LA FINE DEL BUE

Ernst von Waldenfels

 

"Ci trovavamo in quel momento a Strasburgo, quando ci giunse notizia che il capo del controspionaggio della Gestapo nelle Fiandre, Ilja Rajkov - detto il Bue -, era stato effettivamente ucciso da Michael Avatin e dai suoi aiutanti. Io appresi i particolari dell'esecuzione solo piú tardi, in parte da Avatin stesso, in parte da Cilly, che lo aveva aiutato nell'affare, ma soprattutto tramite il compagno Anton, l'uomo di collegamento ad Anversa che aveva raccolto le loro dichiarazioni.
In quattro avevano ricevuto l'incarico di portare a termine la cosa. (...) Dovettero constatare che non era facile intrappolare il Bue. (...) E Cilly, vestita di abiti succinti che ricordavano la seta sotto la pioggia, sedeva nei caffé e sorseggiava ogni genere di bibite in attesa che il Bue tentasse un'approccio nei suoi confronti" (1).
Ma il Bue è troppo diffidente e furbo, non si lascia adescare da Cilly nella zona del porto, dove Avatin attende in agguato. Un tentativo di avvelenamento fallisce perché improvvisamente Cilly ha compassione del Bue.
"Infine, in modo assolutamente repentino, accadde. (...) Poco prima di mezzanotte Cilly telefonò da un albergo sulla Meir, affermando che il Bue era ubriaco e insopportabile. Promise di portarselo dietro in taxi e di scaricarlo in una zona alberata nelle vicinanze della fortezza.
Avatin, Rose e il greco attesero tre ore su una panchina al riparo degli alberi. (...)
Verso le due e mezza spuntò dagli alberi un taxi. Intravidero Cilly che smontava e rapidamente si dirigeva verso la riva - sembrava volesse vedere un battello che passava. Il Bue smontò a fatica dal taxi un mezzo minuto piú tardi. Le gridò di aspettare. Cilly si voltò e quando il Bue la raggiunse, lei lo spinse su una panchina. Subito dopo ritornò verso il taxi e ordinò all'autista di dare gas. (...)
"Adesso è il momento", disse Avatin tranquillo.
Il Bue si rimise in piedi. Era visibilmente intontito, il suo corpo imponente e immobile sotto la pioggia.
"Avanti", disse il greco.
Il Bue si incamminò, raggiunse l'angolo delle spallette del fiume, Avatin alla sua destra, Rose alla sinistra, e dietro il corpulento greco con la pistola.
"Adesso ti uccideremo", disse Avatin.
Il Bue sembrò improvvisamente sorpreso.
"Cosa vi manca?", domandò con voce vibrante.
"Alla Gestapo dispiacerà la tua perdita", disse Avatin.
Sotto i loro piedi gorgogliava l'acqua nera del fiume tra le pietre. Il Bue si voltò verso il fiume come se volesse riflettere, poi si rigirò di scatto e colpí il greco sul viso. Nello stesso momento Avatin gli stoccò una pugnalata nell'addome e lo sventrò. Poi gli diede una spinta. Il Bue grugní. Subito dopo precipitò in acqua, e la corrente se lo portò via".


La violenta fine di Ilja Rajkov dovette compiersi ad Anversa all'inizio del 1933. Si tratta solo di uno dei numerosi episodi discutibili contenuti in "Out of the night", un romanzo autobiografico che uscí negli Usa nel 1940, sollevando un polverone enorme e vendendosi nell'ordine delle centinaia di migliaia di copie. Il libro racconta la storia di un ex-agente del Comintern che si presenta sotto lo pseudonimo di Jan Valtin, avendo motivo di continuare a temere la vendetta dei suoi antichi compagni.
Come molti altri all'interno del libro, anche questo episodio è impossibile da ricostruire con precisione, se non con l'ausilio degli inaccessibili archivi moscoviti del servizio segreto.
Il "Daily Worker", il quotidiano comunista degli Stati uniti, affermò di riconoscere Ilja Rajkov in un marinaio bielorusso, insieme al quale l'autore del libro, una spia della Gestapo di nome Richard Krebs, era stato per mare.
Se si tralascia per il momento il fatto che l'articolo del "Daily Worker" sia un lampamte tentativo di scuotere la credibilità di Krebs, ancora oggi tuttavia, a quasi sessant'anni dalla morte presunta di Rajkov, non è possibile stabilire cosa ci sia di vero in questa versione. L'unica cosa sicura è che l'episodio può essere considerato verosimile. Dopotutto non si tratterebbe dell'unica "cosa bagnata" portata a termine dal servizio segreto sovietico in quegli anni (2).
In mancanza di testimonianze di terzi, la storia della morte violenta del Bue non sarebbe altro che una leggenda inappurabile, se non esistessero tuttavia alcuni riferimenti ricavabili dall'identità delle persone coinvolte.
Sulla vittima, il bielorusso Rajkov, non si sa altro che quello che scrive Krebs. Non si dovrebbe tuttavia trattare di un'invenzione, se è vero che nel lascito postumo dell'autore è stato rinvenuto un breve racconto inedito, scritto dopo la sua fuga dall'Europa ma molti anni prima di "Out of the Night", in cui compare la figura di Rajkov nella denominazione del Bue. Secondo il racconto, Ilja Rajkov sarebbe stato uno dei numerosi fuoriusciti russi che collaboravano con la Gestapo. Una collaborazione, sia detto per inciso, che raramente si rivelò proficua per la polizia tedesca, poiché tutte le organizzazioni degli emigrati russi, senza eccezioni, pullulavano di infiltrati della polizia segreta sovietica, al punto che non era affatto raro che raggiungessero posizioni strategiche o di comando.
Avatin, l'uomo che apparentemente organizzò l'omicidio, è invece senza ombra di dubbi un personaggio storico realmente esistito. Sotto il nome Michael Avatin, alias Lambert, alias Schmidt, alias Kurkiss, ha lasciato tracce di sé negli archivi delle polizie di numerosi paesi europei e degli Stati uniti. In un atto del 1940 della polizia segreta svedese, la Säpo, si può leggere una descrizione personale:
"35-40 anni, alto circa 164 cm., tarchiato ma di buon portamento, cammina a passi brevi. Ha una faccia rotonda, capelli biondicci, occhi castani e un naso largo. Ha un viso leggermente butterato, specialmente sulle guance. La carnagione è giallognola, lievemente rossa. In passato è stato marinaio, come testimonia ancora la sua andatura vagamente ciondolante".
Avatin era noto alla Säpo come agente della GPU (3) di probabile origine lettone, attivo nei primi anni trenta come dirigente del servizio segreto nell'ambito della marina del Baltico. Parlava russo e polacco, e in piú correntemente tedesco, danese e svedese con accento danese. Nel 1940 gli svedesi avevano un grosso interesse ad acciuffarlo, poiché lo sospettavano di aver preparato dalla Svezia una serie di attentati contro la marina tedesca. Un sospetto che piú tardi sarebbe stato confermato.
Il vero organizzatore di quegli attentati era però il superiore di Avatin, Ernst Wollweber, piú tardi direttore della Stasi della DDR, che nelle sue memorie scrive di lui: "I compagni che arruolò erano piú o meno come lui - uomini duri, rancorosi e ostinati, cresciuti nella miseria".
Se si considerano ulteriori documenti, fondati sulle dichiarazioni di Krebs di fronte alla Gestapo e al servizio segreto militare americano CIC, ma che vengono confermati anche dalle loro rispettive informazioni, Avatin sarebbe nato intorno al 1900 in Lettonia ed era marinaio di professione. Di precoci convinzioni comuniste, combatté probabilmente già nella guerra civile russa. Nel 1930 era responsabile ad Amburgo della sezione baltica dell'Internazionale dei Marinai e dei Lavoratori Portuali, in sigla ISH, che potrebbe essere definita la sezione marittima dell'Internazionale Sindacale Rossa manovrata da Mosca. Ma Avatin ad Amburgo non si limitava certo all'attività sindacale; è anzi probabile che la sezione baltica servisse piuttosto da copertura. Secondo le affermazioni di Krebs, ma anche secondo gli atti della polizia segreta svedese, Avatin era responsabile del disbrigo dei trasporti clandestini, e a tal fine aveva costituito una rete di marinai assolutamente discreti e fidati, a cui, una volta ammessi nell'apparato dei corrieri, era severamente vietata ogni attività ufficiale nel partito. L'apparato contrabbandava passeggeri clandestini, denaro, propaganda e ogni genere di posta, ed era di notevole importanza per le attività del Comintern e dei servizi segreti. Occorre forse ricordare che settant'anni fa la navigazione marittima non si limitava come oggi al trasporto di merci pesanti. Prima della diffusione su vasta scala dei mezzi di comunicazione elettronica e del traffico aereo, veniva trasportato via mare anche tutto il resto: informazioni, denaro, plichi, lettere e persone. L'interesse dei servizi segreti sovietici per la ISH e per l'organizzazione precorritrice IPAK-Transport era perciò sin dagli inizi enorme. Nel 1933, quando il Bue venne presumibilmente liquidato, tutta una serie di quadri dirigenti dell'ISH era attiva contemporaneamente per i servizi segreti sovietici.
Gli altri attori coinvolti nel presunto omicidio, Cilly e il "compagno Anton", erano anch'essi quadri dell'ISH. Del compagno Anton si sa meno di tutti. Le ulteriori informazioni derivano dalle dichiarazioni di Krebs al CIC, ovvero che il suo nome completo era Anton Zils e che apparteneva all'apparato dell'ISH di Anversa.
Su Cilly per contro se ne sa abbastanza. Il suo vero nome era Hildegard Volkersen, ed era la figlia di un droghiere benestante e di idee conservatrici di Amburgo, che non aveva il minimo sospetto sulla sua doppia vita. All'esterno appariva come una steno-dattilografa priva di interessi politici e con un debole per le amicizie maschili pericolose. Davanti ad un tribunale nazista, in un processo del 1934 per alto tradimento, recitò talmente bene la parte dell'ingenua che dopo la scadenza della custodia cautelare venne rilasciata, per la rabbia della Gestapo.
Il suo capolavoro però le riuscí quando a furia di chiacchiere ottenne di farsi restituire dagli sgherri della Gestapo una foto che avrebbe raffigurato un familiare, mentre invece costituiva un oggetto di prova di vitale importanza. La vera identità della Volkersen, cosí come l'evidenza di essersi fatta abbindolare, la Gestapo le scoprí solo molto piú tardi.
Nella sua seconda vita, Hildegard Volkersen era infatti l'amante e la segretaria di Adolf Shelley, alias Alfred Bem, il quale, pur senza ricoprire cariche ufficiali, era l'effettivo direttore dell'ISH. La Volkersen era quindi addentro ad ogni faccenda riguardante l'organizzazione e, come dimostrò dopo il suo arresto, facendone la sua segretaria Alfred Shelley aveva compiuto un'ottima scelta.
Da quel che si sa di Hildegard Volkersen, il ruolo che Krebs le affibia nella liquidazione del Bue è quindi assolutamente plausibile. A parte Michael Avatin, Hildegard Volkersen e Anton Zils, esiste un quarto "invisibile" protagonista che non abbiamo ancora trattato: naturalmente si tratta dello stesso autore. Come avrebbe Richard Krebs altrimenti appreso tanti particolari? Se anche volessimo credere che fosse stato semplicemente informato da Anton Zils o da Hildegard Volkersen, con la quale, secondo la sua deposizione in tribunale, Krebs coltivava una relazione, in tal caso dobbiamo se non altro supporre che Krebs appartenesse in senso piú o meno stretto al gruppo di Avatin. Un elemento completamente estraneo infatti non sarebbe stato informato di nulla.
Nondimeno chiunque si volesse occupare di questo segmento della vita di Richard Krebs si smarrirebbe suo malgrado in un'impenetrabile foresta di viaggi mai realizzati, asserzioni autodifensive o fuorvianti e una quantità estremamente ridotta di fatti incontestabili.
Una certa disposizione di Richard Krebs alla violenza è stata notata sin dalle prime recensioni di "Out of the night". Soprattutto due frasi all'inizio del libro, nella cronaca della rivoluzione tedesca di Novembre, vengono ripetutamente citate:
"Un ufficiale in grigio uscí dalla stazione quando questa venne circondata; venne afferrato dai rivoltosi. Nonostante la sua resistenza, gli vennero strappate le mostrine dalle spalle. Fece come per estrarre la pistola, ma subito vorticarono su di lui i calci dei fucili e venne sopraffatto dalla folla. Osservai affascinato il tutto da molto vicino. (...) L'ufficiale non si muoveva piú. Ero meravigliato da come fosse facile uccidere un uomo" (4).
Nondimeno occorre ricordare che una disposizione alla violenza in un marinaio di quegli anni non rappresentava un fatto insolito. Risse piú o meno innocue durante le uscite a terra, ma anche lotte senza quartiere con l'avversario politico, i nazionalsocialisti, erano all'ordine del giorno.
L'omicidio politico tuttavia, e perdipiú uno cosí ben pianificato come quello di Ilja Rajkov, non era affare per principianti, e nel 1933 i compiti di Richard Krebs erano difatti ben altri. A quel tempo era istruttore dell'ISH: un emissario della centrale dai poteri illimitati che organizzava scioperi, rimuoveva funzionari insubordinati, controllava singole sezioni e, se necessario, le rimetteva in riga.
Nonostante ciò esistono motivi per credere che Krebs coltivasse una particolare relazione con Avatin, iniziata nei primi anni venti e durata fino al suo arresto da parte della Gestapo nel 1933.
Tutto era cominciato quando Grigorij Ackanov, piú tardi segretario generale dell'IPAK-Transport, arrivò nel 1924 ad Amburgo con l'incarico di reclutare attivisti statunitensi per l'organizzazione. Sui risultati della sua attività spediva regolarmente a Mosca dei rapporti, che dal 1992 sono accessibili al pubblico nell'archivio del Comintern. Il suo compito non era agevole, poiché la maggior parte degli attivisti americani era di tendenze anarchiche. In quell'occasione Ackanov conobbe il diciottenne Richard Krebs, a quel tempo imbarcato sul mercantile americano Montpellier. In mancanza di elementi piú esperti, Krebs venne incaricato di ritornare con la Montpellier sulla costa occidentale degli Usa, per entrare in contatto con singole cellule dell'IWW, un'associazione anarco-sindacalista all'epoca fortemente perseguitata, che perciò poteva forse avere interesse a confluire in un'organizzazione piú potente. Inoltre, ricevette l'incarico di favorire la traversata di un passeggero clandestino. Si trattava di Avatin. Di quest'incarico non vi è traccia nei rapporti di Ackanov, ma se ne fa menzione solo in "Out of the night".
Ora, "Out of the night" rappresenta notoriamente un inaffidabile miscuglio di ricordi personali, ricordi di terzi, eventi letti o sentiti e altri liberamente inventati. Esiste però un ulteriore riferimento. Come reazione alle accuse scatenate dal suo libro, Krebs scrisse infatti una lista dal titolo "Dove e come si possono verificare i fatti narrati in 'Out of the night'", in cui affermava che negli atti della Shipping Commissioner di San Francisco si potesse leggere il rapporto su un passeggero clandestino di nazionalità estone scoperto a bordo della Montpellier nel giugno del 1924.
Un ulteriore riferimento è un testo di Krebs sui passeggeri clandestini, inedito e molto anteriore a "Out of the night", in cui la figura di Avatin ricorre lievemente alterata in Alvatin:
"A Rotterdam ho incontrato un uomo che forse può essere incoronato campione del mondo dei clandestini. Il suo nome è Alvatin. È originario di Riga e viaggia in qualità di istruttore itinerante della Terza Internazionale. Ha percorso le coste di tutti i continenti e raggiunge sempre le sue mete con straordinaria precisione. Durante i viaggi brevi il suo nascondiglio preferito è tra le caldaie a vapore della sala macchine, dove entra quando le caldaie sono ancora fredde e vi resta finché non raffreddano nuovamente. Durante la traversata le caldaie si trasformano in vulcani roventi, e per tutto il tempo non c'e possibilità che egli esca dal suo nascondiglio, né che l'equipaggio vi abbia accesso dall'esterno. Nel mentre beve limonata, suda, dorme e arriva sempre esattamente a destinazione."
Da questo testo risulta evidente la giovanile ammirazione di Krebs per la figura di Avatin, e non stupisce quindi che ne abbia fatto uno dei protagonisti del suo romanzo. Come nell'episodio del Bue, Avatin riveste in tutto il libro il ruolo del freddo "Triggerman" del Comintern, dell'esecutore chiamato in causa quando non ci sono piú altre possibilità.
Nel racconto dell'ultimo incontro tra Krebs e Avatin in "Out of the night", scrive l'autore:
"Mi lanciò un sorriso. Per Avatin un sorriso non significava niente. Era capace di sorridere a qualcuno e un minuto dopo di ucciderlo" (5).
Malgrado, secondo Krebs, Avatin piú tardi non avrebbe esitato un attimo a liquidarlo come "traditore", è evidente in tutte le descrizioni del romanzo un'ammirazione per l'"uomo d'azione", il quale, al contrario degli alti funzionari del partito, disprezza gli intrighi e regola i conti con l'avversario in modo "onorevole" e "da uomo".
Sebbene sia doveroso ripetere come il romanzo di Richard Krebs mostri un approccio quantomeno libero nei confronti di eventi e personaggi storicamente attestati, esiste un indizio che confermerebbe la descrizione di Avatin come plausibile.
Nel 1940 l'ex-alto ufficiale della polizia segreta sovietica nonché transfuga Walter Krivickij venne trovato morto in un albergo di New York. Accanto al suo cadavere venne rinvenuta una lettera di addio e nella sua mano il revolver da cui era partito il colpo. Sul posto non venne ritrovata alcuna prova di un'intrusione esterna. Nondimeno era noto che Krivickij temesse di essere rintracciato dalla NKWD, e avesse perciò ingiunto tutti i suoi conoscenti di non credere, in caso di suo decesso, all'ipotesi di un suicidio. Richard Krebs apparteneva a coloro che credevano ad un omicidio e pubblicò nel 1941 un articolo sul "Journal American", in cui chiedeva conto di dove si trovassero certi individui della risma di Avatin. Krebs confessò nel 1950 al servizio segreto militare americano CIC di aver ricevuto in seguito al suo articolo una lettera da parte di un certo Kurt Lehmann, che conteneva la seguente frase:
"Se vuoi sapere dove si trovano queste persone, chiedi a X, imbarcato come marconista sulla nave scandinava Y". Krebs non riusciva a ricordarsi esattamente i nomi, ma dichiarò al CIC di aver consegnato la lettera all'FBI.
Kurt Lehmann non era esattamente uno qualunque, poiché conosceva Avatin dal periodo di Amburgo, quando era attivo, al pari di Krebs, nell'ISH. Nel 1941, quando scrisse la lettera, Lehmann era già da tempo sulla lista dei traditori, ovvero dal 1935, quando insieme ad un gruppo piuttosto nutrito di ex-attivisti dell'ISH si volse contro il partito.
Le dichiarazioni che Krebs rilasciò al CIC poco prima della sua morte sono da prendersi sul serio. In quell'occasione si lasciò interrogare volontariamente per due settimane rinunciando perfino al soldo concordato. I suoi motivi erano in primo luogo un fanatico anticomunismo e un odio personale verso alcuni dei vecchi compagni, in special modo Ernst Wollweber.
In che misura Krebs fosse interessato all'esattezza delle sue dichiarazioni viene dimostrato dalla franchezza con cui corresse le inesattezze, esagerazioni e falsità contenute in "Out of the night", diffidando apertamente i suoi interlocutori dal prendere tale fonte per oro colato.
Nelle cento e piú pagine fittamente ciclostilate, accompagnate dalle notizie sulla sua carriera nel Comintern, nel 1950 vengono protocollate centinaia di nomi, caratterizzazioni psicologiche e descrizioni personali. Le sue dichiarazioni su Avatin corrispondono nella sostanza a quanto narrato in "Out of the night", a parte il fatto curioso che voglia dare ad intendere di averlo conosciuto solo nel 1930.
Come abbiamo avuto modo di vedere, questa eventualità è piuttosto improbabile. Il motivo potrebbe avere a che fare con l'unico periodo della sua biografia di cui non volle raccontare niente al CIC. Si tratta della sua aggressione al negoziante Morris L. Goodstein, avvenuta a Los Angeles nel 1926, che gli costò una condanna a dieci anni, di cui tre trascorsi nel carcere di San Quentin.
Il pubblico ministero all'epoca riassunse cosí: "L'imputato entrò il 16 di agosto del 1926 nel negozio di Morris Goodstein a Los Angeles, e diede mostra di voler comprare qualcosa. Mentre Goodstein impacchettava i prodotti, l'imputato lo colpí con il revolver sulla testa. L'imputato subito dopo rivolse la pistola verso l'uomo e intimò: "Mani in alto!", al che Goodstein cominciò a gridare e a lanciare i suoi prodotti sull'imputato, il quale in preda al terrore si gettò in strada finendo in un vicolo cieco, dove venne arrestato."
Come è stato spesso testimoniato, Richard Krebs era persona in grado di farsi valere in qualunque rissa, e negli anni a seguire ebbe modo piú volte di dimostrare il suo sangue freddo, per cui il suo comportamento nel 1926 è oltremodo bizzarro. Anche in tribunale si sollevò il sospetto che qualcosa non andava, e difatti ecco come si conclude la motivazione della sentenza: "Il tribunale ha l'impressione che l'imputato non sia completamente normale".
Richard Krebs scrive nel suo "Out of the night" di aver ricevuto da un agente segreto sovietico la commissione di un omicidio. L'idea di uccidere un perfetto sconosciuto tuttavia lo avrebbe ripugnato. Nel dilemma di dover scegliere se assecondare la rivoluzione o la sua coscienza, decise di assolvere l'incarico di mala voglia. In tal modo Richard Krebs fornisce una spiegazione psicologicamente plausibile per il suo comportamento. Nondimeno, malgrado le ricerche della stampa, dell'FBI e di un suo amico, non si riuscí mai a scoprire chi gli avesse commissionato l'omicidio, né per quale motivo Morris Goodstein dovesse essere ucciso.
Quel reato pesò a lungo sull'esistenza di Richard Krebs, fortificò la diffidenza delle autorità nei suoi confronti e contribuí al suo semestrale internamento nel 1942. Dopo tutte le esperienze collezionate con la burocrazia americana, appare quindi comprensibile che Krebs abbia mantenuto il riserbo, anche nei confronti del CIC, su qualunque affare che lo compromettesse direttamente.
Se escludiamo l'ipotesi del tribunale, ovvero che Krebs fosse mentalmente instabile, sorge naturale una domanda che certamente anche il CIC deve essersi posto: è plausibile che un agente segreto sovietico affidi un simile incarico ad una persona completamente inesperta?
Probabilmente sarebbe piú semplice trovare la risposta a questo interrogativo, se si sapesse esattamente dove è stato e cosa ha fatto il ventenne Richard Krebs nell'inverno 1925-26. Egli stesso descrive con ricchezza di particolari in "Out of the night" una formazione di rivoluzionario professionista che assolse nel '26 in Unione Sovietica nella cosiddetta Scuola di Lenin. La descrizione della quotidianità nella scuola, degli insegnanti e dei compagni, è cosí dettagliata che qualunque lettore si sentirebbe di escludere che possa essere stata inventata. E tuttavia: gli archivi della Scuola di Lenin, oggi consultabili liberamente a Mosca, non riportano né un Krebs, né un Heller (il suo presunto nome di copertura), e neanche uno dei nomi dei suoi compagni citati nel libro. Di fronte al CIC Krebs rivelò invece di avere seguito un corso di sei settimane dell'IPAK-Transport che verteva su questioni sindacali. Forse è davvero questa la spiegazione del fatto che non si trovi traccia del suo nominativo.
Nondimeno esiste la possibilità di un'altra formazione che rientrerebbe meglio nel quadro dell'aggressione di Los Angeles. Un genere di addestramento che non sarebbe cosí innocente come descritto, e per il quale sarebbe stato eventualmente raccomandato da Avatin. Se la sua formazione avesse avuto davvero un simile carattere, allora Krebs avrebbe avuto tutti i motivi per tenerla per sé fino alla fine dei suoi giorni.
L'ipotesi che Krebs abbia goduto di un qualsiasi tipo di addestramento è molto probabile anche per un altro motivo: solo cosí si potrebbe spiegare la sua fulminante ascesa nei quadri dell'ISH dopo i tre anni a San Quentin.
Quel che Krebs prudentemente tacque al CIC e nella sua autobiografia, è il fatto che non appena arrivato in carcere entrò subito in contatto con il Comintern.
Questo almeno risulta dagli appunti autobiografici che fanno parte del lascito postumo: siccome padroneggiava le lingue scandinave (sua madre era svedese), venne infatti incaricato dalla direzione del carcere di tradurre le lettere dei detenuti nordeuropei. Krebs approfittò di quella posizione per avviare un carteggio segreto con i suoi superiori dell'IPAK-Transport, i quali dopo il rilascio e l'espulsione dagli Usa lo accolsero a braccia aperte, commissionandogli dopo breve tempo incarichi di responsabilità.
Come già menzionato, si trattò principalmente di compiti che avevano a che fare con questioni organizzative o misure discilinari. Non esistono prove che tali incarichi lo avessero coinvolto in qualche "cosa bagnata". Se tuttavia venne a conoscenza di qualcuna di esse, ciò è dovuto alle strette relazioni personali che intratteneva con Avatin e il suo apparato, risalenti a molto tempo addietro e in qualche modo collegate ai fatti di Los Angeles.
Ma non si può affatto escludere che le relazioni di Krebs con Avatin e i suoi collaboratori non fossero di natura esclusivamente personale. Esiste un testo nel lascito postumo che conferma come la vicenda di Rajkov non sia stata inventata di sana pianta, e il cui titolo è quantomeno sospetto.
Si tratta di una breve traccia che mette in risalto solo gli aspetti principali della vicenda, e in cui i nomi dei protagonisti appaiono solo con le rispettive iniziali. La storia è stata scritta evidentemente prima di "Out of the night" e tratta della morte violenta di un ufficiale bielorusso. Il titolo provvisorio scelto dall'autore è: "We killed the ox".

(traduzione di Antonello Piana)


NOTE

(1) Jan Valtin, "Tagebuch der Hölle" (Diario dell'inferno), Greno-Verlag, Nördlingen, pp. 383 e sg., traduzione di Werner Krauss dall'originale: Jan Valtin, "Out of the night", Alliance Book Corporation, 1941 Usa
(2) *Mokroe delo* = "cosa/faccenda bagnata" è l'attuale espressione nel gergo delle spie russe. Al tempo dei fatti narrati si diceva probabilmente *liternoe delo*, un'espressione che può avere diversi significati inerenti al viaggio. Si potrebbe tradurre con "biglietto omaggio", un'espressione che ricorda curiosamente quella della Gestapo "Biglietto di sola andata per il Walhalla".
(3) Cosí si chiamava il servizio segreto sovietico dal '24 al 32. Piú tardi divenne NKWD, e solo negli anni cinquanta assunse il famigerato nome KGB (n.d.t.)
(4) Jan Valtin, op. cit., pp. 18
(5) Jan Valtin, op. cit., pp. 582




Nel 1918 Richard Krebs partecipa in veste di giovanissimo Spartachista alla rivoluzione tedesca del 9 Novembre. Diventa marinaio e fino al 1925 percorre i sette mari in qualità di attivista del partito comunista tedesco. Nel 1926, viene presumibilmente invitato in Unione Sovietica per un corso di perfezionamento da rivoluzionario. Lo stesso anno viene arrestato a Los Angeles per tentato omicidio in un'oscura vicenda che non è mai stata definitivamente accertata. Trascorre tre anni a San Quintino, poi rientra in Germania dove riceve incarichi ufficiali come istruttore dell'ISH, l'Internazionale dei Marinai e dei Lavoratori di Porto: espleta incarichi di propaganda, sciopero e organizzazione in diversi paesi europei e ascende rapidamente i quadri dell'organizzazione. Ad Anversa fa la conoscenza di Firelei, sua futura moglie. Dopo l'ascesa al potere dei nazionalsocialisti, continua le sue attività clandestinamente. È nella lista dei ricercati della Gestapo, che gli sequestra il figlioletto. Si porta al sicuro dapprima in Scandinavia, successivamente in Belgio. Nel 1933 viene arrestato dalla Gestapo, viene torturato per sei mesi e incarcerato per tre anni. Finge la collaborazione al fine di infiltrarsi nelle strutture naziste per conto della resistenza comunista.
La Gestapo per contro utilizza la moglie e il figlioletto come ostaggi per costringerlo alla collaborazione in veste di infiltrato nel Comintern. Nel 1938, dopo dopo vent'anni di battaglie politiche e cospirazioni, abbandona il Comintern per sfuggire alle purghe staliniane e rifugia in America. Viene perseguitato come traditore sia dalla GPU, precorritrice del KGB, che dalla Gestapo. Sua moglie viene uccisa in un campo di concentramento. Collabora con il CIC, il servizio segreto militare americano, ma viene anche internato come elemento sospetto; arruolandosi nell'esercito diventa cittadino americano. Nel 1941 pubblica in America sotto lo pseudonimo Jan Valtin "Out of the night", una sorta di autobiografia travestita da romanzo, che solleva uno scandalo enorme, si vende nell'ordine del milione di copie e viene premiato come libro dell'anno dalla rivista TIME. Sopravvive ad un attentato, di cui considera responsabile la GPU. Muore di malattia nel 1951 all'età di quarantacinque anni.

Ernst von Waldenfels ha appena pubblicato una biografia di Richard Krebs alias Jan Valtin.



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