 2002 traccia l’evoluzione di tale pensiero attraverso i contributi di Nietsche, e gli scrittori cyber-punk come Willima Gibson e Bruce Sterling. Call č autore di numerosi saggi che esplorano l’intersezione tra post-anarchia e fantascienza analizzando le idee di filosofi ed autori tra i quali Gilles Deleuze, Jean Baudrillard, Octavia Butler, Samuel R. Delany e Ursula K. LeGuin.




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