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Sagarana La Lavagna Del Sabato 19 Marzo 3011

LA NUOVA EGEMONIA CULTURALE NELL' ERA DEL POST-OCCIDENTE



Siamo in un’epoca in cui Cina, India e Brasile hanno tolto centralità all’Europa e agli Usa. E questo ha conseguenze non solo economiche e politiche ma anche intellettuali.


Jean Daniel


LA NUOVA EGEMONIA CULTURALE NELL' ERA DEL POST-OCCIDENTE



 

Ho proposto a intellettuali e politologi di considerare che stiamo oramai entrando in un' era post-occidentale. E ciò in contrapposizione all' era detta post-modernista, fedele spesso al pensiero di Heidegger. Il postmodernismo recente consiste in una resistenza vigile e ombrosa nei confronti di tutte le supposte aggressioni suscitate dal progresso delle tecnologie e delle scienze programmatiche. E ciò in particolare a fronte dell' apologia della velocità, in contrasto con i valori riflessivi del rispetto, del silenzio, della solitudine, della lentezza, degli scrupolie della discrezione.
Il post-modernismo, per quanto aspramente discusso, aveva inizialmente trovato la propria legittimazione nella formula espressa da Albert Camus nel finale del discorso pronunciato in Svezia in occasione del conferimento del premio Nobel. Agli occhi di Camus, per la sua generazione era più importante conservare il mondo che riformarlo.
A partire da questa concezione, tutte le varianti del pensiero e dei comportamenti sono state concepite in direzione di una sorta di progressismo reazionario, o di reazione riformista.
Come si era arrivati a questo? Di fatto, a quanto diceva Michel Foucault, «l' intellettuale europeo» ma aggiungerei occidentale - «ha sempre sognato di poter fare la sintesi tra il Saggio greco, il Profeta ebreo e il Legislatore romano». Il primo aveva dato l' apporto della Ragione; il secondo la visione del Male, e il terzo il Diritto. E ciò fino all' epoca in cui un' altra sintesi era stata tentata - e compiuta! - tra la Luce dell' apporto cristico e i Lumi del messaggio rivoluzionario. Ora, deplorava Michel Foucault, queste sintesi sono ormai impossibili da realizzare, e persino da concepire. Fin da allora, Foucault aveva già visto profilarsi l' autunno dell' Occidente.
In tutti questi atteggiamenti occidentali, le civiltà degli altri continenti erano considerate magiche, tanto da meritare un' esplorazione ammirata, ma contemplate al tempo stesso con un insopprimibile senso di superiorità. Anche se le testimonianze dei viaggiatori che visitarono la Cina, l' India, Bisanzio e l' impero ottomano indicavano il contrario, e l' arte di vivere di quei popoli suscitava ammirazione e invidia. Di fatto, è solo da due secoli - cioè dall' esplosione dello sviluppo, dell' economia e della ricchezza in Occidente - che gli occidentali si sono barricati in un' isola di arroganza nel cuore dell' oceano di civiltà diverse, talora da conquistare e a volte da evangelizzare. Il post-modernismo poteva allora essere un sogno da esteti davanti alla bellezza degli azzardi tecnologici. Ma eravamo ancora nell' era occidentale.
In questo momento la Francia subisce in pieno la fine di quest' era, con il crollo del suo impero e l' arrivo sul suo territorio degli uomini e delle donne che aveva colonizzato. I quali esigono, forti del loro numero, di vivere in comunità fedeli alla cultura dei propri paesi d' origine. Nel 1980 la campagna elettorale di François Mitterrand per la presidenza della Repubblica ricoprì tutti i muri di poster che rappresentavano un piccolo villaggio all' ombra di una chiesa cattolica. E dire che François Mitterrand era socialista, e in linea di principio anticlericale. Oggi quel poster non sarebbe più ammissibile. Verrebbe giudicato aggressivo e offensivo nei confronti della forte minoranza musulmana - mentre a suo tempo i protestanti non avevano formulato obiezioni.
Oltre tutto, l' era post-occidentale si annuncia con realtà come quelle della Cina, dell' India o del Brasile, che lentamente strappano all' Occidente a incominciare dagli Stati Uniti - la centralità di una civiltà che ne assicurava l'egemonia intellettuale. Americani ed europei, che insieme rappresentano meno del 20% della popolazione mondiale, sono dunque in procinto di perdere la superiorità materiale (se non militare), ma in nome di valori diversi dai loro. Privato della potenza, l' Occidente scopre di non incarnare più l' ideale.




Tratto da La Repubblica del 5 settembre 2010. Traduzione di Elisabetta Horvat.




Jean Daniel
Jean Daniel, all'anagrafe Jean Daniel Bensaid (1920), è un giornalista e scrittore francese nato in Algeria da una famiglia ebraica. È stato il fondatore e fino a giugno 2008 anche il direttore responsabile del settimanale Le Nouvel Observateur. Daniel è un umanista orientato politicamente a sinistra. Nel libro La prison juive: Humeurs et méditations d'un témoin sostiene che gli ebrei, considerandosi il popolo eletto, si sono imprigionati. Le sue opere sono percorse dall'interrogativo sul ruolo della religione nella morale moderna. Ha fatto parte del think tank della Fondazione Saint-Simon.




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