LA PARTENZA


- Brano tratto dal romanzo Il segno rosso del coraggio: un episodio della guerra civile americana -

Stephen Crane

(...) Il giovane era in una piccola trance di stupore. Dunque, avrebbero finalmente combattuto. L'indomani forse vi sarebbe stata una battaglia, e lui vi avrebbe partecipato. Per un po' fece fatica a crederci. Non riusciva a esser convinto da un segno che gli annunciava un suo imminente coinvolgimento in uno dei grandi eventi della terra.
Naturalmente aveva sognato battaglie per tutta la vita: conflitti vaghi e sanguinosi che l'avevano eccitato con le loro cariche e i loro fuochi. Nelle sue visioni s'era visto in tanti scontri. Aveva immaginato genti sicure al riparo del suo valore dagli occhi d'aquila. Ma da sveglio aveva considerato le battaglie macchie rosso-sangue sulle pagine del passato. Le altre relegate tra le cose dei tempi andati, assieme alle immagini di pesanti corone e alti castelli. C'era una parte della storia del mondo che aveva considerato come il tempo delle guerre, ma che, pensava, era da lungo tempo svanito all'orizzonte e scomparso per sempre.
Da casa, i suoi occhi di giovane avevano guardato alla guerra in atto nel paese con sospetto. Doveva trattarsi d'una specie di gioco. Da molto tempo aveva perso la speranza di assistere a un conflitto come quelli dell'antica Grecia. Non ve ne sarebbero più stati, s'era detto. Gli uomini erano divenuti migliori, o più timorosi. L'istruzione secolare e religiosa aveva cancellato l'istinto di saltare alle gole, oppure la sicurezza finanziaria teneva a freno le passioni.
Varie volte aveva desiderato ardentemente di arruolarsi. Storie di grandi movimenti facevano tremare il paese. Magari non erano proprio omeriche, ma sembrava che in esse vi fosse parecchia gloria. Aveva letto di marce, assedi, conflitti, e aveva desiderato vedere tutto ciò. La sua fervida mente aveva disegnato grandi quadri, dai colori stravaganti, lividi di azioni all'ultimo respiro.
Ma la madre l'aveva scoraggiato. Aveva assunto un atteggiamento d'un certo disprezzo verso il suo ardore guerriero e il suo patriottismo. Era capace di mettersi seduta e, con calma e senza difficoltà apparenti, spiegargli varie centinaia di ragioni per le quali lui era molto più importante alla fattoria che sul campo di battaglia. Aveva certi modi di esprimersi che dimostravano come le sue affermazioni su questo tema nascessero da una convinzione profonda. Inoltre, in favore della madre, c'era la sua convinzione nell'inattaccabilità dei motivi etici di quel ragionamento.
Alla fine, però, s'era fermamente ribellato alla luce gialla gettata sul colore delle sue ambizioni. I giornali, i pettegolezzi del villaggio, la sua stessa immaginazione l'avevano eccitato sino a un punto intollerabile. Stavano davvero combattendo sul serio laggiù. Quasi ogni giorno i giornali pubblicavano notizie di vittorie decisive.
Una notte, mentre era a letto il vento gli aveva portato il rintoccare delle campane della chiesa: qualche fanatico s'era messo a tirare freneticamente la corda per diffondere le confuse notizie d'una grande battaglia. Questa voce del popolo, che esultava nella notte, l'aveva fatto tremare in preda a un'estasi d'eccitazione. Più tardi, era sceso dalla madre e le aveva detto: "Ma', vado ad arruolarmi".
"Henry, non fare Io scemo", gli aveva risposto la madre. Poi s'era coperta il volto con la trapunta. Le cose finirono lì per quella notte.
Eppure il mattino seguente s'era recato in una cittadina vicina alla fattoria della madre e s'era arruolato in una compagnia che lì si stava formando. Quand'era tornato a casa la madre stava mungendo la mucca pezzata. Altre quattro aspettavano.
"Ma', mi sono arruolato", le aveva detto con incertezza.
Ci fu un breve silenzio. Alla fine aveva risposto: "Sia fatta la volontà del Signore, Henry", continuando poi a mungere la mucca pezzata.
Quando s'era fermato sulla soglia della porta, coi vestiti da soldato addosso e negli occhi una luce eccitata e colma d'aspettative, che riusciva quasi ad aver la meglio sul luccichio di rimpianto per gli affetti famigliari, aveva visto due lacrime lasciare una scia calda sulle guance segnate della madre.
Tuttavia lei l'aveva deluso, non dicendo assolutamente nulla circa il tornare col suo scudo o sullo scudo. Dentro di sé s'era caricato per una bella scena. S'era preparato alcune frasi che pensava di poter usare a fini toccanti. Ma le parole della madre avevano distrutto i suoi piani. Aveva ostinatamente continuato a pelare patate e gli s'era rivolta nel modo seguente: "Sta' attento, Henry, e abbi cura di te in questa faccenda di guerra; sta' attento e abbi cura di te. E non pensare che puoi suonarle subito all'intero esercito ribelle, perché non puoi. Tu sei solo un ragazzino in mezzo a tanti altri e devi starti zitto e fare quello che ti dicono. So come sei fatto, Henry.
Henry, t'ho fatto otto paia di calzettoni, e t'ho messo dentro tutte le camicie migliori, perché voglio che il mio ragazzo stia caldo e comodo come qualunque altro soldato. Ogni volta che hanno un buco, voglio che me li mandi subito indietro, così te li posso rammendare.
E sta' sempre attento con chi vai. C'è un sacco di brutta gente nell'esercito, Henry. L'esercito li fa diventare violenti e non c'è nulla che gli piace di più che sviare uno giovane come te - che non sei mai stato via da casa e hai sempre avuto una madre - e imparargli a bere e imprecare. Sta' lontano da questa gente, Henry. Non voglio che tu faccia nulla, Henry, che ti vergogneresti di farmi sapere. Immagina che io ti guardo sempre. Se tieni questo sempre a mente, penso che te la caverai.
I giovani nell'esercito sono terribilmente sbadati, Henry. Sono via da casa e non hanno nessuno che gli sta dietro. Questa cosa mi fa preoccupare. Non sei abituato a fare da te. Quindi devi scrivermi per farmi sapere come stanno i tuoi vestiti.
Devi anche ricordarti sempre di tuo padre, figlio mio, e ricordati che non ha mai bevuto un goccio per tutta la vita e non ha quasi mai imprecato.
Non so cos'altro dirti, Henry, eccetto che non devi mai mancare ai tuoi doveri, figliolo, per causa mia. Se verrà il momento che dovrai essere ucciso o fare qualcosa di brutto, be', Henry, non pensare a nient'altro se non a quello che è giusto fare, perché di questi tempi ci sono un sacco di donne che devono sopportare cose dei genere, e il Signore ci aiuterà tutte. Non dimenticarti di mandarmi i calzettoni non appena hanno dei buchi e prendi questa piccola Bibbia che voglio che ti porti appresso, Henry. Non penso che starai seduto a leggere tutto il giorno, figliolo, né cose del genere. Molte volte ti dimenticherai di avercela, ne sono certa. Ma ci saranno anche tante volte, Henry, che sentirai il bisogno di un consiglio, ragazzo mio, e così via, e magari non ci sarà nessuno vicino con cui parlare. Allora, se la tirerai fuori, ragazzo mio, ci troverai parole sagge - parole sagge, Henry - senza dover cercare molto. Non ti scordare dei calzettoni e delle camicie, figliolo, e t'ho messo un barattolo di marmellata di more nello zaino perché so che ti piace più d'ogni altra cosa. Addio, Henry. Sta' attento e fa' il bravo ragazzo".
Naturalmente la sua pazienza era stata messa a dura prova da questa predica. Era stata assai diversa da quello che s'aspettava e l'aveva sopportata con un'aria irritata. Se ne andò sentendosi vagamente sollevato.
Eppure, quando s'era voltato a guardare il cancello, aveva visto la madre chinarsi tra le bucce di patate. II suo volto scuro, ritto, era bagnato di lacrime e la sua fragile figura tremava. Chinò la testa e proseguì, provando improvvisamente vergogna per i suoi propositi.

 

 (Tratto da Il segno rosso del coraggio - un episodio della guerra civile americana, Tascabili economici Newton, Roma, 1994. Traduzione di Giorgio Mariani.)

Stephen Crane, scrittore statunitense (Newark, New Jersey, 1873 - Badenweiler, Germania, 1900). Grazie al successo ottenuto con i suoi due primi romanzi (Maggie, ragazza di strada, 1893; Il segno rosso del coraggio, 1895) ottenne incarichi come corrispondente di guerra in Messico, in Grecia e a Cuba.