PROMESSE

 

Drazan Gunjaca

Odio le promesse. Quelle di chiunque. Semplicemente, già da qualche tempo ho riempito il mio bicchiere d’illusioni e non so più dove metterle. Soprattutto non sopporto le cosiddette grandi promesse. Può darsi che sia invecchiato dentro di me di cent’anni, durante quest’ultima guerra quinquennale che passò rombando dalle nostre parti. Ma ai vecchi le promesse non significano molto. Da qualche parte nei miei libri ho scritto che per lo stato d’animo un anno bellico è uguale a venti anni del periodo di pace. Tanto peggio perché dopo la guerra ho capito che essa non finisce quando i fucili si calmano, ma soltanto quando si riesce a reprimerla abbastanza dalle teste dei sopravvissuti.
Da quando mi nauseano le promesse? Da quel momento che le stesse persone prima ci convincevano che sicuramente la guerra non ci sarà, ma questa stessa guerra, in pochi mesi, da qualcosa di inesistente si trasformò in una necessità impellente che veniva aspettata da secoli, come una via naturale verso la libertà… Chi ha dato loro il permesso di liberarmi? Non ascoltate le promesse di quelli che dichiarano che la vita è il valore più grande, soltanto quando essa è stata deposta sull’altare della patria. E ancora ti assicurano, morto come sei, di non esserlo per niente. Se i morti potessero sentire… O giudicare…
Dopo la guerra molte canaglie, furfanti e profittatori di tutti i tipi spiegano ai sopravvissuti perché loro pensano che ci abbiano liberato. Nel frattempo ci rimproverano l’ingratitudine verso quelli che loro hanno mandato a morire. Quelli che loro hanno sacrificato per noi ed a causa nostra.
Il mondo. La mia più grande e più dolorosa illusione. Non solo mia. La guerra è, tra l’altro, un periodo intensivo di negazione di tutto l’inaccettabile. Mi ci sono voluti anni per capire che a molti leader mondiali serviva questa nostra guerra. Perché? Non lo so. E se lo sapessi, non mi permetterei di dirlo ad alta voce. Non per paura, la paura mi ha già ucciso da un pezzo, ma per dignità verso quello che è rimasto di me. Per custodirlo, quel che sia.

Iraq. Per alcuni quella guerra è finita, per altri è appena cominciata. Con altri mezzi. La guerra è un fenomeno molto conformistico. Può sfruttare tutto in ordine di persistere. In un modo o nell’altro. Oggi ho incontrato un mio collega ufficiale (ho dimenticato di menzionare che una volta fui anche ufficiale…) che cerca accanitamente di convincermi che gli Americani abbiano cominciato ad avvelenare i propri soldati, per dimostrare che i veleni bellici esistono davvero. Questo collega appartiene a quei servizi speciali… Gli dico che è matto, che è rimasto troppo a lungo con l’uniforme. Lui fa un cenno con la mano, trattandomi come un caso perso, che gli ultimi anni di avvocatura, e in seguito lo scrivere, hanno reso un tipico “civile perso”. Non ho commenti. Continuo a ripetere di non crederci, che questa non è la verità, che nessuno può fare questo a quei poveri ragazzi che ora muoiono nelle grandi tende piantate nella sabbia incandescente del deserto… Lui mi risponde, rivolto di spalle, che ho dimenticato di analizzare le cose in modo militare. Mi chiede, deridendomi, se mi ricordo di qualunque promessa sulla sicura esistenza di prove per questi veleni… Mi ricordo di molte cose, troppe…
Odio talmente le grandi promesse. Infine, sapete come distinguere le grandi promesse da quelle piccole? Dal numero di vittime.


Dražan Gunjaca è nato nel 1956 a Sinj. Conclusa l’istruzione militare a Spalato, ha servito per una decina di anni nell’ex marina militare jugoslava. Si è laureato in Giurisprudenza a Fiume. Da dieci anni è avvocato a Pola.
Nel 2001 ha scritto: Congedi Balcanici (Balkanski Rastanci), pubblicato con grande successo in Germania, Australia, USA, Jugoslavia, Bosnia Erzegovina, premiato al concorso internazionale sul tema della pace Sathyagraha 2002 (Riccione). È autore della raccolta di poesie Quando non ci sarò più (Kad me ne bude vise) e del romanzo Amore come pena, seguito dei Congedi Balcanici. E’ in via di pubblicazione A metà del cielo (Na Pola puta do neba), che rappresenta la prima parte della trilogia sulla guerra nei Balcani.
Questo testo, Promesse, è un testo inedito che la rivista Sagarana pubblica in anteprima in Italia.