GRAVIDA MA VERGINE

 

Dalton Trevisan



Al ritorno dalla luna di miele, Maria in lacrime confessò alla madre che era ancora vergine.
Si ricordava dona Sinhara di come lo sposo si era presentato pallido in chiesa, troppo nervoso? Si giustificò che, da figlio amoroso, per la madre malata molto si doleva. Sul pullman, il palmo della mano sudato, dimentico della fidanzata, guardava il paesaggio.
La prima notte l'uomo fallì vergognosamente. Si attribuì all'inesperienza. L'insolito pallore, in chiesa, di violenta crisi nervosa, - la madre godeva di ottima salute. Maria si illuse che fosse solo un disastro passeggero.

Poverina, non fu così: notte dopo notte João ripeteva il fiasco, si rinnegava come fosse uno straccio d'uomo, non faceva la doccia e neanche si radeva. La povera ragazza cercò di richiamarlo ai doveri di stato. Una notte, in vestaglia, uscì con occhiali scuri, tutta la notte dedita alle pratiche del basso spiritismo.
- Cosa mi racconti figlia mia! Mi rifiuto di credere. João, un ragazzo così semplice, così carino.... Dona Sinhara evocava lo sposo delicato e di buona educazione.
- Ed invece è così, mamma!
Dal giorno dopo il matrimonio, strano, sempre ansioso. Più di una volta sottopose la ragazza a prove di intimità, le quali non andarono oltre il tentativo.
Per quanto si agghindasse per piacergli, rimaneva indifferente alle grazie di Maria. Una volta ogni tanto, senza risultato, lui inseguiva l'impossibile atto. Poi la accusava di essere l'unica colpevole. Sospettandola di tradimento con il primo fidanzato la aggrediva a ceffoni e calci:
- Ne devi prendere tante, Maria. Tu sei un'isterica!
Con il divieto di truccarsi gli occhi, tingersi i capelli, mettere la gonna corta e i pantaloni lunghi, senza che lui ancora la conoscesse.
Aveva intenzione di spingerla al suicidio col fine di nascondere il suo disastro. Per provocarla le soffiava sul viso il fumo della sigaretta. Con il mozzicone voleva marcarle la guancia affinché smettesse di essere vanitosa.
- Perchè mi perseguiti, caro?
- Lo sai perchè, cagna!
E dopo quaranta giorni da sposata, venti in viaggio e venti in casa, ecco Maria, la più integra delle fanciulle.
- Bisogna che faccia quattro chiacchiere con questo individuo - gridò furiosa dona Sinhara.
Non era tutto: comprò una collezione di foto pornografiche, era obbligata ad ammirarle una ad una. Neanche così si prestò ai capricci del marito - erano immagini immonde e peccaminose. Alzandola per i capelli e tirandola per il collo la costringeva alle sue pazze fantasie. Soddisfatto, la tirava a terra e da lì la rialzava a ceffoni.
- Ah, aspetta che lo sappia tuo padre - si fece il segno della croce dona Sinhara.
Di ritorno dal matrimonio, João in lacrime confessò alla madre che la sposa non era più vergine. Dalla prima notte, per quanto fosse tenero, lei lo accusava di tradire il suo ideale. Si era sposata solo per liberarsi dei genitori e meritare il titolo di moglie.
- Perché mi perseguiti cara?
- Non hai saputo conquistare il mio amore.
Nel chiederle spiegazioni, si sentì rispondere che aveva la forfora sulle sopracciglia. Lo rimproverava di lasciarla fredda e gli esprimeva repulsione fisica. Se insisteva ad abbracciarla, con uno scatto nervoso si buttava per terra in preda alle convulsioni. Per rianimarla la scuoteva gentilmente, e le batteva piano sul viso.
Non era lui che amava, bensì il suo primo fidanzato dal quale si era separata per volere dei genitori. Tre giorni prima del matrimonio era andata con la madre a casa di Joaquim, gli aveva proposto di scappare insieme, ma lui le aveva risposto che ormai era troppo tardi. Inoltre, secondo dona Sinhara, tutti gli inviti erano già stati spediti.
Non voleva confessare, ma costretta, aveva rivelato tutta la verità – solo schifo provava per lui, i suoi denti erano gialli:
- Dopo avermi baciata devo sputare tre volte!
Non si staccava dallo specchio: gli occhi truccati, la gonna corta o i pantaloni lunghi, i capelli tinti di biondo:
- Sono nata per essere un’artista. Non tua moglie, pezzente!
Lamentandosi della sua presenza nel letto coniugale, se la prendeva col fischio che usciva dal naso storto di João:
- Ci vai te o ci vado io in salotto?
Per aver mangiato insalata di cipolle – si ricordava la mammina di come gli piaceva la carne al sangue? – fu costretto a dormire sul divano.
- Ma che mi dici, figlio mio! Mi rifiuto di crederci. Maria, una ragazza così dolce, così carina… Educata dalle suore e tutta premure con la sua futura suocera: un bacino qui, un abbraccino lì.
- Dovresti vederla mamma! Usa biancheria intima che non ti puoi neanche immaginare!
Se non l’avesse lasciata in pace, Maria avrebbe messo fine ai suoi giorni: ingoiando vetro macinato avrebbe scritto col rossetto sullo specchio il nome del vero colpevole. Tali intrighi avevano fatto sì che i suoceri, quando la andavano a trovare, parlavano solo con la figlia; non salutavano neppure il povero ragazzo, facevano come se non ci fosse. Un pomeriggio gli piombò in casa il suocero, urlando che aveva trovato la ragazza scomposta. Voleva sapere che cosa le aveva fatto per ridurla in quello stato: se era vero che le segnava la coscia col mozzicone di sigaretta, se le sottraeva i soldi dalla borsa, se uscendo di casa spegneva tutte le luci. Senza aspettare la risposta, urlò che aveva altre due figlie da far sposare e sbatté la porta.
- Devo fare quattro chiacchiere con questa tipa! - intervenne furiosa dona Mirazinha con la mano sul petto: soffriva di palpitazioni.
Ma che sorpresa: la nausea della sposa era… per essere…
- Incinta?! - si spaventò dona Sinhara. - Incinta pur essendo vergine?
L’incredibile risultato di un atto mancato dello sposo, secondo Maria, era bastato per il concepimento.
- Incinta?! - si sorprese dona Mirazinha - E ancora si spaccia per vergine?
- Hai capito mamma che persona è? - Dopo la confessione del figlio, Maria fu visitata dalla suocera:
- Io vivo per Gesù Cristo. Non per quel porco di suo figlio!
Dopo la confessione della figlia, João ricevette la visita di dona Sinhara, che si trasferì a casa degli sposi. La ragazza non prestava la minima attenzione a João, come se non fosse il re della famiglia. Lui passava la giornata a lavoro e, al ritorno, pretendeva una certa libertà: e invece ecco lì la maledetta suocera. Rifiutandosi la ragazza di andare in camera, rimanevano a sbadigliare in salotto davanti alla televisione, finché dona Sinhara li mandava a dormire. Lui non esercitava alcun potere sulla sposa: a tavola non c’erano né carne al sangue né cipolla.
Sospettava che lei fosse l’amante della sua stessa zia Zezé. Si ribellò al comportamento della sposa che, istigata dalla madre, si rifiutava di compiere i doveri coniugali, pentita di essersi sposata tanto giovane quando ancora poteva godersi la vita.
Sempre a casa del padre, Maria aveva confessato che João dormiva tutta la mattina. Di pomeriggio, invece di andare a lavoro, nascosto all’angolo della strada spiava se la povera ragazza accoglieva l’ex fidanzato Joaquim. Le mostrava un foglio bianco, pretendeva che gli rivelasse ciò che vi era scritto, erano parole scritte con inchiostro invisibile – un buon pretesto per tentare di strozzarla in ogni maniera.
Esiste un buon motivo per lo sposo per essere geloso, pensò dona Sinhara, che lui non è il re della casa. Urlò che João non era abbastanza uomo per sua figlia.
Il ragazzo confidò alla madre che, la sera precedente, la sposa era entrata sbattendo la porta (che famiglia questa, sbattono sempre la porta!) e aveva gridato:
- Siamo state dall’ostetrica. Ha accertato che sono vergine!
Il povero ragazzo discusse col suocero che quello era un dettaglio che doveva essere chiarito.
- Quanti anni hai João?
- Ventitrè, signore.
- A quest’età, João, non ti vergogni ad avere una sposa vergine?
- Vergine sì, ma incinta.
Il vecchio indignato pretese che la figlia tornasse a casa. Gli rispose João che Maria stava benissimo con lui. Il suocero gli urlò di ritirarsi immediatamente, e che a partire da quel giorno non doveva più mettere piede nella sua proprietà.
Dona Mirazinha domandò a un’amica:
- Come sta la cagna?
Visto che la chiamava cagna, Maria non andò più a trovarla.
Ognuno si lamenta dell’altro per la propria famiglia. Ora, la famiglia di Maria è per lei. E la famiglia di João è per lui. Sposati da tre mesi quasi quattro e Maria, a quanto dice, ancora vergine.
Ma come può essere, contesta João, se è incinta?
Un mistero che fino ad oggi non è stato chiarito.


(Tratto dalla raccolta di racconti A Guerra Conjugal, Editora Record, Rio de Janeiro, 1979. Traduzione di Julio Monteiro Martins insieme ai suoi allievi dell’Università di Pisa Sara Barboni, Anna Periccci, Aurora Simoni, Anna Bagnoli, Leonora Melani, Milena Modigliani, Alfonso Bruno Farisini, Veronica Grilli, Mirella Abriani, Sara Del Chicca, Marco Merlini e Katia Quaglierini)



Dalton Trevisan




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