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Sagarana QUEL GIORNO A PLAKA


Brano tratto dal romanzo Tristano muore


Antonio Tabucchi


QUEL GIORNO A PLAKA



 

(…) Vorrei cercare di cominciare dal principio, ammesso che il principio esista, perché... dove comincia la storia di una vita, voglio dire, come fai a scegliere? La si può far cominciare con un fatto, è vero, e io devo scegliere un fatto, soprattutto un fatto che interessi quella vita di me che sei venuto a scrivere. Perciò sceglierò un fatto. Ma un fatto comincia con un fatto? Scusami, sono confuso, non so spiegarmi bene... voglio dire, uno fa una cosa, e quella cosa che fa determina il corso della sua vita, ma quell'azione che compie è difficile che nasca come per miracolo, era già dentro di lui, e chissà come era cominciata... Magari un ricordo d'infanzia, un volto visto per caso, un sogno fatto tanto tempo prima e che credevi di avere dimenticato, ed ecco che un giorno avviene il fatto, ma l'origine... vai a sapere... Tristano parlava di Schubert quel giorno a Plaka, era inverno, e sulla piazza spettrale una fila di persone con una ciotola in mano aspettava la minestra koinè, sai cos'è?, era una brodaglia che quella specie di governo che c'era a quel tempo dava ai cittadini greci affinché non crepassero di fame, un'acquaccia calda dove nuotavano pezzi di patate e di cavolo... variazioni, disse Antheos, che però Tristano chiamava Marios, perché gli ricordava un amico della periferia di Torino, uguale spiccicato a lui, un suo caro amico che si era nascosto in un granaio fin dal trentanove con la sua compagna, una donna eccezionale, aveva detto preferisco di no e aveva cominciato una sua resistenza in anticipo, voglio dire prima che la Resistenza cominciasse davvero, ma questo il tuo romanzo non lo sapeva... A volte se penso a quello che credevi di sapere mi viene da sorridere, ma a parte questo il tuo libro mi è piaciuto, davvero, è la più bella testimonianza su quel periodo eroico, l'unico periodo eroico che abbiamo avuto, del resto...
Testimonianza per modo di dire, perché tu non potevi esserci, ma è come se tu ci fossi stato, testimone di un clima, di una scelta, di una posizione etica... però ci hai messo anche i fatti, l'otto settembre, la Repubblica di Salò con il suo riproporsi con proterva arroganza come arbitro delle sorti italiane e il rifiuto della definizione di guerra civile, che è una presa di posizione forte, oggigiorno, forse un po' azzardata, lo sai meglio di me che in quegli anni si sparava sui nemici e sugli amici, ma questo ha un'importanza relativa, quello che mi è piaciuto del tuo romanzo è la ferratissima indagine sulla natura dell'eroismo, della fedeltà, dell'infedeltà, del piacere e dei sentimenti... Se tu fossi meno paziente, dopo la maniera sgarbata con cui ti ho accolto, te ne saresti già andato, avresti mandato tutto a quel paese, questo impegno che hai preso e il libro che scriverai al mio posto, molleresti tutto e mi diresti quello che mi merito... E invece non ti sposti di un millimetro, sei un bel tipo, scrittore, non so se sei un pavido o se hai più coraggio di me, e per questo mi sopporti... Mi pare di sentire il ronzio di un moscone, lo senti anche tu?, c'è un ronzio in questa stanza, un enorme ronzio, sarà la musica delle sfere?, ma l'universo non fa questo ronzio, questo stridore sgradevole lo fanno gli scrittori il cui pennino graffia la pagina, e tu la pagina non la graffi, sei di quelli che la ammansiscono come i domatori del circo fanno con le fiere... la musica delle sfere di cui ti parlo è una grande musica, la suonano certi angeli che hanno immaginato i pittori della mia Toscana, e non ha una partitura fissa, perché sono sempre variazioni... variazioni, rispose quel giorno a Tristano quel soldato greco magro e smunto che stava seduto davanti a lui al tavolino di quel caffè di Plaka, mentre sopra di loro incombeva l'apocalisse... Variazioni, disse, per ora mi limito a introdurre variazioni, vede, la musica è già stata tutta suonata, a noi poveri cristi non resta che introdurre variazioni, per esempio pensi all'Impromptu opera 142 per pianoforte di Schubert, l'ha presente?, io penso che abbia una malinconia che stringe l'anima come in un assedio, da l'idea di questa vostra occupazione, di questo assedio che la mia patria sta subendo, c'è qualcosa di ossessivo in quella musica, quel tema forse ossessionava anche Schubert, appare anche nella musica d'accompagnamento per quel pezzo che intitolò Rosamunde. E allora Tristano fece un gesto stanco verso il Partenone, come a significare che anche gli dèi erano calpestati dagli stivali dell'invasore... e a quel punto dal fondo della piazza sbucò un ragazzo che reggeva una vecchia bicicletta per il manubrio, era un ragazzino magro, poco più di un bambino, infagottato in un cappottone militare che strusciava per terra, con uno spago portava appesa al collo la sua gamella
di alluminio, vide i tedeschi che sorvegliavano la gente in fila e cominciò a fischiare l'aria di una canzone, era la canzone di quelli che si erano dati alla macchia, con un ritornello lento e grave che il ragazzo fischiando rendeva quasi allegro, come una marcetta... un tedesco gli andò incontro e gli puntò il mitra, ma il ragazzino non si fermò, avanzava spavaldo, come se facesse un gioco, con un'aria canzonatoria sul viso... tutti guardavano, sapevano cosa stava per succedere, ma nessuno si mosse, nessuno fece un gesto, come se tutti fossero presi in un incantesimo, il rumore metallico del caricatore sembrò quello di un sasso sul selciato, il soldato sparò e il ragazzino si afflosciò per terra con la bicicletta addosso... e allora una vecchia uscì dalla fila, fece un passo e la sua voce forò il silenzio ghiacciato di Plaka e gridò un'ingiuria, Tristano la riconobbe, era una maledizione antica che prevedeva una maledizione eterna, i tedeschi lungo il portico la sentirono e non la riconobbero dalle parole, la riconobbero dal timbro, il soldato prese la mira e sparò ancora, il corpo della donna si accasciò sul selciato, una figura vestita di nero che sbatteva le braccia nell'agonia, e Tristano come per un dono divino, anzi, come per un dono d'ordinanza, perché aveva il moschetto d'ordinanza, puntò il tedesco al petto e lo fece secco... e come per incanto Plaka si animò, e dal nulla sbucarono uomini, perché un inatteso servo di scena come Tristano aveva deciso che era il momento che entrassero in azione le furie vendicatrici della tragedia greca, lui non si aspettava che una rivolta potesse scoppiare per un gesto fatto d'istinto, senza pensare alle conseguenze, ma fu come se gli ingranaggi si fossero messi in moto da soli, con la morte la vita aveva ripreso, e tutto andava ormai a una velocità incontrollabile, perché la vita è così, e la storia gli va dietro, ci hai mai pensato, scrittore?...






Brano tratto dal romanzo Tristano muore, Feltrinelli editori, Milano, 2004.




Antonio Tabucchi
(Pisa, 24 settembre 1943 – Lisbona, 25 marzo 2012) è stato uno scrittore italiano. Legato da un amore viscerale al Portogallo, è stato il maggior conoscitore, critico e traduttore dell'opera dello scrittore Fernando Pessoa dal quale ha attinto i concetti della saudade, della finzione e degli eteronimi. Tabucchi conosce l'opera di Pessoa negli anni sessanta, durante le sessioni che frequenta alla Sorbona di Parigi, ne rimane talmente affascinato che, tornato in Italia frequenta un corso di lingua portoghese per comprendere meglio il poeta. I suoi libri e saggi sono stati tradotti in 18 lingue, compreso il giapponese. Con María José de Lancastre, sua moglie, ha tradotto in italiano molte delle opere di Fernando Pessoa, ha scritto un libro di saggi e una commedia teatrale su questo grande scrittore. Ha ottenuto il premio francese "Médicis étranger" per Notturno indiano e il premio Campiello per .




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