UN POPOLO DI CONSUMATORI SOTTO LA DITTATURA DEGLI SPOT

 

Paul Ginsborg

 

Ritratti italiani, anno 2000. A cinquecento bambini viene chiesto di disegnare la loro famiglia. Spesso, scelgono di ambientare la scena al supermercato, fra carrelli e prodotti vari. E' una scelta che ha stupito anche la psicologa Tilde Giani Gallino, che ha condotto la ricerca (Famiglie 2000. Scene di gruppo con interni, Torino, Einaudi, 2000). In un precedente studio del 1977 essa aveva sottoposto ad altri bambini la stessa richiesta, ottenendo però risultati ben diversi. Allora, nessuno aveva individuato come un momento chiave della vita familiare quello in cui si fa la spesa. Nel 2000, inoltre, emerge continuamente il raffinato livello di conoscenza che i bambini hanno del mondo dei beni di consumo. Questi loro disegni, spesso completati con le griffe delle loro scarpe, sono una spia eccezionale per chi studia la contemporaneità, in quanto suggeriscono, assieme a molti altri elementi, che il consumo (per riprendere la provocazione dell'antropologo Daniel Miller) è diventato l'avanguardia della storia.
Di fronte a un così macroscopico cambiamento della vita quotidiana - che in Italia è cominciato all'epoca del "miracolo economico", ma che si è accelerato e diversificato negli ultimi venti anni - il silenzio della sinistra, e non solo in Italia, è assordante. La Terza via di Tony Giddens, ad esempio, non presta quasi alcuna attenzione al fenomeno dei consumi e degli acquisti. Nel caso italiano possiamo individuare un'oscillazione fra due estremi. Il primo è rappresentato dal nobile, ma in definitiva perdente, appello lanciato da Enrico Berlinguer nel 1977, quando invocò l'austerità: nobile, perché egli ebbe il coraggio, quasi da solo, di denunciare lo spreco e i danni provocati da molta parte del consumismo moderno; perdente, perché Berlinguer non comprese mai realmente, né tanto meno celebrò, la gioia e le potenzialità positive che esso è in grado di offrire.
L'altra, e prevalente, reazione della sinistra italiana si è tradotta in un'imbarazzante assenza di una seria riflessione. Possono bastare due esempi. L'Italia è seconda solo agli Stati Uniti quanto a numero di automobili pro capite, ma, a differenza degli Stati Uniti, per farle circolare non dispone che di una penisola molto stretta. Durante gli anni nei quali è stato al governo, il centro-sinistra non solo non ha messo in discussione un modello di uso del trasporto privato che ha ormai raggiunto livelli di pura follia, ma al contrario ha incoraggiato attivamente i cittadini italiani a comprare ancora più automobili.
Il secondo esempio riguarda l' atteggiamento nei confronti dei paesi del Terzo mondo. Vari esponenti del centro-sinistra, sia cattolici che ex-comunisti, hanno espresso, con toni diversi, la loro solidarietà con i paesi "in via di sviluppo". Poche, però, sono le voci che hanno colto il nesso complesso, ma essenziale, che esiste fra la vulnerabilità del Terzo mondo e i consumi del Primo mondo. Dietro ogni cosa che scegliamo al supermercato, di qualsiasi genere essa sia, c'è sempre una storia: parla di come e in quali condizioni viene prodotta e trasportata fin qui, di chi vi mette il proprio lavoro e di chi trae maggior vantaggio dalla sua vendita. Molto spesso non è affatto una storia edificante. Ma a sinistra storie del genere vengono raccontate di rado, e non vengono mai rielaborate in una prospettiva politica. Nel migliore dei casi, regna l'ignoranza, nel peggiore un silenzio che aspira solo a raccogliere voti.
La destra non ha problemi del genere. Si è giustamente dedicata molta attenzione al persistente conflitto di interessi che riguarda Silvio Berlusconi. Sarebbe tuttavia altrettanto opportuno concentrarsi sul modello di consumo che egli propone e di cui fa parte, un modello che ha un fascino e una forza enormi, ma che a quanto pare viene accettato come "naturale" e inevitabile. Si tratta di una complicata catena di processi, che in breve si può così riassumere: Publitalia, la roccaforte dell'impero di Berlusconi, funge come mediatrice decisiva fra le grandi imprese venditrici di prodotti e di servizi e coloro che devono essere persuasi ad acquistarli. Così, la pubblicità dei consumi invade, consuma e distorce i tempi dei mezzi di comunicazione commerciali, anch'essi saldamente nelle mani di Berlusconi. Non c'è scampo. Stai guardando una partita di calcio? Non ti illudere: deng! - fai attenzione, consumatore - nell' angolo a sinistra appare il nome dello sponsor. Fallo laterale? No, un breve spot di un'auto o di un deodorante. Gli sponsor, cioè le maggiori imprese nazionali e transnazionali, si impongono in mille modi e trasformano i conduttori televisivi in venditori. Alcuni si adeguano con stile, altri sono solo patetici, ma fondamentalmente sono tutti servili.
Anche i nostri figli sono schiavi; paradossalmente, perché non sono mai stati così liberi. Eppure, rispondono alla pubblicità come i cani di Pavlov rispondevano meccanicamente agli stimoli esterni. C'è un'interruzione nei cartoni animati dei Pokémon? Eccoci: il volume si impenna, risuona la pubblicità dei giocattoli, magari di marca Gig. A me gig fa venire in mente la giga, un'antica danza vivace e leggera; e i nostri bambini la ballano come marionette, davanti al televisore. L'ultimo anello della catena, che è poi quello da cui siamo partiti, è il supermercato, o l'ipermercato. Oggi, in Italia, non esiste una persona che detenga il controllo completo di tutti gli anelli della catena dei consumi - l'acquisto della Standa da parte della Fininvest non è stato un successo, e recentemente la "casa degli italiani" è stata svenduta. Ma non è il caso di farsi illusioni, perché in un modo o nell'altro, e forse prima di quanto si pensi, la catena verrà completata. A ciò andrà ad aggiungersi, con tutta probabilità, il controllo del potere politico, e quindi della Rai. A quel punto l'Italia offrirà al mondo un modello unico di consumo guidato.
In base a quali elementi possiamo costruire un'alternativa? Il suo nucleo centrale dovrebbe essere l'idea di realizzare una cittadinanza democratica non solo mediante lo strumento del voto, ma anche attraverso le nostre modalità di consumo. Le associazioni dei consumatori, che in Italia sono piuttosto deboli, sono una delle possibili vie da seguire. Esse si concentrano sulla difesa dei diritti dei consumatori. Ma il passo avanti decisivo, e più innovativo, non dovrebbe avvenire necessariamente nell'area dei diritti, quanto piuttosto in quella delle responsabilità. Il grande salto di qualità consiste nel riuscire a far sì che ogni singolo acquirente diventi consapevole delle proprie scelte, delle conseguenze che derivano dal consumo di un prodotto piuttosto che di un altro, o perfino della possibilità di consumare meno. Anche senza fare i censori, senza negare le grandi gioie e i vantaggi che i consumi moderni ci concedono, e senza certo limitare il pluralismo che è proprio di una società democratica, dovremmo riuscire a promuovere una nuova idea, quella della repubblica dei consumatori, per potenziare la vecchia idea socialista della repubblica dei produttori.
Un compito del genere è senz'altro arduo, e non può essere realizzato che in tempi lunghi. Eppure non è impossibile. Il successo di alcune campagne condotte nel passato, come quella contro la Barclays Bank in Gran Bretagna per la sua ostinata scelta di investire nel Sud Africa razzista, mostrano quanto si possa fare anche contro avversari apparentemente invincibili. Ciò che più importa è rendersi conto che di fronte a nuove forme di potere occorrono nuove forme di resistenza. Se il consumo è l'avanguardia della storia, allora il protagonista di essa è il singolo acquirente. In genere si tratta di una donna, che entra in un supermercato pensando, giustamente, ai bisogni immediati della propria famiglia. Proviamo a dirle qualcosa, che sia nostro, che la inviti a pensare al suo ruolo e, perché no, al potere che questo le concede? O preferiamo anche noi continuare a fare le marionette, ballando la giga di Publitalia e compagnia bella?

(Traduzione di David Scaffei)

 (L’articolo è stato pubblicato da Repubblica del 18 luglio 2000, nella pagina dei Commenti)

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