TRADIRE L’EUROPA, TRADIRE IL FUTURO

Alfredo Pieroni

 L’Iraq va seguito con attenzione per i riflessi che può avere nel mondo, ovviamente anche in Europa. Se, ad esempio, scompare Saddam, forse anche se non scompare, la resistenza militare agli americani si ridurrà enormemente, anzi si è già ridotta. I resistenti hanno bisogno di armi e di mezzi di sostentamento. È impossibile che un uomo braccato e sempre in fuga possa continuare a fornirli.
Il paragone col Vietnam, che qualcuno avanza, è sempre stato assurdo. Nel Vietnam del Nord c’era un governo forte, munito di risorse finanziarie e militari. In Iraq non c’è nulla di simile. Questo significa che tra poco gli americani potranno dichiarare la vittoria definitiva e pensare ad altro. Se la vecchia strategia non contrasterà con la campagna elettorale, potranno occuparsi della Siria e dell’Iran, forse dell’Arabia Saudita. C’è però una strategia che non comporterà impiego di forza militare: quella europea. Sappiamo in che cosa consiste. Impedire che in Europa si formi un’Unione forte e indipendente favorendo invece un allargamento il più grande possibile che porti all’impotenza politica. I punti di partenza sono noti. Anzitutto gli uomini: Blair, Aznar, Berlusconi. Poi i paesi ex satelliti dell’Urss, che negli anni della loro soggezione hanno sempre guardato all’America come un modello di libertà e di democrazia.
Questo è il senso della raccomandazione che Bush avrebbe fatto a Berlusconi quando stava per partire: “Mi aspetto che farai di tutto per riavvicinare le due sponde dell’Atlantico”. E la risposta, che evidentemente concludeva i discorsi fatti in privato: “Promesso”. Berlusconi si era evidentemente impegnato a puntare su Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Romania, Bulgaria per favorire la formazione di una Ue filoamericana, cioè dissidente dalla politica franco-tedesca di amicizia con l’America, ma non di sudditanza.
La politica di Berlusconi è comprensibile, ma nella sua superficialità non aiuta a capire quella americana, né quella passata né quella futura. . L’America si è sempre impegnata a impedire che se formasse nel mondo una potenza concorrenziale. Gli europei erano del tutto d’accordo quando si trattava di contrastare l’Unione Sovietica o la Germania nazista. Sono di parere diverso se si tratta di impedire la formazione di un’Unione Europea libera e democratica, ma forte abbastanza da contrastare che nel mondo si formi un nuovo imperialismo che si proponga di affermarsi con l’uso della forza come ha fatto illegalmente in Iraq e come potrebbe fare altrove.
Noi europei cominciamo a vedere la politica americana in una luce diversa. Opporsi all’Unione Sovietica e alla Germania nazista era del tutto legittimo e aveva tutta la nostra comprensione. Ma ora ci sembra di capire che l’America ha sempre favorito l’integrazione economica del nostro continente, ma non quella politica, come se noi rappresentassimo potenzialmente lo stesso pericolo dei sovietici o dei nazisti. In questa luce si fanno evidenti certi disaccordi politici e sociali, che tuttavia non hanno nulla a che fare con i disaccordi che c’erano con Hitler o con Stalin. Certamente le nostre disgrazie passate ci hanno reso più saggi. Noi siamo arrivati finalmente a tentare di far prevalere la rule of law al posto degli interventi militari. Senza parlare del necessario affermarsi di alcune regole che dovrebbero affermarsi nella convivenza mondiale: la giustizia internazionale, la giustizia sociale, la protezione dell’ambiente. L’America ha invece respinto tutte le regole internazionali, dal rispetto dell’Onu, al trattato di Kyoto, ai tribunali internazionali. Su tutto questo è ancora possibile discutere, ma ci sembra di capire fin d’ora chi ha più ragione e chi è diventato più saggio.
Forse gli uomini di Bush sono sensibili alle opinioni di studiosi quali Charles A. Kupchan, che forse è troppo pessimista sul futuro, come ha fatto nel suo libro The end of the American Era. Kupchan sostiene che il futuro scontro di civiltà, ma forse non solo di civiltà, non sarà tra Occidente e Islam o Cina, ma tra Stati Uniti ed Europa. Questa previsione è certamente esagerata. Ma la via per correggerla non è quella seguita da Berlusconi, che ha tradito l’Europa appoggiando la guerra in Iraq, fornendo forze di occupazione che tra l’altro paghiamo noi, partecipando a iniziative come la Lettera degli otto, e tradendo di nuovo l’Europa della quale l’Italia ha partecipato alla fondazione. favorire la disgregazione europea proprio ora che siamo alla soglia di un’Europa forte e diversa è un vero tradimento del nostro futuro che sconteremmo per molti anni. Ed è anche un tradimenti di chi vuol fare prevalere la saggezza e la rule of law a vantaggio di chi vuol far prevalere l’arroganza e la forza delle armi nella convivenza internazionale.


(Pubblicato sull’Unità il 13 Agosto 2003)