LA POLITICA ITALIANA, COMICA E INSOPPORTABILE

 

Stefano Martello

 

 

Mai come oggi la situazione politica italiana pare insopportabile e nel contempo comica, andata oltre un tasso di legittima tolleranza per approdare ad un punto di non ritorno.

Sono pessimista, lo sono normalmente nei fatti di ogni giorno e figuriamoci come mi sento oggi con un Ministro che prima di giurare alla Repubblica si reca presso un fiumiciattolo per bere l’acqua (santa o solo buona?); mentre il “suo” Presidente del Consiglio parla di complotto giudiziario…

Vorrei cercare di ragionare su alcune cose che mi circolano nella testa, alla stregua di una febbre dispettosa che non vuole andare via ma che rimane costante, latente, pronta ad uscire fuori al minimo atto di debolezza.

E non posso fare a meno di interrogarmi.

Perché è nata Forza Italia?

Perché gli italiani credono ciecamente a Berlusconi?

Cosa è cambiato nel paese e quali valori sociali sono stati modificati, o addirittura soppiantati?

Qualcuno - la maggioranza, in effetti - potrebbe a ragione sostenere che la sinistra ha fallito nei propri intenti politici e morali creando quel terreno fertile per la crescita di nuovi partiti (1), ma mi sembra un po’ troppo semplicistico evidenziare solo gli sbagli di uno per giustificare la vittoria dell’altro, si rischia così di “sminuire” l’avversario o – fattore già realizzato – di sottovalutarlo completamente, ed in questo caso mi è di conforto uno stralcio del brano tratto dall’intervento pronunciato da Luciano Violante nel 1997, durante il secondo congresso del P.D.S.

“Il crollo dei sistemi comunisti ha accelerato la crisi delle grandi idee. Poteva essere il tramonto della contrapposizione amico – nemico, e l’inizio della costruzione di nuovi valori civili unanimemente condivisi. Ma non è ancora così. Ciascuna grande idea esprime il meglio di sé e delle proprie ragioni nel confronto con l’avversario. Quando l’avversario ha ceduto, di schianto, come è accaduto appunto ai regimi del blocco sovietico, la cultura europea si è cullata nella vittoria, si è intorpidita nella sicurezza, sembra aver perso la capacità di mantenere il primato delle sue idee e dei suoi valori. È toccato a Giovanni Paolo II mettere in guardia dai rischi di un eccesso di trionfo del capitalismo per i diritti e le libertà delle persone più deboli, dei Paesi più poveri” (2).

Quindi, la sconfitta sociale della sinistra non ha favorito la destra, ma semmai ha contribuito ad un latente riemergere di valori cattolici.

Ma cerchiamo di andare con ordine.

Fin dai primi anni della Repubblica, si cercò di difendere l’unità politica della Nazione attraverso l’apologia della stessa come valore di unione ideale e solidarietà collettiva, il tutto supportato da quei valori storici e culturali, testimonianza lampante di un passato comune.

Scriveva Carlo Sforza nel 1945: “L’idea di nazione sarà per lungo tempo ancora una delle forze vive della Storia e non sarà combattendo o denigrando quello che vi è di nobile, di sano e di fecondo nell’idea di patria che si faciliterà l’avvento di uno spirito internazionale capace di gettare le basi di un mondo più fraternamente cristiano. Le nazioni sono non solamente una realtà; esse sono il retaggio prezioso e il riflesso, brillante riflesso di ciò che ancora oggi costituisce il più splendido ornamento sentimentale e spirituale dell’Europa” (3).

Emerge in maniera chiara come le basi di cui parla lo Sforza siano basi di retaggio prettamente religioso; si cerca ancora di unificare la Nazione non come ideale laico, bensì ideale religioso con “sfaccettature” laiche, il tutto in nome di un ingombrante passato.

Un sistema politico che nel tempo si rivela sempre più in disfacimento, complice anche l’abrogazione della proporzionale, unitamente all’adozione del sistema uninominale senza ballottaggio che ha, di fatto, cancellato il ruolo politico della Democrazia Cristiana, dal lontano 1946 sempre protagonista assoluta – in positivo o in negativo, non interessa in questa sede - della politica italiana.

È chiaro che non solo fattori tecnici, bensì soprattutto fattori sociali determinarono la rovinosa caduta del partito dei nostri nonni (per quanto ho saputo dalla mia famiglia si votava D.C. anche solo per abitudine); la caduta sociale dell’istituto del matrimonio, culminata con la legge sul divorzio; la stagione del 68 portatrice del “vento laico” unitamente ad una politica sempre più marcatamente economica.

Con il sistema uninominale si è di fatto creato un bipolarismo tra due unici schieramenti, uno di destra ed uno di sinistra con la forte espansione di due partiti – l’ex M.S.I. nella nuova denominazione di A.N. – ed il P.D.S. – nato dalla drammatica frattura operata da Achille Occhetto – tutti e due tesi e finalizzati al raggiungimento del voto moderato, unitamente ad una nuova verginità politica non più legata a schemi antistorici ed ideologicamente assolutistici.

Risulta altrettanto chiaro come tale tipologia politica abbia determinato essenzialmente un modus operandi finalizzato al raggiungimento della tanto ambita poltrona, all’interno di un piano d’azione dove l’alleanza viene finalizzata “solo” alla vittoria elettorale, ma dopo la vittoria si vedrà…

Esempi di tale condotta li possiamo rinvenire nella fuoriuscita della Lega dalla prima maggioranza “berlusconiana” (ma diciamolo a bassa voce visto che ora la Lega è “amica intima” dell’ imprenditore di Arcore) ma anche nell’imbarazzante posizione di Rifondazione Comunista in alcune questioni che non starò certo a ricordare al già annoiato lettore.

E osservando questi mutamenti, non si può fare a meno di pensare alle parole di un grande uomo politico come Aldo Moro che, già nel 1959, si augurava una unione di forze – lui democristiano! – nell’interesse dell’Italia, una “unità d’azione che non può mutare come non può mutare il modo di ritrovarla, attraverso il dibattito, l’eguaglianza, la disciplina ed il sacrificio dei singoli per fare l’unità, perché l’unità del Partito si sacrifichi a sua volta per il bene ed il progresso del Paese” (4).

Il sacrificio del partito per l’unità politica del Paese, concetti incredibili che, nel contempo, avevano già individuato con fermezza e coerenza intellettuale il nocciolo del problema politico attuale: quell’amore smisurato per il proprio ego politico che, troppo spesso, determina lo smarrimento dei valori comuni a vantaggio dell’interesse e del prestigio personale.

Il partito politico, quindi, come mero centro di potere e non come necessario momento di incontro propositivo con le altre coalizioni del Paese.

L’ascesa di Forza Italia avvenne proprio in uno di questi momenti di transizione; il collasso dell’ancient regime politico che si consumava sotto i possenti – ma quanto indirizzati? – colpi del magistrato Di Pietro, la frantumazione del P.C.I. – nel momento del collasso dei regimi comunisti dell’Europa Orientale -; il drastico ridimensionamento politico della D.C. che ormai non aveva più un centro dove collocarsi unitamente all’emersione politica della Lega che rivendicava – sia pure con toni rozzi e assolutamente non politici - la “libertà” da un presunto sud ingrato ed approfittatore.

Tutti questi elementi concorsero alla decisione dell’attuale leader Silvio Berlusconi di entrare in politica, una politica “attiva” per un manager che, data la natura istituzionale dei suoi interessi economici, aveva già molti rapporti con gli esponenti del mondo politico.

Ma quello di cui Silvio Berlusconi veramente “approfittò” fu il comportamento politico degli elettori degli ex partiti di governo che, privati dei destinatari “istituzionali” dei voti, erano disponibilissimi a convergere su figure nuove ed innovative, ma sempre con uno sguardo al passato e ai “vecchi insegnamenti”.

La forza della Croce unita all’insegnamento del mercato libero!

La sinistra, nel quadro di rinnovamento generale sopra citato, non ha saputo o forse non ha voluto reagire arroccandosi su posizioni vecchie, non necessariamente errate, ma sicuramente poco consone al sentire sociale del momento: in poche parole, antistoriche.

Ha portato avanti – con presunzione quasi infantile - una “politica di contenimento”, prontissima a criticare la singola frase dell’avversario, ma sempre imbarazzata ed impreparata di fronte ad un programma politico, stante anche l’assenza importante di un piano programmatico di rinnovamento interno, che si realizzava, al contrario, in un continuo battibecco attuato nei salotti televisivi o sulle pagine dei quotidiani, in merito alle poltrone ed ai posti di vertice.

Non è strano, quindi, che le nuove compagini politiche siano nate con ideali molto meno politici e molto più pratici, intendendo per pratico un necessario ricongiungimento con il sentire sociale.

Il movimento dei Verdi - nato a metà degli anni ottanta con la finalità esclusiva di salvaguardare l’ambiente dai disastri ecologici provocati da un mondo industriale sempre più indisciplinato e sempre più vicino ai grandi interessi economici - si “spinse” anche ad affrontare lo scottante tema del nucleare in Italia, ritornato prepotentemente alla ribalta dopo l’episodio di Chernobyl del 1985 (5).

Ma anche nel caso in esame, la natura anomala – e poco organizzata in senso politico - del movimento costituì il motivo più valido per cercare una alleanza che permettesse una concreta rappresentanza all’interno della vita politica italiana, rendendo i Verdi da fenomeno inconsueto – e quanto mai utile – a semplice pedina smarrita e svuotata, nel tempo, del suo significato istituzionale.

Discorso a parte merita il Partito Radicale di Marco Pannella formatosi negli anni sessanta (6), il cui vero e proprio banco di prova fu la lunga “guerra” per il divorzio, poi vinta, che mise in crisi la Democrazia Cristiana e rese evidente il declino dei tradizionali quanto ormai antistorici valori cattolici.

Proprio tale battaglia delineò il programma politico del Partito Radicale che intendeva trattare temi di grande visibilità sociale e, attraverso una politica agguerrita, costringere i partiti politici tradizionali a non tralasciare ed anzi ad interessarsi di quegli stessi problemi che, solitamente, venivano “riposti in un cassetto” in attesa di “tempi sociali” propizi.   

Ma anche in questo caso la condotta politica – non sorretta da vertici preparati e consapevoli – ha portato sulla strada dell’eccesso a tutti i costi, secondo un disegno paradossalmente sfruttato e propagandato dall’imponente “macchina da guerra berlusconiana”.

E soprattutto l’utilizzo speculativo e assolutamente non costruttivo dei referendum abrogativi ha reso lampante come Pannella abbia sempre più in mente non un disegno unitario del Paese, bensì un regime di barriera assoluto.

L’ostruzionismo come base di crescita sociale dell’Italia!

Ma queste che espongo sono considerazioni tecniche che non possono e non devono rappresentare l’unico spunto di riflessione all’interno di un piano d’azione ben più complesso e strutturato.

È importante anche sottolineare – alla luce soprattutto degli ultimi inquietanti risultati elettorali – come l’evoluzione sociale, già vista a parere di colui che scrive nella Germania degli anni venti e nell’Italia del prefascismo, dia un ruolo da protagonista assoluto al cittadino medio che ha scelto gli ideali proposti dal Cavaliere all’interno del suo inesistente programma come unica via d’uscita da una crisi economica che ha, inevitabilmente, riversato i propri effetti negativi nel mercato del lavoro e nel settore dell’assistenza.

Abilmente Silvio Berlusconi ha sfruttato le fobie ed i timori di una intera generazione, calcolando cinicamente i target degli elettori ed approntando per ciascuna categoria uno show di sicuro effetto, ma non – allo stato delle cose - di sicura realizzazione.

Per i giovani ha allestito uno scenario da mille e una notte, creando una visione dove i posti di lavoro si sprecano, mentre per le generazioni più vecchie sono già pronte pensioni più alte; gli imprenditori godranno di sgravi fiscali inimmaginabili, ed è così che tutti saranno grati al “buon papà” che li ha liberati dal giogo della morsa comunista, rea di aver tentato di creare un regime di non libertà economica e sociale, tarpando le ali a tanti giovani di buona volontà che non aspettano altro che contare il primo miliardo in una banca rigorosamente estera.

D’altro canto, proprio nelle ultime elezioni, la sinistra – pur sempre dilaniata da sterili contrasti interni (7) – ha però mostrato una doverosa quanto necessaria prudenza, esprimendo la volontà di mettersi alacremente al lavoro: 1) per fare scomparire elementi antistorici dalla preistorica macchina amministrativa (8) 2) per dare maggiore assistenza alle classi socialmente ed economicamente più deboli.

Mi è parso di intravedere – ma è solo una impressione – un piano d’azione permeato da una grande umiltà e senso di realtà; principi che trovano la propria essenza ed attuazione nelle verità economiche ed europee, poco facili da “corrompere”, proprio perché rispondenti a criteri “superiori” che coinvolgono molteplici parti, tutte con interessi ben diversi e altrettanto ben definiti .

Ma come abbiamo visto tutti, tale realtà è rimasta nel limbo delle buone azioni pre elettorali, il cittadino italiano ha smesso di credere (sognare) in un futuro “normale”, dove tutti i cittadini vengono tutelati nei loro diritti essenziali e primari; ha preferito sognare un futuro perfetto che non esiste e non esisterà mai, se non nelle ben costruite trame letterarie di abili ed eminenti scrittori di fiction.

Ha preferito immaginare il paese dei balocchi trasposto dalle pagine letterarie di “Pinocchio” alla realtà di tutti i giorni, ha preferito la falsa praticità e l’accettazione passiva al posto della lotta rigorosamente intellettuale, forse per esasperazione aprendo il passo ad altri “tipi” di lotta, assolutamente folli, assolutamente stupidi, assolutamente da condannare.

Un pensiero – quello sopra esposto – che trova un certo riscontro anche in settori quali quello sociale e giuridico; basti pensare alla caduta vertiginosa – all’interno di un target giovane - degli ideali che furono dei nostri genitori o del rafforzamento giuridico (si intenda tutela dei soggetti e ampliamento costante del piano d’azione) di istituti – il leasing per esempio -  nati con un movente di puro sostegno economico alle aziende e divenuti, nel corso degli anni, meri strumenti capitalistici per creare un apparente quanto fittizio clima di “pace economica” (9).

Ecco che il sogno, inteso come possibilità di un futuro migliore o almeno più coerente, si trasforma nella condanna assoluta, nell’impossibilità di decidere realmente circa il nostro futuro, nell’impossibilità di identificarci non solo come singole unità, ma anche – o forse soprattutto – come corpo unico: come cittadinanza italiana ed europea.

Non che il primo obiettivo non sia importante, anzi; Lorenzo “Jovanotti” Cherubini in una sua canzone canta con rabbia che bisogna cercare di essere uomo prima di essere gente, ponendoci indirettamente tutti di fronte ad un bivio, mai così drammatico come nel momento storico che stiamo attraversando: vivere in maniera consapevole, o adagiarci sui nostri lussi passeggeri aspettando l’onda che tutto spazzerà? Adoperarci per un futuro che sia realmente sereno o solo per una crosta mal dipinta?

Alla fine, quale potrebbe essere mai il prezzo da pagare?   

In fondo sognare non costa nulla, e forse il prezzo da pagare sono solo cinque anni in compagnia di un “uomo buono” che continua a sbandierare il luogo comune dell’imprenditore buono che invita gli operai nella sua villa alle Bermuda, per sentire se tutto va bene, o se hanno qualche lamentela da esporre. 

Il tutto come da contratto firmato con gli italiani!

 

Note

 

(1) La tesi è stata portata avanti soprattutto da illustri esponenti della stessa sinistra.

 

(2) Il lettore può leggere l’intero testo dell’intervento pronunciato il 22 febbraio 1997 dall’allora Presidente della Camera dei Deputati, On. Luciano Violante nel libro “La politica e il labirinto”, pasSaggi Bompiani, Milano, 1997.

 

(3) Luigi Lotti, I partiti della Repubblica – la politica in Italia dal 1946 al 1997, Le Monnier, Firenze, 1997.

 

(4) Senza contare altri illustri tenaci sostenitori del valore della Patria come fondamento ideale del nuovo Stato repubblicano, tra i quali l’Autore si permette di citare Alcide De Gasperi che affermava “come la Patria è un bene di tutti gli italiani che i giovani in modo preminente, sentono debba essere riaffermato al di sopra di ogni angusta considerazione di interessi di parte” (Alcide De Gasperi, Discorsi politici). È pur vero che lo stesso politico utilizzò – sia pure per molti inconsapevolmente – “materiali derivanti da varie mitologie nazionali” (la definizione è del Prof. Emilio Gentile), ricalcando il modus operandi fascista di assimilazione delle tradizioni e dei miti, per affermare – e quindi legittimare – l’operato politico della Democrazia Cristiana come unica interprete del destino dell’Italia repubblicana e, altresì, come unica forza politica “degna erede e continuatrice della sua civiltà millenaria e universale” (Alcide DeGasperi, Discorsi politici).

 

(5) Per la cronaca, in Italia le poche centrali avviate sono state tutte bloccate dopo il disastro di Chernobyl, peraltro senza ripercussioni energetiche di sorta, in quanto il proliferare indiscriminato delle centrali atomiche nella maggior parte dei paesi industrializzati ha comunque abbattuto i prezzi del petrolio rapidamente ascesi dopo la guerra del Kippur del 1973.

 

(6) Ma forse è più giusto dire che il Partito Radicale sorto negli anni sessanta altro non era che il risultato di una diaspora interna che aveva devastato il “vecchio” partito formatosi nel 1955 dalla scissione con il P.L.I., ormai arroccatosi su posizioni politiche apertamente conservatrici. 

 

(7) Basti pensare alla lotta per la leadership tra Francesco Rutelli e Piero Fassino.

 

(8) Un processo che, per la cronaca, è già iniziato con la cd. Legge Bassanini.

 

(9) Per un approfondimento in merito si rimanda il lettore a S. Martello, I fenomeni del sovraindebitamento e dell’usura – brevi cenni giuridici e riflessioni sociali, in www.diritto.it/articoli/penale/martello1.html, 2001.

 

Stefano Martello (1974), giornalista, per la Rivista Sagarana ha già pubblicato i saggi “Per una cultura popolare ed istituzionale”, “Per un nuovo servizio civile” e “Per uno stato laico, per una identità religiosa intima e sincera”.