FINE DI UN GIORNO



Giorgio Vigolo






Sono belle le sere

quando la luce scende di colore

e dall' oro e dal viola

s' immerge nel turchino.

Ma questa grigia fine

di giorno sotto il cenere d' agosto

ha il pallore che scava il viso umano

un istante dopo la morte.

 

Dentro il cielo spettrale

i cipressi s' infiggono più neri

e più livido sotto le loro ale

si rizza il travertino

della chiesa che altissima trasale

con un sobbalzo d' ossa

gridato con un urlo senza voce

come quando nei sogni

si vorrebbe chiamare e non si può.





(Tratto dal sito “Antologia virtuale della poesia italiana”: http://www.club.it/autori/grandi/giorgio.vigolo/poesie.html )



Giorgio Vigolo: Musicologo, filologo- critico commentatore, traduttore, scrittore e poeta, Giorgio Vigolo nasce a Roma il 3 dicembre 1894 da padre vicentino trasferitosi giovanissimo a Roma dove aveva sposato una donna romana. La sua formazione avviene nel periodo che va sotto il nome di belle époque, caratterizzato dal progresso in ogni campo e da euforiche condizioni di prosperità in Europa e nel mondo, periodo in cui il predominio del buonsenso borghese è già incrinato dalla voce dei " novatori ", gli esordi futuristici del 1909, la Voce prezzoliniana del 1908. Giorgio Vigolo compie studi umanistici e si dedica con passione alla musica. A soli 19 anni pubblica il suo primo " poemetto in prosa ": Ecce ego adducam aquas, sulla rivista " Lirica " diretta da Arturo Onofri. Il suo primo libro è La città dell' anima, dove, espresso in un linguaggio arioso, l' amore del poeta per Roma si manifesta in una serie di poetici " itinerari " autobiografici. Gli anni della prima guerra mondiale lo portano al fronte, senza però impedirgli di collaborare alla Voce di De Robertis. Conseguenze determinanti sullo sviluppo del suo mondo interiore ha la scoperta dei Sonetti di Giuseppe Gioachino Belli: nel maggiore poeta romanesco, Vigolo sa riconoscere le potenzialità espressive e ne avverte il senso tragico dell' esistere. Nel 1931 cura una prima antologia dei Sonetti, con note. Pubblica Canto fermo e Il silenzio creato, poemi in prosa, dove la prosa soggiace alla tensione del ritmo e alla scansione del verso: il mondo è ancora Roma, ma il poeta rivela un deciso affinarsi del modo espressivo. In Conclave dei sogni, scritto dopo la morte dei genitori, il tono cambia, la parola si isola, rivela l' angoscia, riconosce il senso del perituro, del finito, acquisendo insieme forza fino ad illuminare l' esistenza miticamente. Non è un caso che Vigolo sia sempre più affascinato da Holderlin, della cui opera inizia la traduzione dopo il 1930, arrivando all' edizione con testo a fronte del 1958. Il richiamo alle armi durante la II guerra mondiale, accentua in lui un desolato pessimismo esistenziale evidenziato nella produzione legata a quel periodo, in particolare nelle poesie che compaiono in Linea della vita. A guerra finita diviene critico musicale (Epoca di Repaci, Risorgimento liberale, Mondo). Nella raccolta Canto del destino si accentua l' inclinazione ad abbandonarsi " alla iniziativa compositrice degli elementi viventi " per penetrare nei meandri del reale fino a cogliere il senso della destinazione ultima delle creature, dello squilibrio tra ricordo e presagio, parvenza ed effimero. Fu poeta e prosatore " limpido e sconcertante, musicale e plastico, concreto e surreale che, sotto un gusto barocco educato all' incandescente incisività del Belli e coltivato...dal raffinato magistero tecnico e melodico dannunziano, svela in filigrana, una goethiana olimpicità fecondata dal fuoco della Begeisterung di Holderlin, in una allucinante animazione di corpi e di ombre, di superstizioni e di memorie, d' incubi ed estasi, che hanno fatto chiamare in causa...Baudelaire e Kafka. " (Alberto Frattini). Presentazione di Daniela Manzini .






        
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