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Sagarana TALE TELEVISIONE, QUALE LETTERATURA?


Julio Monteiro Martins


TALE TELEVISIONE, QUALE LETTERATURA?



La creazione letteraria approda alla tv italiana, su Rai 3, con il suo “Masterpiece” (un nome italiano no, eh?), titolo probabilmente scelto sulla falsariga di “Masterchef”.

Da una parte è positivo, anche se tardivo, il fatto che la televisione pubblica, almeno nella programmazione del suo canale più “culturale”, conceda spazio e visibilità a una manifestazione della creatività nella quale l’Italia ha sempre primeggiato. Positivo è anche il coinvolgimento nello spettacolo di alcuni scrittori non italiani, un serbo, una lettone, un argentino e una scrittrice inglese, che hanno scelto la nostra lingua come idioma letterario, sfatando così vecchi preconcetti e aiutando a sdoganare finalmente questa letteratura oggi così vitale nella nostra Italia.

D’altra parte, tuttavia, mi sembra che l’impostazione dello show televisivo sia sbagliata per tanti motivi. È sbagliato il format, artificioso e troppo incentrato sui “personaggi” in lizza e su certe loro capacità verbali che c’entrano poco con i loro eventuali meriti creativi, come le “prove di immersione” che richiedono la prontezza del giornalista piuttosto che le doti dello scrittore, anche se lo sforzo della giuria di valorizzare il contenuto e l’originalità è evidente. Inoltre, sono ammessi soltanto i romanzi. Il racconto breve, il genere contemporaneo per eccellenza che ha meritato l’ultimo Nobel per la letteratura con la Munro, è escluso e ignorato dal progetto “Masterpiece”.

Sono sbagliate le esigenze di totale “verginità editoriale” una volta che molti all’inizio della loro vita letteraria probabilmente qualche libricino lo avranno già stampato, e che ora dev’essere tenuto nascosto ai vigili della produzione. Ed è sbagliatissimo dal punto di vista della missione etica della letteratura, presentare gli scrittori in una cornice kitsch di fascino patinato con tanto di limousine, locutori da asta pubblica che sbraitano i loro “trionfi”: un premio tra quelli mercanteggiati tra le grandi case editrici ogni anno, o tonnellate di copie vendute, mentre gli esordienti spalancano gli occhi e nascondono nella tasca dei jeans le mani tremanti dall’emozione per essere faccia a faccia con un fenomeno stupefacente, e cioè, l’arrivato al terzo posto nell’ultimo Strega, che si addentra un po’ barcollante nello studio alla X Factor, zigzagando tra il comico e il patetico, con dietro le grosse lenti lo scintillio guardingo dei miracolati, ancora increduli di non essere stati bastonati dal sistema per l’ennesima volta, ma fiduciosi che stavolta diventeranno anche loro dei vip, delle star, le nuove icone mediatiche. Ma icone di cosa? Proprio di quello che uno scrittore non è, non dev’essere, e che se è serio non vuole nemmeno diventare: un simbolo di “successo”, di ricchezza, di fama mondana, che sforna regolarmente un “prodotto” facilmente smerciabile perché scritto in modo “efficace” per un vasto pubblico. Ed ecco quei timidi signori e signore, o quei giovanotti un po’ sgangherati, tutti impegnati nello sfondare l’industria dell’intrattenimento. Che misera e inutile illusione!

Se lo scopo del programma, come mi sembra di capire, è quello di stimolare la nascita di nuovi validi scrittori in lingua italiana, allora si dovrebbe segnalare in modo nitido sin dall’inizio cosa rende valido uno scrittore, e certamente non è la fortuna commerciale dei suoi libri, o quanto questi libri siano adatti alle spinte dei responsabili del marketing delle case editrici, a farlo. Mi domando perché mai un programma della TV pubblica, finanziato dalle nostre tasse, dovrebbe insistere nel trasmettere valori così mestamente pragmatici, confermando una certa ideologia di onnipotenza del mercato che impoverisce sempre di più il potenziale della creazione, oltre a essere ormai superata e screditata dalle catastrofi finanziarie degli ultimi decenni. Un programma che punta alla rinascita della letteratura dovrebbe essere il primo a esorcizzare questi fantasmi di “successo” all’americana, e invece “Masterpiece” fino a questo momento è in totale sintonia con questa diffusa forma di mediocrità.

Gli ideologi del format alla Rai dovrebbero essere, questo sì, preoccupati di ben altre cose che non di forgiare i futuri venditori delle promesse centomila copie bompianiane, che stanno lì come un paradiso terrestre, ovvero la carota che si sposta avanti in eterno insieme alla testa del somaro. Dovrebbero preoccuparsi per esempio della salute della narrativa italiana che ha perso negli ultimi quarant’anni quasi tutte le innovazioni stilistiche e tecniche che erano il marchio di questa letteratura e che ha brillato con splendida intensità nel dopoguerra, con coraggio civile e originalità. Molti scrittori oggi si mettono in cerca del linguaggio “semplice e diretto”, un velo traslucido sulla banalità, per così agevolare le vendite, ingrossando le file degli autori italiani che non sanno più nemmeno avvicendare punti-di-vista narrativi diversi all’interno di un brano o costruire dialoghi che non sembrino il doppiaggio di un thriller americano. Vengono addestrati per preparare una letteratura smarrita come principio, metodo, forma e finalità, fatta di “scrittori” infantili, rinunciatari del ruolo sociale rilevante che dovrebbe toccare alla scrittura, “scrittori” che sognano soltanto la copertina di Vanity Fair, o almeno quella di Chi o di Novella 2000.

Il rischio, la posta in gioco, è la seguente: se la letteratura non riuscirà a riscoprire se stessa e non ripristinerà la sua tradizione di fierezza, di indipendenza e di dignità, per così trasformare la televisione, oltre a tutto il resto, sarà allora la televisione a trasformarla in peggio, in una sorta di reality show particolarmente grigio e impacciato, per poi annichilirla quando tutto questo sarà scaduto, sarà ormai fuori moda e quindi gettato nel dimenticatoio digitale, destino naturale di ogni reality show, o forse sostituito da una nuova “arca della gloria” composta da esordienti trapezisti o dai più promettenti barzellettieri sul mercato.





Julio Monteiro Martins
Julio Monteiro Martins




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