Torna alla homepage

Sagarana LETTERA AI MIEI GENITORI A PROPOSITO DELLA MIA INDIPENDENZA


Hiratsuka Raichō


LETTERA AI MIEI GENITORI A PROPOSITO DELLA MIA INDIPENDENZA



Seitō 4.2 (Febbraio 1914)

 

A dire la verità, mamma, pensavo di parlartene dopo che ti fossi ripresa. Ma ho capito che la tua malattia deriva proprio dalla paura che io stia architettando qualcosa tutto da sola, senza dire una parola a nessuno, e ho deciso quindi di dire tutto ora, senza più rimandare. Vorrei che sapessi il più possibile su di me, sui miei pensieri e sulla mia vita, specialmente su quanto sto programmando di fare. Così facendo, spero almeno di sollevarti dalle tue preoccupazioni inutili e spero che starai un po’ più tranquilla nei miei confronti. È per questo che ho deciso di parlartene ora, anche se non stai bene.

In realtà, ci capiremmo meglio l’uno con l’altro se io mi sedessi accanto a te e a papà, e parlassimo della faccenda nei minimi dettagli. Eppure, come ben sai, non sono molto brava a parlare di me, e inoltre, ho, per natura, una certa difficoltà ad avvicinarmi agli altri. Nonostante ciò abbiamo convissuto per giorni e notti per quasi trent’anni, e purtroppo, fino a oggi, non sono mai stata in grado di parlare sinceramente né a mio padre, tollerante e fiducioso verso di me, sempre, in ogni caso, né alla mia cara madre, che ha sacrificato tutto per le sue bambine.

Anche se non ne abbiamo mai parlato apertamente, soprattutto negli ultimi anni è diventato sempre più chiaro che c’è un divario tra i miei pensieri e il mio modo di viverli e il vostro, un divario che sarà difficile colmare. Per questo motivo, da quando i nostri pensieri e sentimenti sul più piccolo degli eventi quotidiani sono diventati così divergenti, soprattutto quando sono a casa, ho chiuso il mio cuore, sono rimasta impassibile e sono diventata assolutamente indifferente e silenziosa riguardo a tutte le faccende di casa. Sono fermamente convinta che anche se parlassi con voi non riuscirei a dire neppure un decimo di quello che sento, per questo ho deciso di scrivere questa lettera.

Mamma, è verissimo che, come supponevi e come temevi tanto, tra due o tre giorni lascerò la casa in cui tutti e due mi avete cresciuto per così tanto tempo e inizierò una vita mia. Tutti i preparativi sono ormai stati ultimati. È comprensibile che voi siate molto dispiaciuti di come ho rapidamente lavorato per concretizzare i miei piani senza neppure consultarvi o darvi il benché minimo indizio delle mie intenzioni fino a oggi. Infatti, ieri mi hai persino detto: “Sembra che tu decida tutto secondo quello che è più conveniente per te. Ma le cose non sono così semplici. Non vedi che la famiglia ha le sue preoccupazioni, e che i genitori hanno delle responsabilità che devono assumersi in quanto genitori? Non è che non vogliamo lasciarti fare quello che vuoi, ma c’è un certo modo di fare le cose. Ci sono delle formalità. In questo genere di cose, prima ci si consulta con i genitori e con i fratelli, per capire cosa è meglio per entrambe le parti. Poi bisognerebbe almeno parlarne con gli altri parenti. Non importa quanti preparativi hai fatto da sola, non puoi semplicemente annunciare: “Bene, penso che sarà domani o dopodomani” Onestamente, come posso non preoccuparmi quando, non importa quanto serio sia il problema, fai quello che vuoi senza dirci nulla? Posso solo immaginare che godi a ignorare completamente i nostri desideri, sconvolgendoci, e facendoci arrabbiare il più possibile con il tuo modo di fare le cose. Anche se finiresti comunque per fare la stessa cosa, deve pur esserci un modo più adeguato di farla. Che cos’altro devo pensare, se non che hai deciso di farti nemici i tuoi genitori?”

Quando ho visto le tue lacrime e il tuo sguardo profondamente preoccupato, mamma, sono diventata triste anche io, e visto che sono un tipo sensibile ho iniziato a piangere insieme a te e non sono riuscita a dire niente. Ma ora, non mi interessa cosa comporti o chi sia coinvolto, quando ho deciso fermamente di fare qualcosa, è tipico che io non dica una parola a nessuno finché non ho fatto i miei progetti, finito i preparativi, e sono pronta ad attuarli in qualsiasi momento. Esperienze dolorose che ho avuto in passato mi hanno insegnato a comportarmi così, e ho pensato che quest’abitudine fosse il modo migliore per gestire le mie cose anche in questo caso. Considerando in particolare la natura della questione, avevo paura di incappare in tutti quei problemi relativi a nozioni antiquate e ai sentimenti, che poi ignorano il cuore della faccenda. Avevo paura che, come spesso accade, le questioni secondarie o periferiche causassero problemi inaspettati, che bloccassero o procrastinassero l’attuazione dei miei piani. È soprattutto a causa di queste paure che mi sono adoperata per fare tutto in segreto, ma non avevo altri motivi per nascondere il tutto, per favore non fraintendetemi, e non biasimatemi. Prima di continuare, vi chiedo di seguire pazientemente quello che sto per dirvi. Se solo mi farete il favore di leggere questa lettera, sono sicurissima che capirete cosa sto per fare.

Nonostante l’idea dell’indipendenza, solo come un’idea, mi fosse saltata in mente molto tempo fa, è solo dopo che sono uscita dal Japan Women’s College che ha ricominciato a farsi viva. Credo che tutto questo sia iniziato esattamente otto anni fa. In quei giorni sentivo che, visto che mi avevate cresciuta all’età adulta, non potevo sopportare di dipendere a lungo da voi, spinta o meno dalla necessità. Ho abbracciato il pensiero che, in un modo o nell’altro, dovessi al più presto tracciare una strada per me, e ho persino cercato un lavoro. Eppure, alla fine, non avevo mai considerato che il semplice guadagnarsi da vivere come un valore serio o fondamentale in sé (probabilmente perché sono nata in una famiglia senza problemi di soldi, e quindi non ho mai sentito così fortemente questa necessità). Vedevo una contraddizione tra lavorare per vivere e lavorare per perfezionare il proprio io. Quest’ultimo obiettivo è ciò per cui vivo e che stimo più importante di ogni altra cosa, e la mia più grande paura è di avere questa strada ostruita. Quando intravidi quest’eventualità, mi prese il panico, e finii per pensare: “Allora, allora, se potessi, vorrei evitare il pensiero di dovermi guadagnare da vivere, vorrei usare il tempo che ho come vorrei, leggendo, scrivendo e pensando.” Inoltre, dato che negli abissi del mio essere si è sviluppato lentamente, fino a oggi, un desiderio e un bisogno quasi istintivo di vita religiosa nel senso più profondo, per quanto senta di aver bisogno di un lavoro, ho procrastinato a lungo prima di cercarne uno, e non ho avuto il coraggio di lasciare la vostra casa e vivere da sola. Tutto questo non mi ha lasciato che ansia e paure oscure. Tuttavia, il bisogno nel mio cuore di diventare indipendente a qualunque costo, e di cambiare la mia vita una volta per tutte, è diventato ogni giorno sempre più vivido e più forte.

Sono arrivata a sentire profondamente che quando genitori e figli hanno idee diverse, fanno lavori diversi, e seguono strade diverse, eppure vivono in una casa a tempo indeterminato, inquinano solo la loro relazione e la rendono sterile. Non solo la loro felicità non aumenta affatto ma c’è in realtà il rischio di distruggere i sentimenti che si hanno l’uno per l’altro. Questo sentimento si è acuito in particolare dopo che ho pubblicato Seitō, e, da un certo punto di vista, ho reso pubblici i miei sentimenti e il mio stile di vita che, sebbene mi piacesse o no, ha iniziato ad aver a che fare con la società e ha fatto di me quello che si potrebbe chiamare una figura pubblica. Ho sempre stimato e apprezzato l’atteggiamento clemente di papà verso il mio lavoro e la grande libertà che mi ha sempre dato, semplicemente commentando: “è la differenza tra generazioni.” Questo tipo di relazione genitore-figlio si vede raramente nell’odierna famiglia giapponese. Eppure, proprio a causa di questo atteggiamento, mi sono sentita stranamente turbata. È cresciuto a poco a poco dentro di me uno strano sentimento di costrizione.

Solo una volta, quando Seitō fu messo al bando per “aver distrutto la pace”, probabilmente a causa del saggio di Ms F, una nota socialista, solo in quel caso papà mi ha parlato in qualità di membro del governo, in modo istituzionale: “Se non hai altra scelta che quella di pubblicare un lavoro socialista su Seitō, e se sai di doverti assolutamente associare con queste persone, allora prima di fare qualsiasi altra cosa, vorrei che troncassi il rapporto con la famiglia, in modo da non compromettere la posizione di tuo padre.” (Ripeto qui la verità, cioè che non ho amici in circoli socialisti, come temeva papà, né ho mai avuto troppa simpatia per il pensiero socialista in sé).

A parte questo incidente, papà, mi hai sempre dato il tuo tacito supporto. Anche quando il termine “Nuova donna” è diventato una sorta di espressione frivola e alla moda, facendo ricadere sulla mia testa sia il sarcasmo abusivo degli ignoranti sia la censura e la pressione della cosiddetta intellighentsia antiquata; ma tu non ne hai mai fatto riferimento, te ne sono grata, papà. Tuttavia, papà è un uomo di mezza età con una certa posizione nella società, che valuta più di ogni altra cosa il senso di responsabilità e il dovere al lavoro e che agisce sempre con la società o la cosa pubblica in mente. Giorno e notte leggo sui vostri visi uno sguardo che mi dice quanto increscioso sia, per papà, avere una figlia come me, una giovane persona che cerca di vivere di idee nuove, un nuovo tipo di donna che agisce e pensa in un modo che ignora la pubblica opinione e che infrange persino le convenzioni. Vedo anche come mamma, che sta in mezzo a noi, deve sempre soffrire sola e in silenzio.

Dal tuo punto di vista, devo sembrare una persona molto egoista, insensibile a tutto, una persona incosciente e avventata che insiste nel fare qualsiasi cosa abbia deciso, senza pensare ad altro, e che non si interessa minimamente ai sentimenti degli altri. Invece ho la sfortuna di essere più sensibile della maggior parte delle persone, e di avere il pessimo difetto di dimenticarmi inevitabilmente di me stessa in un’eccessiva preoccupazione per gli altri. (Almeno, dal mio punto di vista, questo si considerebbe un difetto. Spesso, questo difetto prende la forma di restare impassibile di fronte agli altri e di non essere facilmente accessibile alle persone. Sto costantemente lottando per superare questo lato del mio carattere ma…) Questa debolezza dentro di me… il dolore che vi infliggo ogni giorno… sono diventati un’ombra oscura che aleggia costantemente su di noi. Inoltre, nonostante io sia membro di questa casa e di questa famiglia, ho fermamente rifiutato quello che chiunque altro avrebbe automaticamente considerato come i sacrifici tradizionali e i doveri della famiglia e di tutte le altre famiglie particolarmente vicine a noi. Io stessa ammetto che questo rifiuto e questa impassibilità sono una parte essenziale e quasi inevitabile della mia natura “pessimistica”, filosofica e asociale. Eppure, se devo considerare la profondità dei miei sentimenti, ho spesso dei sensi di colpa e di sconforto riguardo al fatto di essere all’interno di questa famiglia. Sento profondamente dentro di me che la presenza di una persona, benché unica in famiglia, che non riesce affatto ad andare d’accordo con gli altri causa infelicità, non solo alla persona stessa ma all’intera famiglia.

C’è un altro punto di cui vorrei parlare in aggiunta a questo, anche se potrà sembrarvi una ripetizione generalizzata di quello che ho detto finora. Quello che trovo più duro da sopportare è la contraddizione e la disarmonia tra quello che penso e professo e il mio attuale stile di vita. Trovo angosciante che questo conflitto mi abbia costretto a impiegare molto del mio tempo prezioso e della mia energia in attività relativamente inutili. Molte volte ho pensato di congedarmi da voi e di lasciare la casa, per vivere da sola e iniziare una nuova vita e, per farlo, ho deciso di buttarmi senza paura nello scopo di guadagnarmi da vivere, fino ad arrivare al punto di sottoporre l’argomento alla mamma. Tuttavia, forse in parte perché non sono brava a spiegare le cose, non sono affatto riuscita a convincere mamma ma, al contrario, ho acuito i nostri fraintendimenti. Inoltre, le ho aggiunto preoccupazioni inutili, e le cose sono peggiorate ulteriormente. Tremo all’idea di rovinare l’affetto tra genitore e figli, e oltre a questo, ogni volta che vedo la povera mamma piangere, non riesco più a dire niente e il coraggio di realizzare il mio piano fallisce miseramente in quel momento.

Tuttavia, stavolta sono davvero decisa. Perché, alla luce dei miei tentativi falliti, sono andata avanti con l’idea di prepararmi a partire senza dirvi nulla di tutto questo.

Bene, allora, c’è qualcosa che devo dirvi ora. Oggi è diverso dalle altre volte, da quando ho detto che stavo per andarmene di casa e che stavo andando a vivere da sola. Come sapete, dall’estate scorsa, H, che io chiamo “piccola rondine” o “fratello minore”, è venuto spessissimo a trovarmi. È con questo giovane pittore, che ha cinque anni meno di me, che vorrei iniziare a vivere insieme in una relazione il più possibile semplice e libera.

Sebbene io abbia preso la decisione tantissime volte, mi è sempre mancato il coraggio necessario per agire. Quindi credo che quello che abbia finalmente prodotto questa mia decisione risoluta e mi ha reso in grado di ottenere l’indipendenza sia la forza enorme del mio amore per H.

Forse il fatto di non avere una sorella o un fratello minore può in qualche modo esservi collegato, ho sempre voluto essere amica o prendermi cura di persone più giovani di me, maschi o femmine che fossero. Mi è diventato chiaro negli ultimi due o tre anni: guardo a malapena le persone che hanno la mia età o che sono più vecchie di me, solo quelli più giovani si guadagnano il mio affetto. Li bacio come una sorella, una madre, a volte come un’innamorata; prendendomi cura di loro, una parte di me è consolata, riscaldata e arricchita.

Eppure, tra queste persone, l’unico che ha catturato e commosso il mio cuore è il calmo e timido H. Gradualmente, ho iniziato a trovare H, che è metà bambino, tre parti donna e due parti uomo, irresistibilmente attraente. Poi, i miei baci fraterni o materni a un certo punto sono diventati quelli di un’innamorata. H, da parte sua, aveva all’inizio paura di me quando mi era accanto, ma ultimamente si sente molto vicino a me e si comporta come un innamorato. Ha sperimentato l’amore per la prima volta con me, mi ama con cuore davvero puro, è fin troppo protettivo con me. Probabilmente, papà, avrai letto l’opera di Shaw, Candida, nella traduzione tedesca. A ogni modo, l’amore che io e H condividiamo mi ricorda la relazione tra l’eroina femminile in Candida e il giovane poeta di cui non ricordo il nome.

Il nostro amore è cresciuto al punto in cui se non ci vediamo per un giorno ci sentiamo inquieti e non possiamo metterci al lavoro. H sta sperimentando tutto questo per la prima volta, per lui è ancora più difficile. Non riusciamo a sopportare che le cose restino così indefinitamente e non possiamo continuare questa situazione spiacevole, stando sempre meno a nostro agio. Visitare ed essere visitati dall’altro assorbe la maggior parte del nostro tempo e interferisce con il nostro lavoro, che crediamo valga più di ogni altra cosa.

Così, in qualche modo, voglio risolvere velocemente la questione. Ho dovuto scegliere tra due alternative, lasciare che il nostro amore continuasse o ucciderlo. Ho raccolto tutta la mia forza e sono coraggiosamente determinata a prendere il sentiero dell’amore. Quest’affermazione d’amore coinvolgerà in vari modi una certa quantità di contraddizione e incertezza per quanto riguarda il mio modo di vivere basilare, sulla mia vita basata sulla mia disposizione e la mia personalità. Tuttavia, ho deciso che perfino in mezzo a questa contraddizione e incertezza, combatterò e contrasterò quei lati del mio carattere, e nutrirò il più possibile il nostro amore, affinché, una volta attecchito, non sfiorisca mai. Mi sono decisa a intraprendere questo cammino per tutta la sua durata per vedere che piega prende, come si sviluppa e dove mi condurrà, per vedere quali realtà sconosciute scoprirà davanti a me e come cambieranno la mia vita e i miei pensieri d’ora in poi.

Sebbene H sia troppo riservato per dirlo così con esattezza, c’è un grande bisogno di vivere con me nel suo cuore puro e giovane. Io, d’altro canto, so che la mia natura solitaria non mi permette di adattarmi facilmente alle persone e mi rende difficile e ostico vivere con gli altri, so anche che la mia debole costituzione mi fa stancare facilmente. Inoltre, mi preoccupavo che questo stile di vita non mi derubasse dell’energia di cui ho bisogno per lavorare. A causa di queste preoccupazioni non ero molto entusiasta di vivere insieme, invece alla fine ho deciso di provarci, perché se le cose non vanno, una volta che abbiamo provato, possiamo sempre vivere separatamente. Anche le considerazioni economiche hanno contribuito alla mia disponibilità (perché, anche se H sia non sia affatto in grado di mantenersi, la sua famiglia ha smesso di mandargli soldi, per problemi loro, mettendolo in una situazione piuttosto difficile. E così sarebbe un po’ troppo per me, almeno per ora, guadagnare da sola soldi a sufficienza per mantenere entrambi in case separate).

Di conseguenza, ieri abbiamo scoperto e deciso di affittare il secondo piano della casa di un giardiniere, a uno o due isolati di distanza dal tempio scintoista di Sugamo. Vorremmo trasferirci in quella casa prima possibile, anche domani. So che può sembrare affrettato, ma è qualcosa a cui ho pensato a lungo e attentamente per un po’ di tempo, non è affatto un impulso improvviso o un capriccio temporaneo. Questo è un passo molto importante nella mia vita, è la prima volta che dovrò affrontare come ci si guadagna da vivere e, naturalmente, non sarò in grado di farlo se sono pigra, quindi ce la metterò tutta.

So che avrete le vostre opinioni in merito, e sicuramente non approverete molti di questi punti, ma per favore cercate di capire cosa ho detto. Vi prego, se potete, di acconsentire alla realizzazione del mio piano. Per quanto possa, non voglio litigare o discutere con voi o in alcun modo ferire i sentimenti che avete l’uno per l’altra. Qualsiasi cosa direte, ascolterò con calma e ci rifletterò su. Tuttavia, io e H sentiamo di dover vivere insieme a tutti i costi, e visto che, dopo tanto aver pensato, abbiamo deciso una volta per tutte che questo è il modo migliore per venire incontro al nostro bisogno, non c’è altro da fare se non realizzare i nostri piani. Se per caso, dopo che abbiamo attuato questo piano, si scopre che è stato un errore, o se si trasforma persino in un fallimento completo o in una tristezza totale, so che tutte le responsabilità ricadranno su di me. Non vi causerò disturbo con i miei problemi e non ne darò la colpa a nessun altro. Inoltre, non posso fare a meno di pensare che mi sentirò più vicina a voi vivendo una vita separata dalla vostra in un’altra casa e vedendoci occasionalmente, piuttosto che vivendo vite separate nella stessa casa.

E poi, stavo quasi per dimenticarmene, ieri la mamma ha detto che sarebbe stato disdicevole vivere nella stessa casa con un uomo senza sposarlo, e mi ha chiesto cosa farei se restassi incinta. A causa della mia insoddisfazione verso l’attuale sistema matrimoniale, non voglio aderirvi, e non voglio un matrimonio che debba ricevere un simile riconoscimento legale. Non posso neppure tollerare il titolo di “marito” o “moglie”.

Può essere strano, per un uomo e una donna che non si amano, vivere insieme, e in quel caso in particolare, posso immaginare che avrebbero bisogno di un certo riconoscimento dagli altri, ma non c’è niente di più naturale per un uomo e una donna che si amano vivere nella stessa casa. Finché una coppia riesce a capirsi, credo che un matrimonio formale sia davvero irrilevante. Anche perché per una donna il matrimonio consiste in un sistema estremamente svantaggioso di diritti e obblighi, a cui sono fermamente contraria. Non solo, ma la moralità vecchio stampo della società di oggi fa un grande danno imponendoci ristrettezze irragionevoli, forzando le donne a conseguire obblighi innaturali come quello di trattare i genitori del marito come i propri e costringendole ad altri sacrifici, come se fossero cose scontate. Non c’è alcun pericolo che io mi metta volontariamente in quel tipo di situazione. H capisce questo ragionamento molto bene, e neppure lui ha desiderio di sposarmi.

Ma non è solo la logica che è importante, è semplicemente un fatto di gusti, il matrimonio mi disgusta. Ecco perché non sono attratta dall’idea di chiamare H mio marito, non ci posso neppure pensare. Quando H e io usciamo insieme, si arrabbia molto quando la gente ci chiama “Signore” e “Signora”. Dice sempre che preferisce “Sorella Maggiore” e “Fratello Minore”. E per quanto riguarda i bambini, per come stanno le cose ora (non so ancora cosa porterà il futuro), non abbiamo programmato di averne.

Vorrei che voi capiste che chi si valuta e vive per il proprio lavoro non ha fretta di avere bambini. In verità, nello stato attuale delle nostre vite, sia finanziariamente sia spiritualmente, non avremmo la possibilità di allevare un bambino se ne avessimo uno, quindi non abbiamo in programma di farne. Per favore non preoccupatevi di questo. Ma vorrei aggiungere che non è certo perché condividiamo l’idea della mamma secondo cui è sconveniente o vergognoso, per un uomo e una donna che non sono formalmente sposati, avere un bambino.

A questo punto credo di aver grosso modo sottolineato tutto quello che volevo dire. Vi prego con tutto il cuore di non arrabbiarvi né di pensare che sono stata “egoista come al solito”. Sono decisa e vorrei portare quanto prima a termine i miei progetti, perché tutti i preparativi sono stati ultimati, e aspetto con ansia solo il vostro consenso.







Brano tratto da Jan Bardsley, The bluestockings of Japan: new woman essays and fiction from Seitō, 1911-16, casa editrice Center for Japanese Studies, The University of Michigan, Ann Arbor, USA, 2007. Traduzione di Chiara Candeloro.




Hiratsuka Raichō

Hiratsuka Raichō 平塚 らいちょう(1886- 1971) fu una scrittrice giapponese, e al tempo stesso un’attivista per i diritti delle donne. Figlia di un importante membro del governo, ebbe la possibilità di frequentare l’università e successivamente di studiare in una scuola di sole donne, dove riuscì a sviluppare i suoi interessi per la letteratura e la religione. Nel1911 fondò una rivista di sole donne, dal titolo Seitō 青鞜 (Calze blu, dal nome del circolo femminile fondato dalla contessa Elizabeth Montagu nel XVII secolo, Bluestocking). Lo scopo iniziale della rivista era quello di dare modo alle donne di esprimere la loro arte e quindi di promuoverne la carriera letteraria. Sebbene non si rag-giunse tale obiettivo, la rivista ebbe comunque il merito di promuovere dibattiti su temi socialmente impegnati come la prostituzione, l’aborto, la sessualità e la castità femminile. Tutte le attività di Hi-ratsuka Raichō furono volte all’emancipazione femminile, per cercare di liberare le donne dal punto di vista economico e politico, ed è oggi considerata una delle prime femministe giapponesi.





    Torna alla homepage copertina I Saggi La Narrativa La Poesia Vento Nuovo