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Sagarana MADAME EL-KOUTOUB


Patrick Modiano


MADAME EL-KOUTOUB



 

(…) Il mese di luglio trascorso in sua compagnia è stato per me l'unico periodo bello di quell'estate. Devo dire che il lavoro era molto meno faticoso di quello che facevo con mia zia, durante le estati precedenti, nelle ville; e anche di quando servivo nella sala da tè, ed ero costretta a stare in piedi tutto il giorno.
Dovevo portare a passeggio il boxer di madame El-Koutoub, che lei aveva chiamato Bobby Bagnard perché diceva che aveva una faccia da delinquente. Facevo com­pagnia a madame El-Koutoub durante il pranzo sulla terrazza dell'Impérial, in riva al lago. In precedenza mi ero occupata del pasto del cane, che lui consumava in camera, e l'avevo portato con me giù al ristorante a raggiungere la padrona. Alle quattro del pomeriggio e poi alle sette, usci­vo con il cane. Poi accompagnavo madame E1-Koutoub al casinò. Lei rimaneva lì fino alle undici, il portiere dell'al­bergo mi aveva spiegato che giocava a baccarà. Io tenevo il cane in camera e lo portavo fuori verso le dieci per un'ul­tima passeggiata. Alle undici andavo a prendere madame El-Koutoub davanti al casinò e la riaccompagnavo al­l'Impérial. Allora, lei mi dava una busta in cui ogni giorno trovavo tre biglietti da cento franchi. E un foglio di carta da lettere celeste. In alto a sinistra, a caratteri di stampa:
 
ÉLIETTE EL-KOUTOUB
 
r, Avenue du Maréchal-Maunoury Paris XVI.
 
E, di sbieco sul foglio, vergata con la sua grande calligrafia, una parola: GRAZIE.
Il primo giorno, ho pensato che fosse lo stipendio di tutto il mese. Le ho detto che poteva pagarmi alla fine di luglio. Ma lei ha alzato le spalle. Mi ha detto:
- Piccola mia, è meglio farsi pagare tutti i giorni... Dài retta alla voce dell'esperienza... È più prudente...
Due volte la settimana, l'accompagnavo in taxi a Lo­sanna insieme al cane. Lei abitava quasi sempre lì - all'hotel Beau Rivage. E comunque aveva deciso, a partire da quell'anno, di stabilirvisi definitivamente. Dopo il sog­giorno ad Annecy, non avrebbe più varcato la frontiera. Mi aveva spiegato che la Francia e Parigi risvegliavano in lei troppi ricordi. A Losanna - mi diceva - il tempo si era fermato. Non si pensava più a niente. «È a Losanna che vengono a finire i loro giorni le donne come me, che hanno vissuto molte vite».
Il taxi ci depositava all'hotel Beau Rivage, dove madame El-Koutoub incontrava alcuni amici per una partita a ca­nasta. Io portavo a spasso il cane nel giardino dell'alber­go. Superato il campo da tennis seguivamo il sentiero, e lì accanto, lungo la china del prato, c'erano tante piccole tombe - tombe di cani, su cui erano incisi i loro nomi e delle frasi in inglese, francese, spagnolo, tedesco. Le date indicavano che quei cani avevano vissuto all'inizio del secolo, e provenivano da svariati paesi. Uno era nato in Ame­rica. Non solo le donne come madame El-Koutoub venivano a finire i loro giorni a Losanna. Anche i cani.
Io cenavo con Bobby Bagnard in albergo. Il taxi veniva a prenderci verso le undici e tornavamo tutti e tre ad Annecy. Per le giornate come quella, madame El-Koutoub mi pagava cinquecento franchi.
Mi stavo affezionando a lei e al suo cane. Durante le nostre passeggiate nel giardino dell'hotel Impérial o in quello del Beau Rivage, il cane di tanto in tanto si fermava e mi fissava con uno sguardo singolare. Sembrava non prendermi molto sul serio, pareva volesse informarmi che per il momento eravamo in buone mani. Finché dura. Spesso, ad Annecy, verso le dieci di sera, lo portavo a fare una passeggiata piú lunga. Andavamo insieme fino alla stazione. Al ritorno, non c'era bisogno di mettergli il guinzaglio. Doveva saperla lunga sulla vita, lunga quanto madame El-Koutoub.
Nel taxi che ci portava a Losanna, lei era molto gentile con me e m'interrogava sulla mia vita. Un giorno, mi ha stretto il braccio e mi ha detto sorridendo:
- Mi sa che tu sei della stessa razza di Eliette El-Kou­toub...
Non ho capito tanto bene, sul momento. Gli uomini - mi aveva detto - l'avevano appagata «da tutti i punti di vista», e lei pensava sarebbe stato lo stesso per me, anche se fisicamente eravamo diverse. Alla mia età, lei era bion­da con gli occhi di smeraldo. Avrebbe voluto darmi dei consigli, ma riteneva che il mondo fosse diverso da quello della sua gioventù. Gli uomini non erano più veramen­te uomini. Erano diventati avari e meschini. Dei pezzen­ti. Io le ho detto che a me non interessavano i soldi, ma il grande amore.
- Sai, i soldi non escludono affatto il grande amore...
D'un tratto pareva assorta, persino triste. Sulla strada per Losanna, l'autista aveva l'abitudine di accendere la ra­dio. Una canzone che noi amavamo molto, madame El-Koutoub e io, passava spesso alla radio, quell'estate:
«L'amour, c'est comme un jour, ça s'en va, ça s'en va, l'amour...»
Un mattino, mentre arrivavo in albergo il portiere mi ha detto che madame El-Koutoub non c'era più. Se n'era andata durante la notte insieme a Bobby Bagnard, senza dare spiegazioni. Aveva lasciato una busta per me. Mille franchi in biglietti da cento e «grazie» con la sua grande calligrafia.
Quella partenza mi ha addolorata. Le persone hanno un curioso modo di scomparire... (…)






Brano tratto dal romanzo Sconosciute, Einaudi editori, Torino, 2000. Traduzione di Paola Gallo.




Patrick Modiano
Patrick Modiano è uno dei più importanti narratori francesi contemporanei. È autore di numerosi romanzi e racconti, tra cui, tradotto in italiano, Dora Bruder.




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