La Lavagna Del Sabato 30 Agosto 2008


VIA VITTORIO

Francesca Dello Strologo




"Questo è quattro vagoni"

"Sei"

"Dieci"

"Esagerato" Giacomo, capelli a spazzola, scarpe gialle e verdi, ordem e progresso, dà una spinta a Tommaso e si riappende alla sbarra. Ci arriva appena, ma fa finta di appoggiarsi, un piede che fa da sgabello all'altro.

Il treno sta per arrivare. Anche se non arriva.

Il fischio è brevissimo e acuto. Ha appena girato la curva, dopo, entra nella galleria, sotto al drago che srotola la lingua sulla collina e, alla fine, sbuca dietro l'ultima curva.

Non c'è fischio che Tommaso non sappia riconoscere, per questo Giacomo e Andrea sono preoccupati di quel dieci che quello lì ha previsto con tanta sicurezza.

Andrea non ci capisce niente di treni e non ha nessun orecchio per le loro voci. Non ha neanche memoria, pensa Tommaso.

Se passi di qui tutti i giorni, non puoi non diventare esperto di vagoni, locomotori e molto altro.

Uno dei personaggi preferiti da Tommaso è La signora strana che sbanda in bicicletta, gli occhiali da sole azzurri, una frangia grigia sgangherata ed una borsa enorme dentro al cestino. Riesce sempre ad arrivare un momento prima che le sbarre si chiudano.

Spesso canta, forse parla, non si capisce bene. Una volta Tommaso le ha chiesto "Scusi signora, sa mica che ore sono?" lei lo ha guardato fisso negli occhi, ha borbottato qualcosa ed ha cominciato ad agitare i piedi senza trovare il pedale, ma, allontanandosi comunque per la discesa, alla fine si è girata e da lontano ha gridato: "Le tre e mezzo, non lo sai?"

Da quel momento Tommaso sa che la signora della bici passa a quell'ora e, subito dopo, arriva l'Intercity con sette vagoni, in testa due carrozze di prima, il resto tutto di seconda.

Andrea non se la prende, se non indovina. Tanto è lui il più forte. La sbarra gli arriva quasi alla vita, mica come a quel nano di Giacomo. Se volesse potrebbe saltarla da fermo. Magari appoggiandosi con una mano. Ma non lo fa, perchè non si passano le sbarre. Gli piace andare a giocare a pallone all'Orticultura con Giacomo e Tommaso. Sono i suoi amici.

Al pallone ci pensa Giacomo. Palloni di cuoio vero, non quelle palle di gomma da bimbe, buone solo per giocarci a pallavolo. Un quarto d'ora di risolini isterici, due palleggi e un altro quarto d'ora di risatine.

Le sue compagne di classe ridono sempre quando passa Andrea e si danno strane gomitate. E più che ridono e meno Andrea le sopporta. E più Andrea passa e più le sue compagne ridono e meno Andrea le sopporta. Andrea è moro, riccioli neri sopra un binocolo verde sempre puntato sulle scarpette di Giacomo.

Quando Giacomo arriva ai giardini, si toglie le brasiliane per indossare i tacchetti. Andrea come li vede sente il boato della curva. Lui saprebbe far funzionare quelle scarpe, mentre Giacomo ci sta a malapena in equilibrio, ma il pallone di cuoio è il suo e questo vorrà pur dire qualcosa.

Giacomo è simpatico. Non sta mai fermo. Né con le mani né con la lingua.

"Bravo, bell'esempio. Davvero un bell'esempio" si sgola dietro un ragazzo che è appena passato sotto alle sbarre. Dietro a Giacomo, in un coro alternato, si aggiungono anche Andrea e Tommaso "Ah, proprio bravo!" "Complimenti".

Hanno l'aria seria di teppisti di professione che hanno scelto di osservare le regole solo per fare un dispetto.

Dopo cinque minuti dall'altra parte dei binari arriva una signora in bicicletta con un bambino sul seggiolino. Si ferma, fa scendere il bimbo, inclina la bici e si affaccia sotto alle sbarre.

Di là comincia il coro: "Non c’è male, con un bambino piccolo, ma cosa gli insegna, vergogna, bell'esempio..."

La signora non può fermarsi, ma non sa come andare avanti, tenta di scivolare su quel tappeto di commenti senza attirare troppa attenzione, ma tutti gli occhi sono puntati su di lei e la disapprovano scuotendo la testa.

I tre sono veramente fieri e soddisfatti di poter prendere in giro qualcuno nel consenso generale.

La cosa che più li diverte è riuscire a bloccare qualcuno che vorrebbe attraversare i binari, ma non se la sente di farlo davanti a loro. Se solo ci prova, la sarabanda che riescono a metter su è sufficiente a fargli cambiare idea.

Ma il treno non è ancora passato.

Giacomo prova a correggere la scommessa.

"Hai detto sei" lo riporta all'ordine Andrea. Tommaso non si mischia. Lui ha detto dieci fin dall'inizio e, quindi, sa che vincerà comunque.

Anche se, in effetti, tutto quel tempo senza che passi il treno lo insospettisce. Stai a vedere che ora si chiudono le sbarre dell'altro passaggio a livello e si infilano un paio di treni merci.

Non sono veri e propri treni quelli, specialmente quando sono vuoti. Sono scheletri neri che si trascinano lenti per la mano. Non gli piacciono granché neanche quando i contorni neri sono riempiti da grappoli colorati di macchine nuove appese in equilibrio. Macchine sui treni. C'è qualcosa che non torna.

I treni più belli sono gli Eurostar nuovi, quelli che iniziano e finiscono con il muso in giù come a scavare il binario, la base verde ed il resto grigio. Non c'è mai nessuna scritta fuori, nessun disegno. E non si vedono neanche le persone. Sembrano vuoti.

Tommaso ha indovinato. Parte il suono metallico e le altre sbarre iniziano a muoversi come se si srotolassero.

A quel punto è sicuro che non succederà niente prima di un quarto d'ora. Almeno.

Eppure era sicuro di aver sentito il fischio prima della galleria. Magari si è sbagliato.

Se il passaggio a livello non si riapre subito, allora, forse, fanno in tempo a veder passare Il Cane che porta in giro il padrone. E' un Collie che non dà confidenza a nessuno. Tommaso è convinto che quel cane si vergogni. In effetti, l'uomo che porta in giro è abbastanza strano. Giubbotto giallo evidenziatore pieno di pendagli attaccati, jeans corti, calzini colorati e scarpe da ginnastica molleggiate.

Ha le orecchie nelle cuffie, tutto il tempo. Se non ci fosse il suo cane, pensa Tommaso, potrebbe andare dritto dritto sotto al treno. Lui è uno di quelli che passa sotto. E che non sente i commenti dei tre ragazzini.

Forse è per questo che a loro tre non piace tanto. È un uomo, ma sembra più piccolo di loro. Ha qualcosa di cattivo, ma non è matto.

Almeno non come Il Signore che fa l'Indiano e a volte il Cowboy. E' un anziano magro magro. Porta sempre un impermeabile grigio, strizzato intorno alla vita come una lattina accartocciata. L'impermeabile è fisso. Cambia il resto. Cappellone e cordino con la stella, un giorno, penne bianche e rosse intorno alla testa fin sotto le spalle, un altro. Ride sempre e cammina lentamente. Ma quando arriva alle sbarre, se le trova chiuse, torna indietro.

E il treno non passa.

"Sei sicuro che ho detto quattro? Mi pareva di aver detto cinque." Andrea ci riprova.

Questa volta protesta anche Tommaso ed Andrea si ritrova in mezzo a due fuochi di pacchine. Meritate.

Arrivano cinque suore. Loro non passano. Sono indiane o africane, non sembrano abituate ai treni. Si fanno spazio in prima fila e si dispongono ad aspettare lo spettacolo. Quando arriva il treno, fanno fatica a non salutare.

I rumori aumentano. C'è un traffico bestiale per strada, ma il treno non arriva.

Giacomo sente qualcosa. Tommaso riconosce il fischio dei suoi dieci vagoni, ma sugli altri binari.

Lento come se fosse spinto a mano, il treno che aspettavano sbuca al posto del merci e si ferma in mezzo alle sbarre, come un elefante in salita.

L'ordine delle cose di Tommaso è sconvolto, non riesce a spiegarsi cosa sia successo. Guarda il suo treno, accasciato, che non si riprende.


Il drago ha visto tutto. Per un momento ha tentato di gridare, poi si è ricordato che è lì, appeso tra la collina e la ferrovia solo per segnare i venti, spaventare i bambini che non vogliono mangiare e scherzare con l'acqua della fontana che gli salta sulla coda.

Ha visto Mario, quel ragazzo alto, stretto e lungo.

Quel ragazzo sempre vestito come se passasse a comunione.

L'ha visto disteso ad osservare le stelle in pieno giorno.

L'ha visto sparire sotto al treno.

La frenata è stata quasi silenziosa. Il treno non corre mai prima di entrare in galleria, quasi si ferma e si gira per rispondere alla linguaccia del drago.

Il treno si è bloccato con un rantolo breve.

Ha ondeggiato di stupore.

Come se non lo credesse possibile.

Il macchinista è corso giù, non ha più sangue in corpo, ma se ne avesse lo cederebbe per rianimare quell'ombra che ha intravisto appena.


"Il treno è arrivato sul binario sbagliato, ho vinto io" prova a sostenere Andrea. Giacomo risponde in automatico con una spinta, mentre Tommaso, fissando il treno ammutolito, pensa che, forse, quello che aveva sentito era il grido di un animale.




Francesca Dello Strologo, nata a Livorno, č emigrata da piccola a Firenze dove lavora come avvocato. Scrive racconti, ma sono in pochi ad averli letti. Si trova qualcosa in rete, rigorosamente niente su carta. Con "Due mamme" ha partecipato al Premio Teramo 2007, risultata tra i finalisti, č riuscita a non vincere. (francescadellostrologo@gmail.com)


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