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Sagarana NO


Jo Harjo


NO



 

Sì, ero io che hai visto tremante di coraggio con il fucile dei militari sulla schiena. Mi dispiace di non averti potuto salutare come meritavi, parente.
 
No. Non erano lacrime mie. Dentro ne ho un lago. Se non imparo a trasformarle in pietre, saranno versate dai miei figli e dalle mie figlie.
 
Sì, ero io, quella in piedi sulla porta di dietro della casa, nel vicolo, con un piatto di fagioli in mano per i vicini, il bimbo sul fianco.
 
No, non avevo previsto alcun spargimento di sangue. Che avrebbero scordato la nostra amicizia e sarebbero ritornati per uccidere me e il mio bambino.
 
Sì ero io quella che volteggiava nella sala da ballo. Abbiamo fatto un tale baccano con tutta quella gioia. Volevo bene a tutto il mondo in quella stupida musichetta.
 
No, non mi ero resa conto della danza tremenda nel crepitio degli spari.
 
Sì. Ho sentito l’odore di grasso bruciato dei cadaveri dopo che erano stati accesi con le pagine delle nostre poesie. E come una scema credevo che le nostre parole si sarebbero sollevate a bloccare l’artiglieria nelle mani di dittatori.
 
No. Abbiamo dovuto continuare. Le nostre canzoni di dolore servirono a ripulire l’aria dagli spiriti nemici.
 
Sì. Quelle terribili nubi nere sospese sul sobborgo le avevo viste mentre preparavo la cena. E i messaggi scritti dai morenti nel tramonto incenerito. Ognuno indirizzato: Alla mamma.
 
No, al telegiornale non ne hanno parlato. Niente di nuovo. La disoccupazione in aumento. Un’altra regina incoronata di fiori. E poi, lo sport, le classifiche.
 
Sì, grande era la distanza tra il tuo paese e il mio. I nostri bambini però giocavano nel vicoletto tra le nostre case.
 
Non è che ci fossero stati dissapori tra di noi.
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In lingua originale:
 
 
NO
 
Joy Harjo
 
Yes that was me you saw shaking with bravery, with a government issued rifle on my back.  I’m sorry I could not greet you as you deserved, my relative.

No.  They were not my tears. I have a resevoir inside.  They will be cried by my sons, my daughters if I can’t learn how to turn tears to stone.

Yes, that was me standing in the back door of the house in the alley, with a bowl of beans in my hands for the neighbors, a baby on my hip.

No.  I did not foresee the flood of blood. How they would forget our friendship, would return to kill me and the baby.

Yes, that was me whirling on the dance floor.  We made such a racket with all that joy.   I loved the whole world in that silly music.  

No.  I did not realize the terrible dance in the staccato of bullets.  

Yes. I smelled the burning grease of corpses after they were lit by the pages of our poems.  And like a fool I expected our words might rise up and jam the artillery in the hands of dictators.

No.  We had to keep going.  Our songs of grief cleaned the air of enemy spirits.  

Yes, I did see the terrible black clouds over the suburb as I cooked dinner. And the messages of the dying spelled there in the ashy sunset. Every one addressed:  “mother”.
 
No, there was nothing about it in the news.  Everything was the same.  Unemployment was up.  Another queen crowned with flowers.  Then there were the sports scores.

Yes, the distance was great between your country and mine.  Yet our children played in the path between our houses.  

We had no quarrel with each other.  

 






Traduzione di Pina Piccolo. Questa poesia fa parte di un’antologia di prossima pubblicazione a maggio presso la casa editrice Libro Aperto Edizioni – Collana Exosphere, “ NOT IN OUR NAME- Antologia di poeti statunitensi contro la guerra”.




Jo Harjo

Joy Harjo (1951-) una delle più famose poete native americane (nazione indiana dei Muscogee) ha giocato un ruolo di primo piano nella Native American Renaissance, è autrice di 14 libri di poesia ed ha ricevuto numerosi premi per le sue opere. Con Gloria Bird ha curato l’antologia “Reinventing the Enemy’s Language: Contemporary Native Women’s Writings of North America” (La reinvenzione del linguaggio del nemico: La scrittura contemporanea delle donne indigene del Nord America). Abita ad Honolulu, nelle Hawaii, insegna all’Università di California, Los Angeles, e viaggia frequentemente negli Stati Uniti esibendosi al sassofono con la sua jazz band “Poetic Justice”.





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