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Migranti - Mostra inedita di Guido Villa

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GUIDO VILLA
(Vercelli 1943)

Formatosi all’Istituto di Belle Arti della sua città e all’Accademia di Brera a Milano, dal ’68 al ’90 ha svolto l’attività di graphic designer. Pittore figurativo, espone in Italia e all’estero cicli tematici quali Football americano (Milano,Torino 1983); Crocifissioni (Pieve di Cento, BO; Milano 1992); Omaggio a Walt Whitman (Milano, Yowa, New York, Providence, Fresno 1992-96); Montagne (Amsterdam 1996); Nero su bianco - 27 scrittori e un autoritratto (Castello di Spezzano, MO; S. Pietro in Casale, BO; Bondeno, FE; Milano 1996; Vercelli 1999; Siena 2006; Torino 2006). Dal 1993 al 2001 realizza in Kenya il Ciclo di dipinti dell’Esodo (300 mq circa) nella Cattedrale di Isiolo; espone bozzetti e disegni a Nairobi presso l’Istituto Italiano di Cultura. Nel 2001 realizza 4 Tavole di grande formato e 4 Vetrate per il Santuario di N.S. di Fatima a Fornace Crocicchio (VC). A Milano, nel 2004, inaugura presso la Galleria Ciovasso la mostra I colori del male - la pena di morte. E’ Invitato dall’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona a presentare la mostra presso il Museu da Água - Mãe d’Água das Amoreiras. Il ciclo I colori del male si completa nel 2005 con la mostra I colori del male: la pena di morte e l’11 settembre presso la Fondazione Casa Frabboni, S.Pietro in Casale (BO). Nel febbraio 2007 inaugura, presso la Galleria Ciovasso di Milano, la personale Orizzonti di pietra - Una metafora della condizione umana. La mostra prosegue alla Galleria “Il Ponte” di Pieve di Cento (BO) e presso il Salone Dugentesco di Vercelli.

Nel 2007, nell’ambito della 46° edizione del Festival Internazionale di Stresa, realizza la videoscenografia per l’opera di W.A.Mozart La Clemenza di Tito, diretta da Gianandrea Noseda, Direttore Artistico del Festival.

Nel 2008 è impegnato nella realizzazione della videoscenografia per l’opera di M. De Falla El retablo de Maese Pedro, diretta da Sandro Gorli con il Divertimento Ensemble.

Nel 2009 è invitato a partecipare con un’opera (la X Stazione) alla mostra Via Crucis al Museo

allestita presso il Museo del Ciclismo - Madonna del Ghisallo, Magreglio (CO).

Nel mese di marzo a Prarolo (VC) alla Cittadella del mastro artigiano si inaugura, presso la Galleria “Art&Wine”, la mostra Sacro e profano in cui Villa presenta una selezione di opere tra cui Crocifissione urbana e 11 Settembre di grande formato.

Organizzata dall’Università degli studi di Siena, facoltà di Lettere e Filosofia, con il patrocinio del Comune di Siena, si inaugura nel mese di aprile, presso il Palazzo di San Galgano, la mostra Migranti - disegni e bozzetti per una poesia di Derek Walcott.

Guido Villa vive e lavora a Brusaschetto (AL).




RECENSIONI

Lo sgomento del presente

di Giorgio Seveso

Tra le contraddizioni inaudite che oggi s’aggrovigliano attorno all’umanità ce n’è una di orrendamente “normale”, ormai assunta senza scandalo nelle tranquille nostre coscienze quotidiane di abitanti della parte privilegiata del pianeta, eppure tremenda per il suo carico epocale di dolori, di umiliazioni, di ingiustizie. È il segno tragico di questi nostri anni, di questo nostro adesso, qui e ora (così come ci vedranno i posteri, quando saremo anche noi divenuti storia di ieri), costituito dal destino dei migranti contemporanei che, dalle latitudini della miseria e dello sfruttamento cui è loro toccato nascere, affrontano appunto ogni giorno a migliaia e migliaia la scabrosa, aspra via dell’esodo, giungendo nelle nostre città per esservi accolti dalla nostra indifferenza quando non dalla nostra ostilità.

E come può un simile carico di dolore non colpire gli uomini attenti (di “buona volontà” mi verrebbe da dire), e in particolare tra loro i poeti?

Ecco qui, dunque, le immagini di straordinaria pertinenza emozionale che Guido Villa ha dedicato a questo tema doloroso, sollecitato dal lamento lirico incalzante, irritato e indignato di Derek Walcott, tradotto da Luigi Sampietro.

Ciò che il poeta creolo ha scritto, il pittore nostro l’ha visto, l’ha immaginato in una straordinaria torsione di visionarietà, in un intreccio turbato di invenzione e intuizione, di tensione espressiva commossa, partecipe e insieme controllata, razionalizzata, quasi “fredda” per l’agghiacciante attualità del dramma umano evocato.

Villa è appunto un poeta delle immagini, un pittore che della sua pittura già in molte occasioni ha fatto uno strumento di formidabile suggestione per investire temi e problemi degli uomini d’oggi. Ho già scritto in passato di questo suo sviluppare in parallelo modi e calligrafie pittoriche anche sensibilmente diverse, alla ricerca del modo adeguato di tradurre questo o quell’impulso lirico, così che i suoi cicli tematici non s’inscrivono in una successione cronologica, ma si sviluppano contemporaneamente, per abbandoni e successive riprese, sollecitati dall’interesse umano che l’investe di volta in volta e lo chiama al lavoro e alla creazione.

Perché per lui dipingere, come in questo caso, è un lavoro soprattutto d’anima e di coscienza, un racconto etico di reazioni e di sdegni, di compartecipazioni e compatimenti, di identificazioni profonde e complessive.

Guardiamo con attenzione le livide e quasi monocrome atmosfere delle immagini di questa mostra e di questa cartella. L’innesco è dato da un verso, da una frase, da una figura letteraria, ma la mano e l’immaginario sanno dare carne, nervi, sensi e sentimenti allo spazio narrante, al flusso del racconto iconico, alla trasfigurazione espressiva (e quasi espressionistica) della composizione e delle anatomie tiratissime, smunte, scavate di segni dolenti.

C’è poco altro da dire se non l’efficacia quasi sonora di questi corpi, il terribile clamore del loro pauroso silenzio.

Che si chiude nell’ultima immagine come fosse, a ben guardare, un rinnovato “Quarto Stato” di Pellizza, senza però eroismo, né epica della lotta, né attese d’avvenire radioso.

Il migrante d’ogni latitudine, la sua famiglia, la sua indicibile miseria sono qui davanti a noi. Senza lotta di classi, senza scontri di masse e di idee, senza ragioni della Storia.

Solo una agghiacciante solitudine, una incolmabile disperazione è nei loro occhi, fissi sull’indifferenza e sull’insofferenza del nostro tempo, volti senza speranza all’ingannevole aurora di questo nostro nuovo millennio.


Guido Villa



Una poesia di Immagini per Guido Villa

di Antonio Locafaro


Ut pictura poesis


“Ut pictura poesis; erit quae, si propius stes,

Te capiat magici, et quaedam, si longius abstes;

Haec amat obscurum; volet haec sub luce videri,

Judicis argutum quae non formidat acumen;

Haec placuit semel, haec decise reperita placebit.”

( Orazio, De arte poetica, vv. 361-365 )


Il famoso motto oraziano dell’Ut pictura poesis, che mirabilmente sottolineava il parallelismo tra le figure retoriche proprie del linguaggio e le allegorie del mondo figurativo e, rappresentava esattamente l’equivalente estetico dell’idealismo filosofico, trova ora nel lavoro di Guido Villa una qualificazione di straordinaria osmosi, una perfetta aderenza e complementarietà delle immagini ai versi evocati dalla poesia di Derek Walcott.

Appare quasi una riappropriazione dell’antico modello poetico visivo, una sorta di richiamo moderno alla bellezza delle incisioni, che nei tempi passati permettevano al lettore di recepire con più facilità il significato dei simboli; alla riqualificazione estetica operata dai Preraffaelliti di William Morris, alla raccolta di poesie L’Isotta Guttadauro di D’Annunzio, illustrate dai pittori della cerchia di “In Arte Libertas”; o, ancora, alle icone tipiche della stagione simbolista, come la Gioconda, la testa di Orfeo, la Gorgone, che rinviavano al patrimonio mitologico, ma anche alle descrizione di ambienti, luoghi, delle suggestioni e delle attitudini comportamentali delle umili persone che, in modo semplice, evocano il clima del dramma, come le aspre visioni, mai così attuali, della arcaica realtà della terra d’Abruzzo di Francesco Paolo Michetti.

L’opera d’arte, nel tempo, continua ad essere utilizzata come citazione, come supporto per contaminazioni, come stimolo di condensazione sensoriali.

I Migranti di Guido Villa, reali o virtuali, oltre a ripercorrere l’itinerario delle parole di Walcott, sono una stigmatizzazione sociale dell’allontanamento, dello sradicamento, dell’anonimato, sono la storia delle città, l’oggetto di un rifiuto generalizzato e pur difficilmente giustificabile; sono il manifesto di gesti clamorosi, di risposte semplici, di rigidi ( o nulli ) controlli e mobilitazioni xenofobe.

Dai suoi bozzetti e dai suoi disegni, realizzati con una tecnica mista ( Matite, inchiostri, acrilici, su un supporto in cartoncino Schöller ), emerge il dolore del corpo, la grandezza dell’anima, il grido taciuto, quale espressione innaturale del dolore fisico.

L’effetto calligrafico della sua linea, ondulata e fitta, lirica e impietosa, e della macchia, che non maschera alcuna indulgenza, suggeriscono il profilarsi di forme che, prese in un ritmo d’insieme, travolgono cose e personaggi, costruendo una sintassi stilistica che crea una trama intima e segreta.

Nei disegni Villa rappresenta visivamente i protagonisti di quegli avvenimenti, annunciati dal lirismo doloroso e pressante del poeta creolo. Su di loro volge lo sguardo, operando un processo di trasfigurazione che gli permette di far scivolare le apparenze nella profondità della sua messa in scena e di contro far emergere le invisibili ansie e inquietudini del nostro tempo, che non permettono di sottrarci all’inevitabile disagio esistenziale.

I bozzetti sono immediate sollecitazioni visive che premono come se fossero liriche proiezioni descrittive, narrazioni intimistiche che si danno come impronte, tracce di un percorso emotivo che, solitamente, l’artista costruisce con un tratto di matita e d’inchiostri dalle qualità sintetiche. Entrambi i lavori nascono dalla volontà di creare una corrispondenza visiva non invadente ma che suggerisce un legame non solo con la scrittura di Walcott, ma anche con la sua sensibilità descrittiva.


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