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Sagarana GIORNATA TIPO DI UNO STUDENTE LAVORATORE


Fiorella Carcereri


GIORNATA TIPO DI UNO STUDENTE LAVORATORE



 

Che cosa? Le sette meno cinque? Stamattina non è suonata la sveglia. Dev’essere saltata la corrente. Due minuti in bagno, indosso il primo abito che capita e mi fiondo in auto. Ho circa mezz’ora di macchina per arrivare al lavoro e il direttore mi toglie il saluto quando non timbro in orario. Guidando ben oltre il limite di velocità consentito, lancio uno sguardo malinconico alla salumeria dove abitualmente mi fermo ad acquistare una megarosetta col prosciutto crudo nei giorni in cui non mangio in mensa perché ho lezione all’università nella pausa pranzo. Ma stamattina proprio non c’è tempo per il panino, neppure per la sosta panino. Per fortuna, ho sempre con me due vasetti di yogurt arraffati all’ultimo momento dal frigo.
 
 
7:29…. Ta-tac… timbrato sul filo del rasoio.
Nei giorni in cui ho questi risvegli bruschi, soprattutto dopo aver studiato fino a notte fonda e aver dedicato al sonno non più di quattro o cinque ore, mi sento un cencio. Sulla scrivania una pila di pratiche da evadere. Uno sbadiglio tira l’altro. Il telefono squilla, è il direttore che mi avvisa che alle quindici e trenta devo chiamare un collaboratore negli Stati Uniti. Sì, perché prima non è possibile. Fatto un rapido calcolo, a quell’ora, negli States sono appena le nove e mezza del mattino… Cerco di riordinare le idee. Cavolo, ma oggi è martedì, me l’ero quasi scordato! Alle tre devo presentare il permesso studio per andare all’università. La professoressa di letteratura tedesca mi ha detto fuori dai denti che non può fare alcuna eccezione per gli studenti lavoratori e che è richiesta assidua frequenza ad ogni singola lezione del corso monografico sul “Faust” di Goethe. Chi non si attiene, all’esame viene respinto prima ancora di aver l’onore di aprire bocca… Il direttore si rifiuta di firmare il permesso perché alle quindici e trenta devo chiamare gli States… Dopo aver strisciato come un verme, cosa che mi risulta oltremodo difficile, ottengo la tanto agognata firma sul magico foglietto autoricalcante da consegnare in amministrazione.
 
 
Il mercoledì, di nuovo corsa all’università, ma stavolta dalle dodici alle tredici: sto preparando italiano e ho frequenza obbligatoria anche per il corso monografico su Machiavelli. Considerando che la lezione inizia alle dodici e un quarto, arrivo sul filo di lana e mi siedo trafelata dove capita, facendo alzare in piedi, sotto lo sguardo scocciato del professore, tutti quelli che nel frattempo si erano comodamente seduti e spaparanzati. Guarda caso, l’unico posto libero è sempre e solo al centro… Ma il momento più imbarazzante è alle 12.45. Certo, perché sarebbe un lusso troppo grande potersene stare là seduti tranquilli fino alla fine della lezione come fanno invece i figli di papà. Mi serve un quarto d’ora esatto per tornare. Se sono fortunata, riesco a timbrare per l’una. Se sono doppiamente fortunata e trovo tre semafori rossi quel tanto che basta, riesco a mangiare il panino al prosciutto e lo yogurt durante il percorso utilizzando il cucchiaino che porto sempre con me. Così, una volta rientrata al lavoro, i miei cinque minuti al bagno per lavare i denti e per i bisogni fisiologici passano praticamente inosservati.
 
 
Il giorno successivo sono uno straccio. Per fortuna, oggi non ho lezione durante la pausa pranzo e posso mangiare in mensa in non più di diciotto minuti però perché un minuto mi serve per tornare in ufficio ed uno per andare in bagno. Poi, per i restanti quaranta minuti potrò finalmente rilassarmi ricopiando appunti in sala riunioni… Spero solo che Luigi non mi abbia preceduta. E infatti… Il classico collega “palla al piede”, occhialuto, noioso, interista, lettore accanito della Gazzetta dello Sport ha già invaso l’intera superficie del tavolo con le pagine rosa di quell’assurdo giornale. Occorre dire, tuttavia, che il collega ha due grandi pregi: il primo pregio è che Luigi è taciturno e mi lascia tranquillamente studiare. Il secondo pregio è che ha la digestione lenta e difficile… Ragion per cui, quando alle dodici e mezza, come sempre, la sua testa inizia a crollare sulle pagine della Gazzetta, si sposta sul divanetto e si addormenta all’istante come fosse notte fonda. Non ho mai capito come fa. Dorme e russa. Si gira sull’altro fianco e riprende a russare. All’una, al suono della sirena, è talmente abbioccato che devo svegliarlo io con una serie di spintoni di intensità pari all’ottavo grado della scala Richter. 
 
 
 
Terminato il lavoro, inizia la giornata tipo dello studente lavoratore. Corro a casa, con breve tappa in libreria a sollecitare, per l’ennesima volta, quel libro di critica letteraria che non si decide ad arrivare e che devo assolutamente leggere per l’esame imminente.
Se tutto va bene, per le 17.30 mi infilo nel letto con il mio bel pigiamone. Sul comodino una montagna di libri, quaderni, penne ed evidenziatori di vari colori. Inizia lo studio con la S maiuscola. Tre ore poi pausa cena, quindi altre tre ore fino a mezzanotte, anche oltre se riesco. Non esistono svaghi, non esiste la TV. Se telefona un’amica è già una tragedia perché devo riuscire a scaricarla in meno di tre minuti. Se ho l’influenza o qualche altro malanno, mi inzeppo di farmaci a scopo preventivo perché, se mancassi dal lavoro, non crederebbero mai ad una malattia vera ma penserebbero malignamente ad un’assenza-studio. Il mese scorso sono andata a lavorare con trentotto e mezzo di febbre.
 
 
Finalmente, come ogni settimana, arriva il venerdì. Stamattina mi sono accorta che il libro sul quale stavo studiando ieri sera giaceva a terra in fianco al letto. Poi, ho notato delle strane chiazze gialle sul lenzuolo e mio marito sostiene di aver avuto la sensazione di essere stato punto sulle braccia durante il sonno… Il giallo è presto risolto. Per l’enorme stanchezza ho lasciato cadere il libro mentre stavo segnando alcune parti con l’evidenziatore ma non ho smesso di sottolineare…prova ne è che il colore giallo, aiutato dalla pressione della mano, ha trapassato due strati di lenzuola arrivando fino al materasso… Inoltre, poco prima di darmi alla pittura, ho scoperto di aver usato il portamine non per annotare dei pensieri a pie’ di pagina quanto piuttosto per tatuare delle scritture in Braille sulle braccia dell’ignaro marito.
 
 
Oggi sono proprio in uno stato penoso. Per fortuna è venerdì. Accidenti, devo chiedere un’altra ora di permesso perché ho bisogno di parlare con la professoressa di tedesco che riceve solo il venerdì alle dieci! Vado, salgo di corsa le scale fino all’istituto di tedesco situato al primo piano ma… le luci del corridoio sono stranamente spente. Brutto segno. Vuoi vedere che… Ecco appunto… Sulla porta dello studio fa bella mostra di sé un foglio protocollo applicato con un pezzo di nastro adesivo. La dicitura a pennarello è la seguente: “Oggi, venerdì 12 febbraio, la professoressa C.M.   non potrà ricevere gli studenti in quanto assente per un convegno a Monaco. Venerdì 19 febbraio riprenderà il normale orario di ricevimento”.
Peccato che avesse scritto la stessa cosa anche venerdì 5 febbraio.




Fiorella Carcereri

Fiorella Carcereri nasce a Verona nel 1957. Traduttrice, scrittrice, poetessa. Nel 2012 esordisce con “La vita in sintesi. Aforismi” e la raccolta di racconti “Zeroventicinque”. Nel 2013 pubblica con Ed. Ensemble “Senza rete” (silloge vincitrice del Premio Matteo Blasi) e con Arpeggio Libero “Amore latitante”, il suo primo romanzo.





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