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Sagarana FUORI STRADA


Brano tratto dal romanzo La luna di piombo


Antonio La Malfa


FUORI STRADA



(…) Si introdusse in una cabina telefonica, giusto fuori del bar.

" Comando carabinieri..."

" Pronto, mi chiamo Sergio Bacci...potrei parlare con il maresciallo La Malfa?"

Un attimo..."
" Si, pronto?"

" Pronto, maresciallo, sono il marito della signora Lanza."

" Si... come sta?"

" È stata operata... l'intervento dovrebbe essere riuscito... bisogna aspettare..."

" Le faccio i miei auguri."

" Grazie, maresciallo... le telefonavo per sapere chi era alla guida dell'auto..."

"Ah ... non gliel'hanno detto in ospedale?"
" No. "
" Senta, purtroppo il guidatore è deceduto..."
" Si, questo lo so."

" Si chiamava Volpi, Carlo Volpi. Forse andava troppo veloce... sul viale della Principessa che porta a San Vincenzo... dopo il bivio per Baratti è uscito di strada e... "

" ...L'architetto?"
" Sì..."
" Bene, maresciallo, la ringrazio."
" Arrivederla, ancora auguri per sua moglie..."
Tuuuu tuuuuu
" Pronto ?"
" Pronto, mamma, sono Sergio..."
" Ciaocomest...?"

" Mamma. Lucia è all'ospedale, è stata operata alla testa. Ha avuto un incidente..."

" Oddiomio! Macomestà?"

" Non so, mamma. I medici sono ottimisti. Dovrebbe riprendersi... Senti, pensavo di non chiamare i suoceri fino a quando non so le cose precise, tanto oggi non ce la farebbero ad arrivare da Palermo. Non li chiamare ancora..."

" No, no... ma quando è successo?"
" Stamattina."
" Maccomehaffatto?"

" È andata fuori strada... Cioè... non guidava lei..."

" Ecchiguidava?"
Sergio fece un sospiro.
" Guidava un certo Volpi..."
" Gesù... malloconosci?"
" ...di vista..."
" Diobuono...chegguaio...eluicomesta?"
" È morto."
" Madonnammia... che scandalo!"
" Mamma, non mi fare incazzare..."
" Elluciacomesta?"

" Te l'ho già detto... ha fatto l'intervento, è sotto sedativi... speriamo bene. Senti, non ti muovere di lì, non ce n'è bisogno, per ora. Ti farò sapere domani." "Malluierasposat..." tututu

" Cazzo, cazzo!" disse Sergio rivolto al vetro scuro della cabina mentre sbatacchiava la cornetta " cazzo ti frega, mamma! Lucia sta male!" Vide sul vetro il suo riflesso, non era un bello spettacolo.

Uscì, fece due passi nel corridoio, poi tornò alla cabina. Tuuuu tuuu

" Comando carabinieri..."

" Il maresciallo La Malfa, per favore, sono sempre..."

" Un attimo, non so se c'è ancora..."
" Sì?"

" Mi scusi maresciallo, senta... ma Volpi aveva famiglia?"

" Sì. Era sposato, senza figli."
" Grazie, maresciallo, arrivederla."

Mangiò alla svelta un panino imbottito e tornò su in reparto. Si rinfilò camice e il resto, e rientrò in quella camera. Lucia aveva un respiro regolare e lineamenti distesi. Quella strana tv lo rassicurava - anche se non ne afferrava il significato fino in fondo - con quelle

montagnine sempre uguali e quei bip che gli ricordavano il tema di Tania.

Camminò per un po' avanti e indietro, poi si sedette e le tirò su un lembo di cuffietta: il cranio rasato e quel tondino ricamato in modo grossolano di seta nera le conferivano un aspetto da aliena, quindi la ricoprì. Le accarezzò le dita di una mano. Passò un altro infermiere e cambiò la boccia di soluzione fisiologica attaccata alla flebo, poi aggiunse con delle siringhe dei liquidi colorati.

Nelle ore successive il tempo fu scandito solo da altre flebo e dal passaggio degli infermieri.

Entrò una luce rossastra attraverso la finestra. Dette uno sguardo fuori e quasi si scordò di tutto. Ormai erano diversi anni che stava li, ma non finiva mai di incantarsi di fronte a quei tramonti; per giunta il vento si era placato e l'acqua dava riflessi a specchio, cangianti. L'isola d'Elba - dal colore cupo e profilo netto - pareva un vulcano, tanti erano i bagliori dietro il suo monte più alto, il monte Capanne. Un bip – uno dei tanti - lo riportò alla realtà, si rimise a sedere e ricominciò a guardarla. Con la luce radente si stagliavano più evidenti i numerosi tagli sulla pelle di Lucia. Si alzò, prese il sacco di nylon ed esaminò il vestito: c'era una macchia di sangue più grande subito sotto il collo, poi altre più piccole sparse per ogni dove, più raggruppate vicino all'orlo basso, in prossimità delle ginocchia. Lo stava per riporre, ma si fermò ed estrasse dal sacco anche la borsa. Portafoglio con documenti - c'era anche una foto di Sergio - e soldi, un pacchetto di

Tic-tac, fazzolettini di carta, le chiavi di casa, e in una cerniera interna trovò un foglio. Guardò furtivo il viso dormiente di Lucia, si avvicinò alla finestra e cominciò a leggerne il contenuto.

"Non so se ti darò mai questa lettera. Sento un'onda che mi spinge a scrivere e a pensare a te. È notte, la luna guida la mia mano. E quest'onda mi avvolge, mi sovrasta.

Sono pazza quando sono con te, mi sento effervescente - è difficile spiegarsi - come le bollicine di una coppa di champagne... mi davi alla testa anche quella volta che ti vidi in comune, allo sportello, ricordi? Sei bello, bello e pazzo... mi dai alla testa anche ora. Pazzo, un gioioso

pazzo. Probabilmente non metterei su famiglia con te, mai. Ma mi emozioni, mi ecciti. C'è una fonte di irragionevolezza anche in me, quella che ti ha concesso di telefonarmi, di fare l'amore con me. Sono combattuta perché credo - ci devo pensare - di amare Sergio, ma

questa luna mi confonde e mi suggerisce che, sì, ti rivedrò, mio pazzo furioso."

Sergio senti un tonfo allo stomaco. Poi pensò che sarebbe stato facile. Prese il cuscino alla base del letto e lo appoggiò sul viso di Lucia. Prima delicatamente, poi con forza. Senti un sussulto di Lucia, poi bip - bip - bipbipbip bibibibibibibibi. Gli vennero le lacrime agli occhi, poi mollò la presa. bibibibi - bipbipbip -bip - bip. Dopo un paio di minuti di affanno, Lucia riprese a respirare regolarmente, profondamente.

Sergio rimise il cuscino alla base del letto, riordinò la borsa, la rimise nel sacco di cellophane e si sedette. Era sudato e fissava il fondo della stanza, ma non vedeva niente. Sembrava un fantoccio, incapace di fare alcun movimento.

 

Venne la notte, la stanza era avvolta nel buio e la tranquillità appena perturbata dai bip dell'aggeggio. Buio, a parte la luce opalina del corridoio e un barlume proveniente dalla finestra.

Lucia si mosse.

I bip aumentarono leggermente di ritmo. " Sto male..."

" Lucia..."
" Sergio... dove sono?"
" All'ospedale. Sta' tranquilla."

Passò un paio di minuti, intanto Sergio le carezzava una mano.

" Sergio, devo dirti..."
" Non dirmi niente adesso..."
" È notte?"
" Sì..."
 
Sergio si alzò e tirò completamente su l'avvolgibile.

Si rimise accanto a lei. Lucia girò un poco il collo verso la finestra. La falce di luna era agganciata nel cielo, un cielo senza vento e senza nuvole.

Fissarono a lungo la luna, senza parlare.
A tutto il resto, ci avrebbero pensato al mattino.







Brano tratto dal romanzo La luna di piombo, edizione dell’autore, 2013.




Antonio La Malfa
Antonio La Malfa




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