I CAPITALISTI DEL DISASTRO


Naomi Klein



Ho incontrato Jamar Perry per la prima volta nel settembre del 2005, nel grande ricovero della Croce Rossa a Baton Rouge, nello Louisiana. La cena era servita da sorridenti giovani della Chiesa Scientology , e lui era in fila in attesa del suo turno. Ero appena stata cacciata via per aver parlato direttamente con la popolazione evacuata senza essere una rappresentante ufficiale dei media e ora facevo del mio meglio per mischiarmi con gli altri – una bianca canadese in un mare di afroamericani del Sud. Mi sono infiltrata nella coda della cena dietro Perry e gli ho chiesto di rivolgersi a me come se fossimo amici, ciò che lui ha fatto gentilmente.

Nato e cresciuto a New Orleans, era fuori dalla città allagata già da una settimana. Lui e la sua famiglia avevano aspettato per una vita i pullman per l'evacuazione e quando avevano capito che non sarebbero arrivati hanno deciso di andarsene a piedi sotto il sole cocente. Alla fine sono finiti qui, in un centro congressi abbandonato in fretta, ora affollato con duemila brandine e una gran confusione di persone esauste e arrabbiate, sorvegliate da tesi soldati della Guardia Nazionale appena tornati dall'Iraq.

Le notizie che circolavano nel ricovero dicevano che il deputato Richard Baker aveva dichiarato a un gruppo di lobbisti: “Finalmente abbiamo ripulito le aree residenziali di New Orleans. Ciò che non siamo stati capaci di fare, Dio ha fatto per noi”. Joseph Catanzaro, uno degli imprenditori più ricchi di New Orleans aveva appena espresso un sentimento simile: “Penso che ora abbiamo un foglio bianco per iniziare tutto da capo. E con questo foglio abbiamo anche un sacco di nuove grandi opportunità”. Per tutta quella settimana Baton Rouge era affollata di lobbisti cercando di agganciarsi in qualche modo a quelle “grandi opportunità”: tasse basse, poche regolamentazioni, mano d'opera a basso costo e “una città più piccola e più sicura” – ciò che in pratica significava radere al suolo i progetti di abitazione sociale. Ascoltando tutte quelle chiacchiere sul “nuovo inizio” e sul “foglio bianco” uno potrebbe quasi dimenticarsi dei vapori tossici che esalavano le macerie, delle emanazioni chimiche e dei resti umani in putrefazione soltanto a poche miglia da lì seguendo l'autostrada.

Nel ricovero, Jamar non riusciva a pensare ad altro: “Non vedo affatto tutto questo come un'opportunità per ripulire la città. Ciò che vedo è un sacco di gente che è stata uccisa in questa città. Gente che dovrebbe essere ancora viva oggi.”

Lui parlava a bassa voce, ma un uomo anziano in coda insieme a noi l'ha ascoltato e ha aggiunto con indignazione: “Ma cosa sta accadendo con questa gente di Baton Rouge? Questa non è affatto un'opportunità. È una maledetta tragedia! Sono tutti diventati ciechi?”. Una madre con due bambini ha redarguito: “No, non sono ciechi, quelli. Loro vedono benissimo. Sono solo malvagi e basta.”.

Uno di quelli che hanno visto un'opportunità nelle inondazioni di New Orleans è stato lo scomparso Milton Friedman, il grande guru del capitalismo sfrenato, colui che ha scritto il manuale dell'iperflessibile economia contemporanea. Con novantatre anni e la salute fragile, “Zio Milton”, com'era chiamato dai suoi seguaci, ha ancora trovato la forza per scrivere un editoriale per lo Wall Street Journal tre mesi dopo la rotture degli argini del lago che ha inondato la città: “Quasi tutte le scuole di New Orleans sono diventate rovine”, osservava Friedman, “così come le case dei bambini che le frequentavano. Questi bambini sono ora dispersi per tutto il paese. Questa è una tragedia. Ma è anche un'opportunità.”

L'idea radicale di Friedman era che al posto di spendere una parte dei bilioni di dollari nella ricostruzione e miglioramento del sistema di educazione pubblica di New Orleans, il governo avrebbe dovuto offrire dei ticket alle persone, che sarebbero stati spesi nelle scuole private. In assoluto contrasto con il ritmo lentissimo con cui gli argini sono stati risistemati e la fornitura di corrente elettrica ripristinata, la messa all'asta del sistema educativo di New Orleans è stata realizzata con rapidità e precisione militare. In 19 mesi, mentre la maggior parte dei residenti poveri della città era ancora in esilio, il sistema di istruzione pubblica di New Orleans è stato completamente sostituito da scuole private.

L' American Enterprise Institute , il tempio del friedmanismo, dichiarava con grande entusiasmo che “L'uragano Katrina è riuscito a realizzare in un unico giorno ciò che i riformatori del sistema scolastico della Louisiana non sono riusciti dopo molti anni di tentativi”. Nel frattempo i professori delle scuole pubbliche chiamavano il piano di Friedman “un'occupazione indebita dell'educazione”. Io invece chiamo queste invasioni orchestrate del settore pubblico a seguito di eventi catastrofici, insieme alla visione dei disastri come opportunità di affari, “capitalismo catastrofista”.

Privatizzare il sistema scolastico di una città americana di medie dimensioni può sembrare una preoccupazione modesta per un uomo incensato come l'economista più influente degli ultimi cinquant'anni. Tuttavia la sua determinazione nello sfruttare la crisi di New Orleans per portare avanti la sua personale versione di capitalismo è stato per lui un congedo squisitamente appropriato. Per più di tre decenni, Friedman e i suoi potenti discepoli hanno perfezionato proprio questa strategia: aspettare una crisi di grandi proporzioni, e allora vendere i pezzi rimasti dello Stato ai privati mentre i cittadini si trovano ancora in stato di shock.

In uno dei suoi più importanti saggi, Friedman ha articolato le tattiche centrali del capitalismo contemporaneo, ciò che io ho intitolato “la dottrina dello shock”. Lui ha osservato che “solo una crisi reale o presunta è in grado di produrre un cambiamento reale”. Quando questa crisi accade, le azioni intraprese dipendono dalle idee che prevalgono in quel momento. Alcune persone fanno scorta di cibo in scatola e acqua preparandosi a disastri giganteschi. I “friedmaniti” fanno scorta di idee di libero mercato. Una volta che la crisi si sia scatenata, il professore dell'Università di Chicago è convinto che basti agire rapidamente e imporre cambiamenti immediati e irreversibili prima che la società traumatizzata dalla crisi scivoli di nuovo in quello che lui chiama “la tirannia dello status quo ”. Questa variante del consiglio di Macchiavelli che le “ingiurie” devono essere inflitte “in un sol colpo” è una delle più resistenti eredità di Friedman.

Friedman ha imparato a sfruttare le crisi già a metà degli anni Settanta, quando era consigliere del Generale Augusto Pinochet. Non solo i cileni erano in stato di shock dopo il violento colpo di stato di Pinochet, ma il paese era anche traumatizzato dall'iperinflazione. Friedman ha consigliato Pinochet di imporre un velocissimo cambiamento nell'economia – taglio delle tasse, commercio libero, servizi privatizzati, tagli nella spesa sociale e deregolamentazione.

È stata la più estrema riforma capitalista mai intrapresa in qualsiasi parte del mondo, ed è conosciuta come la rivoluzione della Scuola di Chicago, come hanno imparato dallo stesso Friedman tanti economisti sotto il regime di Pinochet. Friedman ha coniato un'espressione per queste tattiche dolorose: “terapia di shock” economico. Nei decenni successivi, ogni volta che un governo imponeva rapidi cambiamenti attraverso programmi di libero mercato, la terapia dello shock è stato il metodo scelto.

Ho iniziato le mie ricerche sulla dipendenza del libero mercato dal potere degli shock quattro anni fa, durante i primi giorni dell'occupazione militare dell'Iraq. Da Baghdad ho denunciato i tentativi falliti di Washington di far seguire allo “shock and awe” militare la terapia dello shock – attraverso la privatizzazione massiccia,la liberalizzazione del mercato, una tassa fissa al 15% e un governo drammaticamente ridotto. In seguito sono stata nello Sri Lanka, qualche mese dopo il devastante tsunami del 2004, e ho testimoniato un'altra versione della stessa manovra: investitori stranieri e leader internazionali si sono messi insieme per sfruttare l'atmosfera di panico per consegnare tutta la bellissima costa agli imprenditori che rapidamente hanno costruito grandi centri alberghieri, impedendo a centinaia di migliaia di pescatori di ricostruire i loro villaggi. Quando l'uragano Katrina ha colpito New Orleans, è stato chiaro che quello sarebbe stato il metodo scelto per favorire gli interessi delle corporazioni: usare il periodo di trauma collettivo per realizzare un'azione di ingegneria economica e sociale.

La maggior parte della gente che sopravvive a un disastro vuole il contrario di un “foglio bianco”: loro vogliono salvare quel che può essere salvato e riparare ciò che non è stato distrutto. “Quando io ricostruisco la città è come se ricostruissi me stesso”, ha detto Cassandra Andrews, una residente della Lower Ninth Ward di New Orleans che è stata gravemente danneggiata, mentre ripuliva i rottami dopo la tempesta. Ma i “capitalisti del disastro” non hanno alcun interesse nel ripristinare ciò che è stato distrutto. In Iraq, nello Sri Lanka e a New Orleans il processo denominato ingannevolmente “ricostruzione” inizia completando il lavoro di distruzione che il disastro aveva iniziato, cancellando dalla faccia della terra la sfera pubblica.

Quando ho cominciato questa ricerca nell'intersezione tra superprofitti e megadisastri, ho creduto di testimoniare un cambiamento fondamentale nel modo come l'iniziativa di “liberazione” dei mercati avanzava in tutto il mondo. Avendo partecipato al movimento contro la crescita smisurata del potere delle corporazioni che ha esordito a Seattle nel 1999, ero abituata a vedere le politiche di supporto agli affari imposte attraverso il braccio di ferro nelle riunioni dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, o come esigenze aggregate ai prestiti dell'FMI.

Via via che scavo più profondamente nella storia di come questo modello di mercato si è esteso per il mondo, scopro che l'idea di sfruttare le crisi e i disastri è stato il modus operandi del movimento legato a Friedman sin dal suo inizio – questa forma fondamentalista di capitalismo ha sempre avuto bisogno dei disastri per avanzare. Ciò che stava accadendo nell'Iraq e a New Orleans non era un'invenzione del dopo 11 Settembre. Invece questi audaci sperimenti nello sfruttamento delle crisi erano l'apice di tre decenni di ubbidienza rigorosa alla dottrina dello shock.

Visti attraverso le lenti di questa dottrina gli ultimi 35 anni appaiono ben diversi. Alcune delle più infami violazioni dei diritti umani di questo periodo, che di solito erano visti come atti sadici compiuti da regimi antidemocratici, erano stati commessi in verità con il proposito di terrorizzare il pubblico o sfruttati apposta per preparare il terreno per le “riforme” radicale del libero mercato. In Cina nel 1989, c'è stato lo shock del massacro di Piazza Tienanmen e gli arresti di decine di migliaia di persone, ciò che ha reso il Partito comunista cinese libero di convertire la maggior parte del paese in una rigogliosa zona di esportazione, piena di lavoratori troppo impauriti per lamentarsi della mancanza dei loro diritti fondamentali. La Guerra delle Falklands nel 1982 è servita per uno scopo simile a Margaret Thatcher: il disordine causato dalla guerra le ha permesso di schiacciare i minatori in sciopero e lanciare la prima frenesia della privatizzazione in un paese occidentale.

La conclusione è che, perché la terapia dello shock economico possa essere applicata senza limiti, è sempre stato necessario avere una sorta di trauma collettivo aggiuntivo. Il modello economico di Friedman è in grado di essere parzialmente imposto in una democrazia – gli USA sotto Reagan ne sono l'esempio migliore – ma perché questa visione sia implementata nella sua forma più compiuta, è indispensabile che ci sia un ambiente politico autoritario o semi-autoritario.

Fino a poco tempo fa, queste condizioni non esistevano negli USA. Ciò che è successo a partire dell'11 Settembre 2001 è stata la prevalenza di un'ideologia covata nell'ambiente accademico del paese e rinforzata nelle istituzioni di Washington che finalmente ha avuto la sua opportunità di venire fuori. L'amministrazione Bush, piena zeppa di discepoli di Friedman, compreso il suo caro amico Donald Rumsfeld, si è approfittata della paura generata per lanciare la “guerra al terrore” e per assicurare il suo carattere totalmente pro-profitto, una crescente nuova industria che ha guadagnato vita all'interno di una vacillante economia americana. Meglio conosciuto come “complesso capitalista del disastro” si tratta di una guerra globale combattuta ad ogni livello dalle compagnie private il cui coinvolgimento è pagato con denaro pubblico, con il mandato infinito, eterno di proteggere la “ homeland ” americana, mentre elimina il “male” all'estero.

In pochi anni, il complesso ha già allargato il suo mercato dalla lotta contro il terrorismo alla manutenzione della pace internazionale, alla polizia municipale, come risposta ai sempre più frequenti disastri naturali. Lo scopo estremo per le corporazioni al centro del complesso è quello di fare diventare il modello di governo a servizio del lucro, che avanza molto rapidamente in certe circostanze, il modello di funzionamento ordinario dello Stato – in altre parole, privatizzare lo Stato.

Il complesso del capitalismo del disastro segue pari passo il “mercato emergente” del boom della tecnologia dell'informazione degli anni '90. Esso era dominato da ditte statunitensi, ma era globale, con le compagnie britanniche portando la loro esperienza nel campo delle assicurazioni e le ditte israeliane la loro esperienza nella costruzione di muri e di steccati. Tutto questo, insieme ai profitti giganteschi dell'industria dell'assicurazione così come dell'industria petrolifera, hanno fatto sì che l'economia del disastro abbia difeso il mondo dalla recessione che lo minacciava all'indomani dell'11 Settembre.

Nel torrente di parole scritte in lode a Milton Friedman il ruolo degli shock e delle crisi per far progredire la sua visione non è stato menzionato nemmeno una volta. Al contrario, la scomparsa dell'economista nel Novembre 2006 ha offerto l'occasione per raccontare di nuovo la storia ufficiale di come la sua scuola di capitalismo radicale è diventata l'ortodossia governativa in quasi ogni angolo del pianeta. È come una storia di fate, ripulita di tutta la violenza che è sempre inesorabilmente una conseguenza di questa crociata.

È ora che tutto questo cambi. Dal collasso dell'Unione Sovietica, ci sono state innumerevole testimonianze dei crimini del comunismo. Ma cosa si può dire di quelli delle crociate per liberare i mercati?

Non sto affermando che tutte le forme di sistemi di mercato richiedono violenza in larga scala. È senz'altro possibile avere un'economia basata sul mercato che non richieda questa brutalità o la purezza ideologica. Un mercato libero nel consumo delle merci può coesistere con un sistema pubblico di sanità, con le scuole pubbliche, con un largo segmento dell'economia - come per esempio una compagnia petrolifera nazionale – nelle mani dello Stato. È altrettanto possibile esigere dalle corporazioni il pagamento di stipendi giusti, il rispetto al diritto dei lavoratori di creare sindacati, e che il governo possa riscuotere le tasse e ridistribuire la ricchezza in modo che le ineguaglianze più estreme che segnano il sistema delle corporazioni siano ridotte. I mercati non devono essere per forza fondamentalisti.

John Maynard Keynes ha proposto esattamente questo genere di miscela, regolamentando l'economia dopo la Grande Depressione. Era il sistema dei compromessi, verifiche e equilibri che la controrivoluzione di Friedman si è impegnata a smantellare in un paese dopo l'altro. Visto da questa prospettiva, il capitalismo della Scuola di Chicago ha molto in comune con altre ideologie fondamentaliste: il desiderio assoluto di purezza incontaminata.

Il desiderio di avere il potere divino della creazione è il principale motivo che spiega il perché le ideologie del libero mercato sono così entusiaste delle crisi e dei disastri. Una realtà non-apocallittica semplicemente non è adatta alle loro ambizioni. Per 35 anni, ciò che ha animato le controrivoluzioni di Friedman è stata l'attrazione verso una forma estrema di libertà, disponibile solo in periodi di cambiamenti catastrofici – quando le persone, con le loro abitudini testarde e richieste insistenti, sono state intimate a sgombrare la strada – in momenti in cui la democrazia sembra un'impossibilità pratica. Quelli che credono nella dottrina dello shock sono convinti che soltanto una grande rottura – un'inondazione, una guerra, un attacco terroristico – possano generare quel tipo di vasto e vuoto schermo che loro ardentemente desiderano. È proprio in questi momenti così malleabili, quando siamo psicologicamente attoniti e fisicamente sradicati, che questi “artisti del reale” tuffano le loro mani e iniziano il loro lavoro di rimodellamento del mondo.

 

Tortura: l'altra terapia di shock

Dal Cile alla Cina all'Iraq, la tortura è da sempre il partner silenzioso della crociata per il libero mercato. Il colpo di stato in Cile presentava allo stesso tempo tre forme diverse di shock, una ricetta che sarebbe riemersa tre decenni più tardi in Iraq. Lo shock del colpo di stato ha preparato lo shock delle camere di tortura terrorizzando tutti quelli che avrebbero potuto pensare di intralciare la strada agli shock economici . Ma la tortura è più di uno strumento utilizzato per rinforzare le politiche indesiderate o per contenere popolazioni ribelli, essa è anche una metafora della logica sotterranea della dottrina dello shock. La tortura, o nel linguaggio eufemistico della CIA, gli “ interrogatori coercitivi ” sono un insieme di tecniche sviluppate dagli scienziati con il proposito di gettare i prigionieri in uno stato di profondo disorientamento.

Alcuni manuali della CIA ora accessibili al pubblico spiegano come rompere le “fonti di resistenza”: creare rotture violente tra i prigionieri e annientare le loro capacità di trovare senso intorno a loro. Innazitutto i sensi sono cancellati (con cappucci, tappi all'orecchie, catene), poi il corpo è bombardato da stimoli eccessivi (luci intermittenti, musica altissima, botte). Lo scopo di questa fase di “ammorbidimento” è quello di provocare una sorta di “uragano” nella mente, ed è in questo stato di shock che la maggior parte dei prigionieri concedono ai loro torturatori ciò che vogliono.

La dottrina dello shock imita questa procedura con precisione. Il disastro originale – il colpo di stato, l'attacco terroristico, il crollo del mercato – mette tutta la popolazione in uno stato di shock collettivo . Le bombe che cadono, le esplosioni del terrore, la pioggia di proiettili servono ad “ammorbidire” intere società. Proprio come il prigioniero terrorizzato che confessa i nomi dei suoi compagni e rinnega la sua fede, le società in stato di shock spesso rinunciano alle stesse cose che in altre circostanze avrebbero protetto con tutte le loro forze.




(Tratto dal sito The Guardian on-line, U.K., Settembre 2007. Traduzione di Julio Monteiro Martins)


Naomi Klein


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