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Sagarana LA TESTA ALL’INDIETRO


Violaine Schwartz


LA TESTA ALL’INDIETRO



 
Brindiamo?
 

Salute, alla tua, alla vostra, grazie, alla tua. Ci fa tanto piacere che siate voi, si resta in famiglia.

 

I bicchieri sbattono l’uno contro l’altro, la terrazza è immersa nell’odore dei fiori bianchi, non è gelsomino, non è magnolia, non è glicine, com’è che si chiama? Lo champagne scoppietta in bocca, leggero-leggero, le fiammelle delle candele vacillano sotto il vento estivo, le foglie frusciano con eleganza, tutto è leggero-facile-leggero, all’odore inebriante dei fiori.

 

Non è complicato, è la casa della felicità, vedrete, starete bene, vero tesoro che staranno bene qui? Noi siamo stati bene, gli anni più belli. La casa della felicità, vi dico.

 

Si brinda alla felicità, passata e futura. Al presente peso piuma. Era tanto tempo fa. Un’eternità. Quanto tempo fa? Due anni? Tre? Ora, la terrazza in fondo è cosparsa di foglie di edera indurite. Bisognerebbe spazzare. Alla finestra, ti accorgi che bisognerebbe spazzare. Oltre al resto.

 
Piccolo uno: cantare.
 
Piccolo due: fare la spesa.
 
Piccolo tre: spazzare.
 
Ogni cosa a suo tempo.
 

Schiacci sul piano un accordo di quinta. Apri la bocca:

 
Va ve vi vo vu va ve vi
Oh Signore, gatto.
 
Za ze zi zo zu za ze
Gatto in gola.
 
VA VE VI VO
Gatto. Quinto.
 
Bene.
 
Piccolo due: la spesa
 

Il giardino, fatene quel che volete, dopo tutto siete a casa vostra ormai, c’è giusto il roseto bianco, laggiù, vedi? È quello dei miei quarant’anni, gli date uno sguardo? Non me lo porto via ma ci tengo, hai visto quant’è bello?

 

È pieno di pidocchi, quando li si schiaccia tra le dita restano appiccicose. Non puoi schiacciarli tutti a mano, sono troppi, grappoli, colonie, pacchi che brulicano, bisogna metterci un prodotto, bisogna comprare il prodotto, bisogna comprare i pannolini, bisogna comprare la base, bisogna riempire il frigo, 16 yogurt 3,80 € oppure 12 yogurt gusto bulgaro 3,50 € o 12 yogurt al bifidus in promozione o 8 yogurt con pezzi di frutta o 16 yogurt colorati meno cari, o 4 yogurt più cari in vasetti di vetro, o 2 yogurt di soia… yogurt di tutti i colori, a perdita d’occhio, chilometri di vasetti di yogurt. Oh Signore.

Fermati. Cammina. Fermati.
 

Hai chiuso la porta principale uscendo, te ne ricordi perfettamente, ma dietro? Non sei sicura. Si può benissimo entrare dal giardino, è a portata del primo venuto. È persino più facile. Tutti i ladri entrano da dietro, è risaputo. Fai sempre tutto troppo in fretta. Risultato: ora non sei più sicura. Vaporizzare a venti centimetri dalla pianta, una volta a settimana. Baygon verde? O giallo? O verde? Oh Signore. Volano, i pidocchi? Strisciano o volano? Ladri? Ci mancavano solo loro. Non avete granché da rubare, comunque. Gli spartiti, il piano. Baygon giallo o verde? O giallo? Presto! I ladri. Verde? Giallo? Hai la testa che parte all’indietro

 

Ti succede di tanto in tanto, come se cadessi tutto d’un tratto, sei obbligata a riunire tutte le tue forze per restare lì, ti aggrappi al presente, ti appoggi al muro, inspiri, espiri, lentamente, con impegno, ed è passato, fino alla prossima volta.

 
Verde. Vada per verde.
 

Ti precipiti verso le casse, corri per le vie ventose, i ladri, i ladri, sali i gradini quattro a quattro, spingi la porta della stanza di canto. Nessuno ha preso il piano, La voce umana di Poulenc ti aspetta serafica sul leggio, tra le correnti d’aria. Questa mania di pensare sempre al peggio. Bene. Sfogli lo spartito. Al lavoro! Perso abbastanza tempo. Imparerai tutto a memoria, le settanta pagine, non torneranno più. Bisogna battere forte, la prossima volta. E che non se ne parli più.

 

(Meccanicamente, per imprimere le parole nel cervello: «Pronto, pronto, ma no signora, siamo in troppi sulla linea! Riattacchi… è con un’abbonata… ma signora attacchi lei! Pronto signorina?” “Pronto, pronto, ma no signora, siamo in troppi sulla linea! Riattacchi… è con un’abbonata… ma signora attacchi lei! Pronto signorina?” “Pronto, pronto, ma no signora, siamo in troppi— » Che aspettiamo a cambiare questa carta da parati? Cani in agguato, lepri senza fiato e cavalieri che prendono la mira, pronti a tirare, vignette di caccia moltiplicate all’infinito in diagonale, fino al soffitto. Che orrore! Bisognerebbe strappare via tutto. I cacciatori d’operetta, i conigli kitsch, al secchio! Non abbiamo fatto niente a casa, avevamo detto di farlo e alla fine non abbiamo fatto nulla.

 

Piccolo tre: spazzare.

 
Spazzare?
 

Ho messo il prodotto per i pidocchi ma credo di averne messo troppo, o ho sbagliato colore, avrei dovuto prenderlo giallo, guarda com’è diventato, ho l’impressione che ci siano delle macchie sulle foglie ora. E vieni a vedere sotto la vasca, c’è un tubo che perde, ecco perché c’è quell’alone sul soffitto della cucina, bisogna fare qualcosa sennò saremo di nuovo inondati. Potresti spazzare le foglie morte? Non ho avuto il tempo di farlo, marciranno, si infileranno nelle canalizzazioni e nei buchi, attireranno le bestie e distruggeranno la terrazza. È da prima che mi chiedo se non dobbiamo chiamare il medico, sta già dormendo, è strano, al ritorno dal nido si è addormentata.

 

Se piange, ti preoccupi, se sta troppo tempo in silenzio, ti chiedi se è normale, ti preoccupi, se mangia troppo, ti preoccupi, se non mangia, ti preoccupi ugualmente, se dorme, ti preoccupi, se strilla, ti preoccupi, se non dorme, ti preoccupi, non hai più pace, non ti appartieni più, controlli tutto, non controlli più niente, tendi tutta la tua energia per non cadere, ti aggrappi alla realtà.

 

No, non l’ho cambiata, perché non ho deciso di metterla a letto. Si è addormentata, quindi ho dovuto metterla a letto. È diverso. Sempre rimproveri. Certo, bisogna mettere un pannolino nuovo sennò avrà ancora delle irritazioni, che ti credi?

 
La casa della felicità.
 

È una villetta di periferia in pietra meulière presa d’assalto dalle agenzie immobiliari. Tutti i giorni, la cassetta della lettere trabocca di volantini, offerte d’acquisto, perizie, valutazioni gratuite. E tutti i giorni, suonano per sapere se la casa è in vendita. È una fortuna abitare qui, tutti vi invidiano: quattro piani, una terrazza, una tettoia in vetro che dà un timbro folle, un giardino confinante con quello del vicino, un ciliegio e dei bambù, un seminterrato abitabile, tre bagni, sottotetti trasformati in mezzanini, c’è giusto da prevedere qualche lavoretto di intelaiature e di idraulica.

 

Le correnti d’aria passano proprio sopra al letto, domani sarò di nuovo senza voce. Dev’esserci una tegola che manca, un buco nel solaio, presto pioverà sul cuscino. Non potrai più dire che me lo sono inventato. Un vento glaciale sul petto. Non senti niente? Malfidato. Domani saliamo sul tetto, vedrai se non ho ragione. Hai chiuso la porta, sicuro? Quando siamo a letto quassù, non si sa cosa succede di sotto in giardino, chiunque può entrare mentre dormiamo. Sh! Hai sentito? C’è un rumore sulle scale, vai a vedere, ti dico che c’è qualcuno.

 

La casa è invasa da rovi maligni, non puoi più uscire, le serrature sono bloccate da grappoli d’insetti, le canalizzazioni lebbrose lasciano colare un liquido giallastro, del pus che si spande sul parquet, che si incolla ai piedi. Il vento soffia come in tempesta. Tutto d’un tratto, si stacca un’imposta. Vorresti chiamare aiuto, apri la bocca, non hai più voce, nessun suono, la lingua è secca come vetro in frantumi.

 

Ti svegli, coperta di sudore.

 

Va tutto bene, va tutto bene.

 

Mens sana in corpore sano.

 

Fare sport? Cammini per le strade ventose, potresti andare al cinema, potresti bere un caffè, potresti imparare a memoria lo spartito, potresti comprare qualcosa, potresti chiamare qualcuno, passi davanti alla piscina, potresti andarci se avessi il costume, potresti prendere la metro, potresti partire in auto per la periferia, potresti andare a piedi, ti siedi sul bordo del marciapiede, aspetti che ti passi.

 

A proposito, non dimenticare di passare la cera sul parquet di tanto in tanto. Con la cera d’api si fa presto, e a lungo andare te lo ritrovi.

 

Il metronomo affetta il tempo come fosse un machete. Preparare eternamente quest’audizione assurda. La voce umana. Come se non potessi fare altro. Che aspettano a decidersi, questi imbecilli? La prossima volta, bisogna fare una bella figura. A memoria. E il gioco è fatto. Ti lanci sul passaggio che la giuria ti chiederà di sicuro. Il punto culminante del monologo. Il salto pericoloso.

 

(Cantato, con gli occhi chiusi) : « Ho un cappotto sulla camicia, perché a forza di aspettare la sua chiamata, a forza di guardare il telefono, di sedermi, di alzarmi, di camminare in lungo e in largo, stavo diventando matta— »

 
Buco nel testo. Fa niente. Salta.
 

« Ieri sera ho voluto prendere una pasticca per dormire. Mi sono detta che se ne avessi presa più di una, avrei dormito meglio, e che se le avessi prese tutte, avrei dormito senza sogni, senza risveglio, sarei morta. Ne ho inghiottite dodici… nell’acqua calda… come una massa— »

 
Buco.
 

« Ieri sera ho voluto prendere una pasticca per dormire. Mi sono detta che se ne avessi presa più di una, avrei dormito meglio, e che— »

 

Esamini lo spartito, le note sfilano sotto i tuoi occhi come degli insetti bizzarri, formiche nere che galoppano sulle linee del pentagramma, non riuscirai mai a imparare tutto a memoria. Per quale motivo, del resto? Il tuo occhio vagabonda per la finestra, lato giardino. Il freddo è arrivato tutto d’un tratto. Non hai vestito la piccola sufficientemente pesante, non hai fatto attenzione, fai sempre tutto di corsa, avresti dovuto metterle un collo alto, si ammalerà e passerete ancora una notte pessima, piangerà senza tregua come l’altra volta e sarai sfinita, e come lavorare in queste condizioni? Uno strano uccello canta a squarciagola, in cima al ciliegio già quasi spoglio. Sul ramo più alto, fa dei trilli; cerchi di imitarlo: tuiiiiit tuuiiiiiit.

 

Che cos’è quel vestito nuovo? Che ti dice la testa? Ci sono già montagne di vestiti di sotto, vestiti per i prossimi dieci anni, non si riesce più a chiudere gli armadi, non avremo neppure il tempo di metterle tutto, bisognerà cambiarla di continuo, vestirla, svestirla, rivestirla, ri-svestirla, tre volte al giorno, vestiti con volant al mattino, vestiti con cuciture smocks al pomeriggio, camicette con colletto Claudine la sera, e non vedremo più la fine, saremo obbligati a fare delle sovrapposizioni, gonna a quadri sotto un vestito a fiori o maniche a palloncino una sull’altra, vestiti a incastro, sarà come una cipolla, va tutto di traverso, non abbiamo soldi, questa casa è troppo grande, niente è della dimensione giusta, e tu tutto d’un tratto compri un vestito che metterà sì e no quindici giorni, hai visto il freddo che fa fuori, no ma che ti dice la testa?

 

Vi ho lasciato qualche vestito di sotto, delle cianfrusaglie, possono sempre servire, d’altronde se non sapete che farvene, è semplice, potete sempre buttarle o darle a qualcun altro.

 

Un po’ dappertutto in giardino ci sono anche dei giochi in plastica scolorita, una bici da corsa, utensili da giardinaggio, una batteria di vasetti da marmellata vuoti, palle da bocce spaiate, una vecchia chitarra, diversi paia di dopo-sci, mazze da golf, un parasole rosicchiato dai topi, trappole con formaggio e semi di veleno, pile di riviste ammuffite, legna per il camino, un vaso da notte, rotoli di moquette e catene per l’automobile, olio di ricino, è l’opulenza, la spazzatura dell’opulenza, e ci sono anche delle foto nel bagno, i primi passi di uno, le candeline di compleanno dell’altro, è la famiglia, la spazzatura della famiglia, sono stati gentili a lasciarci tutto questo, ora che ce ne facciamo?

 







Brano tratto dal romanzo “La tête en arrière”, Editions P.O.L., Parigi, 2010. Traduzione di Chiara Candeloro.




Violaine Schwartz

Violaine Schwartz è una cantante lirica francese formatasi all’Ecole du Théâtre National di Strasbourg. Dal 1990 è attiva in ambito teatrale, ha interpretato vari musical e scritto testi per la radio. Ha finora pubblicato due romanzi, La tête en arrière, 2010 e Le vent dans la bouche, 2013, entrambi editi da Editions P.O.L., ancora non apparsi in Italia. Il brano proposto è l’incipit di La tête en arrière.





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