MINORANZE IMPLOSE E LATENZE LINGUISTICHE

Carmine Chiellino


Nel mio intervento mi occuperò di due aspetti della letteratura scritta o da autori, che usano una lingua diversa da quella della loro provenienza culturale, o da autori che scrivono la lingua di appartenza ma ben consapevoli di fare parte di una minoranza etno-culturale, ma a volte solamente religiosa.
Per indicare di che cosa si tratta mi servirò di due concetti extraletterari e cioé quello di minoranza implosa e quello di latenza linguistica.
Per minoranza implosa intendo una minoranza etno-culturale, e a volta perfino religiosa, caratterizzata da alto livello di autoaggressività.
Per latenza linguistica intendo l'affiorare della lingua di provenienza culturale in un testo scritto ovviamente in un'altra lingua. Per intenderci considero come latenza linguistica sia l'affiorare dello Jiddisch nelle Storie dell'ottavo distretto (1986) di Giorgio e Nicola Pressburger sia l'emergere del tedesco nel romanzo I beati anni del castigo (1989) di Fleur Jaeggy. Ricordo che il tedesco in certo qual modo è stata la lingua madre per Fleur Jaeggy, mentre l'italiano non è certo la lingua madre di Giorgio e Nicola Pressburger.
Da dove nasce questa necessità di altri concetti o di altre categorie analitiche dopo avere pubblicato, nel 1995, la monografia Am Ufer der Fremde. Literatur und Arbeitsmigration 1870-1991. [Ai margini della diversità. Letteratura ed emigrazione 1870-1991]. Non è che sia tormentato dal dubbio di non avere interpretato in modo corretto una serie di opere di autori in emigrazione servendomi di strumenti di critica letteraria approntati sulla letteratura impegnata. Ma è anche vero che il modello critico, che mi ha portato a vedere nella letteratura in questione una letteratura progettuale per l'emancipazione degli stranieri o per la loro pariteticità sociale, oggi mi appare alquanto restrittivo. A volte ho la sensazione di non avere focalizzato fino in fondo la singolarità estetica di una letteratura che si nutre di autenticità interculturale. Per autenticità interculturale intendo il riuscire a creare un'opera letteraria che si rivela parte integrante di due letterature indipendentemente dalla lingua in cui essa è stata scritta. Uno degli esempi più convincenti in tal senso è il romanzo Die Unversöhnlichen [Gli inconciliabili] di Franco Biondi, uscito a Tubinga nel 1991. Si tratta di un romanzo in lingua tedesca che da una parte è leggibile come un'opera della letteratura operaia italiana degli anni 60, dall'altra è l'opera con cui viene fondata la memoria interculturale della comunità italiana in Germania. Pertanto il romanzo fa parte della letteratura tedesca contemporanea che grazie ad opere come Die Unversöhnlichen si sta liberando di tutto ciò che anche negli anni ottanta la definiva come una letteratura rigidamente monoculturale.
Per giungere ad un superamento dell'apparato analitico di Am Ufer der Fremde mi sono messo alla ricerca di quelle costanti che hanno contribuito a rendere interculturale la letteratura in lingua tedesca a partire dagli stessi anni ottanta.
Ed ecco perchè, oggi qui, mi occuperò di latenze linguistiche e minoranze implose. E per poterlo fare con una certa profondità comincio da Giovanni Pascoli perchè me ne sono già occupato in un capitolo di Am Ufer der Fremde.
Di Pascoli mi interessa soprattutto il poemetto Italy del 1904, in cui egli tratta il rientro a Caprona dell'emigrato Taddeo con i figli Ghita e Beppe e la nipote Maria ovvero Molly. Molly è figlia del fratello Taddeo, che è rimasto a Cincinnati. Molly è malata, guarirà dopo la morte della nonna e così potrà ritornare in America dai suoi genitori. Del poemetto mi interessa la contraddizione innovativa in cui Pascoli si è fatto coinvolgere per mediare la diversità culturale di cui sono portatori i protagonisti. Ed in
che cosa consiste questa sua contraddizione? E´ noto che il grande desiderio di Pascoli era quello di essere un punto di riferimento, un modello di integrazione nazionale all'interno della letteratura per la Nuova Italia. Ed in realtà è stato ed è tutt'ora molto apprezzato per questa sua funzione. Nei suoi canti e poemetti Pascoli si esprime sempre a favore di una purezza della lingua italiana molto vicina alla vita quotidiana delle classi umili. Senonchè durante la stesura di Italy egli si affida ad una intuizione interlinguistica, che lo porta a comporre alcune strofe di Italy nel modo seguente:

Pane di casa e latte appena munto.
30

Dicea: "Bambina, state al fuoco: nieva!
Nieva!". E qui Beppe soggiungea compunto:

"Poor Molly! qui non trovi il pai con fleva"

Oh! no: non c'era lì né pieflavour
né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto:
"Joe, what means nieva! Never? Never? Never?

45 Molti bisini, oh yes.... No, tiene un frutti-
stendo.... Oh yes, vende checche, candi, scrima...
Conta moneta: può campare coi frutti....

59

Will you bay... per Chicago e Baltimora
Buy images per Troy, Memphis, Atlanta,
con una voce che te stesso accora:

Cheap!... nella notte, solo in mezzo a tanta
gente; cheap! cheap! Tra un urlerío che opprime;
cheap!... Finalmente un altro odi, che canta....

Ricordo che a Benedetto Croce la proposta di Pascoli non piacque affatto, tanto da definire l'intero poemetto "Quell'orrida Italy, col gergo angloitalico degli emigranti reduci dall'America." A Benedetto Croce, così immerso nella sua letteratura per una nuova Italia, sfugge completamente la progettualità con cui Pascoli tenta la mediazione tra cultura d'origine e la cultura di arrivo. Però la proposta di Pascoli non nasce dalla conoscenza della diversità angloamericana di cui soprattutto Molly, la nipote americana del nonno toscano Meo, è portatrice. La proposta di Pascoli è un modello estetico e nasce dalla sua esperienza di poeta in lingua latina. Scrivendo in latino di realtà italiane Pascoli aveva certamente intuito che è difficile trasmettere le diversità con una lingua esterna alla realtà da rappresentare.
E allora che cosa ci propone in Italy?
Pascoli inserisce concetti e sonorità nordamericane in un contesto semantico e sonoro italiano. Con tale scelta riesce a fare sentire al lettore la difficoltà di indagare sul diverso, la difficoltà di appropiarsi del diverso servendosi della propria lingua. Ripeto che la difficoltà non proviene dalla mancanza di esperienze con l'altra cultura. La difficoltà nasce dal fatto che ogni lingua intesa come fonte e modello di identità nazionale non fa che riflettere la propria cultura ed quindi escludere l'altro, il diverso.
La proposta di Pascoli di esporsi con la propria identità culturale al diverso attraverso la sperimentazione linguistica la ritroviamo realizzata nel canto del fioraio della Time Square. Come se questo fioraio della Time Square di New York volesse inverare il verso di Pascoli che diceva

cheap!... Finalmente un altro odi, che canta....

e cosa canta questo immigrato campano a New York nel 1961 per vendere i suoi fiori:


Flowers! Flowers! / Cheap too cheap today! / Chi me l'à fatto ffá / vennì sta terra cà / in cerca di speranza / e nun l'aggia truvà / Chrysanthemums, pink roses, / Cheap too cheap today! / Flowers! Flowers

Sembrerebbe lo stesso processo trilingue di Pascoli, ma in realtà è tutt'altra cosa. Troviamo le tre lingue rapportate a tre diverse funzionalità: la lingua operativa è l'inglese, la lingua dell'appartenenza culturale è la lingua campana, mentre il segmento di italiano standard e cioé "in cerca di speranza" correge la percezione standard nazionalpopolare per cui si va in emigrazione: in cerca di fortuna. La sostituzione con "in cerca di speranza" sottolinea la fuga del venditore di fiori da una situazione ad altissimo rischio di implosione.

Minoranza implosa

Per minoranza implosa intendo una minoranza etno-culturale o religiosa, che per cause sociali, economiche o culturali, tutte documentabili, ha sviluppato una forte tendenza all'autoaggressione.
Tra le cause più ricorrenti che portano all'implosione di una minoranza ne faccio presenti alcune. L'oppressione della minoranza etno-culturale da parte della maggioranza monoculturale del posto o da parte di una altra minoranza egemonica in quei stati dove non esiste una maggioranza originariamente ancorata sul territorio. I progetti collettivi non realizzati o realizzabili, il pericolo di dissoluzione etnica o religiosa della minoranza di appartenenza; processi di laicizzazione; ed infine l'incapacità di superare la propria diversità all'interno della cultura di arrivo. Una minoranza implosa o a rischio di implosione può essere narrata affidandosi a schemi letterari ben diversi tra loro.
Nel caso di Theodor Fontane, un classico della letteratura tedesca dell'ottocento e un modello incontrastato di integrazione nazionale, l'implosione della minoranza degli Ugonotti del Branderburgo si manifesta come dissoluzione della memoria ormai interculturale di una minoranza religiosa da tempo sulla via della laicizzazione. Nel suo romanzo autobiografico Meine Kinderjahre [La mia infanzia] del 1893, Fontane metaforizza l'impossibilità socio-storica di arrestare la dissoluzione della minoranza degli Ugonotti confrontando il lettore del romanzo con ben quattro processi di dissoluzione: l'apatia del protagonista nei confronti della religione degli antenati, la dissoluzione della vita familiare in casa Fontane, la rovina economica dei Fontane a causa della passione del gioco del padre, ed infine la scomparsa della lingua importata dalla minoranza. Mentre il nonno Fontanes parlava ancora tanto bene in francese da essere impiegato a corte, il padre del protagonista, il farmacista Fontane, lo parla a modo suo; nel romanzo stesso l'autore lo introduce sempre come latenza linguistica.

Un secolo dopo la scrittrice Herta Müller fa implodere la minoranza dei Banater Schwaben in Romania con particolare drasticità. Nei racconti del volume dal titolo Niederungen [Bassopiani/Bassezze], del 1984 l'implosione si presenta particolarmente violenta perché viene filtrata attraverso la percezione di una bambina, che è testimone involontario di continue violenze gratuite. Secondo Herta Müller le cause dell'autoaggressione dei Banater Schwaben derivano dalla loro incapacità di superare la propria diversità culturale nel paese di arrivo. Nel corso di due secoli la minoranza dei Banater Schwaben si è isolata con tanta costanza dalle culture limitrofi, che alla fine sono costretti a fare il bagno nella propria sporcizia: ovvero sia "in eigenen Dreck baden." Alla fine del racconto dal titolo Das schwäbische Bad [Il bagno svevo] si può leggere quanto segue: "Il nonno entra (per ultimo) nella vasca da bagno. L'acqua è ormai gelida. Il sapone fa ancora una bella schiuma. Il nonno si gratta giù tanta sporcizia dai gomiti che va a galleggiare a fior d'acqua con la sporcizia di mia madre, insieme a quella di mio padre e a quella di mia nonna."

"Der Großvater steigt in die Badewanne. Das Wasser ist eiskalt. Die Seife schäumt. Der Großvater reibt graue Nudeln von seinen Ellbogen. Die Nudeln des Großvaters schwimmen mit den Nudeln der Mutter, des Vaters und der Großmutter auf der Wasseroberfläche." (pagg. 13-14).

Al centro di altre racconti o romanzi su minoranze implose ci possono essere l'incapacità di procreare, la violenza contro un membro della famiglia o l' incesto tra fratelli e sorelle. Come esempio estremo si può ricorre al romanzo Jossel Wassermanns Heimkehr del 1993 [Il ritorno a casa di Jossel Wassermann] dello scrittore ebreo-tedesco Edgar Hilsenrath. Protagonista del romanzo è il giovane Jossel Wassermann ben noto nell'intera città di Pohodna per la sua "stanga di tutto riguardo"(pag. 223). In realtà Jossel non ha la minima difficoltà a mettere in cinta Lydia, la ragazza rutena che fa le pulizie in casa Wassermann. Lo stesso Jossel però non riuscirà a procreare nè con la prima moglie Rebecca a Pohodna nè con la seconda moglie Rosa sul Lago di Lugano, anche lei di cultura e di religione ebraica.
Nel romanzo Die Walsche [L'Italiana, 1982] del sudtirolese Joseph Zoderer, un romanzo impostato sulla vita dei contadini delle alpi sudtirolesi, l'autoaggressione si manifesta in rituali del tipo seguente: "Quando lui la sera non ritorna a casa dopo avere foraggiato gli animali, lei sa bene che deve nascondersi, le aveva raccontato Anna; ogni volta che si ubriaca, le rimprovera di avere una figlia ancora in casa e un pezzo di pinastri, avuto in eredità, che non vale un bel niente, e poi la picchia, e dopo lei si deve spogliare, e coricarsi senza coperte nella stanza sul retro della casa, anche d'inverno, quando nella caffettiera il caffé forma uno strato di ghiaccio, la guarda, la guarda senza nessuna reazione, la lascia ad un tale gelo senza neanche una coperta, la guarda per ore e alla fine le dice sputandole addosso: tu puttuna, tu! (pag.14).

Wenn er zum Viehfüttern am Abend nicht heimkomme, wisse sie, daß sie sich verstecken müsse, hatte ihr die Anna erzählt, wenn er angesoffen sei, werfe ihr alles vor, ihre ledige Tochter und den Latschenwald, den sie geerbt hatte und der nichts wert sei, und dann schlage er sie, und sie müsse sich ausziehen und in der Hinterstube ohne Decke einfach so da liegen, auch im Winter, wenn in der Kaffeekanne in der Früh eine Eisschicht sei, er aber schaue sie an, schaue sie unverwandt an, in so einer Kälte lasse er sie mit nichts auf dem Bett liegen und glotze stundenlang, und zum Schluß spucke er sie an und sage: du Hur, du." (S.14).

Né va dimenticato l'ultimo romanzo su Toronto dello scrittore Nino Ricci dal titolo Where She Has Gone del 1997. I due protagonisti italo-canadesi del romanzo, fratello e sorella, vivono la loro vita incestuosa in via Sainte Claire, cioè nel cuore della Little Italy di Toronto.
A questo punto non c'e da meravigliarsi se Mario Puzo nella seconda metà degli anni sessanta ricorre alla costante della minoranza implosa per impostare il suo bestseller The Godfather [Il padrino]. Così facendo riesce a raccontare la discrepanza tra il potere economico delle minoranza italo-americana di New York e la sua debolissima posizione sociale all'interno di una società dominata dalla minoranza anglo-americana uscita più forte dalla seconda guerra mondiale.
Per dimostrare fino a che punto la costante letteraria della minoranza implosa determini la creazione del linguaggio di un opera passo ad occuparmi più concretamente della latenza linguistica come strumento letterario, così come Mario Puzo se ne è servito nel suo bestseller.

Il termine Animales con cui Puzo annuncia per bocca di Amerigo Bonasera il ricorso a latenze linguistiche già nelle primissime pagine del suo romanzo è talmente scontato che si è tentati di lasciarlo perdere. Ma è il modo come esso viene introdotto a destare curiosità. In realtà è il giudice anglo-americano ad introdurre i due giovani, che hanno ridotto in fin di vita la figlia di Amerigo Bonasera che si è rifiutata di andare al di là della sua identità culturale. Il giudice li presenta come "the worst kind of degenerates" [La peggior feccia di degenerati]. Amerigo Bonasera pertanto non può essere che d'accordo con la lingua del giudice, ne accetta la definizione degli imputati e se la conferma mentalmente: "Sì,sì, si diceva Amerigo Bonasera. Animals, animals" [animali, animali]. Il giudice a sua volta riprende l'immagine senza voce dell'italo-americano per ridarla al pubblico presente in sala nel modo seguente: "Vi siete comportati da "wild beasts in a jungle" [bestie selvagge in una giungla]. A questo punto l'italo-americano si sente in perfetta sintonia giuridico-culturale con il giudice di New York. Nella lingua del giudice egli ci vede la riprova della validità del suo progetto di vita, di diventare un leale cittadino americano rompendo ogni rapporto con la minoranza degli italo-americani alla Corleone. Solo nel momento in cui il giudice decide di sospendere la pena per la buona condotta dei due giovani e perchè figli di buone famiglie anglo-americane l'italo-americano si sente tradito dalla lingua del giudice. A questo punto per Amerigo Bonasera i due giovani non sono più nè la peggiore feccia di degenerati, nè animali, nè bestie feroci in una giungla ma "animales". Cioè il contrario di cristiani e come tali da escludere dalla vita in società. La discrepanza tra lingua e cultura giuridica del giudice anglo-americano e quella di Amerigo Bonasera è tutta lì riassunta in quella latenza linguitica e non poteva essere espressa diversamente. Il progetto di Amerigo Bonasera di volere fare della figlia una cittadina americana a questo punto implode con tanta violenza che solo Vito Corleone riesce a convincerlo a non fare assassinare i due "animales" e "bastards" [bastardi].

Una latenza linguistica di particolare interesse all'interno della letteratura tedesca contemporanea la si trova in apertura del romanzo Jahrestage. Aus dem Leben von Gesine Cresspahl [Ricorrenze. Dalla vita di Gesine Cresspahl] di Uwe Johnson. Il romanzo è del 1988 ed è anche esso ambientato a New York. In apertura vengono descritte le lunge onde dell'Atlantico che vanno ad infrangersi sulla spiaggia di New Jersey. Ed all'improvviso la scena cambia nel modo seguente: "Il vento è instabile sulla costa del New Jersey, con un tale vento senza pressione il Mar Baltico si trasformava in un leggero sciacquio. La parola per indicare le onde corte del Mar Baltico era kabbelig. [che si può dirare con qualcosa come onde rotte o incrociate].

"Der Wind ist flatterig an der Küste [von New Jersey], bei solchem drucklosen Wind ist die Ostsee in ein Plätschern ausgelaufen. Das Wort für die kurzen Wellen der Ostsee ist kabbelig gewesen." (pag.7).

Kabbelig come latenza linguistica si presta molto bene per cogliere la funzione semantitca di un tale processo di creativitá linguistica. Ogni latenza linguistica porta in se una memoria culturale che si è svolta in un'altra lingua, quindi si è codificata in un altra lingua. Essa ridà una esperienza, che fa parte di un'altra memoria, e quindi vive in un altra lingua.

Nel sesto capitolo del romanzo Meine Kinderjahre di Theodor Fontane si ha a che fare per esempio con la latenza linguistica Eh bien Madame, Dieu le veut! [Ebbene signora, Dio lo vuole!], che è particolarmente efficace perchè segna l'inizio della dissoluzione della famiglia Fontane da tempo a rischio. Di che cosa si tratta? Dopo essere riusciti a fondare un cercle intime (circolo per intimi) insieme ad altre due famiglie aristocratiche di Swinemünde i genitori di Fontane si ritenevano ormai accolti nell'alta società. Senonchè durante il primo incontro in casa del nobile Fleming al momento di andare tavola il padrone di casa offre il braccio alla bella Borcke ed il cavaliere Borcke alla padrona di casa, escludendo i Fontane. A questo punto del romanzo Fontane padre commenta: "Eh bien Madame, Dieu le veut!" Nè serviranno le scuse giunte prontamente il giorno dopo; il cercle intime morirà sul nascere.

"Man hatte sich bei Flemmings [Uradel] versammelt, und als es zu Tische ging, reichte der alte Flemming der schönen Borcke seinen Arm und von Borcke [Rittergutsbesitzer] der Frau von Flemming; mein Vater und meine Mutter blieben übrig. "Eh bien, Madame, Dieu le veut; [Nun, Madame, Gott will es.] sagte mein Vater, und beide folgten als drittes Paar. Es kam andern Tages zu den aufrichtigst gemeinten Entschuldigungen, ohne daß diese den "cercle intime" wiederhergestellt hätten." (S. 56).

In realtà il modo di dire, con cui il padre di Fontane consola sua moglie, le ricorda che è inutile tentare di sfuggire al destino di discendenti di rifuggiati Ugonotti. Letta così la latenza linguistica serve a spogliare di ogni capacità decisionale il nobile padrone di casa ed il cavaliere Borcke trasformandoli in esecutori materiali del destino della famiglia Fontane. Lo scrittore lo fa mettendo in bocca al padre quel Dieu le veut! che non è altro che il grido di battaglia della prima crociata, cioè della prima guerra di religione. Alla non avvenuta iniziazione sociale seguirà la dissoluzione della famiglia Fontane. Rispetto alla latenza linguista di Uwe Johnson le latenze linguistiche di Fontane si rivelano più complesse e più evidenti. Il motivo è abbastanza semplice, perchè la lingua di provenienza e la lingua dell'opera fanno parte di due culture linguistiche nettamente separate, come lo sono del resto anche nel caso del romanzo di Mario Puzo.

Per quanto riguarda la funzione semantica della latenza linguistica direi che essa è una frattura dialogica nella comunicazione tra le due culture linguistiche. È frattura in quanto la lingua scritta viene infratta sia graficamente che sonoramente, è un dialogo, perché la latenza linguistica rinvia ad una struttura semantica più profonda, che ridà il contesto interculturale, in cui si svolge l'azione focalizzata dalla latenza linguistica.
A questo punto non mi rimane che domandarmi:
Quale potrebbe essere l'utilità ermeneutica delle due componenti? Secondo me esse permettono di cogliere l'intero spessore della lingua dell'opera. Le latenze linguistiche sono dei segnali sonori che invitano il lettore a calarsi nella lingua per scoprire il rizoma attraverso il quale la lingua scritta si arricchisce della memoria della lingua della cultura di provenienza die protagonisti o dell'autore. Perchè è proprio attraverso le latenze linguistiche che la memoria della prima lingua passa nella lingua dell'opera.
Dal canto loro le minoranze implose non sono da intendere come contenuto dell'opera ma come dei modelli di scrittura interculturale con cui costruire l'opera, come si é visto sull'esempio tratto da Il Padrino di Mario Puzo.


Nota bibliografica
Biondi, Franco: Die Unversöhnlichen. Tübingen: Eliopolis Verlag 1991
Canti dell'emigrazione. A cura di A. Virgilio Savona / Michele L. Straniero. Milano 1976, pag. 139
Chiellino, Carmine: Am Ufer der Fremde. Literatur und Arbeitsmigration 1870-199. Metzler Verlag, Stuttgart 1995
Croce, Benedetto, Giovanni Pascoli, In: Letteratura della Nuova Italia, Vol. IV, Bari 1973 (1915), pagg. 67-120.
Jaeggy, Fleur: I beati anni del castigo. Adelfi Editore, Milano 1989
Fontane, Theodor: Meine Kinderjahre. Berlin: F.W. Hendel 1912
Hilsenrath, Edgar: Jossel Wassermanns Heimkehr. München: Piper Verlag 1995 (1993)
Johnson, Uwe: Jahrestage. Aus dem Leben von Gesine Cresspahl. Frankfurt a.M.: Suhrkamp Verlag 1988
Müller, Herta: Niederungen. Reinbek: Rowohlt Verlag 1984
Pascoli, Giovanni: Italy. In: Opere a cura di Maurizio Perugi, Tomo I, Milano-Napoli 1980, pagg. 348-383
Pressburger, Giorgio e Nicola: Storie dell'ottavo distretto. Marietti Editore, Casale Monferrato 1986.
Puzo, Mario: The Godfather. New York: G.P. Putnam's Sons 1969.
Ricci, Nino: Where She Has Gone.Toronto 1997.
Zoderer, Joseph: Die Walsche. Frankfurt a. M.: Fischer Verlag 1990 (1984)

Da: Giovanni Pascoli: Italy

Pane di casa e latte appena munto.

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Dicea: "Bambina, state al fuoco: nieva!
Nieva!". E qui Beppe soggiungea compunto:

"Poor Molly! qui non trovi il pai con fleva"

Oh! no: non c'era lì né pieflavour
né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto:
"Joe, what means nieva! Never? Never? Never?

45 Molti bisini, oh yes.... No, tiene un frutti-
stendo.... Oh yes, vende checche, candi, scrima...
Conta moneta: può campare coi frutti....

59

Will you bay... per Chicago e Baltimora
Buy images per Troy, Memphis, Atlanta,
con una voce che te stesso accora:

Cheap!... nella notte, solo in mezzo a tanta
gente; cheap! cheap! Tra un urlerío che opprime;
cheap!... Finalmente un altro odi, che canta....

Da: Canti dell'emigrazione. A cura di A. Virgilio Savona / Michele L. Straniero. Milano 1976, pag. 139


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Carmine Chiellino insegna all'Università di Augsburg, in Germania. Altre informazioni sono presenti sul sito www.webgiornale.de
Questo saggio è tratto dal suo libro Parole erranti, reperibile presso Cosmo Iannone editore, Isernia, 2001: http://www.cosmoiannone.it



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