La Grosses Schauspielhaus


Francesco Randazzo

La Grosses Schauspielhaus non esiste più. Era un grande teatro, molto grande, come il nome stesso lascia intendere, poteva contenere un pubblico di cinquemila spettatori. Fu costruito a Berlino, nel 1919, dall'architetto Hans Poelzig. Dalle poche foto rimaste, si vede che l'idea del suo progettista fu singolare e magnifica. La scena s'apriva fino alla platea, digradando su un orchestra semicircolare, fondendo, come per liquida fuoriuscita, la scatola dell'illusione del teatro all'italiana con la spazialità aperta del teatro greco classico.
All'intorno del piano di questa fluida orchestra s'innalzavano le gradinate della cavea, enorme, inframmezzata da colonne che reggevano incredibili archi dai bordi sfrangiati, simili ad matematiche serie di stalattiti. Al di sopra di tutto, un tronco di cono immenso formava una cupola a fasce digradanti verso l'alto, anch'esse sfrangiate. Guardando le fotografie in bianco e nero, incredibilmente contrastate di toni soffusi, si rimane abbagliati: era un insieme visivo conturbante. C'è anche una foto del foyer, gigantesco anch'esso, vuoto, col soffitto largo e piatto sorretto da colonne esagerate a forma di vaso o torcia, le quali arrivano in alto generando calici di vetro che si allargano e producono la sconcertante sensazione di osservare dei funghi atomici che affascinano e spaventano allo stesso tempo, come un presagio inquietante.
La sua successiva distruzione dimostra quanto la creazione artistica sia vulnerabile quando si scontra con l'orrore dell'umana stupidità. Rimangono poche fotografie, come ho già detto, nessuno potrà più recitarvi, nessuno potrà entrarvi.
Quello che è stato più non sarà ed a noi, non è più dato, poterlo vivere, nel l'esperienza della nostra realtà.
Kasimir Von Taxis, che aveva avuto, in gioventù, il piacere di assistere a molte rappresentazioni nella Grosses Schauspielhaus, è stato l'unico a potervi rientrare. Disse: "Vado a Teatro". "Dove?" gli chiesero interdetti, quelli intorno a lui, i familiari riuniti al suo capezzale, mentre si avviava verso la sua serena morte alla venerabile età di centotre anni. "Alla Grosses Schauspielhaus, naturalmente," rispose Kasimir, "sono già in ritardo. Vado." rispose un po' di fretta, ma sorridendo. E morì.
Anneke, la piccola cameriera, lo raccontò a me, quando era già vecchia anche lei, ormai. Mi disse anche che in una vecchia foto, conservara nel palazzo dei Von Taxis, si vede l'interno del teatro vuoto, splendido, tutto illuminato; nel silenzio che solo le foto sanno trasmettere, osservando bene, si nota un uomo in frak, in piedi, sorridente, accanto ad una colonna, in secondo piano, a sinistra. Tutti i membri della famiglia Von Taxis, ed anche Anneke, erano concordi nell'affermare che prima della morte di Kasimir, nell'immagine fotografica della Grosses Schauspielbaus, non c'era nessun uomo. E che quell'uomo sorridente, erano tutti convinti, fosse proprio lui, Kasimir Von Taxis, l'ultimo spettatore di un teatro scomparso da quasi cento anni.
Naturalmente, sono convinto che sia una sciocchezza inventata. Anche se poi ho avuto modo di poter vedere la fotografia e notare la presenza di un uomo in frak, in piedi, sorridente, accanto ad una colonna, in secondo piano, a sinistra. Non risulta però, dall'albero genealogico della famiglia Turn und Taxis, che sia mai esistito, nel secolo XX, un Kasimir Von Taxis.



(Racconto tratto dalla raccolta Papier Mais, Fara editore, Santarcangelo di Romagna, 2006.)

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