L'OTTAVA ONDA

Rosângela Vieira Rocha



Vestita con un tailleur di lino azzurro, sandali neri con il tacco alto, Juliana sale le scale adagio. Lottando contro il nervosismo, ispira ed espira lentamente, più volte. Aveva passato due ore davanti lo specchio, cercando di nascondere le occhiaie con il correttore beige chiaro. Non ha l'abitudine di usare profumi francesi, le fanno venire mal di testa, ma per quella volta aveva fatto un'eccezione abbondando col Madame Rochas. Aveva deciso di ignorare l'ipersensibilità dei suoi occhi al mascara, applicandolo sulle ciglia con la spazzolina minuscola. Usa calze raffinate per signora, come diceva la sorella scherzando. La gonna stretta le rende un po' difficile camminare, le si attacca alle calze dandole fastidio. Ma ora è troppo tardi, non può tornare a casa e cambiarsi, perché si avvicina l'ora dell'appuntamento con il famoso direttore editoriale fissato con un mese d'anticipo
Era arrivata in città il giorno precedente, negli impegni di questo tipo le piace fare tutto con largo anticipo, seguace del detto "la saggezza morì anziana" che piaceva tanto a sua madre. Era stata ospitata nell'appartamento di un'amica, aveva dormito su un materasso durissimo che le aveva impedito di dormire bene.
Per riuscire a fissare un appuntamento, per mesi aveva fatto delle costose chiamate interurbane sentendosi rispondere quasi sempre che l'onnipotente non poteva andare al telefono, ora era in riunione, ora riceveva scrittori o semplicemente era in viaggio. Ogni volta stava male. Faceva finta di niente cercando di nascondere alla segretaria la sua delusione, sapeva che lui era lì, sì, ma semplicemente non voleva rispondere. Se avesse potuto scegliere probabilmente avrebbe rinunciato alla sua acuta intuizione. Ma una scrittrice, per di più giovane, deve essere preparata a sopportare i rifiuti. Strano mestiere questo, in cui è necessario avere due qualità opposte nella stessa misura: una sensibilità raffinata ed una corazza molto spessa per proteggersi dalle batoste. Dotata di grande perseveranza è tra quelle che non gettano la spugna. Alla fine si era sentita ricompensata per il suo stoicismo perché era riuscita ad ottenere l'appuntamento. Aveva ottenuto ciò che all'inizio le sembrava impossibile: lui aveva letto il manoscritto del suo romanzo e lei aveva accettato il suo invito che, secondo la segretaria, era per firmare il contratto di pubblicazione.
L'amica generosamente aveva messo a sua disposizione l'appartamento minuscolo dove abitava per il tempo che voleva. Era, come lei, raggiante all'idea della firma del contratto e, per festeggiare, aveva comprato uno degli champagne migliori, nonostante il suo salario modesto. In quel momento era a casa ad aspettarla per festeggiare insieme. Aveva persino invitato il cugino per il brindisi. Era venerdì e sarebbe rimasta nella città costiera fino a domenica per accompagnare l'amica sulla spiaggia. Aveva dato la bella notizia alla famiglia e ai colleghi di lavoro che aspettavano il suo ritorno con impazienza per nuovi festeggiamenti. Si sentiva così euforica all'avvicinarsi della firma che aveva addirittura comprato una penna per l'occasione perché si vergognava di usare una Bic.
Mancavano pochi gradini per arrivare agli uffici della casa editrice. Aveva sperato in qualcosa di diverso dai corridoi scuri che incontrava, le sembravano strani gli ascensori fermi in un giorno lavorativo. All'entrata, prima dell'ingresso che serviva da segreteria, c'erano tante scatole e ancora scatole di libri che davano all'ambiente un'apparenza di disordine. Si presenta, cercando di mascherare il nervosismo e sforzandosi di avere un'aria spensierata, noncurante. La segretaria le chiede di aspettare, perché il direttore è molto impegnato con la lettura di un testo. Ci sono altre funzionarie, una di quelle stava vantando le sue virtù, tra le quali la sagacità nello scoprire nuovi talenti e la capacità di prevedere il successo editoriale di un'opera. Presta attenzione alla conversazione per distrarre il suo cuore, lottando perché non palpiti così fortemente, per paura che qualcuno lo senta.
Il suo tailleur di lino azzurro e i sandali con il tacco alto le sembrano totalmente inadeguati a quell'ambiente polveroso. Le ragazze sono in jeans, canottiera e scarpe da tennis. Ha sempre avuto paura di essere diversa dagli altri, soprattutto di sembrare chic in un ambiente semplice. Dalle sue parti aveva imparato che si trattava di una gaffe imperdonabile, che serve solo a fare la figura dell'"oca calzata e vestita". L'ingresso è chiuso, senza finestre, soffocante. Pensa di aver esagerato con i profumo forte.
Finalmente l'interfono suona e la segretaria l'accompagna nell'ufficio di un uomo enorme, ciccione, con pipa e bretelle. Cortese, l'accompagna fino alla poltrona di fronte la scrivania mentre con una voce aspra, un po' rauca, parla del clima sorprendentemente caldo per quel periodo dell'anno. Sbaglia o anche lui è nervoso? E perché mai lo sarebbe se è il padrone della situazione, dell'ufficio e, in quel momento,quasi di tutta la sua vita, del suo futuro?
Dopo una serie di divagazioni e dopo averle domandato della vita nella sua città, le dice che la casa editrice non pubblicherà il libro, che non può farlo, perché sarebbe bersaglio di una serie di critiche. Senz'altro si tratta di un libro ottimo che purtroppo non è ottimo. Lei si sforza di comprendere la frase, di capire i difetti del suo libro, è disposta a riscriverlo, se è possibile. Lui risponde che non saprebbe, che si inoltrerebbe in campo che non gli riguarda, sono affari degli scrittori, tocca esclusivamente a loro sapere dove sono le fragilità dei loro testi. Lei insiste, e fa fatica a credere che non ci saranno vere spiegazioni per il cambiamento di decisione. Lui non le chiede scusa, non riconosce di essere stato precipitoso autorizzando la segretaria a parlare di contratto quando ancora non c'era niente di deciso. Non gi viene neppure in mente di riconoscere le spese, ci sono i biglietti d'aereo comprati a rate, l'assenza dal lavoro, in realtà due per essere lì all'ora stabilita. Pensa che nemmeno l'abbia letto, che l'aveva fatto solo qualche minuto prima del suo arrivo, che la lettura di cui aveva parlato la segretaria fosse proprio quella del suo libro. Il direttore comincia a camminare nell'ufficio a grandi passi senza sapere cosa fare del suo corpo, o forse per farle capire che il loro incontro era finito. Quindi non c'è proprio speranza che sia pubblicato, vero? Il suo è un ottimo libro che non è ottimo, capisce? Si congeda con un sorriso e sull'uscio, con tono conciliatorio, un tantino falso, le dice scriva un altro libro, non rinunci, siamo d'accordo?
Saluta le collaboratrici stringendo la mano a tutte, ignorando l'aria indifferente di quella che si vantava d'avere il fiuto per scoprire scrittori, augurandosi che non avessero ascoltato la discussione, sentendosi il viso caldo e rossastro.
Mentre scende le scale si raddrizza, dicendosi ciò che ha ascoltato per tutta l'infanzia dai bambina, raddrizza la spalla, guarda la gobba! Solo allora si accorge dell'imminente temporale, il vento che entra dal portone le alza la gonna. Strige al petto la busta gialla con gli originali del suo romanzo, finalmente restituiti. Scende la strada cercando un tassì. Poteva chiamarlo per telefono, dalla casa editrice, ma la voglia di scappar via era stata più forte di tutto e non le era venuto in mente di farlo. Goccioloni cominciarono a cadere con forza e in pochi minuti era zuppa, ora la gonna era completamente attaccata alle gambe, i tacchi alti dei sandali le sembravano più ridicoli che mai, così bagnata com'era. Scendendo la via lentamente non c'era un luogo dove potersi riparare dalla pioggia. Si preoccupa del disfacimento della busta, ha un'altra copia a casa ma non vuole che quella si sciupi. Deve piangere, è d'obbligo che lo faccia, ma gli occhi sono secchi quanto la gola, irritata dalle (tante) sigarette fumate negli ultimi due giorni. Per prima cosa deve elaborare una versione per quello che è successo, rimediare una storia da raccontare a se stessa e per farlo è necessario essere lucida, con gli occhi asciutti, ah lucidità, parola che adora, le sembra però ogni giorno più difficile. Una specie di anestesia si impossessa dei suoi pensieri, e ragionare in queste condizioni è quasi impossibile.
Il vento è più freddo mano a mano che il sole scompare. Visto che deve camminare lentamente, equilibrandosi sui sampietrini della strada antica, si sente congelare. E allora le viene in mente il mascara applicato con tanta cura, a quest'ora è quasi sicuro che si sia sciolto completamente, macchiando di nero il suo viso. Comincia a pensare come dirà all'amica che non ci sarà nessun contratto. Detesta deluderla e non vuole dare neppure dispiacere al cugino, così gentile. Vorrebbe che non fossero scioccati come lei e si chiede in che maniera potrebbe dar loro la notizia arrecando il minor danno possibile.
La discesa sembra non finire mai. Continua a camminare appoggiandosi ai muri e ai cancelli che trova. Finalmente il viale. In pochi minuti passa un tassì. Arriva al palazzo dell'amica ma non entra. Sa che prima deve fare qualcos'altro. Prosegue per altri due isolati, fino alla spiaggia. Il temporale era scemato, ora era solo una pioggerellina fina e fredda. Si sfila i sandali ed entra in acqua. Prende il malloppo dalla busta, dissemina i fogli, uno ad uno, lentamente, come fossero rose bianche. Finita l'offerta alle divinità del mare decide di fare un bagno. Il corpo intero nell'acqua, aspetta che passino sette onde. Il rituale di purificazione è stato completato. Più leggera, può già uscire, perché sa che l'ottava onda arriverà tra pochi secondi con le sue trasformazioni e con i suoi nuovi inizi.




(Tratto dalla raccolta 30 Mulheres que estăo fazendo a nova literatura brasileira, Editora Record, Rio de Janeiro, 2005, organizzato da Luiz Ruffato.)
(Tradotto da Julio Monteiro Martins insieme ai suoi allievi di Lingue Portoghese all'Universitŕ degli Studi di Pisa Laura Merletti, Sara Bresciani, Maria Teresa Marč, Nunzia De Palma, Claudia Sgadň e Simona Bruno.)


Rosângela Vieira Rocha, scrittrice brasiliana, originaria di Minas Gerais, vive a Brasilia.


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