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Sagarana WITT IL TRASPARENTE


Brano tratto da Il nano e la bambola


Heinrich Böll


WITT IL TRASPARENTE



Il mio amico ha una strana professione: non si perita a definirsi scrittore solo perché ha qualche latente nozione di ortografia, padroneggia vagamente un paio di regole di sintassi e batte a macchina un foglio dopo l'altro, coprendoli di esercizi stilistici ch'egli chiama manoscritto non appena se n'è formato un bel fascio.

Per anni ha brucato sulle steppe della cultura l'erba magra di quest'arte, finché non ha trovato un editore. Ma poco dopo la pubblicazione del suo libro lo incontrai abbacchiatissimo. Il suo resoconto, in effetti, era deprimente: secondo i conteggi del suo editore, nel giro di sei mesi erano stati spediti in omaggio per recensione trecentocinquanta copie, poi erano apparse alcune critiche favorevoli e si erano vendute realmente tredici copie del libro, il che dava al mio amico un totale a credito di DM 5,46. Però gli era stato versato un anticipo di ottocento DM, e se le vendite si fossero mantenute allo stesso livello gli sarebbero occorsi circa centocinquant'anni per pareggiarlo.

Ora, la vita dell'uomo, in media, è più breve; se si prescinde da alcuni turchi pressoché leggendari, la si calcola intorno a settant'anni, e se si tien conto dei memorabili strapazzi imposti alla nostra generazione perduta, si possono togliere tranquillamente altri dieci anni.

Consigliai al mio amico di scrivere un secondo libro. Quando uscì, venne molto festeggiato nei circoli competenti, il numero delle copie omaggio salì a oltre quattrocento, quello delle copie vendute risultò, dopo sei mesi, di ventinove. Fabbricai al mio amico due sigarette, gli battei sulla spalla e gli proposi di scrivere un terzo libro. Ma stranamente lui lo prese come un'ironia e si ritirò offeso. Frattanto era entrato nella storia della letteratura come «Witt il trasparente», e un libro che trattava di lui venne venduto più dei libri suoi.

Per quasi mezz'anno non lo vidi più: pareva che trotterellasse di nuovo sui campi della genialità solitaria. Poi venne da me e confessò contrito di aver dato inizio a un terzo libro. Gli proposi di mettere in commercio il lavoro in un'edizione ciclostilata di trenta-cinquanta copie. Ma i veri inchiostri da stampa lo avevano ormai stregato, inoltre gli avevano sborsato un altro anticipo, sua moglie aspettava un secondo bambino, ed egli affermò di non voler farsi corresponsabile della disoccupazione di alcuni compositori e stampatori, di alcune imballatrici e mettifoglio. (La sua sensibilità sociale è sempre stata fortissima!)

Frattanto erano uscite quasi cento critiche favorevoli su di lui e si erano vendute oltre novanta copie dei suoi due libri. Il suo editore aveva lanciato una campagna sotto il motto «La ricerca del lettore». A ogni libreria si erano spediti dei volantini che pregavano di individuare e segnalare subito alla casa editrice tutti i lettori di Witt, in modo da poter tentare di mettere in contatto autore e lettore.

II successo della campagna non si fece attendere a lungo. Un mese dopo il via un uomo, all'estremo Nord, domandò uno dei libri del mio amico, lo prese e lo pagò. Il proprietario della libreria mandò subito un telegramma: «Comparso acquirente Witt – che fare?» Frattanto il venditore tratteneva il compratore a forza di chiacchiere, gli versava del caffè, apriva pacchetti di sigarette: tutte cose che stupivano bensì il compratore, ma ch'egli accettava tranquillamente. Poi, con telegramma-lampo, arrivò la risposta dell'editore: «Inviarmi acquirente – assumo ogni spesa». Per fortuna il cliente era un professore di scuola media, era in vacanza e non aveva niente da obiettare a un viaggio gratuito nella Germania meridionale. Il primo giorno arrivò fino a Colonia, pernottò in un buon albergo, poi costeggiò il bel Reno in direzione sud godendosi molto il viaggio.

Verso le quattro del pomeridiane del secondo giorno era giunto alla meta, si fece portare in taxi dalla stazione alla casa editrice e trascorse un'ora assai stimolante, bevendo caffè e mangiando torta, insieme alla deliziosa moglie dell'editore. Poi gli consegnarono un'altra indennità di viaggio, lo riportarono alla stazione ed eccolo proseguire, ora in seconda classe, verso la quieta cittadina dove il mio amico serve le Muse. Là frattanto era già nato da un pezzo il secondo bambino: la moglie del mio amico era andata al cinema, una distensione che, anche nelle peggiori battuti a macchina e pregò il mio amico di voler consegnare all'editore, per una lettura e un giudizio, quel lavoro ch'egli considerava il proprio contributo alla giovane letteratura. Il mio amico mi raccontò che per alcuni minuti era rimasto muto di delusione. Il destino di quell'uomo lo aveva riempito della più ansiosa amarezza.

Così se ne stettero di nuovo seduti l'uno di fronte all'altro per qualche minuto, senza parlare, finché il mio amico disse sottovoce: — La supplico, non lo faccia... lei rinuncia alla sua originalità!

L'ospite tacque, ostinato, tenendo stretto il suo manoscritto.

— Non avrà più rimborsi di viaggio, — disse il mio amico. — nessuno le servirà più torte con la panna. La moglie dell'editore farà la sua faccia più acida. La supplico nel suo interesse: lasci stare!

Ma l'ospite continuava a scuotere il capo, cocciuto, e il mio amico, nel nobile sforzo di salvare un uomo, non esitò a fargli vedere i rendiconti editoriali. Ma tutto questo a Schlegel non diceva nulla.

A questo punto il mio amico era solito troncare il suo racconto, e io suppongo che si sia semplicemente messo a bisticciare col suo visitatore. Qui, ad ogni modo, faceva una pausa, mentre contemplava pensoso le sue mani strette a pugno e mormorava parole incomprensibili. Venni ancora a sapere che Schlegel, dopo un freddo saluto, era andato via lasciando là il suo manoscritto.

Frattanto il romanzo di Schlegel Guai a te, Penelope!, la storia di un reduce, ha fatto grande e giustificata impressione nei circoli competenti. Schlegel ha rinunciato alla carriera scolastica, cioè si è dimesso da una vera professione per dedicarsi a un'altra che io continuo sempre a credere che non lo sia...

 







Brano tratto da Il nano e la bambola, racconti, 1950-1970, Einaudi, Torino, 1980. Traduzione di Chiusano I. A.




Heinrich Böll

Heinrich Böll (Colonia, 21 dicembre 1917 – Langenbroich, 16 luglio 1985) è stato uno scrittore tedesco.È considerato uno dei massimi esponenti della letteratura tedesca del secondo dopoguerra e fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1972.





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