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Sagarana LA SETTIMANA DELL’ISTRUZIONE


Michail Bulkakov


LA SETTIMANA DELL’ISTRUZIONE



 
Il nostro commissario entra nella nostra compagnia e mi fa:
– Sidorov!
E io:
– Sono io!
Mi guarda con occhi penetranti e chiede:
– Tu, – dice, – che cosa?
– Io, – dico, – niente…
– Tu, – dice, – sei analfabeta?
Mi guarda ancora una volta e dice:
– Se sei analfabeta, stasera ti mando alla “Traviata”!
– Abbiate pietà, – dico, – ma perché? Se sono analfabeta, non è colpa nostra. Non ci hanno insegnato nel vecchio regime…
E lui risponde:
– Stupido! Di che ti spaventi? Non è una punizione, ma un vantaggio. Là ti istruiranno, guarderai uno spettacolo, sarà anche un piacere per te.
Ma con Panteleev, della nostra compagnia, avevamo proprio deciso di andare al circo questa sera. E allora io dico:
– Ma non posso, compagno commissario, andare al circo invece che a teatro?
Lui socchiude gli occhi e mi chiede:
– Al circo?... Ma a che ti serve uno spettacolo del genere?
– Sì, – dico io, – è molto divertente… Condurranno un elefante ammaestrato, ci saranno anche i clown, la lotta francese.
Agita un dito.
– Te lo mostro io, – dice, – l’elefante! Sei un incosciente! I clown… Ma sei un asino! Gli elefanti sono ammaestrati, mentre voi, mia disgrazia, siete ignoranti! Che vantaggio hai del circo? Eh! Ma a teatro ti istruiranno… È carino, bello… In breve, tu e io non possiamo parlare a lungo… Prendi il biglietto e marsch!
Non c’è nulla da fare – prendo il biglietto. Anche Panteleev è analfabeta, prende il biglietto e ci incamminiamo. Compriamo tre bicchieri di semi e arriviamo al “Primo teatro sovietico”.
Vediamo, al cancello, dove fanno entrare la gente, una calca babilonese. Entrano in massa a teatro. Tra i nostri analfabeti ci sono anche degli istruiti, sono di più le signorine. Una sta per intrufolarsi verso il controllore, mostra il biglietto, quello le chiede:
– Permettete, – dice, – compagna signorina, sapete leggere?
Quella scioccamente si offende:
– Domanda strana! Certo, so leggere. Ho studiato al ginnasio!
– Ah, – dice il controllore, – al ginnasio. Mi fa molto piacere. In tal caso vi dico arrivederci!
E le prende il biglietto.
– Per quale motivo, – strilla la signorina, – come faccio?
– Ma così, – dice, – è molto semplice. Perché facciamo entrare solo gli analfabeti.
– Ma anch’io voglio ascoltare l’opera o un concerto.
– Se volete, – dice, – andate al Kavsojuz. Lì hanno radunato tutti i costri istruiti – dottori, infermieri, professori. Siedono e bevono il tè con la melassa, perché non gli danno il zucchero, il compagno Ulikovskij gli canta le romanze.
Così la signorina se ne va.
Panteleev e io entriamo liberamente, ci accompagnano fino al parterre, ci fanno sedere in seconda fila. Sediamo.
La rappresentazione non inizia ancora, quindi per la noia mastichiamo i semi. Così restiamo per un’oretta e mezza, alla fine scende il buio in teatro.
Guardo, sale sullo spazio principale recintato un tizio. Col cappellino di lontra e il paltò. I baffi, la barbetta brizzolata, così severo. Entra, si siede e per prima cosa si mette il pince-nez.
Chiedo a Panteleev (sarà analfabeta, ma sa tutto):
– Ma chi sarà questo?
Quello risponde.
– È il diret, – dice, – tore. È il più importante per loro. Un signore serio!
– Ebbè, – chiedo, – ma perché lo mettono in bella vista dietro uno steccato?
– Perché, – dice, – qui è il più istruito nell’opera.
Ecco, lo espongono come esempio per noi.
– Perché lo mettono col sedere verso di noi?
– Ma, – dice, – gli è più comodo darsi da fare con l’orchestra!
Quello stesso direttore apre davanti a sé un libro, lo guarda, agita una verghetta e subito sotto il pavimento cominciano a suonare i violini. Lamentosi, esili, viene voglia di piangere.
Quel direttore in effetti non è l’ultimo nell’istruzione, perché fa due cose insieme – legge il libro e agita la verga. L’orchestra suona con foga. Sempre più! Dopo i violini i flauti, dopo i flauti il tamburo. Un tuono passa per tutto il teatro. E poi quale ruggito da destra… guardo l’orchestra e urlo:
– Panteleev, Dio mi punisca, ma quello è Lombard, che è nel nostro reggimento alla razione!
Anche lui guarda e dice:
– È proprio lui! Nessuno sa colpire così bene col trombone!
Io mi rallegro e urlo:
– Bravo, bis, Lombard!
Ma appare un poliziotto e mi fa:
– Vi prego, compagno, di non violare il silenzio!
Ci azzittiamo.
Intanto il sipario si scosta e vediamo sul palcoscenico… un fumo infernale! Certi cavalieri con la giacca, certe dame con gli abiti di sera, danzano, cantano. E certo, lì si beve anche.
In breve, il vecchio regime!
Tra gli altri c’è Alfredo. Beve, mangia.
A quanto pare, fratello mio, è innamorato di questa Traviata. Non lo spiega a parole, dice tutto col canto, col canto. E anche lei gli risponde.
Non eviterà di sposarla, ma questo Alfredo ha un paparino, di nome Ljubcenko. All’improvviso, nel secondo atto, appare in scena.
Piccolo di statura, ma imponente, i capelli grigi, la voce forte, densa – un baritono.
E subito canta Alfredo:
– Ma tu hai dimenticato la tua cara terra?
Canta, canta e sconvolge tutta la macchinazione di Alfredo, al diavolo. Per il dolore Alfredo si ubriaca nel terzo atto e, fratelli miei, fa una scenata terribile a questa sua Traviata.
– Tu sei così e così, – dice, – non desidero più avere a che fare con te.
E lei, certo, piange, urla, dà scandalo!
Lei si ammala di tisi al quarto atto. Mandano, certo, a chiamare il dottore.
Il dottore arriva.
Anche se ha redingote, lo vedo da tutti i segni: è nostro fratello, un proletario. I capelli lunghi, la voce robusta.
Si avvicina alla Traviata e canta:
– State pur tranquilla, la vostra malattia è pericolosa, morirete senz’altro!
Non scrive nessuna ricetta, si congeda ed esce.
La Traviata vede che non c’è niente da fare – dovrà morire.
Arrivano Alfredo e Ljubcenko, le chiedono di non morire. Ljubcenko ormai dà il suo consenso al matrimonio. Ma non esce nulla!
– Scusate, – dice la Traviata, non posso, devo morire!
E in effetti, cantano ancora in tre e la Traviata muore.
Il direttore chiude il libro, si toglie il pince-nez e se ne va. Tutti si disperdono. È tutto.
Penso: Grazie a Dio, ci siamo istruiti, basta! Che storia noiosa!
E dico a Panteleev:
– Panteleev, domani andiamo al circo!
Vado a dormire, sogno sempre che la Traviata canta e Lombard fa trillare il suo trombone.
Il giorno seguente arrivo dal commissario e gli dico:
– Permettetemi, compagno commissario, di andare stasera al circo…
Lui strilla:
– Hai ancora, – dice, – gli elefanti in testa! Nessun circo! No, fratello, oggi andrai al concerto del Sovprof. Là, – dice, – il compagno Bloch con la sua orchestra suonerà la Seconda Rapsodia!
Mi siedo, penso: “Eccoti gli elefanti!”
– Ebbè, – chiedo, – di nuovo Lombard suonerà col trombone?
– Necessariamente, – dice.
Bella roba, perdonatemi, dove vado io, ci va anche lui col suo trombone!
Lo guardo e chiedo:
– E domani posso?
– Anche domani, – dice, – non puoi. Domani vi mando tutti al dramma.
– E dopodomani?
– Dopodomani di nuovo all’opera!
In generale, dice, basta girare per circhi! È arrivata la settimana dell’istruzione.
Sono indiavolato per le sue parole. Penso: “così scomparirai del tutto”. E chiedo:
– Tutta la nostra compagnia verrà mandata?
– Perché tutti? Chi sa leggere no. Chi sa leggere va già bene anche senza la Seconda Rapsodia! Solo voi, diavoli analfabeti. Chi sa leggere vada pure dove vuole!
Me ne vado e mi metto a pensare. Vedo, siamo fritti! Se sei analfabeta, devi privarti di ogni piacere… penso e penso. Vado dal commissario e dico:
– Permettete di chiedere!
– Chiedi!
– Fatemi andare a scuola.
Il commissario sorride e dice:
– Bravo! – e mi iscrive a scuola.
Io ci sono andato, e che pensate, ho imparato! E nulla mi turba, perché so leggere!
 







Racconto tratto dalla raccolta Scarafaggio e altre prose, Via del Vento edizione, Pistoia, 2013. Traduzione di Paolo Galvagni.




Michail Bulkakov

Michail Bulkakov (Kiev, 1891 – Mosca, 1938) è uno dei più grandi scrittori russi del Novecento, autore tra l’altro di Il maestro e Margherita.





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