La Lavagna Del Sabato 05 Luglio 2008

BLOG, YOU TUBE E RIVISTE LETTERARIE ON LINE

– USI DELLA RETE ALL’INIZIO DEL TERZO MILLENNIO –

Franco Manai, University of Auckland





Dal tempo dell’invenzione del telegrafo, e in seguito nei primi tempi della radio, del cinema e della televisione, a ogni scoperta di un nuovo mezzo di comunicazione di massa si è sempre accompagnata, sia nei ceti intellettuali sia nel più vasto pubblico, una entusiastica ammirazione per la nuova tecnologia, testimonianza tangibile del genio umano e della civiltà occidentale, ma anche la speranza che da tale tecnologia potesse scaturire finalmente quella base di comunicazione universale che è il presupposto per una democrazia reale. Inesorabilmente tuttavia i nuovi mezzi sono stati inglobati nel sistema e usati dalle classi dominanti come strumenti per il mantenimento e il rafforzamento dello status quo. Anche la potenziale emancipazione dell’informazione e dell’espressione che internet sembrava poter offrire si è presto ridimensionata, a ulteriore dimostrazione che non sarà uno strumento, per quanto geniale, a darci la libertà, e che anche il mezzo più perfetto non è appunto altro che un mezzo nelle mani di chi lo usa. Eppure, come dimostrano molti siti di informazione alternativa non omologati alle ragioni delle multinazionali dello sfruttamento, c’è chi riesce a realizzare le virtuali virtù di internet. Nel campo delle riviste letterarie on line un esempio del potenziale democratico di questo mezzo è offerto da “Kúmá” di Armando Gnisci, con la sua poetica della decolonizzazione del pensiero occidentale da se stesso. In un confronto continuo con le letterature della migrazione questa rivista apre agli uomini e alle donne occidentali la possibilità di liberarsi dall’ endemico desiderio di dominare nei fatti e nelle parole i sud del mondo


Il 1° novembre 2007, nella sua abitazione di Perugia è stata assassinata una giovane studentessa inglese, Meredith Kercher. Pochi giorni dopo è stato accusato del delitto un singolare terzetto: la sua compagna di appartamento, Amanda Knox (20 anni), statunitense texana, il di lei fidanzato Raffaele Sollecito (24 anni), italiano pugliese, un amico di Amanda e Raffaele, Lumumba Diya (38 anni) detto Patrick, congolese, da circa vent’anni residente in Italia. Tutt’e quattro i protagonisti di questo dramma (e sia chiaro che si prescinde qui totalmente da questioni riguardanti la colpevolezza o meno dei tre accusati) sono notevolmente differenti l’uno dall’altro, per provenienza, età, aspirazioni, e sembrano essere accomunati principalmente, oltre che dalla partecipazione alla vita studentesca, un po’ scapestrata, tipica di molti centri universitari grandi e piccoli, da un particolare non immediatamente evidente: ognuno di loro era titolare di un blog sul quale riversava illusioni e sogni, memorie e aspirazioni. Subito dopo l’arresto questi blog sono stati chiusi dalla polizia, tuttavia Blogosfere, il dominio dove era ospitato il blog di Sollecito, ha fatto in tempo a estrarre una foto e l’ultimo post che il giovane pugliese aveva inserito. La foto mostra lo stesso Sollecito, nella sua camera, tutto avvolto in nastri di cartaigenica, con una mannaia nella sinistra e un bidoncino di benzina (o almeno contenente un liquido rosa) nella destra. Il post consiste in una lunghissima, estenuante narrazione di una sera come tante, con incontri, spostamenti, canne, pensieri, per così dire, di vario tenorei. Alla pubblicazione di questo post segue una caterva di commenti e osservazioni da parte dei visitatori della pagina di cronaca di Blogosfere, che discutono, a volte pacatamente, altre volte appassionatamente, sia direttamente intorno alla persona di Sollecito, al suo post, alla fotografia, al suo coinvolgimento nell’assassinio, sia intorno ai reciproci commenti e prima ancora intorno all’opportunità della scelta redazionale di pubblicare foto e post. Il popolo della rete, cioè, dimostra un’estrema reattività nei confronti di quanto accade e viene sottoposto alla sua attenzione, senza tirarsi indietro se viene avanzata una richiesta di giudizio. Non a caso nei siti web dei maggiori giornali sono sempre aperti dei link tramite i quali è possibile rispondere colpevole o innocente sui vari personaggi di volta in volta agli onori della cronaca nera.

La pratica del blog, dunque, offre a tutti la possibilità di crearsi uno spazio totalmente autogestito, nel quale far confluire a piacere verità e menzogna, immaginazione e resoconto, immagini tratte dalla realtà e immagini interamente costruite. Un blog può essere, e di fatto era per alcuni dei protagonisti del dramma che abbiamo citato, anche l’occasione per elaborare un gioco di identità, e mettere in scena ciò che non siamo, ciò che vogliamo: assassini, attrici famose etc. La sua importanza, e la sua peculiarità, è data dal fatto che la sua struttura ci permette di salvaguardare la nostra solitudine (indipendenza) nel momento stesso in cui la condividiamo con altri, o meglio nel momento stesso in cui ci arrischiamo a dare voce e corpo a una rappresentazione di noi stessi che, seppure inventata di sana pianta, può essere più autentica e ‘vera’ di quella che offriamo quotidianamente a chi ci circonda. A prescindere dalla possibilità di trovare in rete occasioni di incontri reali (possibilità sfruttata, peraltro, da un numero sempre più ampio di persone nel mondo), ciò che è proprio del mondo dei blog è che difficilmente un appello resta inascoltato, sia pure stentato e poco accattivante come nel caso del mortalmente noioso resoconto della serata del giovane Raffaele Sollecito. Al contrario, molto facilmente provocherà un numero persino eccessivo di risposte, di reazioni, di commenti, d’approvazione, di biasimo, di saggezza, di follia. I vari commenti, intrecciandosi gli uni agli altri -- e valga sempre come esempio il fatto mediatico di cui si sta parlando -- vengono a costituire un corpus bene o male compatto, che forse non farà capire chi sia o non sia Raffaele Sollecito, ma offrirà comunque uno spaccato di anima italiana (in questo caso l’area geografica è relativamente delimitata, ma potrebbe trattarsi di Europa occidentale, Scandinavia, Stati Uniti, Paesi del Maghreb, etc.) di sicuro interesse per chi voglia avere un’idea del mondo in cui si vive.

Il blog, quindi, offre la possibilità di mettere in scena se stessi e il proprio mondo e di farlo in condizioni di sicurezza, senza la minacciosa presenza di un pubblico in carne ed ossa ma, al contempo, con la probabilità un pubblico molto vasto, potenzialmente vastissimo. Quel che affascina è la mancanza di filtri e di controlli: ognuno ha la piena responsabilità di quel che mette in circolazione, e al tempo stesso l’anonimato. Tutto ciò, unito alla freddezza del mezzo, conferisce una vertigine di irresponsabilità, facilmente scambiabile per un’aura di inebriante libertà.

Uno sviluppo del mondo blog si è avuto con il fenomeno “You Tubee i suoi imitatori tipo “You Porn”: chiunque può mettere direttamente in rete filmati di qualsiasi tipo e con qualsivoglia contenuto, e arrivare a essere, in qualche modo, una star. È forse un caso, ma comunque anche un quarto uomo, indagato per l’assassinio di Amanda, tale Rudy Hermann (21 anni) originario della Costa d’Avorio, aveva un suo spazio sia su “Facebook” sia su “You Tube”. Non appena Hermann è stato indagato, si è anche venuti a sapere che aveva postato un video che lo ritraeva mentre faceva smorfie e dichiarava di essere un alieno, un vampiro pronto a succhiare il sangue. Puntualmente sono apparsi sul suo spazio i commenti irriflessi del popolo della Rete.ii I messaggi che si possono veicolare sia con i blog che con i video su “YouTube” sono i più diversi. È ovvio che quelli che più colpiscono la fantasia sono quelli legati al sesso o a fatti di sangue più o meno eclatanti: è nella mente di tutti il caso del giovane finlandese che ha messo in rete un video di se stesso che, pistola alla mano, annuncia una strage che poi effettivamente porta a compimento.iii Molto prima del giovane finlandese, questo tipo di messaggio era stato usato dai kamikaze islamici, che preferivano però in genere servirsi della televisione, per annunciare le loro azioni esemplari. E tuttavia il gesto del kamikaze, e soprattutto la necessità di dargli la più ampia pubblicità, obbediscono a una logica facilmente identificabile, laddove il filmato del finlandese, e le migliaia di messaggi su blog e video che la rete fa giornalmente circolare su scala mondiale, sembrano voler offrire un’informazione assolutamente fine a se stessa (e che la strage sia stata effettivamente compiuta non muta nulla: anche l’atto gratuito è fine a se stesso, non si propone alcun fine reale, non ha prospettiva), un’informazione in cui il codice si è inceppato e non comunica se non se stesso, un’informazione priva di messaggio, un’informazione che tumoralmente prolifera su stessa.

Nell’era e nella società dell’informazione, l’imperativo più profondamente introiettato non può che essere, appunto, quello di comunicare per esistere, e lo si deve fare anche quando non si ha in verità proprio nulla da comunicare se non il nudo esserci. Internet offre a tutti la possibilità di inscenare l’atto della comunicazione e poiché tale pratica è generalizzata e socialmente non solo accettata, ma ideologicamente promossa, ecco che ogni strategia di affermazione, pubblica e privata, non può che passare per questa strada.

Si sono visti dei casi di uso ‘privato’ della rete, assurti alla celebrità grazie alla forza trainante della cronaca nera. Si può ora prendere in considerazione brevemente un uso ‘pubblico’ delle stesse modalità di comunicazione e informazione.

L’8 settembre 2007 si è celebrato a Bologna il Vaffa Day, promosso dall’attore buffo e entertainer Beppe Grillo. Circa 50 mila persone hanno riempito la grande piazza Maggiore (secondo le stime della “Repubblica”, ma Grillo dice che erano 200 mila), in risposta all’appello che l’attore aveva lanciato attraverso il suo blog, e hanno insieme gridato Vaffanculo ai politici italiani, accusati di essere una casta interessata esclusivamente al proprio vantaggio, senza relazione con i reali problemi del Paese, senza ideali, senza capacità. Più ancora del segnale di sfiducia nei confronti della classe dirigente, ciò che ha destato sensazione è stato il fatto che Grillo sia stato in grado di raggiungere un numero di persone così grande muovendosi praticamente da solo, e facendo leva su uno strumento semplice ed economico come internet, appunto tramite il suo blog.

I precedenti dell’evento possono essere rintracciati per un verso nei girotondi promossi da Nanni Moretti all’epoca del governo Berlusconi (2001-2005),iv per un altro nel “popolo dei fax” che si era messo in movimento a più riprese nel corso degli anni Novanta, una prima volta in occasione delle endemiche proteste studentesche, e in particolare all’epoca della Pantera (quando da una facoltà all’altra i proclami e i bollettini di occupazione viaggiavano lungo i fili dei fax), una seconda in occasione di una consultazione all’interno dell’allora PDS in vista dell’elezione del segretario del partito. In quest’ultimo caso, il popolo dei fax aveva votato compatto per Veltroni, mentre dalle assemblee ufficiali del partito era risultato vincitore D’Alema.

Sia i girotondi morettiani che l’attivismo del popolo dei fax avevano messo allo scoperto la sfiducia di gran parte degli elettori italiani di sinistra nei confronti dell’establishment politico, e allo stesso tempo il desiderio, comunque vivo, di contare e di partecipare, di far sentire la propria voce secondo modalità più dirette, meno filtrate e mediate da apparati e personalità di cui si aveva tutte le ragioni per diffidare.

Al popolo del Vaffa osannante in piazza Maggiore, Grillo ha additato, fra le altre cose, le potenzialità offerte dal telefonino per tenersi in contatto e per inondare di messaggi potenti i politici inadempienti, per controllare il rispetto dei patti sottoscritti con l’elettorato. Soprattutto, l’esortazione principale è stata quella di non abbassare la guardia ed esigere un cambiamento immediato e completo di abitudini nella gestione del potere invalse in Italia da troppo tempo.v

Al Vaffa Day ha fatto seguito un proliferare di club grilleschi nati in ogni parte d’Italia, con il dichiarato intento di tallonare i politici, in particolare di sinistra, per coglierli in castagna ogni volta che se ne presenti l’occasione. I grillini hanno iniziato a frequentare assiduamente i consigli comunali e provinciali, cercando di intervenire nel dibattito anche dai posti del pubblico, e riuscendo a volte a far nascere dei discreti putiferi. Dopo nemmeno due mesi, di tutto questo fervore resta in piedi il blog dello stesso Grillo, resta una certa visibilità dei suoi interventi in speciali occasioni (per esempio, all’inizio di novembre 2007, presso gli agricoltori di Villaputzu, in Sardegna) e resta aperto il dibattito (ormai definibile tormentone) dell’antipolitica in Italia, delle sue ragioni, dei suoi pericoli, delle motivazioni storiche rintracciabili fino agli etruschi etc.

Al di là degli esiti contingenti dell’antipolitica grillesca, ciò che emerge con prepotenza è, ancora una volta, il sogno di una cosa, il desiderio di esserci e di partecipare, il mito di una politica che coinvolge direttamente il cittadino, di un’Atene senza schiavi. Proprio questo mito, d’altronde, è quello che si è puntualmente scatenato ogni volta che la tecnica delle comunicazioni ha fatto un balzo in avanti.

In origine fu il telegrafo (1838), che separava la comunicazione dal trasporto, dallo spostamento fisico del messaggero. Il messaggio, liberato dalla persona che materialmente lo reca, assume una sua identità, un’essenza assolutamente nuova, che prepara la mente dell’uomo e della donna (inizialmente di quelli e quelle occidentali) alle successive evoluzioni. E queste puntualmente arrivano, prima col cinema (1893, col quale nasce la cultura popolare come la si intende ancora oggi), poi a ruota con la radio (1892 con Herz, ma 1895 quella senza fili di Marconi, che spalanca le porte alla moderna propaganda, ma anche alla diffusione dell’informazione su una scala fino allora impensabile), quindi con la televisione, dominatrice incontrastata della seconda metà del XX secolo, e infine con internet, la portata del quale è ancora tutta da misurare.vi

Ognuna di queste svolte ha comportato, specie agli albori del nuovo mezzo, una fiducia quasi cieca nelle potenzialità che si aprivano per una vita più piena e più felice, in una società che si offriva speranzosa ai miracoli promessi da uno scambio di conoscenze sempre meno mediato e difficoltoso, sempre più accessibile ed efficiente, sempre più completo. Sappiamo quanto il sogno della trasparenza fra gli individui, e tra il singolo e il corpo sociale, sia una forza motrice della storia e della politica, e quanto gli uomini possano ostinarsi nel suo perseguimento, a onta non solo di ogni fallimento, ma anche di ogni effetto boomerang conseguito nel cercare di raggiungere quel fine.vii Ogni volta che la tecnologia è stata in grado di offrire nuovi mezzi e nuovi strumenti tali da agevolare la comunicazione, gli uomini hanno esultato, nella convinzione che la maggior vicinanza così raggiungibile avrebbe aiutato a eliminare, o almeno a ridurre, malintesi e fraintendimenti, e che di conseguenza fosse possibile trovare dietro l’angolo una maggiore armonia, basata su una maggiore reciproca comprensione.

Non è del resto possibile, realisticamente, negare che le cose siano andate proprio così, e che le grandi svolte tecnologiche abbiano effettivamente comportato un intensificarsi dei rapporti fra i popoli, oltre che di quelli fra gli individui. È anche vero, d’altra parte, che tali effetti positivi sono spesso stati come degli effetti collaterali di altri, più voluti e più mirati, e più ampiamente conseguiti. Tutte le innovazioni tecnologiche nel campo della comunicazione (come in ogni altro campo) hanno trovato sviluppo e applicazione nella misura in cui rispondevano a interessi economici e politico-militari che ne rendevano l’utilizzo sempre più necessario e profittevole. A cadenza regolare si è posto il problema del controllo, ampiamente dibattuto da diversi punti di vista: da quello degli eterni difensori dello status quo, e da quello degli scontenti di turno, desiderosi di rompere con gli assetti stabiliti, magari solo fino al momento in cui loro stessi si fossero stabiliti al potere.

Ogni volta è scattata una sorta di rincorsa (all’interno della stessa tecnologia) tra il diffondersi e il trasformarsi dei mezzi di comunicazione, e il controllo su di essi esercitato dai detentori del potere, in grado di gestire le infrastrutture necessarie per rendere operative le tecnologie in questione o sufficienti a renderle inefficaci. Così il telegrafo richiede un complesso sistema di pali e fili e stazioni di raccolta e inoltro dei messaggi. La radio richiede impianti di trasmissione e antenne di ricezione e di inoltro, eccetera. Il sogno di una comunicazione diretta fra gli uomini (comunicatori di tutto il mondo unitevi) resta pur sempre prigioniero di una serie di condizioni fisiche che sole possono renderlo attuabile, cioè quel sogno non può che essere dipendente da strutture la cui messa in opera e la cui gestione hanno necessariamente più della realtà che della fantasia.

L’avvento di internet ha aperto la strada alle speranze più ardite e ai desideri più temerari. La struttura stessa della rete sembrava garantire la più completa libertà e autonomia nell’uso del mezzo, al di là di ogni possibile condizionamento.viii La realtà degli ultimi anni si è fatta carico di dimostrare quanto, anche in questo caso, tali chimere fossero esageratamente fiduciose. Uno spazio cibernetico vasto come la Cina può tranquillamente essere oscurato per quanto riguarda tutto ciò che dispiace al regime. Lo stesso mondo occidentale, sotto le minacce che l’ideologia dominante decide di volta in volta di ingigantire alle dimensioni di allarmi apocalittici (il terrorismo, la pedofilia, fra un po’ la criminalità spicciola extra e intracomunitaria oppure i writer deturpanti muri e vagoni ferroviari), si sta mostrando pronto, e tecnologicamente capace, di attuare un controllo capillare di tutto ciò che viene immesso nella rete, di chi lo utilizza e quando. In pratica, sta perdendo consistenza l’idea che la Rete renda possibile una libera comunicazione, immediata e senza filtri, tale da realizzare la trasparenza edenica di cui parla Starobinski a proposito di Rousseau. I casi dei blog privati e pubblici di cui abbiamo parlato in apertura sono indicativi dell’indice di infantile delirio di onnipotenza che caratterizza la visione della Rete come luogo utopico dove liberare l’anima, dove esprimere il Messaggio che cambia la vita e la società.

Ma accanto alla ABC, alla CNN e via Useggiando, esistono e hanno man mano acquistato visibilità e influenza canali come Al Jazeera, e altri a portata più ridotta, che non sono certo la voce della verità, ma che, per il solo fatto di contrastare con le voci omologate del potere occidentale, contribuiscono a rendere possibile una consapevolezza criticamente più avvertita di quel che succede nel mondo.

Così, accanto all’uso ipercommerciale che è quello dominante della Rete, e accanto al suo succedaneo intorpidente, il baloccamento dei blog, esiste pure un’altra via, un altro modo di usare le opportunità offerte dalla tecnologia dell’informazione la più aggiornata, per gettare uno sguardo critico sulla realtà, e soprattutto per cercare di agire in essa sulla base di principi autenticamente trasparenti, il cui pregio consiste nell’offrirsi alla discussione con una franchezza che rischia lo sbaraglio.

Vogliamo parlare del mondo delle riviste online, e in particolare delle riviste accademiche specializzate nella cultura umanistica in generale e in letteratura in particolare. La struttura accademica è molto importante, in quanto garantisce, da parte degli editori, una piena assunzione di responsabilità, e si sottrae di conseguenza all’accusa di anarchico qualunquismo che facilmente si può scagliare contro chi metta su un sito aperto a ogni contributo in presa diretta, senza il vaglio di un’intenzione, di un progetto.

Il mondo letterario italiano si è mosso leggermente in ritardo, anche in questo campo, rispetto ai pionieri di altri paesi.ix In compenso ha dimostrato, con un manipolo di coraggiose iniziative, di essere in grado di trovare una sua voce potente e originale.

Va sicuramente segnalata in primo luogo "GriseldaOnLine"x, frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Italianistica dell'Università di Bologna e la casa editrice Gedit. Diretta dall’italianista, studioso di Umanesimo e Rinascimento, Gian Mario Anselmi, ha cadenza annuale e ha iniziato le pubblicazioni nel 2002. Il progetto di “GriseldaOnLine” punta a coniugare la ricerca accademica nel campo umanistico, e in particolare in quello dell’italianistica, a un’azione di ampia divulgazione, mirata soprattutto al pubblico della scuola. Inoltre, esso si prefigge di avvicinare il mondo della ricerca umanistica, tradizionalmente poco incline alla tecnologia, all’utilizzo di ciò che oggi è tecnologicamente più avanzato, l’informatica. I vari numeri sono organizzati tematicamente (I, Inferni; II, L'altro; III, Il corpo; IV, Il nemico; V, Ai giovani; VI, Rifiuti scarti esuberi; VII A rovescio) e comprendono una serie di saggi dalle cui pagine è possibile passare tramite link ipertestuali, sia alla consultazione diretta di molti dei testi citati, sia a dei percorsi iconografici che giovano grandemente alla contestualizzazione e all’arricchimento del discorso storico e critico. L’attenzione è sempre vigile nei confronti del possibile utilizzo didattico del materiale offerto, con approfondimenti dal punto di vista metodologico. I lettori hanno la possibilità di interagire con gli estensori degli articoli e tra di loro, grazie a dei forum dedicati ai vari temi in discussione ed è anche possibile per ogni lettore chiedere l’istituzione di nuovi forum centrati appositamente su particolari aspetti che si ritengano degni di approfondimento e/o di dibattito. Notevole l’attenzione rivolta a temi importanti per l’attualizzazione dell’esperienza letteraria: basti per tutti ricordare il numero dedicato all’Altro.

All’estremo opposto di "GriseldaOnLine" dal punto di vista della volontà didattica, della divulgazione metodologica e della ricerca accademica è apparsa nel 2007 “Buràn”xi, quadrimestrale che propone racconti, articoli, saggi (ma anche altri contributi come fotografie) trovati in rete, la maggior parte nei blog o nelle home page degli autori, ma anche in riviste letterarie on line come quella venezuelana “Letralia”xii dove si pubblica un po’ di tutto. I testi sono presentati in traduzione con link che rimandano agli originali ma senza commenti o indicazioni di lettura. I numeri sono monotematici (finora sono usciti “Il lavoro”, “La città” e “Il conflitto”) e sono divisi in due sezioni, Il Materiale e L’Immaginario, che richiamano il titolo del noto manuale antologico per le scuole di Remo Ceserani e Lidia De Federicis, ma che non hanno niente a che fare con l’orientamento didattico e metodologico di tale manuale. Le sezioni vengono così presentate dalla redazione :

Buràn si articola secondo due scenari:
il Materiale, che morde la realtà raccogliendo racconti, articoli, saggi, immagini e altri contributi intorno a temi concreti;


l’Immaginario, che propone atmosfere e respiri e storie, portando sulla rivista l’altro e l’altrove della narrazione in rete.

In altre parole nella sezione “Il Materiale” si trovano i testi che riguardano il tema di volta in volta scelto per la rivista (pare che il prossimo sia “Il Cibo”) mentre nella sezione “L’Immaginario” si pubblicano testi che la redazione ritiene belli o ben fatti. “Buràn” non è sostenuta economicamente da nessuna istituzione e intende sfruttare le possibilità che la Rete offre sia di leggere, ascoltare e quindi scoprire “i mondi che vogliono raccontarsi” sia di condividere queste scoperte di testi non omologati all’informazione di massa con chiunque se ne voglia giovare. È da notare che tema costante dei numeri rimane quello dell’alterità.

Un’altra rivista on line legata a un’università è “Le Simplegadi”xiii, diretta dall’anglista Antonella Riem Natale. Esce con cadenza annuale dal 2003 presso il server dell’Associazione Laureati in Lingue dell’Università di Udine. Ha come sottotitolo “Rivista internazionale di lingue e letterature moderne” e presenta numeri monotematici: 1. La letteratura della globalizzazione, 2. Soggetti in movimento, 3. Lontano da dove? Voci e narrazioni dal mondo locale, 4. Passaggi tra Est e Ovest. Comprende scritture artistiche (racconti, poesie), manifesti di poetica, saggi, recensioni, in italiano e in inglese. La mira è la tessitura di una tela composita, un arazzo armonioso i cui fili sono le esperienze letterarie più diverse, attinte al di fuori di ogni confine, con attenzione tanto verso i saperi frutto di una tradizione ancestrale ininterrotta, quanto verso le possibilità offerte dalle più moderne tecnologie. Il leit motiv è la necessità di un’apertura autentica verso gli altri per poter essere davvero aperti verso se stessi, nella convinzione che solo nel movimento di reciproca accettazione e conoscenza sia possibile e produttivo costruire un mondo pieno di senso e gravido di futuro.

"El Ghibli rivista on line della letteratura della migrazione”xiv, esce dal 2003 pubblicata dalla Provincia di Bologna. Trimestrale, diretta dallo scrittore migrante Pap Khouma: è la rivista della scrittura migrante per eccellenza, a cominciare dalla sua redazione, composta quasi interamente da scrittori immigrati in Italia, da un periodo più o meno lungo. Si articola in quattro sezioni principali: “Racconti e poesie, per gli scrittori migranti in Italia, che usano l'italiano come lingua d'espressione letteraria; Parole dal mondo, per gli scrittori migranti non italiani nel mondo; Stanza degli ospiti, un tributo di ospitalità agli scrittori stanziali italiani e stranieri - i viaggiatori immobili - con cui è sempre più necessario interagire e collaborare per un arricchimento reciproco; Generazione che sale, dedicata a bambini e ragazzi, italiani e migranti”. Non manca uno spazio di approfondimento critico, fornito dalla sezione delle Recensioni, ovviamente dedicata alle scritture che più direttamente hanno attinenza con il tema della migrazione delle culture, delle mescidanze e contaminazioni tra popoli e razze.

"Sagarana"xv nasce nel 2000 come parte di un progetto più vasto cresciuto attorno all’omonima scuola di scrittura di stanza a Pistoia. È divisa in sezioni ‘tradizionali’ come “narrativa”, “saggi” e “poesie” a cui sono affiancate sezioni quali “Spazio Sagarana” che accoglie le opere migliori della Scuola di Master Sagarana assieme a opere di autori già noti, e lo “Spazio Lettori” riservato appunto agli scritti inviati dai lettori. Ci sono anche altre rubriche, quali quella dei Dicas e cioè dei “consigli, dritte ai lettori”. La rivista on line mira in primo luogo a offrire una piattaforma pubblica ai migliori studenti della scuola. Allo stesso tempo, però, intende anche svolgere un’azione di promozione e diffusione della conoscenza di opere in prosa e in versi, sia di autori famosi sia di autori sconosciuti, allo scopo di mantenere viva presso un pubblico che si augura sempre più vasto la conoscenza di quella che gli editori della rivista considerano la vera letteratura. Data anche la personalità del direttore Julio Monteiro Martins, scrittore migrante brasiliano, la rivista si focalizza su tematiche di forte impegno politico libertario e sulla valorizzazione delle opere di scrittura migrante. In "Sagarana" lo studio della letteratura è vissuto come attività creativa, che attraverso una strumentazione scientifica che abbraccia tanto la storia politica quanto la sociologia dei costumi insieme alla psicologia e alle tecniche retoriche, mira a ciò che, per esempio, in un paese laboratorio come il Sud Africa si chiamerebbe empowerment: un complesso di azioni e iniziative volte a conferire a chi non l’ha mai avuto il potere di esprimersi liberamente, di agire consapevolmente, di vivere pienamente la propria vita.

Sia “Le Simplegadi” che "El Ghibli" e “Sagarana” si distinguono per un’attenzione estrema verso le culture altre, in uno strenuo impegno verso uno svecchiamento della cultura e della letteratura italiane visto come urgentissimo e improcrastinabile. Possiamo forse rintracciare, all’interno del panorama culturale e accademico italiano, un ispiratore importante del lavoro e dell’orientamento di queste riviste nella figura di Armando Gnisci,xvi comparatista della “Sapienza” di Roma e direttore di un’altra rivista on line, “Kúmá”.

A partire dai primi anni novanta Gnisci si è dedicato, con sempre maggior convinzione, a un importante lavoro di ampliamento degli orizzonti culturali del nostro Paese, non però semplicemente nel senso di una generica maggiore apertura nei confronti di quanto si pensa e si produce in altre parti del mondo, magari più avanzate di noi nel campo della ricerca in questo o quell’ambito accademico, ma nel senso di una rivoluzione copernicana nell’atteggiamento mentale di base con cui la cultura e la letteratura vengono viste, studiate, praticate. Su questi fondamenti è prima nato Basili (1997), un database contenente la bibliografia degli scrittori migranti in italiano, cioè degli scrittori di origine straniera che hanno scelto di esprimersi nella nostra lingua. In un secondo momento (2001), a una versione potenziata di Basili si è accompagnata la fondazione di “Kúmá”xvii, rivista on line dedicata non solo agli stranieri che scrivono in italiano, come è principalmente il caso di "El Ghibli", ma precipuamente all’elaborazione concettuale e alla realizzazione pratica dei due principi guida della decolonizzazione e della creolizzazione.

Le diverse sezioni della rivista (Narrativa, Teatro Cinema, Musica, Poesia, Critica, Poetica) abbracciano, com’è evidente dai titoli, un ampio spettro di tipologie artistiche, e affiancano la pubblicazione di testi, in prosa e in versi, agli interventi critici di stampo più propriamente saggistico e scientifico. Alle sezioni si aggiungono poi le Rubriche (Novità editoriali, Decolonizziamoci, Interculturalità, Iniziative, Strumenti, Links, Bollettino Basili), che si propongono come utili strumenti di lavoro per chi voglia tenersi aggiornato sugli sviluppi di questo orientamento culturale nei suoi vari risvolti. I lettori possono anche iscriversi alla lista di posta elettronica degli “Amici di Kúmá”, che funziona come una sorta di bollettino attraverso il quale si è tenuti al corrente su eventi e iniziative, dall’uscita di libri, alle segnalazioni di convegni, di premi letterari, incontri, dibattiti, feste, etc., inerenti al progetto culturale della rivista i quali spesso sfuggono all’attenzione di altre liste letterarie di posta elettronica o di altri bollettini letterari quali a esempio il pregevole e utile “Bollettino ‘900”.xviii

Il progetto sotteso a “Kúmá” è dunque quello della decolonizzazione in vista di una possibile e auspicabile creolizzazione. Quando Gnisci parla di decolonizzazione, però, non intende semplicemente il processo di completamento della liberazione dei Paesi un tempo colonie europee, e ora afflitti dai mille mali causati dalla necessità di dover riprendere un cammino di progresso e autonomia politica dopo che il filo su cui si muovevano è stato spezzato per secoli. Secondo Gnisci, il processo della decolonizzazione, oggi, deve in primo luogo concentrarsi sui Paesi europei (e nordamericani), cioè sui Paesi che furono gli attori principali dell’oppressione colonialista e imperialista. L’agire colonialistico ha infettato, come un virus senza rimedio, le strutture stesse della civiltà europea, e se si vuole mettere un punto e a capo, e per lo meno provare a rilanciare un cammino di progresso verso un futuro meno disastroso di quanto non sia stato il passato, occorre partire proprio dalla guarigione dalla malattia che per tanto tempo ha segnato il Colonizzatore, ancor di più di quanto non abbia devastato il Colonizzato. Si tratta di apprendere a vedere se stessi e il resto del mondo in un’ottica libera dagli schemi che sono diventati, nel corso di tanti secoli, pericolosi automatismi. Questo processo non può essere affrontato dal Colonizzatore in solitudine: egli non saprebbe da che parte cominciare. Per poter anche solo intraprendere questo difficile cammino, è imprescindibile assicurarsi l’apporto del Colonizzato, al quale i secoli di oppressione hanno insegnato una strategia di esistenza che non poteva essere basata sul privilegio del potere, ma doveva per forza di cose fare aggio sul “fondamentalmente umano”, su ciò che caratterizza l’uomo in quanto tale, al di là dei ruoli gerarchici in cui un destino capriccioso può gettarlo ad arbitrio. Su questa strada, allora, sarà forse possibile che l’Europeo muova anche qualche passo nella direzione del superamento dei rapporti bloccati uomo donna, adulto giovane/bambino, ricco povero, del superamento cioè di quelle categorizzazioni gerarchiche che tanto pesantemente condizionano l’esperienza esistenziale della civiltà occidentale. Lo sbocco di questo percorso, secondo Gnisci, non può che essere quella che lui chiama la creolizzazione dell’Europa (“Creolizzare l’Europa” è il sottotitolo della rivista). Gnisci si appoggia alle teorizzazioni di Edouard Glissant, per il quale:

La 'creolizzazione' è il risultato del contatto tra culture diverse in uno spazio definito, che ha originato qualcosa di assolutamente nuovo e imprevedibile perché non legato a ciascun elemento separato che lo costituisce [...] la creolizzazione va distinta dalle definizioni di interazzialità (o di mezzosangue) o di multietnia, perché ciò che produce è imprevedibile, è un insieme di nuovi valori relativi, di nuove 'relazioni di essere-con-il mondo', cioè nuove modalità di rapportarsi con il mondo. In alcuni casi, gli effetti dell'essere meticci/mezzosangue possono essere più facilmente prevedibili e calcolabili, mentre la creolizzazione aggiunge un valore che è l'imprevedibilità.xix


Poiché l’esito del processo in corso è, e non può che essere, imprevedibile, occorre, da parte degli attori di questo processo, ma altresì da parte di coloro che questo processo intendono seguire, studiare e, possibilmente, aiutare e guidare, occorre, dunque, adottare un atteggiamento di apertura e di disponibilità. Lo stesso atteggiamento, per intenderci, che è l’unico ammissibile nei confronti di coloro che incrociano il nostro cammino, di coloro che, provenienti da lontano, si sono presi il disturbo di venire a bussare alla nostra porta, per offrirsi di accompagnarci in un viaggio che certo per noi non sarà facile. Solo giovandosi dell’esperienza di lunga mano dei nostri visitatori, sarà possibile fare tesoro degli insegnamenti provenienti da un modo di vivere e di stare insieme improntato al senso della comunità sodale, secondo delle modalità la cui antichità può, forse, garantire ancora un futuro.

L’arte, la letteratura, la musica sono i luoghi in cui davvero è possibile che questo indispensabile incontro abbia luogo, gli spazi dove potrebbe riuscire la formazione di un linguaggio comune costruito insieme dal Visitatore e dal Visitato. Da qui l’importanza che “Kúmá” assegna alla pratica e allo studio della scrittura migrante, cioè, in senso lato, della scrittura prodotta da donne e uomini di-spiazzati, che sono usciti dalla loro piccola piazza, che si sono allontanati, per forza o per scelta, il più delle volte per forza e per scelta, dal mondo sempre piccolo cui inizialmente sono appartenuti. Può trattarsi di scrittori senegalesi o rumeni che abbiano deciso di vivere in Italia e abbiano spinto la loro audacia e la loro generosità fino ad abbracciare la nostra lingua. Può anche trattarsi di italiani che viceversa vivono in proprio l’esperienza della migrazione, dello spiazzamento geografico, culturale, linguistico, e dalla nuova e diversa prospettiva in cui si sono venuti a trovare cercano di erigere dei ponti, di costruire dei passaggi fra una realtà culturale e l’altra. Può ancora trattarsi, più in generale, di migranti da un Paese a un altro, che abbiano comunque fatto la scelta di dividere con gli altri l’esperienza del loro nomadismo fisico e intellettuale. L’espressione artistica, con la sua peculiare capacità di mediare tra detto e non detto, razionale e irrazionale, conscio e inconscio, costituisce il campo di forze in cui incontri di tal fatta possono aver luogo, trovare forma.

Gnisci è convinto che questo processo di mutua compenetrazione, di reciproca apertura, al di là degli epifenomeni di intolleranza e di incomprensione, stia comunque avendo luogo in misura e con una velocità molto maggiori di quanto noi siamo in grado di percepire e registrare. Il compito di una rivista come “Kúmá”, allora, e di coloro che si riconoscono in questo ambizioso progetto è, come si è accennato, quello di tener d’occhio il processo in atto, accompagnarlo, aiutarlo a trovare voce e consapevolezza.

In quest’ottica, la scelta di fare una rivista online non è semplicemente legata a esigenze pratiche di risparmio di tempo e denaro, ma è piuttosto obbligata dalla volontà di assecondare l’aggancio di questo movimento con una modernità che non può essere lasciata come appannaggio delle forze della resistenza al cambiamento e dell’arroccamento vetero-imperialistico. Proprio la natura ambigua della rete, come quella di tutte le tecnologie della comunicazione succedutesi nel tempo sul palcoscenico del progresso umano, rende imprescindibile che venga operato un riscatto politico e ideologico di uno strumento troppo prezioso per essere abbandonato nelle mani di giovani che il consumismo globale ha rimbecillito fino al delitto, o di mestatori che calibrano il tempismo dei loro exploit rivoluzionari a seconda di interessi politici decisamente sospetti.xx Usata in maniera consapevole, la Rete può diventare il prototipo di quello spazio di incontro, di mescidanza, di creolizzazione rizomatica che, seppure ancora in larga misura utopico, non può che essere la realtà di domani.


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NOTE

ii Tali commenti variavano da quelli accusatori e insultanti (“Assassino”, “6 una merdaccia , marcisci in Galera !!! complimenti sto video dimostra quanto 6 malato”) a quelli di sostegno (“deficienti qst video nn significa niente!RUDY CREDO IN TE....piantatela cn gli insulti stronzi! FREE RUDY FREE RUDY FREE RUDY FREE RUDY cn affetto dai tuoi amici di milano del muretto
qnd sarà tutto finito passa a trovarci....”, a quelli con considerazioni generali (“Bravo Europe! Witness now the benefits of illegal immigration and a multicultural society! It is evident now to me how indiscriminate immigration reduces crime, promotes understanding, and maintains economic growth. Clearly this man, an uneducated african migrant, turned citizen, who sold drugs to your citizens and who murders your children, is a valuable asset to you. Bravo Europe! Your "humaneness" and your "political correctness" have surely provided a considerable return on investment in this case.”). Si veda http://it.youtube.com/user/rudyhermann, consultato il 27.11.2007.



iii La strage ha avuto luogo il 7 novembre 2007 in una scuola di Jokela, 60 chilometri a nord di Helsinki, uccidendo sette compagni di scuola e la preside, prima di suicidarsi. Si veda “Yahoo! Notizie.it” http://it.notizie.yahoo.com/adnkxml/20071108/twl-finlandia-strage-a-scuola-assassino-09e26cd_1.html.


iv Il cui spirito era già stato anticipato nel noto film Aprile del 1998 dove il protagonista, interpretato dallo stesso Moretti, mentre assiste a un dibattito televisivo tra Berlusconi e il capo dell’opposizione D’Alema, rimprovera quest’ultimo con parole rimaste proverbiali: “D’Alema dì qualcosa di sinistra, D’Alema dì qualcosa di civiltà, D’Alema dì qualcosa”. Sulla debolezza politica di tali attività ha speso qualche parola di leggera autocritica dopo le prevedibili delusioni causate dal governo Prodi, il direttore della rivista “MicroMega”, Paolo Flores D’Arcais, il quale comunque si è dichiarato gran sostenitore di Grillo.Si veda Paolo Flores D’Arcais, Lettera aperta a Nanni Moretti, in “MicroMega” 8 (2006) 3-16 e idem “Dal fiume carsico al fiume in piena” in “MicroMega (più che quotidiano)”, 12.09.2007, http://micromega.repubblica.it/micromega/2007/09/dal-fiume-carsi.html, consultato il 27.11.2007.


v Sulla superficialità della critica politica di Beppe Grillo, l’attore che col suo blog e i suoi spettacoli si inserisce nell’agone dei battibecchi tra politicanti, riuscendo a proporre e far sottoscrivere proposte di legge che riguardano solo direttamente i politicanti, “la loro fedina penale o la durata del loro privilegio civile” si vedano le osservazioni precise e intelligenti di Piergiorgio Giacché, Tutta la notte ci cantano i Grillo, in "Lo straniero" 89 (2007) http://www.lostraniero.net/pagine/uno.html, consultato il 27.11.2007.


vi Si veda Daniel J. Czitrom, Media and the American Mind. From Morse to McLuhan (Chapel Hill: Univ. of North Carolina Press, 1982).


vii Si veda Jean Starobinski, Jean-Jacques Rousseau. La trasparenza e l'ostacolo [1ed. 1958] (Bologna: Il Mulino, 1999).


viii Per un esempio tra i tanti si vedano il volume di Howard Rheingold, The Virtual Community: Homesteading on the Electronic Frontier [1ed 1993] (Cambridge, Mass: MIT Press, 2000) e le osservazioni nella tesi di Master’s in giornalimso di Alinta Thornton, Does Internet Create Democracy (http://www.zip.com.au/~athornto/intro.htm, 2002).


ix Si pensi non tanto agli Stati Uniti e al Regno Unito, ma all’intera America del Sud, dove c’è stata una proliferazione di riviste letterarie on line di Studi Sudamericani (Latin American Studies) che ha permesso a studiosi locali di riappropriarsi del loro oggetto di studio, che era diventato appannaggio delle riviste Nordamericane e del Regno Unito. Si veda Shoshannah Holdom, E-Journal Proliferation in Emerging Economies: The Case of Latin America in "Literary and Linguistic Computing" 20, no. 3 (2005) 351-65.

xvi Si dà qui un elenco della maggior parte dei suoi saggi ai quali si è fatto riferimento per la stesura delle pagine che seguono: Armando Gnisci, Scrittura e struttura (Roma: Silva 1970); Spighe. Saggi di letteratura comparata (Roma: Carucci 1986); Appuntamenti. Saggi di letteratura comparata (Palermo: Palumbo 1988); Il colore di gaia, azzurro, 2a (Roma: Carucci, 1990); Il rovescio del gioco (Roma: Sovera multimedia, 1993); La Letteratura del mondo, [2a ]. (Roma: Sovera multimedia, 1993); Slumgullion: saggi di letteratura comparata (Roma: Sovera multimedia, 1994); Genius occursus. Genio dell'incontro (Roma: Bulzoni 1995);Ascesi e decolonizzazione (Roma: Lithos 1996); Creoli meticci migranti clandestini e ribelli (Roma: Meltemi, 1998); La letteratura italiana della migrazione (Roma: Lilith, 1998); Poetiche dei mondi (Roma: Meltemi, 1999); Una storia diversa (Roma: Meltemi, 2001); Biblioteca interculturale: via della decolonizzazione europea (Roma: Odradek, 2004); Mondializzare la mente. Via della decolonizzazione europea (Isernia: Cosmo Iannone, 2006); a cura di, Nuovo Planetario Italiano. Geografia e antologia della letteratura della migrazione in Italia e in Europa (Troina: Città Aperta, 2006); Da noialtri europei a noitutti insieme. Saggi di letteratura comparata (Roma: Bulzoni 2002); Creolizzare l'Europa. Letteratura e migrazione (Roma: Meltemi, 2003); Allattati dalla lupa (Roma: Sinnos 2005); Armando Gnisci e Filippo Bettini, Il cammino di Santiago (Roma: Meltemi, 1998); Dalle Ebridi a Malta. La giovane poesia d'Europa nel 1999 (Roma: Sensibili alle Foglie, 2000), Armando Gnisci e Franca Sinopoli, Manuale storico di letteratura comparata (Roma: Meltemi 1997).


xix Edouard Glissant, Migrazioni e creolizzazione nelle Americhe, in "Kúmá" 6 (2003) http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/kuma6.html, consultato il 27.11.2007, ma si veda anche Edouard Glissant, Introductión a une poétique du divers (Paris: Gallimard, 1996).


xx Si pensi al commento apparso sulla “Repubblica” riguardo la creazione del ‘Partito del popolo italiano della libertà’ fatta da Silvio Berlusconi con slogan tipo “Basta con i parrucconi della politica” : “Berlusconi […] con acrobatico surfismo sull’onda dell’antipolitica, un numero atletico buono a dimostrare che l’età cosa volete che sia, passa in testa agli alleati e fonda il grillismo istituzionale di destra”. Si veda Concita De Gregorio, Silvio, Michela e il partito dei gazebo, "La Repubblica", 20.11 2007.





TESTI CITATI


Riviste on line:


Czitrom, Daniel J. Media and the American Mind. From Morse to McLuhan. Chapel Hill: Univ. of North Carolina Press, 1982.

De Gregorio, Concita. Silvio, Michela e il partito dei gazebo."La Repubblica", 20.11 2007, 1.

Flores d’Arcais, Paolo. « Lettera aperta a Nanni Moretti » in “Micromega” 8 (2006) 3-16.

“Dal fiume carsico al fiume in piena » in « Micromega  (più che) quotidiano », 12.09.2007, http://micromega.repubblica.it/micromega/2007/09/dal-fiume-carsi.html, consultato il 27.11.2007.

Giacché, Piergiorgio. Tutta la notte ci cantano i Grillo "Lo straniero" 89 (2007): http://www.lostraniero.net/pagine/uno.html, consultato il 27.11.2007.

Glissant, Edouard. Introductión a une poétique du divers. Paris: Gallimard, 1996.

Migrazioni e creolizzazione nelle Americhe "Kúmá" 6 (2003): http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/kuma6.html, consultato il 27.11.2007.

Gnisci, Armando. Scrittura e struttura. Roma: Silva 1970.

Spighe. Saggi di letteratura comparata. Roma: Carucci 1986.

Appuntamenti. Saggi di letteratura comparata. Palermo: Palumbo 1988.

Il colore di gaia, azzurro. 2a ed. Roma: Carucci, 1990.

Il rovescio del gioco. Roma: Sovera multimedia, 1993.

La Letteratura del mondo. [2a ]. ed. Roma: Sovera multimedia, 1993.

Slumgullion: saggi di letteratura comparata. Roma: Sovera multimedia, 1994.

Genius occursus. Genio dell'incontro Roma: Bulzoni 1995.

Ascesi e decolonizzazione Roma: Lithos 1996.

Creoli meticci migranti clandestini e ribelli. Roma: Meltemi, 1998.

La letteratura italiana della migrazione. Roma: Lilith, 1998.

Poetiche dei mondi. Roma: Meltemi, 1999.

Una storia diversa. Roma: Meltemi, 2001.

Biblioteca interculturale: via della decolonizzazione europea. Roma: Odradek, 2004.

Mondializzare la mente. Via della decolonizzazione europea. Isernia: Cosmo Iannone, 2006.

Da noialtri europei a noitutti insieme. Saggi di letteratura comparata Roma: Bulzoni, 2002.

Creolizzare l'Europa. Letteratura e migrazione Roma: Meltemi, 2003.

Allattati dalla lupa Roma: Sinnos, 2005.

A cura di. Nuovo Planetario Italiano. Geografia e antologia della letteratura della migrazione in Italia e in Europa Troina: Città Aperta, 2006.

Gnisci, Armando e Filippo Bettini. Il cammino di Santiago. Roma: Meltemi, 1998.

Dalle Ebridi a Malta. La giovane poesia d'Europa nel 199. Roma: Sensibili alle Foglie,

2000.

Gnisci, Armando e Franca Sinopoli. Manuale storico di letteratura comparata . Roma: Meltemi, 1997.

Holdom, Shoshannah E-Journal Proliferation in Emerging Economies: The Case of Latin America "Literary and Linguistic Computing" 20, no. 3 (2005): 351-65.

Rheingold, Howard The Virtual Community: Homesteading on the Electronic Frontier [1ed 1993] Cambridge, Mass: MIT Press, 2000.

Starobinski, Jean. Jean-Jacques Rousseau. La trasparenza e l'ostacolo [1ed. 1958] Bologna: Il Mulino, 1999.

Thornton, Alinta Does Internet Create Democracy. http://www.zip.com.au/~athornto/intro.htm, 2002.



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