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Sagarana LA NOSTRA PICCOLA TERRA


Brano tratto dal romanzo Hora di bal


Manuel Ferreira


LA NOSTRA PICCOLA TERRA



 

(…) Tempi lontani che hanno lasciato solo ricordi.
Ora gli si apriva davanti un altro destino. Un destino tracciato nelle rotte marittime dell’Arcipelago. La condanna del capoverdiano era senza appello: cercare nell’emigrazione o nel mare quello che la terra gli negava. Il destino di Chico Afonso era il mare.
Di lì già si sentiva profumo di baia. Profumo di olio, salsedine, carbone. Questa sensazione lo riportava a un mondo fatto di mornas, baldoria, feste, amore. Sbarcare gli creava sempre un’illusione di seduzione rinnovata. E ogni volta che sbarcava, si riconciliava con il passato.
Presto, quella gente sarebbe stata rovesciata sul molo. Fino a quel momento, però, lui sognava i capelli neri e il corpo scuro e sodo di Xandinha, gli occhi di uva e la bocca di miele.
Sulla nave solo nausea, dolore, fetore. Se qualcuno si compiaceva nel parlare del parente che lo avrebbe accolto a São Vicente, molti stavano in silenzio a rimuginare sulla tristezza della separazione. Tra di loro c’era qualcuno completamente a mani vuote. Amo, poveretti. Neanche una storia da raccontare. Neanche una lettera da ringraziare. Neanche una persona della famiglia da poter citare. I loro parenti erano caduti durante i lunghi giorni della tragedia di São Nicolau. E chi li aveva fatti venire da quella terra lontana?
Nessuno. Si erano intrufolati nel veliero per navigare all’avventura verso São Vicente, che in questi tempi di fame era il porto della salvezza.
Nelle frontiere delle loro isole da tempo avevano seppellito le ultime speranze.
Dietro di loro lasciavano solo una certezza: la carrozza del Comune che sul far del mattino trasportava chi di notte, per strada, cadeva a terra per l’ultima volta.
≪Sai dove andare, Bia Dinis?≫ chiese un uomo sui quarantacinque anni, muto fino a quel momento.
Bia Dinis lo guardò e il suo sguardo era di chi non aveva capito la domanda.
≪A casa di chi vai, Bia Dinis?≫ insistette l’uomo.
≪Di una mia parente.≫
In un altro angolo, nhô Mochinho, impietosito dallo stato di Conchinha, chiese anche a lei a casa di chi andasse. Lei rispose, stanca.
≪Di nessuno.≫
≪Ma come farai ad arrangiarti, in questo stato, senza poter lavorare, Conchinha?≫ disse piantando gli occhi sul ventre della donna incinta.
≪Dio provvederà.≫
E subito dopo aggiunse.
≪Dicono che lì c’è abbondanza. Qualcuno avrà pietà di me.≫
Un ordine del capitano al nostromo che andava al timone. Conchinha gemette. La cosa sarebbe successa proprio li sul veliero e in pieno mare, Dio mio. In quel momento il capitano le passò accanto.
≪Quanto manca per São Vicente, nhô Fonseca Morais?≫
≪São Vicente è già a vista.≫
Si contorse di dolore e sprofondò, poi, nell’apatia della fame cronica.
Nhô Mochinho, sfacciato, chiese:
≪Capitano Morais, non c’è per caso un po’ di grogue?≫
Il capitano lo conosceva da molto tempo. Un chiacchierone, un invasato per il grogue. Gli diede un sorsino di un grogue di Santo Antão. Mochinho ne senti il sapore fino in fondo all’anima.
≪Anche il grogue ammazza la fame, capitano.≫
Seduto in un angolo, Chico Afonso spiava la delegazione della fame.
Tutta gente rinsecchita, malata, gli uni inginocchiati ai piedi degli altri.
Ragazzine squallide che sonnecchiavano e che le famiglie di São Vicente avrebbero ospitato per carità. Neanche una di bell’aspetto. Forse solo quella li nell’angolo, quella di prima, Nita. Poverina, anche lei, così magra, le gambe e i seni così scavati. Doveva essere stata carina. Una ragazza carina. Ma adesso non serviva più a nulla. Che viaggio disgraziato era quello! Non c’era nulla da fare. In altri tempi, con le buone maniere, spesso se ne faceva una carina. E il capitano, che non sapeva resistere alle tentazioni, idem. Quando a loro veniva il mal di mare, ehi tu, vieni qui, sdraiati qui, ti sentirai meglio, e il gioco era fatto.
Guardare quel mucchio di gente per tanto tempo lo fece sentire afflitto. Che disgrazia enorme si era abbattuta su Capo Verde. Quanta gente era morta. Dolcemente il ragazzo iniziò a suonare. Dalla sua chitarra sgorgava la musica ma le parole della morna erano avvolte di amarezza.
Noite de Mindelo e sabe e silenciosa.
Tutti si sentirono penetrati dalla poesia di Beleza in onore della nos terra piquenina, la nostra piccola terra.
Mai prima d’allora quella morna aveva saputo parlare cosi al cuore dellagente. La notte si avvicinava, densa di nebbia. Si poteva dire che Mindelofosse a due passi. Il veliero dondolava. Gli alberi maestri stridevano al voleredelle onde agitate. Ma il ragazzo cantava una morna, la notte di Mindeloera dolce e silenziosa adesso che tutti andavano incontro a una vita migliore,attraversando il mare salato.






Tratto dal romanzo Hora di bai, Vittoria Iguazu editrice, Siena, 2012. A cura di Riccardo Greco e di Elisa Scaraggi. Traduzione dal Portoghese di Elisa Scaraggi.




Manuel Ferreira (Gāndara dos Olivais, Leiria, Portogallo, 1917 - Linda-a-Velha, Oeiras, Portogallo, 1994) č stato uno scrittore portoghese radicato a Cabo Verde, dove ha svolto un’intensa attivitą letteraria, raccontando le storie e il dramma della sua nuova terra.




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