UN'INTERVISTA CON RADOVAN IVSIC

 

 

IL SURREALISMO IN JUGOSLAVIA

novembre 2001

 Di seguito riproduciamo le parti relative alla Jugoslavia di un dossier su "Il surrealismo all'Est", pubblicato dalla rivista "Iztok", "revue libertaire sur les pays de l'Est", pubblicata in Francia durante gli anni '80. Questa parte del dossier è stata originariamente pubblicata nel n. 9 del settembre 1984.

In Jugoslavia, durante e dopo la guerra, solo il gruppo teatrale "La Compagnia dei giovani", riunita attorno a Radovan Ivsic, testimonia nelle proprie ricerche preoccupazioni che sono quelle del surrealismo. Nel 1948 il realismo socialista s'impone in Jugoslavia come ovunque in Europa dell'Est, e finì per rendere impossibile le attività della "Compagnia dei giovani". Il clima di relativa tolleranza che si è successivamente instaurato (ma fino a quando?) fa sì che attualmente il surrealismo sia ufficialmente ammesso sotto forma di un'inoffensiva estetica dell'insolito. Ne sono prova diverse esposizioni, per es. a Belgrado nel 1969, e pubblicazioni, come la rivista Vidici nel numero del novembre 1979 ( "Marxismo, surrealismo e creazione" ). Spingendosi ancor più in là, la radio di stato ha programmato nel settembre 1979 una traduzione integrale delle Entretiens di Breton tutte le domeniche in un'ora di grande ascolto. Positivamente questo clima rende possibile interventi come quello che segue.

D.S.

Il surrealismo fa la sua comparsa molto presto a Belgrado. Dal 1924 viene pubblicata la rivista Testimonianze animata da Marco Ristic, dove si trovano i primi testi automatici in serbo e i resoconti delle pubblicazioni surrealiste di Parigi, soprattutto del Manifesto . In compenso l'attività surrealista in Jugoslavia lascia una traccia in francese nel numero 5 di La Révolution Surréaliste con il romanzo in immagini Vampir tradotto da Monny de Boully. Per una decina d'anni si stabiliscono relazioni strette tra surrealisti jugoslavi e francesi, che troveranno una loro espressione concreta nella pubblicazione dell'almanacco L'Impossibile nel maggio 1930 a Belgrado. Mescolati ai testi del gruppo serbo, si leggono in francese poesie di Breton, Eluard, Peret, ecc. Per due anni l'attività collettiva continuerà a Belgrado con i tre numeri della rivista Il surrealismo oggi e qui . Alla fine del 1932, molti membri del gruppo vengono arrestati per attività comuniste.

Conserviamo di questo periodo il testo apparso con il titolo " Belgrado, 23 dicembre 1930 " e pubblicato nel numero 3 di Le surréalisme au service de la révolution :
" Tutto un mondo contro tutto un mondo.
Il mondo della dialettica infinita e della concretizzazione dinamica contro il mondo della metafisica mortuaria e dell'astrazione statica. Il mondo della liberazione dell'uomo e dell'irriducibilità dello spirito contro il mondo della costrizione, della riduzione, della castrazione morale e altro. Il mondo del disinteresse irresistibile contro il mondo del possesso, della comodità e del conformismo, della meschina felicità personale, dell'egoismo mediocre, di tutti i compromessi
" E' davvero tempo per l'uomo di prendersi i suoi diritti e non di chiederli. Sulla strada della concretizzazione dell'uomo, questa integrazione ideale della nostra insistenza totale, ci appare chiaramente che in presenza di tutto ciò che su questa strada costituisce un ostacolo o un impedimento, la nostra rivolta non può che prendere il carattere di un'azione incessante, violenta e distruttrice E tutto ciò ci chiama in causa di fronte alla necessità di uno sconvolgimento generale del mondo, al quale solo oggi noi ci sentiamo chiamati a collaborare. E su questa strada della totalizzazione del destino dell'uomo o della sua perdizione, siamo pronti ad accettare le uniche direttive realmente dettate dalle condizioni date e materiali di questa perturbazione, che escludono ogni arbitrarietà, ogni labilità morale e ogni chassécroisé intellettuale ".
Ahimè! Ben pochi firmatari di questa dichiarazione sono stati all'altezza della rivolta incondizionata che qui viene espressa. Dal 1933, sotto l'influenza di Miroslav Krleza, scrittore prolifico, vicino al partito comunista, ma contro le posizione zdanoviane sulla cultura, Marco Ristic si stacca progressivamente da Breton, e collaborerà alla rivista Pecat a Zagabria. Dopo la guerra, riallineato al regime titoista, diventerà ambasciatore a Parigi continuando una carriera di poeta ufficiale. Kotcha Popovic diventerà capo di stato maggiore e vicepresidente della repubblica Aragon e Eluard, si vede, hanno fatto scuola
Così, con il recupero da parte del partito dei suoi vecchi iniziatori, non esiste più in Jugoslavia un movimento surrealista autentico dopo la guerra. L'influenza surrealista continuerà comunque ad esercitarsi in modo sotterraneo su individualità isolate. Così il poeta e autore drammatico Radovan Ivsic, nato nel 1921, di cui presentiamo un'intervista, dovrà rinunciare nel 1948 a proseguire l'attività teatrale nel suo paese e raggiungerà il gruppo surrealista di Parigi nel 1954.

Joel G.

Intervista con Radovan Ivsic

Il montaggio che presentiamo è stato realizzato a partire da due interviste di Radovan Ivsic del 1976 e del 1978, pubblicate nel n°1 della rivista Gordogan nel gennaio-febbraio 1979 a Zagabria. Ci siamo permessi di modificare in certi casi l'ordine dei frammenti citati e di raggrupparli sotto diverse rubriche per dare al lettore una più chiara comprensione dell'insieme. Abbiamo tolto per quanto possibile le domande dell'intervistatore eccetto là dove la loro menzione era necessaria. (J.G.)

CAMBIARE LA VITA, CAMBIARE IL LINGUAGGIO

(R. Ivsic ha appena evocato gli anni di guerra, la " grande sconfitta dello spirito " che li ha accompagnati. Precisa ora l'orientamento che presiedeva alle sue ricerche dell'epoca e, in particolare, all'elaborazione di Narciso , recitazione corale pubblicata nel 1942 e subito confiscata dalla polizia ustascia. D.S.)

Ivsic : Prendendo fermamente le distanze dalla storia quotidiana, mi trovai in uno scarto evidente che poteva permettermi di lavorare in profondità. Se la poesia non era questo canto superfluo che comanda derisoriamente i gesti degli uomini, doveva condurre a questo luogo senza età dove nascono indifferentemente la parola collettiva e la parola individuale obbedendo ai movimenti sordi di una natura che è sia quella degli esseri viventi sia quella delle cose. Era necessario che la poesia si staccasse dal pallore della carta, era necessario che la poesia raggiungesse il cuore del mondo. Insisto, non si trattava di preoccupazioni estetiche, rilkiane, ma della vita. Della politica, se preferite. Come pensate di cambiare la vita se vi contentate di errare sulla superficie delle cose e soprattutto quando questa superficie s'impone come uno schermo? In breve, perché la poesia cominci a respirare, non ci si poteva più, mi sembrava, accontentare della parola scritta. E' così che ho cominciato a prestare un'attenzione sempre più grande al teatro come spazio in cui l'individuo e il numero non smettono di scrivere la loro storia evidente. Inutile dirvi che il teatro che si rappresentava allora a Zagabria mi pareva troppo ingombro di tutte le stupidaggini della psicologia e della letteratura per somigliare in un modo o nell'altro allo spazio organico che cercavo. Oppresso dalle grida e dalle convulsioni di una rappresentazione di Strindberg, mi misi a scrivere nel 1941 un'opera: Daha (che nel 1976 non è ancora stata pubblicata in croato, ma la cui versione francese è apparsa nel 1960 a Parigi con il titolo Airia da J.J. Pauvert), in cui volevo trovare un nuovo linguaggio teatrale. Questo linguaggio che deliberatamente sfuggiva alla sintassi cioè a questa interiorizzazione della legge che né il romanticismo, né il surrealismo erano riusciti a vincere doveva dare vita ad alcuni personaggi improbabili.
Questo nonriconoscimento della sintassi mi consentì, attraverso Daha , di affrontare uno spazio liberato dalla pesantezza realista o barocca del linguaggio dei gesti, dallo scenario pesante che, ai miei occhi, contribuivano soprattutto ad allontanare il teatro dalla sua origine popolare, dalla sua origine organica: il cuore.

LA POESIA E' ESSENZIALMENTE LIBERTARIA
Ivsic : Se i miei testi appaiono, come dite voi, impenetrabili, incomprensibili, è forse perché quelli della maggior parte dei miei contemporanei mi sono apparsi tali: mai, per esempio, ho capito perché tutti dovevano scrivere allo stesso modo, illustrando involontariamente ma in modo evidente quel detto che conoscete bene: "Dove andrà Mujo il calvo? Ma dove vanno tutti i Turchi!". Altro modo di evocare per antitesi il famoso "scarto assoluto" di Charles Fourier che raccomandando di deviare dalle strade conosciute, come Cristoforo Colombo, per scoprire un nuovo continente, aveva disdegnato i percorsi abituali. E' che sempre mi sono accanitamente allontanato da tutti quelli che, nella mia generazione, cercavano di scrivere e pensare non come Krzela, ma in modo krzeliano. In seguito, è con la stessa distanza che ho cercato di rapportarmi con coloro che indossavano l'uniforme letteraria del momento, fosse testuale, " surrealista " o realistasocialista. Comunque, la mia differenza, il mio allontanamento rispetto allo stile krzeliano sono senza dubbio ancora più profondi. Si tratta di un altro rapporto con la lingua. E in questa differenza risiede forse il grande problema intellettuale del XX secolo: è là che si disegna ai miei occhi la scura linea di frattura lungo la quale si costituisce la sensibilità di questa epoca. Voglio parlare dell'instaurazione o no di un rapporto di forza con la lingua. Non si cerca di riuscire a dominare la lingua, cioè di domarla, di addomesticarla e infine di asservirla, nello stesso modo in cui si cerca di dominare la natura? Si sa che oggi gli ideologi non hanno altra preoccupazione che quella di arrivare a esercitare questo potere sulla lingua, controllando la produzione del senso e del nonsenso, conquistando brutalmente o insidiosamente i terreni incolti del linguaggio. Ma è anche il proposito di tutto il pensiero dominante che distrugge inevitabilmente l'equilibrio organico della lingua per un miglior profitto ideologico così come non si esita a distruggere l'equilibrio naturale di una regione per un miglior profitto economico. La letteratura diventa allora il mezzo più sicuro per impoverire la lingua non rispettando la libertà del respiro collettivo. E come potrebbe essere altrimenti quando in un caso l'impostura testuale, nell'altro la menzogna realista, in un altro ancora le ruminazioni surrealiste, impediscono implicitamente a ciascuno di scoprire o di inventare la particolarità o la molteplicità delle risonanze che le avvicinano o le allontanano da questa respirazione collettiva? Togliendo costantemente questo ostacolo, cioè aprendo il linguaggio a questo " rumore del tempo " di cui parlava Ossip Mandelstam, la poesia è essenzialmente libertaria. Che lo si voglia o no, è una scelta politica che emerge attraverso il nostro rapporto con il linguaggio. Il corpo linguistico non differisce radicalmente dal corpo sociale, al punto che il paesaggio intellettuale del XX secolo mi sembra completamente determinato dallo scontro tra due comportamenti linguistici: da un lato, la recrudescenza di un rapporto autoritario con la lingua (l'espressione deve piegarsi all'autorità dell'idea, che questa sia giusta o no, poco importa); dall'altro, un atteggiamento più scomodo, meno rassicurante, che si assume il rischio di liberare il linguaggio dall'uso per scoprirlo e scoprirsi attraverso i suoi movimenti profondi. Strano ritorno delle cose: la posta in gioco di Cronstadt determina simbolicamente ciò che sarà o non sarà lo spazio del linguaggio. Alcuni non cercano sempre di abbattere le parole come fossero pernici? Ma forse non è ancora tutto perduto.

IL TEATRO E IL SURREALISMO
Ivsic : Il Re Gordogan , è stata scritto, come tutte le mie opere, prima che incontrassi Breton e i surrealisti. Infatti, io non ho mai pensato di scrivere opere surrealiste. D'altronde, ho sempre riso a crepapelle di fronte alle pie raccomandazioni di introdurre il surrealismo nella letteratura croata. Semplicemente, è successo che i surrealisti abbiano riconosciuto in queste opere alcune delle loro preoccupazioni fondamentali.
Così, per rispondere o non rispondere alle vostre domande, vi dirò che nel momento in cui scrivevo queste opere non sapevo più di quanto non lo sappia oggi che si trattava di teatro surrealista. E avete ragione ad insistere sulla diversità degli interventi teatrali legati al surrealismo. Ma vi trovo davvero pessimisti quando sembrate rimpiangere l'estrema diversità dei progetti teatrali di Artaud, di Vitrac, o ancora quando sembrate considerare questi progetti come la manifestazione di una certa dissidenza rispetto al surrealismo. Non credete che sia la più grande novità del surrealismo avere continuamente fatto sì che le acque vive dell'immaginario non si perdessero nel solco tracciato delle forme? Diciamolo una volta per tutte: non esiste teatro surrealista. Tutt'al più si può parlare del surrealismo e del teatro, nello stesso modo in cui Breton si preccupava di parlare del surrealismo e della pittura e mai della pittura surrealista. Sarebbe forse tempo di capire perché. Il surrealismo ha il merito di aver affermato e provato che la poesia è prima di tutto un modo di vivere. Dall'età di diciassette anni, si tratta per me di un'evidenza che niente ha mai smentito. E' per questo che gli attuali e innumerevoli tentativi di voler ridurre il surrealismo a uno stile pittorico o letterario mi sembrano tanto menzogneri quanto pericolosi. Troppa gente oggi è interessata a far scomparire il senso pretendendo di attaccarsi solo alla forma. E' il modo più abile per lavorare a cancellare la memoria del mondo, è il modo più abile di preparare cervelli sempre più vergini ai quali diventa semplice inculcare qualsiasi cosa. E' la porta aperta a qualsiasi totalitarismo.
Ci tengo a ripetere: non esiste stile surrealista e, a questo riguardo, l'insipida esposizione " Il surrealismo e le arti plastiche croate" (Zagabria, 1972), organizzata con criteri " estetici ", se si giudica dal catalogo, non ha fatto, mi sembra, che aumentare la confusione su tutto quanto riguarda in questo paese il surrealismo.

IL SURREALISMO SERBO IERI E OGGI
Ivsic : Non c'è nessuno, nei nostri sperduti paesi, in cui la mia giovinezza aveva riposto tante speranze se non quegli uomini che tra le due guerre avevano pubblicato, tra le altre cose, le riviste Svedocanstva ( Testimonianze ), Nadrealizam dans i ovde ( Il surrealismo oggi e qui ), senza dimenticare l'almanacco Nemogueo ( L'Impossibile ). Prima della guerra, mi ero procurato a Zagabria la totalità delle loro pubblicazioni, una vera impresa. Comunque, nel corso degli avvenimenti, non c'è nessuno che mi abbia tanto deluso. Se i loro scritti di gioventù mi erano stati tanto preziosi, in seguito, visto da Zagabria, il loro comportamento mi divenne molto oscuro. Qualcosa che non veniva detto era cambiato profondamente. E solo quando sono venuto a Parigi nel 1954 ho capito ciò che era stato fatto passare sotto silenzio, cioè il fatto che Breton continuava la lotta, ma questa lotta aveva smesso di essere la loro: in nessuna rivista surrealista parigina del dopo guerra troverete la collaborazione dei membri del vecchio gruppo surrealista belgradese.

A PROPOSITO DI DUSAN MATIC
Ivsic : La recente agitazione di Dusan Matic sul nome di André Breton rappresenta la migliore illustrazione di questo genere di attività, ai miei occhi meno insignificante di quanto si potrebbe pensare al primo sguardo. Perché, aldilà dell'interesse relativo degli aneddoti e della mediocrità delle riflessioni, si gioca qui una partita oscura: così come i ricordi servono a far dimenticare, così le riflessioni servono a impedire di pensare. Se no perché Matic parla oggi di Breton come se avesse cessato ogni attività negli anni trenta? Se no perché Matic parla oggi del surrealismo come di un movimento che avrebbe cessato di svilupparsi nella stessa epoca? Se no perché questa stupefacente disinvoltura nei confronti della storia che permette a Matic di glorificarsi parlando di Breton morto sotto l'illuminante ma curioso pretesto che, vivo, Breton era " pericoloso come una vipera "?
" Pericoloso come una vipera ", Breton vivo? Sì, perché avrebbe potuto, come chiunque dei suoi amici surrealisti di allora, sconfessare e confondere tutti quelli che come Matic e molti altri cercano di attenuare o cancellare puramente e semplicemente l'assoluta incompatibilità del surrealismo con ogni pensiero che acconsenta a servire un'idea, sia pure giusta. Se si contestasse ciò con il titolo della rivista Il surrealismo al servizio della rivoluzione risponderei che era prima di Kharkov, era prima dei processi di Mosca. Ricorderei anche che si trattava non solo della rivoluzione sociale ma anche di una rivoluzione dello spirito di cui niente e nessuno poteva determinare le tappe e i limiti. Questo è d'altra parte il senso della famosa affermazione di Breton " In arte, mai nessuna parola d'ordine, qualsiasi cosa succeda! ". E' su questa questione fondamentale che si è prodotta la rottura irreparabile tra Breton e Aragon. Cercare oggi di cancellarne il senso o anche di diminuirne la portata costituisce una delle più grandi disonestà intellettuali di questo tempo. Perché, bisogna ripeterlo, non si tratta di problemi estetici ma molto concretamente della libertà, della vostra libertà, della mia libertà. Fino a quando si cercherà di accecarci sul fatto che l'assassinio del poeta Mandelstam (come di tantissimi altri) è stato facilitato dalla complicità storica di tutti coloro che, di fronte alla potenza dell'ideologia, non ebbero il coraggio di affrontare la solitudine del loro pensiero? André Breton è uno dei rari ad aver avuto questo coraggio, che è l'onore del pensiero. Allora, non bisogna stupirsi che ci si agiti molto per non riconoscerglielo. Troppi intellettuali qui o altrove non hanno avuto questo coraggio o sono ben decisi a non averlo mai. Ci si affretta a imbrogliare le carte del passato e del futuro. Il presente non ha più senso. Veramente più nessun senso, al punto che si è costretti, nel momento in cui si comincia a riflettere, a porsi il tipo di domande che Danilo Kis si è posto del tutto naturalmente alla fine del suo vigoroso libro Una lezione d'anatomia : " Lascio ai futuri storici della letteratura il compito di spiegare, con tutta la distanza necessaria, come e perché si è caduti così in basso nei gusti e nei valori ". Ma per continuare a non rispondere o a impedire agli altri di rispondere, soprattutto non ricordatevi della rivista Pecat , soprattutto non ricordatevi delle posizioni di Breton dopo la guerra, dopo Budapest soprattutto non ricordatevi della vostra giovinezza. E sarete anche voi scrittori appagati, artisti dallo spirito ampio, vecchi surrealisti mansueti.

SOTTOMISSIONE O DISERZIONE
L'intervistatore : Le possibilità di un sforzo conseguente e sufficiente sembrano essere sempre più ristrette. Si può d'altra parte parlare di possibilità? Tuttavia, nel corso di una precedente conversazione, lei ha detto che la diserzione non deve necessariamente prendere la forma di una maledizione.

Ivsic : Le possibilità di cui parla dipendono esattamente dal numero di coloro che rifiutano di adeguarsi al mondo così come vogliono farci credere che sia. Se lei che ha vent'anni, si deve oggi interrogare sull'esistenza stessa di queste possibilità, è senza dubbio perché la maggior parte degli individui delle precedenti generazioni (e più particolarmente gli artisti, gli intellettuali che, per definizione, dovrebbero essere i garanti della libertà) non hanno meritato la loro gioventù per non aver avuto la forza o il coraggio di dire no . Sa, ogni tradimento non solo imbruttisce la vita restringendo il campo della libertà, ma ogni tradimento artistico o intellettuale può, un giorno o l'altro, essere giudicato molto concretamente in termini di sofferenza, di sangue e anche di morte. Vorrei ricordare che Breton, nell'ultimo anno della sua vita, nel 1966, rispose all'inviato di Aragon che era venuto a chiedergli di riconciliarsi con lui e di collaborare a Les Lettres francaises , giornale allora diretto da Aragon: " Dite al vostro padrone che ci sono troppi cadaveri tra di noi ". La poesia è la misura della libertà umana, non ci si gioca di lei impunemente, non ci si gioca di lei senza oscurare pericolosamente l'orizzonte comune a tutti gli uomini . E' per questo che i tentativi odierni condotti in Francia a altrove da alcuni criptostalinisti del genere di Jean Pierre Faye o soprattutto Alain Jouffroy, di riconciliare postmortem Breton e Aragon, o ancora di sorvolare sui cosiddetti errori storici di questo o quest'altro pittore o poeta, mi sembrano i più pericolosi per il futuro della libertà. Una volta di più ci si vuole ingannare, una volta di più si cerca di fuorviare tutti quelli per cui la poesia non è un rifugio derisorio ma il modo più aperto di scoprire la specificità del nostro rapporto con il mondo, in fin dei conti di interrogarsi sul senso della nostra esistenza. Quando vecchi surrealisti dal passato dubbio, cioè stalinista, hanno tutto l'interesse a fare questo gioco, sono sicuro del futuro dubbio degli artisti più giovani che coprono in modo compiacente una tale menzogna. Si tratta solo di un esempio, ma abbastanza sorprendente, per giustificare se non la disperazione quanto meno lo smarrimento che è all'origine della sua domanda. Quali possibilità ci rimangono quando oggi la maggioranza fa finta di parlare per asservire meglio un mondo più che mai costruito sulla menzogna. Menzogna che la moda s'incarica di rispecchiare nella sua effimera verità: non si sono mai visti tanti ribelli, guerriglieri o pasionarios andare docilmente ogni giorno al lavoro, costruire le famiglie più convenzionali e essere pilastri di una nuova piccola borghesia così malata da non avere neanche più il coraggio di riconoscerlo e per questo capace di diventare preda di qualsiasi totalitarismo. E' per questo che nel 1972, i miei amici ed io abbiamo intrapreso questa nuova attività di cui ho parlato, ci è sembrato necessario ricordare che la poesia è prima di tutto diserzione. Diserzione evidente che comincia differenziandosi dal pensiero dominante e prosegue lontano dai sentieri battuti scoprendo, inventando i suoi cammini.
Oggi ancora, mi sembra che questa idea di diserzione contenga le possibilità di cui parla. Perché non si tratta solo di un rifiuto, ma di un invito a reinventare qui e ora la nostra esistenza, a passare con armi e bagagli dalla parte della vita. Inoltre, questa idea di diserzione permette di smetterla con l'immagine del poeta maledetto che consente, in un certo modo, di diventare vittima della società: disertando, non si lascia più chiudere in una marginalità che rischia di fargli perdere la sua individualità. E' compito del poeta maledire nella società i germi di morte fondatori di Stato e d'impero; è compito del poeta maledire ogni mutilazione del corpo collettivo fatta in nome dell'ordine, della legge, del diritto o dell'uomo. Contro il potere, il poeta con le mani nude lavora alla riconquista dei poteri perduti. Ed è questo il suo solo e pericoloso potere.

 

Radovan Ivsic

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