ANNA E I TRE OCCHI

 

Monica Dini

 

 

Anna sorrise allo specchio che non le rispose, era satinato di vapore. Aprì la doccia e si fece investire dal getto caldo direttamente sul collo. Un ragno nero palpava la superficie del water. Dall’alto era un bruscolo qualunque…

Se avessi un paio di occhi sopra gli alluci, potrei osservare la vita all’altezza delle scarpe… valutare le imperfezioni dei marciapiedi… il rovescio delle sedie nei cinema…evitare le cacche dei cani, le gomme masticate, gli insetti. Potrei soprattutto tenere sotto controllo i peli delle gambe… la crescita delle unghie.


Anna aveva quarantadue anni e quella mattina percepiva, più delle precedenti la propria decadenza. Erano piccole cose che la costringevano a modificare vecchie abitudini. Le piaceva fare l’amore stando seduta sopra, ma quando si sporgeva per baciare, le guance si lasciavano andare, convergevano ai lati del naso. Glielo aveva confermato un vassoio d’acciaio mentre lo stava asciugando. Era l’effetto Bulldog. Meglio farlo in un’altra posizione.


Se avessi un paio di occhi sulla pancia sarebbe facile guardarmi in faccia. Calcolare l’espressione del viso. Sorridere, arricciare il naso per mimetizzare i difetti.


Anna aveva letto che la vecchiaia arrivava dalla bocca. Non era d’accordo. Arrivava senz’altro dagli occhi… noccioli di prugne secche in un bicchiere d’acqua…Le piaceva fare l’amore con la luce accesa. Perdeva tutta l’eccitazione da quando era costretta a concentrarsi per distendere le pieghe della pelle troppo farcite. Meglio spegnere la luce.


Se avessi un paio d’occhi sulla pancia saprei immediatamente la posizione migliore per nascondere le pieghe.


Interruppe lo strano pensiero e il flusso d’acqua. Sorrise allo specchio che le rispose incerto, non era ancora asciutto.
Vestì piedi e pancia con estrema cura. Uscì. Era in anticipo. Si offrì un caffè.
Il bar sotto casa appena ristrutturato, sputava un’incredibile quantità di specchi. Meglio stare in guardia.


Se avessi gli occhi sopra gli alluci potrei scoprire i segreti sotto i mobili del bar…portafortuna smarriti-scontrini con i prezzi in lire – spiccioli. Potrei contare i ragni e le briciole …Che stupidaggine…


Anna stava seduta tenendo la testa alta- troppo alta, per evitare la piega sotto il mento. Sorrideva per alleviare il cedimento delle guance. Sorseggiò il caffè-bollente-senza-zucchero. Ascoltò come faceva da bambina, lo scorrere del liquido fino allo stomaco.



Mi scusi …signora? –

Si fece avanti un tipo stempiato-grigio-magro ritirato.

Sempre più persone la chiamavano signora. All’inizio aveva pensato che fosse il nuovo taglio di capelli… perché aveva smesso la pillola. .. Aveva cercato dei vestiti alla moda. Comprato un rossetto nuovo - crema antirughe - tisana depurativa…

Dica?! -
Mi scusi mi sembra di conoscerla…Sei o non sei??! – Lumacò il magro stempiato -
Dipende…mi chiamo Anna -
Allora sei proprio tu , la Ricci. Lasciati guardare!…

Inamidata evitando qualsiasi piega, sentì che l’altro la giudicava.

Sono Stefano. Ricordi … a ragioneria?!

Niente è più deprimente dell’osservare i cambiamenti prodotti dal tempo su qualcuno che ha la nostra stessa età.

Dai!! Sei il Tappelli?! E’ una vita che non ci vediamo.

Signora… mi scusi…- L’interruppe il barista – Posso farle il conto?

(E basta con questa signora!!!) - Si, grazie. – Che fai da queste parti Stefano? –

Cerco casa… in vecchiaia voglio tornare ad abitare qui…
Ora, in vecchiaia… non esagerare!
Eh!… vedrai in quanto si fa…

Anna avrebbe voluto spegnere gli occhi in alto e proseguire con quelli dei piedi.

Guarda Tappelli … sono già angosciata di mio!…
Oh Dio… quante storie ! Avremo pur fatto qualcosa che valeva la pena in questi anni. Invecchiare è godersi la vita al rallentatore, depurati dalla necessità di dimostrare.

Anna guardò istintivamente l’orologio

Mi spiace - scusa ma devo scappare - tanto se sei in zona ci vediamo.-


Come fossero bagnati si abbracciarono.
Anna si avviò in fretta verso il negozio di prima infanzia dove da anni lavorava.
Da anni arginava un fiume di donne incinte e futuri-padri-finto-interessati.


Se avessi gli occhi sulla pancia… mi riposerei. La porzione di vita che si vede da quell’altezza è senza capo né coda.


Le parole del Tappelli erano di colla. Cominciò a pigolare una pioggia senza carattere. Anna non aveva l’ombrello e i capelli in disordine la invecchiavano.

Complimenti! Bella giornata di merda! – Pensò –
Basta!! – Disse a voce alta come faceva da bambina.

Un impermeabile lungo storse il naso sorpassandola.

Basta!! -
Urlò.

Mise la testa sotto lo scarico di una canala.
Doveva scappare. Prese in prestito una vecchia bici abbandonata. Pedalò a tutta forza alzando le gambe prima di centrare le pozzanghere.

Se avessi un paio di occhi sopra gli alluci adesso sarebbe come volare.

Lo faceva sempre da piccola. Girava i pedali al massimo finchè andavano a vuoto. Ritirava le gambe sulla forca della bici. Bisceggiava tra le macchine padrona del mondo. Dove aveva perso questa e le altre abitudini di quand’era bambina?…

Se avessi tre paia di occhi, li truccherei con colori differenti. A ognuno assegnerei il compito di guardare la vita attraverso il colore del trucco.

Senza meta percorse la strada che faceva quando andava alle elementari. Si meravigliò di quanto fosse rimpicciolito il lavatoio comunale. Passò davanti alla statua di S. Antonio amica della nonna. Trovò la vecchia casa della sua infanzia, sempre sdraiata in cima al colletto. I buoni ricordi leccano l’anima.

Se avessi un paio di occhi sulla pancia mi guarderei in faccia. Sono nata corruttibile…

Lontano squillò il cellulare.
Vicino smise di piovere..
Un cartello VENDESI gridò dal portico.

Tornò indietro. Parcheggiò davanti al cancello del piccolo cimitero. La porta di casa. Si lasciò accarezzare da decine di occhi incorniciati-ovali, finchè la trovò… pietra di marmo nero con foto di nonna che inforna pasimate. Nonna Viola.

Lontano squillò il cellulare.

Anna riconsegnò la bici ad un cartello stradale.
Tornò a fare la doccia dirigendo il flusso caldo sul collo.
Si addormentò. Sognò di avere il corpo coperto da centinaia di occhi. Ogni occhio controllava le occhiaie dell’altro in un interminabile vortice di occhiate.





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