POLLITO CHICKEN

Ana Lydia Vega

  “Un homme à cheval sur deux cultures est rarement bien assis”
Albert Memmi

« I really had a wonderful time », disse Suzie Bermiùdez al suo capo non appena ebbe messo un tacco a spillo in the office.
“ San Jan is wonderful”, corroborò il capo con accento benevolo, reprimendo ferocemente il desiderio di aggiungere: “I wonder why you Spikes don’t stay home and enjoy it”.
Tutto ciò ci costringe a raccontarvi del surprise return di Suzie Bermiùdez alla sua native land dopo dieci anni di lotte incessanti.
Fattore decisivo fu la vista del breath-taking poster dell’ufficio del Turismo portoricano che vide alla travel agency nella lobby del suo building. Il citato breath-taking poster illustrava una coppia di beautiful people holding hands sulla funicolare dell’Hotel Conquistador. I beautiful people avevano l’aria così deliriously happy e il mare era così striklingly blue e il tramonto – non dimentichiamo il tramonto alla Winston-tastes-good- il tramonto era così shocking pink in lontananza che Suzie Bermiùdez, che neppure una minaccia di morte della mafia avrebbe convinto ad attraversare il quartiere portoricano a piedi, che avrebbe preferito mille volte perdere un fabulous job piuttosto che mettere “Puerto Rican” sulle applications di lavoro e morire di fame piuttosto che prendere il welfare o i food stamps come tutti quei lazy, dirty, no-good bums che erano i suoi compatrioti, Suzie Bermiùdez, ripeto, prelevò tutti i suoi risparmi di segretaria di housing project per negri – che non erano migliori dei New York Puerto Ricans, ma per lo meno non erano New York Puerto Ricans – e salì a bordo di un 747 per un rapido e uninterrupted flight fino a San Jan.
Una volta giunta a destinazione, si sentì all of a sudden come un wurstel che gira docilmente in un forno di vetro. Le mancava l’aria e dovette aggrapparsi desperately all’immagine del breathtaking poster per non mettersi a correre verso l’aereo. La vista di quella vociferante crowd addobbata con colori squillanti e coronata da chilometri di bigodini la costrinse a domandarsi se non fosse stato preferibile prendere un autobus o qualcosa del genere e rifugiarsi nelle loving arms della sua Grandma a Lares, in campagna. Ma on second thought si disse che aveva già prenotato al Conquistador e che Grandma after all era stata abbastanza bitchy con lei e Mother dieci anni prima. Per questo Dad – a parte che Grandma non poteva vederlo neanche dipinto perché aveva i capelli crespi – non aveva mai voluto sposarsi con Mother, per non addossarsi quella croce di Grandma, sempre sofferente di headaches e spasmi e athlete’s foot e febbri reumatiche e foruncoli all over e mille other acciacchi. Fu inoltre per questo che Mother si portò Suzie a new York e thank God, perché se fosse rimasta a Lares la povera Mother sarebbe morta anche prima che laggiù nel Bronz, e di qualcosa di sicuramente worse.
Suzie Bermiùdez salì sulla station-wagon dell’Hotel Conquistador affollato di full-blood, flower-shirted, bermuda-shorted turisti dl Continente con Polaroid cameras appese al collo. E – forse perché la station-wagon era air-conditioned – si sentì come se stesse ballando un fox-trot sulla terrazza dell’Empire State Building.
Pensò con un certo amusement che cosa sarebbe stato di lei se Mother non avesse avuto la brilliant idea di emigrare. Si sarebbe sposata con qualche bastard ubriacone da biliardo, di quelli che nascono con la fiaschetta di rum incistata nella mano e rinchiudono la fat ugly housewife in casa con dieci urlanti kids tra le cellulitic cosce, mentre loro se ne vanno a sbavare e scodinzolare dietro alla prima shameless bitch che passa. No, thanks. Quando Suzie Bermiùdez si fosse sposata, perché maybe si sarebbe sposata per pagare meno income tax, sarebbe stato con uno straight all-American, republican, churchgoing, Wall-Street businessman, come il suo capo Mister Bumper, perché quelli s sono good husbands e trattano le loro mogli come real ladies cresciute con il manuale di Amy Vanderbilt e tutto.
Strada facendo osservò nevertheless la trasformazione di Puerto Rico. Quella proliferazione di quartieri residenziali, fabbriche, condomini, strade e shopping centers le sembrò very encouraging. E ancora questi filthy, no-good communist terrorists osavano parlare d’indipendenza. A lei quella crap non la davano a bere. Arretrata e underdeveloped com’era quell’isola quando lei l’aveva lasciata dieci anni prima. Imparare a parlare good English, raccogliere la trash che gettavano come savages per strada e comportarsi come decent people: ecco quello che dovevano fare, senza tanto fuss.
Il Conquistador le apparve come un castello medievale sorto dalle onde. Era proprio what she had always sognato. La sua intempestiva one-week di ferie cominciò ad assumere un senso di fronte a questa incantevole view. Non appena sbrigati tutti gli arrangements di rigore, Suzie si precipitò nella sua de luxe suite per mettersi il sexy bikini à pois appositamente comprato da Gimbel’s per questa fantastic occasion. Si diede una pettinata ai capelli tinti di Wild Auburn e stirati con Curl-free, si passò sulle labbra uno stick di Bicentennial Red per far risaltare il biancore dei denti e si mise una goccia di Evening in the South Seas dietro ogni orecchio.
Pochi minuti dopo ebbe il suo primo down quando la informarono che la funicolare era out of order. Avrebbe dovuto sostituire la white-sanded, palm-lined beach con la pentagonal swimming-pool, rinunciando così al suo exiting sogno del breathtaking poster.
Ma, “Such is life”, si disse Suzie e affittò una chaise-longue sul bordo della pentagonal swimming pool proprio beside de bar. Il ragazzo le servì all’istante un typical drink chiamato pina colada (1) che la sorprese very positively. Lei apparteneva alla generazione del mavì (2) e del guarapo (3), che non erano esattamente what she would call i suoi typical drinks preferiti.
Intorno alla pentagonal swimming pool abbondava, oltre ai full-blood Americans, la fauna locale. Un altoparlante diffondeva melliflua music from the Tropics, belata da un cantante confidenziale dalla tremula voice in un pessimo English, mentre gli atletici Latin specimens modellavano i propri bicipiti sul trampolino.
Suzie Bermiùdez cercò invano un volto lentigginoso e rubicondo con i capelli a spazzola, cui indirizzare i battiti delle sue eyelashes. Unfortunately, il gruppo era predominantly senile, composta da middle-class, suburban Americans che festeggiavano il primo assegno della Social Security.
“ Lei è portoricana, vero?”, biascicò un awful ometto non più alto di three feet infagottato come una minibanana in un’imitation Pierre Cardin.
“ Sorry”, mormorò Suzie con magna indifferenza. E mettendosi i sunglasses aprì il best-seller di turno alla pagina esatta in cui il negro haitiano ipnotizzava la sua vittima bianca per compiere dei primitive woodoo rites sul suo nudo body.
Tre pinas coladas più tardi e post stupro della protagonista del best-seller, Suzie non ebbe altra scelta che cominciare a ispezionare i native specimens con la coda dell’occhio. E – sicuramente perché la piscina non era air-conditioned – fu così che la nostra eroina realized che le looks del barista scaldavano più del sun delle three o’ clock su un ‘tetto di zinco’.
Ogni volta che i turgent breasts di Suzie minacciavano di fare capolino come due pompelmi maturi dal bikini-bra, all’uomo sembravano schizzare le eyeballs fuori dalle orbite. Ci fu come un subtle duello di looks prima che la timida e ladylike New York houses project secretary osasse posare lo sguardo sugli hairs del tarzanico petto. In the meantime, gli eyes del barista scendevano come ascensori sola discesa verso paraggi più fertili e frondosi. E Suzie Bermiùdez sentì che la spingevano fatally nella più febbrile ora di punta, verso un sudaticcio, maleodorante e rumoroso tram chiamato desiderio.
La discovery lasciò la blushing young lady così confused che, dopo aver raccolto il suo Coppertone suntan oil, il suo beach towel e il suo accappatoio di terry cloth, fuggì desperately verso la de luxe suite, dove cercò rifugio sotto le refreshing mauve bedsheets del letto queen size.
Oh my God, mormorò, arrossendo come una frozen strawberry quando si rese conto che le sue platinum-frosted unghie cercavano, indipendentemente dalla sua volontà, il telefono. E con il suo miglior falsetto da executive secretary e la testa che le girava come una giostra impazzita disse:
“ This is Miss Bermiùdez, room 306. Could you give me the bar, please?”
“ May I help you?”
chiese una virile baritone voice con accento degno di un Comisionado Residente (4) a Washington.

Quella sera stessa, il barista confessò ai suoi buddies che bighellonavano nel lobby:
“ La Tipa del 306 non si sa se è gringa o puertora, gente. Chiede il room service in perfetto inglese ma poi, quando la faccio godere, apre la bocca per gridare in boricua”.
“ E cosa dice?”, domandò come un coro di salsa il suo fan club di avidi aspiranti stendigringas.
Allora l’ammirato tettologo narrò come, nel preciso momento in cui le platinum-frosted unghie si conficcavano appassionatamente nella sua capigliatura afro, dalle irraggiungibili vette di un intra-uterine orgasm le half-opened lips di Suzie Bermiùdez avessero prodotto il sonoro muggito ancestrale di
“ VIVA PUERTO RICO LIBREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!”.

 

NOTE

1) Bibita superalcolica, a base di batida e succo di ananas.
2) Bibita popolare, ricavata dalla corteccia dell’albero omonimo
3) Succo di canna da zucchero
4) Rappresentante di Puerto Rico al Congresso americano


(Tratto da Racconti Bollenti di Ana Lydia Vega, edizioni Zanzibar, Firenze 1998. Traduzione dallo spagnolo di Gina Maneri.)


 

Ana Lydia Vega, portoricana, nata a Santurce nel 1946, há insegnato língua francese all’Università di Puerto Rico. Vive attualmente a New York. È autrice di racconti político-umoristici, pubblicati in riviste e antologie, che le hanno valso premi e riconoscimenti letterari, tradotti in varie lingue e raccolti nei volumi: Virgines y mártires (1981). Encancaranublado y otros cuentos de naufragio (1983, Premio Casa de las Americas 1982 e Premio P.E.N. Club de Puerto Rico), Pasión de historia e otras historias de pasión (1987, Premio Juan Rulfo International 1984).



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