GLI SPACCIATORI DEI VALORI


Telmo Pievani

 


È notte e sulla televisione di Stato italiana si parla di «cultura". Ebbene si. Campeggia una scritta fra il minaccioso e il promettente: “Leggere cam­bia la vita”. Dipende da che cosa si legge. Con il piglio del grande giorna­lismo di inchiesta, con lo sguardo penetrante di una Christiane Amanpour davanti a Saddam Hussein, Gigi Marzullo chiede solennemente a Rosa Ciannetta Alberoni: “Questo libro può essere considerato, Rosa, come un contributo, il suo contributo nel contrastare il lavaggio del cervel­lo al quale i giovani vengono sottoposti in alcune scuole e in qualche uni­versità?”. Con tale encomiabile imparzialità si sta parlando di un testo violentemente antievoluzionista e antiscientifico uscito alcuni mesi prima, il cui spessore culturale dovrebbe indurre chiunque, semplicemente, a ignorarlo per la decenza che si conviene fra persone serie. Tra un insulto e un anatema contro i «darwinolatri"" italiani corruttori di giovani menti, vi si trova scritto, solo per citare uno degli strafalcioni più ameni, che Darwin sulla via del ritorno dalle Galapagos sarebbe passato con il Bea­gle addirittura dall'Alaska.

Darwin contro Dio

Mentre immaginiamo il brigantino di Sua Maestà che rompe i ghiacci del passaggio a nord-ovest, torniamo all'oggi. La trasmissione si intitola “ L'appuntamento , incontro settimanale con la cultura letteraria” a cura di Gigi Marzullo, «responsabile della cultura di Rai1», proprio così. Sul sito Rai leggiamo poi che si tratta di «un programma dedicato ai libri, a chi li compra e li legge, a chi ne parla e non li "critica"», appunto. L'autrice spe­cifica subito al conduttore che forse il suo libro è stato interpretato come un attacco alla teoria dell'evoluzione, presupponendo in tal modo che qualcuno abbia deciso non soltanto di leggerlo ma anche di interpretarlo. In realtà, alla signora della teoria di Darwin “non importa niente”: “Non sono competente per inoltrarmi nel labirinto”; ne parlano già fin troppo e “sono annoiata a morte”. Perché mai occuparsi, allora, di ciò che ostenta­tamente non si conosce e che, pur ignorandolo, si disprezza in tal modo?

Per una ragione molto grave: pare infatti che gli insegnanti italiani e i mass media, consapevolmente o meno, siano complici da decenni di un lavaggio del cervello generalizzato che passa attraverso un “linguaggio materiale” che “parifica l'animale all'essere umano”, per cui “l'avvento di Cristo, tutti i profeti, la creazione, la Bibbia, tutto ciò che è stato, la Madonna e i Santi, sembrano dei cialtroni, tutto annientato”. Cosa ri­mane, dopo questa strage dei valori, “Darwin con la sua scimmia?”, “noi proveniamo dalla scimmia?”.

Mentre Marzullo accondiscende interessato all'epocale domanda e la co­pertina del capolavoro campeggia a mezzo schermo, ascoltiamo anche una raffinata analisi epistemologica e pedagogica. Come ci aveva già a suo tempo spiegato Rocco Buttiglione, la teoria dell'evoluzione «andrebbe portata nei Licei, quando un ragazzo è capace di discernere cos'è una teoria e cos'è una realtà. Invece si comincia – lo vediamo dall'esperienza, dai nipo­tini che abbiamo – dalla seconda elementare: la prima cosa che fanno è dirgli che provengono dalla scimmia. È chiaro che poi quando arriva Natale gli sembra una favola quella di Gesù Bambino con la Madonna e l'asinello». Già. magari si insegnasse davvero a tutti la storia naturale fin dalle elementari: nel mondo reale là fuori, hanno già provveduto a togliere persino la parola «evoluzione» dai programmi delle medie.

A questo punto subentrano i commenti ben assortiti di critici letterari e giornalisti invitati: del libro vengono decantate la “foga” e l'ammirevole “determinazione”. In collegamento una giovane scrittrice di tendenza, bontà sua. nota che il “gran merito” del libro è quello di sottolineare come vi siano “verità indiscutibili che la scienza impone attraverso i libri e la cultura scolastica”, mentre opere di questo genere favoriscono la “messa in discussione”, la “disobbedienza”, il “dubbio”; parole testuali. Rincuorata, l'autrice rincara allora la dose: “Al di là di quello che abbia detto Darwin, che era contro Dio, sono gli adoratori di Darwin che ne hanno fatto un'ideologia, fin dall'inizio, e hanno lavorato sul linguaggio. Noi non ce ne rendiamo conto. [...] Ci stanno riportando, questa è la mia accusa, all'indifferenziato, ci stanno riportando nelle caverne”. Una giovane e bella attrice di tendenza presente in studio, bontà sua, si dice d'accordo e paventa una “trappola per farci pensare tutti nello stesso modo”. Segue lettura ispirata di alcune righe dell'Opera.

Totale: 5 minuti e 10 secondi di normale orrore televisivo italiano. Al cospetto di questi sconsolanti esercizi di beata inconsapevolezza facciamoci una domanda e diamoci una risposta: quali scuole hanno frequentato le nuove leve della letteratura e della cinematografia italiane invitate a commentare? È davvero notte fonda, sul primo canale del servizio pub­blico, quello pagato per intenderci anche con i denari dei contribuenti. Osservare questo vilipendio della realtà e della ragione spacciato come passione controcorrente, e leggere il conformismo che gli si aggruma attorno, in effetti, cambia la vita. Vederlo recensito sui principali canali della televisione di Stato ancor di più. Ma non si pensi che il triste caso valga soltanto per trasmissioni di approfondimento a tarda notte.

Ma lei si sente discendente da uno scimpanzé? lo no!

Restiamo nel servizio pubblici e andiamo indietro di qualche mese, alla fine di novembre del 2007, e prendiamo il Tg2 della sera: avete capito bene, il telegiornale in prima serata del secondo canale della televisione di Stato italiana. Mentre scorrono in basso le notizie di guerre. di carestie e di grandi decisioni mondiali, la conduttrice annuncia un servizio di Francesca Nocerino a proposito dell' uscita di un “volume fortemente critico nei confronti della teoria dell'evoluzione della specie” (si noti il singolare). L'Opera in questione è la stessa di prima. L'esordio, con sottofondo di musica aulica, è folgorante: “Continua a far discutere la teo­ria dell'evoluzione della specie elaborata da Darwin alla metà dell'Ottocento. Scienza, filosofia e religione da sempre spaccate suIl'idea che la vita sulla Terra discenda da un comune antenato e che l'evoluzione avvenga attraverso una selezione naturale”. Entra in scena il nostro primo protagonista: “Una teoria scientifica che ha dato vita a una ideologia atea, scivolando nel materialismo e nel relativismo, sostiene il cardinal Renato Martino”. Sembra di sognare e invece è tutto vero, la giornalista intervista l'illustre porpora, autore di un'entusiastica prefazione al libro: “Ormai che il marxismo ha fatto il suo tempo, adesso si ritorna con il fi­glio del marxismo che è questo darwinismo”.

A questo punto il cardinale – che ricordiamo è presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace e nel giugno 2007 ha dato in effetti ottima di­mostrazione di senso della giustizia e della pace proponendo il boicottag­gio persino di Amnesty International, rea di aver chiesto la depenalizzazio­ne dell'aborto per le donne vittime di violenze sessuali nel mondo – ha in serbo il colpo da maestro. Nell'anno di grazia 2007, sorridendo sornione e studiando bene le pause retoriche, come chi sa che sta per dire qualcosa di straordinariamente divertente e furbo, chiede giulivo alla povera cronista: “Ma [pausa], ma lei [pausa], si sente discendente da uno scimpanzé? Io no! [risata arguta]”. Evviva, un'altra vetta di sagacia raggiunta da uno dei principali leader dell'attuale gerarchia vaticana. Un bel messaggio peda­gogico sul servizio pubblico, in prima serata. Alcuni parlamentari teodem staranno già prendendo appunti: questi sì che sono valori.

Alla giornalista tocca poi riportare i risultati di un dotto simposio di pre­sentazione del libro creazionista, tenutosi presso la Pontificia università lateranense, su Michelangelo e sul suo acerrimo nemico Charles Darwin. Dalle immagini del servizio, e dal programma dell'incontro, notiamo la presenza sul palco fra gli altri, oltre che dell'autrice, di monsignor Rino Fisichella, di Rocco Bottiglione, del cardinale medesimo e di Mauro Mazza, direttore, appunto. del Tg2. Quest'ultimo, secondo la puntuale cronaca riportata dal sito amico www.zenit.org , avrebbe sostenuto che “nonostante si dica che il darwinismo e più in generale l'evoluzionismo goda di diffusa accoglienza, è un fatto che in tutti i continenti ci sono scienziati di varie discipline che lo contestano. Ciò è una conferma che siamo di fronte ad una teoria che travalica i confini della scienza e divie­ne essa stessa ideologia”.

Il servizio prosegue: “L'accusa ai seguaci dell'etologo inglese è quella di esaltare il potere del più forte su quello del più debole e di voler cancellare la nostra tradizione culturale estirpando il concetto di Dio". Appren­diamo dunque che Darwin, oltre che nemico della società, avvelenatore di menti e immarcescibile senza Dio, era anche etologo: “Una posizione, secondo la scrittrice, senza futuro”. Segue intervista: “Io sono per la Reden­zione e sono per la Creazione. La Creazione ci dice da dove veniamo, chi è nostro Padre, e la Redenzione ci dice dove andiamo”. Non poteva mancare un commento di Giuseppe Sermonti, storico esponente dell'anti­darwinismo italiota, sul fatto che “l'evoluzionismo contiene in sé l'orren­do germe del razzismo”. Segue sua battuta di chiusura: “Tutta la teoria di Darwin è la teoria della sopraffazione del debole da parte del forte”.

Non c'è stata nessuna evoluzione

Totale: un minuto e 53 secondi di servizio sul Tg2, naturalmente senza alcun contraddittorio. Non si tratta qui degli accessi violenti e ingiuriosi di un predicatore millenarista che vede Satana ovunque. Non si tratta delle maledizioni lanciate da un canale privato, di quelli dove capita di sentire con infinita tristezza prediche come questa: «la prima coppia è esistita veramente, eccome. [...] La storiella che l'uomo è venuto pian piano dalla scimmia è una storiella a cui credono soltanto Repubblica e il Corriere , e basta. Fanno ridere i polli, perché tutte le ricerche scientifi­che più aggiornate, più preparate, più serie ci dicono che l'uomo è ap­parso sulla Terra già uomo. [...] Vi dimostrerò con testi scientifici di scienziati di tutto il mondo, menti grandissime, che non c'è nessun se­gno, nessuna dimostrazione, nessuna possibilità che pian piano la scim­mia abbia imparato prima il bergamasco [risate], poi l'italiano, poi l'inglese. Non c'è stata nessuna evoluzione dalla scimmia all'uomo. L'uomo è apparso improvvisamente sulla Terra, cioè improvvisamente c'è stato un essere nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, autocosciente, in­telligente, libero” (padre Livio Fanzaga, Radio Maria). Qui non si tratta insomma del libero esercizio delle proprie facoltà mentali da parte di un esemplare di uomo sapiens che se ne assume tutta la responsabilità ma, purtroppo, del servizio offerto dalla televisione italiana, cioè un'istituzione pubblica, durante un telegiornale.

Se mettiamo a confronto lo spazio regalato dalle televisioni italiane a esternazioni su miracoli e visioni con quello dedicato ad una buona co­municazione di notizie riguardanti gli sviluppi della ricerca scientifica, l'esito è letteralmente disarmante. Aggiungiamo poi il rilievo dato dalla televisione pubblica a trasmissioni di pseudoscienza e di superstizioni varie, ripetitivamente ossessionate dai soliti cerchi nel grano, dalle solite piramidi allineate, dai soliti ufo con i soliti documenti taroccati di decenni fa, e naturalmente dai soliti templari. Aggiungiamo, non ultimo, lo snobismo cinico dei nostri più potenti critici televisivi, che trattano pres­soché qualsiasi tentativo di comunicare la scienza in televisione come noiose, e disperate, operazioni di indottrinamento. Se aggiungiamo cal­ciatori e veline, ne deriva un quadro di povertà e di provincialismo cul­turale, per di più supponente, che lascia smarriti.

Ma forse non è nemmeno questo il punto che andrebbe maggiormente sottolineato. È evidente a qualsiasi persona di buon senso e minimamen­te informata che le affermazioni a più voci sull'evoluzione prima riportate siano un preoccupante cumulo di fantasie (nella migliore delle ipo­tesi), di mistificazioni e di bugie. Bisognerebbe ricominciare tutto da ca­po e spiegare che gli scimpanzé non sono nostri antenati, ma i nostri cu­gini più prossimi, che la discendenza comune di tutte le specie è un dato di fatto appurato, che la teoria dell'evoluzione è corroborata da milioni di prove empiriche, sperimentali e indipendenti, che il contenuto scientifico di una spiegazione sta su un piano diverso dalle interpretazioni filo­sofiche che ne possiamo dare. E così via. Ma non ne vale più la pena. La domanda è piuttosto un'altra. Entrando nel merito di quanto dicono e scrivono, questi nuovi esseri umani del ventunesimo secolo armati di fe­de e di inossidabili credenze religiose, di quali “valori” sarebbero mai portatori? Quale principio etico si nasconderebbe dietro il racconto di menzogne, dietro l'ostentazione orgogliosa della propria ignoranza, die­tro la falsificazione dell'evidenza e la demonizzazione dell'interlocutore? Comportarsi in questo modo, per un credente come per un non credente, dovrebbe essere considerato riprovevole. Più in generale, allora, di quali valori concreti sono mai portatori i sempre più invasati araldi dei “prin­cipi non negoziabili”? Lo diamo spesso per scontato, ma costoro hanno davvero le carte in regola non dico per insegnarci, ma anche solo per di­scutere di “valori”. di “principi” e di “etica”? Sono persone di cui pos­siamo fidarci, di cui dovremmo avere stima, con cui dovremmo dialogare, quelle che stravolgono la realtà in quel modo per chissà quale recon­dito convincimento o tornaconto?

I professionisti dei valori

Nel frattempo, a proposito di valori, un'altra campagna elettorale si è consumata e del tema del rilancio, o meglio del salvataggio in extremis , della ricerca scientifica e dell'alta formazione italiana neppure una par­venza, non un'ombra fugace di novità nelle tribune e nelle tenzoni del voto. Le edificanti dichiarazioni di intenti e i velleitari proclami di rivo­luzionare il sistema paese in questo settore cruciale hanno toni così so­miglianti, e parole tanto simili, nei programmi dei due schieramenti maggiori da apparire a qualsiasi persona realista come mere petizioni di principio, esercizi di stile su un argomento vagamente ritenuto da tutti come importante, ma altrettanto snobbato nella sostanza.

Di scienza si è parlato in effetti, ma solo in un senso: per valutarne i “limiti” e i “pericoli”. Pare infatti che gli italiani siano improvvisamente ter­rorizzati dalla “tecnoscienza”. La ricerca scientifica non è, non diciamo nei cuori, nemmeno nell'anticamera del cervello, negli interessi, nell'oriz­zonte. di “pensiero” dell'attuale classe dirigente italiana, di centro-destra come di centro-sinistra. Non è pertinente, non è una priorità, non fa ascolti, non porta voti di massa. Ci vorrebbero politici in grado di puntare lo sguardo verso una prospettiva di sviluppo di medio periodo, capaci di comprendere le opportunità strategiche di integrazione nello spazio della ricerca europeo e di cogliere il nesso imprescindibile fra ricerca e mondo produttivo, politici con la consapevolezza delle qualità di eccellen­za dei ricercatori italiani rimasti in patria e di quelli che hanno trovato fortuna all'estero, ma soprattutto ci vorrebbero politici che sapessero di cosa parlano quando parlano di scienza. Ci vorrebbe, insomma, una clas­se politica degna di un grande paese avanzato, e non l'abbiamo.

In compenso, mentre l'economia della conoscenza galoppa e altri paesi investono l'impensabile in progetti di ricerca scientifica e tecnologica – dalla genomica alla fisica delle particelle, dalle nanotecnologie alle ener­gie rinnovabili – che daranno loro gli strumenti per robusti processi di

innovazione, a noi è capitato persino di assistere allo spettacolo della ex soubrette televisiva che insulta uno dei migliori fisici delle particelle mondiali, a cui è toccato in sorte di essere italiano e a cui adesso speria­mo (giusto per uno slancio di ottimismo della volontà) che concedano di lavorare come presidente del Consiglio nazionale delle ricerche in autonomia. Ma con un parlamento nominato d'ufficio dalle consorterie di partito, ci si sbaglierebbe di sicuro a pensare di aver toccato il fondo.

In compenso, la campagna elettorale è stata popolata più che mai dai soliti campioni di detenzione indebita di “valori”. Quelli che, vanno ai dibattiti televisivi con il ghigno lombrosiano dei primatisti della morale, con la sicumera di chi pensa di avere il monopolio della difesa della "vita" e della dignità umana, con lo sfoggio di pubbliche virtù e il maneg­gio in incognita dei vizi privati. Già, perché il resto è nichilismo, relativismo, individualismo. Quelli che... la Chiesa non è ingerente, ma indica la retta via e poi sta a noi decidere di seguirla o meno. Quelli che... sen­za Dio tutto è perduto. Quelli che fino a ieri erano superlaici di profes­sione e adesso scoprono le virtù folgoranti della fede. Quelli che ti fanno rimpiangere persino la Democrazia cristiana. Quelli che quando gli fai notare timidamente che, a onor del vero, il partito d'appartenenza pullula di divorziati, di puttanieri, o peggio di condannati in via definitiva, ti rispondono che è soltanto riflettendo umilmente sui propri peccati che ci si incammina verso la redenzione.

Sono così numerosi e petulanti, questi muovi propagandisti italiani dei principi, che viene voglia ad un certo punto di andare a vedere esatta­mente in cosa consistano questi benedetti valori. Come spesso accade in questo paese di chiacchiere a buon mercato, la verifica empirica e logica riserva non poche sorprese. Tralasciamo. per pudore, quelli che festeg­giano con i ninnoli siciliani dopo una condanna a cinque anni e quelli che gestiscono il potere locale attraverso favori e prebende senza alcun ritegno. Basti però notare che non si sono udite rampogne indignate e apocalittiche da Oltretevere per questi comportamenti a dir poco scon­certanti per chi abbia a cuore, davvero, i cosiddetti “valori”.

Chissà perché, i difensori dei valori preferiscono concentrarsi sulle unio­ni di fatto, per impedire a due poveri cristi di essere una coppia legalmente riconosciuta con i suoi diritti e i suoi doveri. o sulla fecondazione assistita., per impedire la nascita di più di mille bambini da coppie con problemi di sterilità. (per la precisione 1.041: a due anni dall'approvazione della legge 40 le gravidanze attraverso fecondazione artificiale sono calate del 3,6 per cento). Si tratta, in concreto, di 1.041 donne che non sono diventate madri: 1.041 bambini, non embrioni, in meno. Ep­pure, chissà perché, questi si sono autoproclamati il “partito della vita”. Non solo, gli ultrà della sacralità dell'embrione non si sono ancora chie­sti con quali criteri di trasparenza sono stati attribuiti in Italia i soldi pubblici destinati alle ricerche sulle cellule staminali adulte. Niente male. per dei professionisti dei “valori”.

In questa epoca di conversioni religiose a mezzo stampa, il pudore delle virtù reali e silenziose non è propriamente alla ribalta. Diminuisce il numero di persone ragionevoli che considerano semplicemente ridicolo che un paese avanzato decida per legge che un peccato stabilito in un codicillo due secoli fa dal capo di una confessione religiosa diventi un reato per tutti. Conquiste che si pensavano irreversibili, non lo erano affatto. Editorialisti di autorevoli quotidiani, discutendo di terapie che un giorno potranno alleviare le sofferenze di molti nostri simili, non mostrano alcuna remora nell'esibirsi in una greve e cinica ironia sulle pretese della scienza di “ren­derci immortali”. Niente male, per dei professionisti dei “valori”.

L'ideale progressista di impegnarsi affinché i nostri figli possano vivere un po' meglio di come abbiamo vissuto noi non va più di moda. A pen­sarci bene, era proprio l'ideale (il valore?) che muoveva alcuni degli in­tellettuali e degli studiosi che hanno fatto grande, in passato, la cultura scientifica italiana. E allora, la prossima volta che un vostro caro sarà salvato grazie ad un trapianto di organo rivolgete un pensiero compas­sionevole a quei devoti difensori dei “principi etici” che trent'anni fa gri­davano allo scandalo per la violazione della naturalità del corpo umano. La prossima volta che il medico vi prescriverti un antibiotico, salvandovi da quella che fino a qualche decennio fa sarebbe stata una morte cer­ta fra atroci dolori, rivolgete un piccolo pensiero di commiserazione ai professionisti dei valori che facevano ironia sulle pretese della scienza di scoprire gli antibiotici.


(Tratto da Micromega . Almanacco di scienze – Supplemento a Micromega n°3 , 2008, Roma.)




Telmo Pievani
è Professore di Filosofia della scienza presso la facoltà di Scienze della formazione dell’Università Milano Bicocca. È coordinatore sientifico delle conferenze del Festival della scienza di Genova. Fra le sue pubblicazioni Homo sapiens e altre catastrofi (Meltemi, 2002), Introduzione alla filosofia della biologia (Laterza, 2005), Creazione senza Dio (Einaudi, 2006), In difesa di Darwin (Vauro Bompiani, 2007) e con Carla Castellacci Sante ragioni (Chiarelettere, 2007)


 


        
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