IL DUELLO

João Guimarães Rosa

"E grida il piranha color paglia,
arrabbiatissimo:
- Ho denti di rasoio, io, e
con un salto avanti e indietro
risolvo la questione!...
- Esagerato... dice la razza -
dormo nella sabbia,
col pungiglione in resta
e c'è sempre uno sventato
che ci s'infilza.
- Ma, amici - mormora in gimnoto,
tranquillo, ricaricando la sua batteria -
non voglio neppure pensarci:
se lascio scappare tre pensierini
elettrici,
qui nell'acqua, nell'acqua tutt'intorno
perfino voi due
galleggerete morti...

(Conversazione a due metri di profondità)

Turíbio Todo, nato sulla riva del Barrachudo, faceva il sellaio di professione, aveva lunghi peli nel naso e piangeva senza fare smorfie; per dirla tutta fino in fondo, aveva il gozzo, era un lazzarone, vendicativo e malvagio. Ma all'inizio di questa storia aveva ragione.
Anzi, i bifolchi lo affermano perentoriamente, ma è ben vero che in quel caso c'erano diverse attenuanti. Impossibile negare l'esistenza del gozzo; ma era un gozzo piccolo, discreto, bilobato e poco mobile - verso l'alto, il basso, ai lati - e non era quel gozzo scandaloso "gozzo gigante, steso come la mano del mendicante"... Oltretutto, nessuno nasce gozzuto né si fa venire il gozzo perché gli pare bello: deriva dai tentativi della cimiciona dei boschi di diventare un animale domestico nei tuguri in riva al fiume, dove ci sono, anch'essi complici, compari della pentatome, armadilli di cinque specie, più o meno. E un gozzetto così modesto, incapace di allettare i bisturi di un chirurgo, non imbruttiva il suo proprietario: Turíbio Todo era perfino simpatico: costretto a usare colletto e cravatta, a volte sembrava proprio elegante.
Non riponeva però molta fiducia in questi doti, e quindi era abbastanza misantropo: per questo aveva pensato di fare il sellaio per poter lavorare in casa ed essere visto di meno. Ora con la ferrovia e poi quando avevano aperto le due strade asfaltate, le ordinazioni di briglie e ceste da soma si erano fatte molto più rare, e Turíbio Todo si ritrovò di necessità a stare spesso senza fare niente.
Ora, per quel che riguarda le vibrisse e il fatto di piangere senza fare smorfie, può anche darsi che fossero indici di un certo gusto vendicativo e malvagio, ma con moderazione, solo quando fosse necessario, senza esagerare. E poi, lo sappiamo tutti, alla gente di campagna piacciono molto i rapporti di causa ed effetto, inferiti in modo sconsiderato e dogmatico: Manuel Timborna, per esempio, da tre o quattr'anni non fa che discutere con un canottiere del Rio das Velhas, il quale sostiene che l'alligatore dal gozzo giallo ha il collo color zolfo perché è più cattivo degli altri alligatori, al che Timborna oppone che è più feroce solo perché ha la base del mento color limone maturo e zafferano. E la gente assennata fa un sacco di fatica a dar ragione a entrambi quando stanno insieme.
Così, dunque: sia come sia in questa storia, almeno all'inizio - e l'inizio è tutto - Turíbio Todo aveva ragione.
Per lui era stata una giornata storta: era uscito presto per andare a pesca, e sulla riva del fiume s'era reso conto di aver dimenticato la sua treccia di tabacco, per cui era stato spolpato vivo dalle zanzare; aveva dato un calcio a un ceppo, schiacciandosi le dita del piede destro; aveva perso l'amo grande, impigliato nel frascame galleggiante; e, ora, se ne veniva sconsolato verso casa, portando nel cestino appena due tinche. È chiaro che tutto questo, svoltosi così, in serie, esigeva una disgrazia maggiore, che non mancò.
Ma a questo punto Turíbio Todo doveva lamentarsi solo del suo non saper vivere; perché aveva avvertito la moglie che non sarebbe tornato a dormire a casa, poiché aveva intenzione d'arrivare fino al vivaio delle Quattordici Croci e dormire a casa del cugino Lucrécio, a Decamão. Aveva cambiato idea, senza riavvertire la moglie; ben fatto! La trovò in pieno (scusando la parola, ma la narrazione è veritiera) in pieno adulterio, nel più dolce, dedicato, disattento degli idilli fraudolenti.
Fortunatamente i colpevoli non si accorsero della sua presenza. Turíbio normalmente arrivava in casa quasi senza far rumore; sentì delle voci e sbirciò attraverso una fessura della porta; con l'aiuto della luce del lumino là dentro, vide. Ma non fece nulla. E non fece nulla perché l'altro era Cassiano Gomes, ex caporalmaggiore del 1° plotone della 2a compagnia del 5° Battaglione di Fanteria delle Forze Armate, in cui imparavano a maneggiare a suon di musica lo ZB cecoslovacco e perfino le mitragliatrici pesanti Hotchkiss; aveva pertanto tutti i requisiti per centrargli una pallottolona in fronte, anche se vestito in modo succintissimo e fosse pure a distanza di ducento metri e con il bersaglio in movimento.
Turíbio Todo lo sapeva benissimo, così come sapeva che Cassiano Gomes non si separava mai dalla sua Parabellum, e pure che lui, Turíbio, al momento non disponeva d'altro che del suo onore imbrattato e di un coltellino buono per tagliare il tabacco e scalzare le pulci penetranti.
Tuttavia, poiché il buono e autentico bifolco ragiona tanto meglio e con più calma quanto maggiore è la sua rabbia, Turíbio Todo si allontanò da lì in modo ancor più vellutato di come s'era avvicinato, e andò a sbollire il suo odio al calore bianco di una pentola d'acqua fredda.
E fece bene, perché allora gli successe ciò che in tali circostanze accade alle creature umane a 19° di latitudine sud e a 44° di longitudine ovest: mezza dozzina di passi e tutto il malumore si dissolveva in uno stato di sollievo, perfino di soddisfazione. Respirava a fondo e la testa gli lavorava di gusto, tremando accurati piani di vendetta.
Così il giorno dopo tornò a casa, fu gentilissimo con la moglie, fece ferrare il cavallo, pulì le armi, preparò la sacca, parlò vagamente di una partita di caccia ai paca, rise molto, si agitò molto e andò a dormire molto prima del solito. E questo fu il mercoledì. Il giovedì mattina...
... Alte sono le montagne di Transmantiqueira, belli i suoi fiumi, calme le sue valli; e buona la sua gente... Ma gli uomini sono uomini; e la pazienza conduce a girare a vuoto, a metà maggio come a fine agosto. Ci sono pistole che sparano da sole. Ed è molto facile rimediare una croce per una sepoltura lungo la strada, perché il banano selvatico ha rami orizzontali, ed angolo retto con il tronco, simmetrici, da parte a parte, e basta tagliarli tutti meno due. E... che? L'armadillo sdentato non disseppellisce i morti? Certo che no. Chi svuota le tombe è l'armadillo dalla coda morbida. L'altro che se ne farebbe, visto che sta già sottoterra in belle sinuose gallerie? Mangia tutto là e poi trascina lontano gli scheletri, mentre prolunga i suoi cunicole storti da accurato zappatore.
Bene, il giovedì mattina Turíbio Todo decise che i preparativi erano sufficienti e andò a fare un'imboscata a casa di Cassiano Gomes. Lo vide alla finestra, che dava le spalle alla strada. Turíbio non era un cattivo tiratore: lo colpì giusto alla nuca. E corse a casa, dove il cavallo lo aspettava al palo, sellato, pasciuto e bello riposato.
Neppure per un momento gli passò per la testa l'idea di massacrare la moglie (donna Silivana aveva begli occhi grandi, di capra attonita) perché era un cavaliere, incapace di maltrattare una signora, e perché basta e avanza il sangue di una creatura per lavare, sciacquare e asciugare l'onore più esigente.
Ora doveva andarsene e passare un po' di tempo lontano, e così tutto si sarebbe rimesso a posto, logico e sicuro, condotto in modo pulito proprio come tanti altri casi locali.
Ma... Ci fu un piccolo sbaglio, un contrattempo dell'ultima ora, che coinvolse due brave persone pacatissime e pacifiche in un gioco demoniaco, in una complicazione senza fine: Turíbio Todo ingannato da una grande somiglianza e mirando a un avversario di schiena, aveva eliminato non Cassiano Gomes, bensì Levindo Gomes, fratello dell'altro, che non era mitragliatore, né ex soldato né niente, e che, è bene dirlo, odiava andare a sfruculiare le mogli altrui. Turíbio Todo seppe dell'errore mentre infilava il piede nella staffa... - Uhi!... Al galoppo sfrenato, invece che al passo!... - pensò. E batté di speroni e sfrecciò via, scagliando di lato la ghiaia e sollevando un polverone.
Cassiano Gomes seguì al cimitero il corpo del fratello, sparse il primo pugno di terra e ricevette con molta compostezza, triste e grato, le condoglianze del caso. Poi tornò a casa, sbarrò molto bene porte e finestre - per fortuna era scapolo - e uscì, con la sua mantellina verde dell'esercito, il Winchester, il parabellum e altre cosucce necessarie, per cercare dietro alla chiesa Exaltino, che vendeva animali di sella.
Comprò una mula melata; ma prima esaminò bene la dentatura, per vederne l'età; ci fece un giretto, ebbe a ridire sul passo e chiese uno sconto sul prezzo. Concluso l'affare, con i finimenti e tutto il resto, Cassiano fece dare mais e sale alla mula; la strigliarono, la lavarono e me misero i ferri nuovi.
Quando era già pronto e stava legando la mantellina alle cinghie della sella, riuscì a sentire Exaltino che diceva piano a Clodino Preto:
- È morto, Turíbio Todo è morto e sepolto!... Questo è l'ultimo pasticcio che quel gozzuto ci combina...
Cassiano pensò, fumò, immaginò, trottò, meditò e, solo a due leghe dal paese, sulla grande strada che conduce a nord, giunse a una conclusione: Turíbio Todo aveva dei parenti a Piedade do Bagre, o poco lontano... Era corso là, senza esitare, ancora atterrito per il qui pro quo commesso. Non era possibile che fosse andato in un'altra direzione e certamente era partito a rotta di collo, galoppando come un'anima dannata. Quando fosse arrivato a Piedade - più in là non c'erano terre che un cristiano potesse prendere in considerazione - riposato, con i suoi, gli si sarebbe rinvigorita la furia e sarebbe tornato indietro.
Ne era molto sicuro:
- Va come un cervo inseguito, ma torna come un giaguaro... A metà strada c'imbattiamo l'uno nell'altro, e chi è più forte avrà ragione...
Quindi non c'era bisogno di fare in fretta, poteva andare al trotto, senza sfiancare la mula. E, solo per non lasciare che si esaurisse la sua scorta d'odio, si metteva a pensare a cose piacevoli, e si rilassava per cacciare jaó nei boschi e, nella campagna, quaglie e colombi domenicani.
Comunque, poiché sapeva che le notizie arrivano sempre prima della gente perbene, gli sembrava ragionevole dare una mano alle cose: bastava che s'incrociasse con un manipolo di mulattieri che menavano una mandria, o raggiungesse uno zappatore che andava al potere, marra in spalla, che Cassiano si fermava attaccando discorso e parlando del nemico con i peggiori improperi:
- Conosce Turíbio Todo, il sellaio, quello col gozzo?... Perché è un... (Qui, supposte condizioni di bastardigia e indecorosi riferimenti alla genitrice.)
Ma becco chiusissimo quanto ai suoi piani: nessuna minaccia, solo insulti.
E Cassiano Gomes aveva colto nel segno, almeno in parte. Turíbio Todo era davvero andato a Piedade do Bagre, proprio come un cervo inseguito dal latrato di dieci cani da caccia, più la buccina del battitore; e gli era bastato un giorno di riposo per capire che si era infilato in un vicolo cieco, perché quel villaggio era la porta del sertão.
Ma non tornò sui suoi passi come un giaguaro in agonia: trasbordò dal ronzino sfiancato - più giumento che cavallo - su un sauro balzano a quattro, con gli occhiali, e fece la mossa di venire e non venne, come una volpe. Inclinò la sua rotta verso nord-nordest, dirigendosi verso le alture del Morro do Guará e del Morro da Garça, e allora successe quello che Cassiano non aveva saputo prevedere, rovinando il suo piano e mandando a monte quella partita.
- C'è tempo... - disse. E continuò la sua battuta di caccia, confidando a quel punto solo nell'ispirazione del momento, perché il mazzo era stato mescolato e ora entrambi avevano altre carte da giocare.
Però, considerando che la situazione s'era complicata, l'essenziale era vagolare nell'ombra, per cogliere l'altro alla sprovvista, di sorpresa; e per far questo agguattarsi, perché: - Non lo vedi? Chi sta alla luce è visto per primo e si becca la pallottola che gli spara chi sta al buio!...
Fuggendo, Turíbio Todo apparentemente si trovava in svantaggio. Ma Cassiano si fidava poco, perché in qualsiasi momento la preda avrebbe potuto rivoltarsi, furiosa; e deriva da questo il fatto che a volte è gioco far da presa, e chi dice il contrario non ha ragione.
E così, pensandola in questo modo lodevole, cominciò a viaggiare prevalentemente di notte, attraversando boschi, evitando la strada maestra, facendo grandi giri e dormendo di giorno in luoghi impossibili. Bastava che abbassasse un poco la guardia o che corresse qualche minimo rischio, che smettesse di andare a grandi cerchi e di passare per sentieri impervi, che decidesse di dormire con entrambi gli occhi chiusi o di preannunciare l'itinerario che avrebbe seguito, perché da un momento all'altro - nessuno tende agguati bene come un gozzuto, lo dicono tutti - Cassiano Gomes fosse risvegliato da un proiettile o da una coltellata, e questo ammettendo che l'altro avesse la bontà di svegliarlo.
Ora, quando s'imbatteva in qualche contadino o viandante, sondava il terreno con chiacchiere astute, senza fargli sapere chi fosse; sì, perché era già passato il momento di seminare voci, e bisognava aprire bene le orecchie e raccogliere notizie sul gozzuto, che doveva tornare indietro per potergli sparare.
E così, visto che Turíbio Todo era forse ancor più schivo e inafferrabile, per due mesi le informazioni furono indefinite e incerte, e non si seppe mai bene per dove passarono i due nemici o quali posti evitarono.
Ma un giorno Cassiano, arrivando a Traíras, sentì dire che l'altro stava a Vista Alegre, dov'era andato per nostalgia della moglie, a cui era molto affezionato. Cassiano Gomes trasse le sue deduzioni e proseguì lungo il fiume Guaicuí, sempre costeggiandolo per lasciarlo solo in un bel posto - con gallinelle d'acqua che covavano nelle aie e una laguna al centro del villaggio - chiamato Jequitibá; e nel frattempo Turíbio Todo, un po' più a nord, irrompeva trionfalmente a Santo Antonio da Canoa, dove, tronfio e pieno di sé, osò perfino assistere alle feste del Rosario, con teatrino e asta pubblica.
Sputando bili, Cassiano cambiò direzione, rovistando l'intrico del sottobosco, battendo sentieri erbosi, aprendosi un passaggio nel filo spinato delle recinzioni dei pascoli, per cadere senza preavviso in mezzo a villaggi tranquilli incuneati fra le montagne. Ma i volontari del servizio informazioni erano pessimi e, vicino al Saco dos Cochos, loro due s'incrociarono, passando a meno di un chilometro l'uno dell'altro, pronti alla guerra e assetati di vendetta.
Cassiano Gomes, che aveva appena ventotto anni e dunque era più fine stratega, avanzava a salterello, ora con ritirate stravaganti, ora in attese bizzarre, sempre ricamando spirali attorno all'asse della strada maestra. Ma Turíbio Todo, che era più vecchio, sfruttava ovviamente la tattica migliore, e avanzava e indietreggiava a zig zag, come il volo di una farfalla, o meglio di una falena, perché anche lui era diventato nottambulo; e inoltre aveva un magnifico vantaggio, perché era inseguito su un terreno che conosceva come il palmo della mano.
E così continuarono, tracciando linee frettolose in tutte le direzioni per un raggio di dieci leghe nella Mesopotamia che va dalla valle del Rio das Velhas - lento, vago, mutevole, nostalgico, sempre fresco, ora stretto, ora largo, di acqua rossa, con banchi di sabbia, isole frondose di bosco, fiume quasi umano, fino al Paraopeba, ampio, armonioso, impassibile, sugoso, senza argini, senza sponde, con spiagge lucide di mica e acque profonde che non offrono mai un grado.
E nessuno dei due era capace di passare per gallerie sotterranee e di dormire due notti consecutive nello stesso rifugio, né di attraversare una pianura aperta sotto la vista delle colline; e se si fossero fermati e avessero pensato a come era cominciata la storia, forse ciascuno di loro avrebbe pagato molto per tirarsi fuori da quel ginepraio, ma questo non era più credibile né tanto meno possibile.
Quando Cassiano oltrepassò i monti del Ginete, scendendo verso il Cuba, s'imbatté in un mendicante giramondo, con gambe enormi per l'elefantiasi, che portava per voto sulle spalle la pesante immagine di un santo ormai non più identificabile; e quel vagabondo bizzarro gli fornì una pista: anche il gozzuto aveva cambiato rotta e stava seguendo il percorso del sole. Gli andò dietro. Ma arrivato a São Sebastião pianse d'odio: incrociò un ladro di cavalli che risaliva con l'ultimo branco, perché aveva già guadagnato molto e tornava al suo paese per rifarsi una vita onesta, il quale annunciò che Turíbio Todo era lontano, un'altra volta oltre il Rio das Velhas, a Moroso o a Baldim.
Allora Cassiano cambiò cavalcatura per la seconda volta e comprò un roano della criniera nerastra, perché il suo baio balzano aveva sei ferite sulla groppa e le sue gavigne erano infiammate a sangue, quel baio che aveva scambiato con la mula melata, a cui a sua volta si erano consumati tutti e quattro gli zoccoli.
Anche Turíbio Todo a questo punto era alla quarta o quinta cavalcatura, e fu allora che ebbe l'audacia di passare per il suo paese, perché aveva nostalgia della moglie, donna Silivana - proprio quella che aveva begli occhi grandi di capra attonita - con cui stette una notte e al momento di separarsi rivelò, sotto giuramento, il suo stratagemma finale.
La donna gli aveva suggerito:
- Perché non te ne vai lontano, molto lontano, aspettando che a quello gli passi la rabbia?... (Donna Silivana aveva saggi disegni nella testolina...)
- Macché!... Se ti dico una cosa, mi giuri che non la racconti a nessuno?...
- Sui miei occhi, lo giuro!... Non ti fidi più neanche di me?!
- Allora, senti: io, se si eccettua il gozzo, ho molta salute, grazie a Dio... Ma quello lì... Correndo così per queste macchie, voglio proprio vedere come va a finire! Cambia il cavallo, cambia, cambia, peggio d'uno zingaro, ma non può cambiarsi il cuore, che non ce la fa! Basta aspettare un pochino e agitare un panno rosso sotto il naso del toro... Eh, che bue selvaggio!... Non ho il cane, ma caccio appostato, e sto aspettando un cornuto!...
Ascoltandolo, donna Silivana cominciò a star male, sentì un brivido dentro, perché Cassiano Gomes non s'era dimesso dalla polizia senza motivo, ma era stato congedato dalla commissione medica; e nonostante il suo aspetto aitante, il cuore non gli funzionava molto bene.
Turíbio Todo sferrò il cavallo e comprò degli altri ferri, con cui fece finta di far ferrare la bestia - manovra questa per far sì che l'altro, se fosse stato il caso, informato male, perdesse le sue tracce; montò e si diresse verso Lages, dove un fazendeiro gli esibì, già grasso e ristabilito dalle marce forzate, quel baio balzano che era stato il secondo animale usato da Cassiano. Lì non seppe resistere: lo comprò, pagando senza battere ciglio una volta e mezzo il suo prezzo; e partì verso Tabocas, giubilante, torcendosi dalle risa:
- Un buon cavallino, il cavallino di un defunto... Ricevo l'eredità in anticipo, ma il bello verrà dopo!...
E girandosi sulla sella, insultò l'invisibile simulacro del nemico:
- Tienti l'anima con i denti, maledetto!
Cassiano presto conobbe le intenzioni del sellaio, che donna Silivana gli trasmise nel modo in cui, in campagna, una bocca ben disposta fa le veci delle radiocomunicazioni.
In una bella pianura fra Maquiné e Riacho Fundo, fuori dalla rotta di chi va a cavallo, un mandriano che conduceva dei buoi che erano fuggiti fu il primo ad annunciargliele:
- ... e Turíbio vuol farvi morire di mal di cuore, don Cassiano. Non vale la pena di dargli questa soddisfazione, no davvero!
Cassiano Gomes si accigliò, e ci pensò, ma rispose:
- Sciocchezze! Se era così, non faceva la stupidaggine di andarlo a raccontare in giro... Lui spera, questo sì, che io abbandoni per paura di ammalarmi...
E sorrise di un sorriso bilioso, di rabbia congelata, riposandosi su una delle staffe, girandosi con le redini sciolte, mentre scrutava la linea lontana delle montagne per vedere se veniva a piovere.
Ma poiché Turíbio Todo aveva detto la verità in modo che l'altro pensasse a una trappola, Cassiano Gomes s'ingannò una volta di più.
Continuò il lungo duello, e così erano già cinque mesi, o cinque e mezzo, che quell'inseguimento andava avanti, monotono, senza giungere a una conclusione.
Finché a un certo punto cambiarono tattica, e a poca distanza l'uno dall'altro - Turíbio Todo in testa - partirono dal Rio das Velhas verso ovest. Forse senza nessun motivo, o perché al sellaio sembrò opportuno imitare ancor di più l'altro, o perché l'altro, che aveva smesso di bere per avere le idee più chiare, in quel periodo aveva ricominciato a farlo.
E quando Turíbio Todo disegnò un arco da Aruá a Cedro, Cassiano Gomes stava giusto arrivando in linea retta, a tutta velocità, e il giorno dopo e il giorno prima gli toccò la traiettoria in tangente in ritardo e quella in secante in anticipo. Dopo viaggiarono quasi di conserva, perfettamente paralleli, e sentirono entrambi che stava arrivando il momento della verità e la fine di tante scocciature.
Finché all'improvviso le due parallele vennero a convergere sul ponte della chiatta su cui un traghettatore trasportava animali e persone a quattrocento réis a capo, e nel punto in cui ruzzolava, sporco e senza ombre, mugghiando nel deserto, il Paraopeba - il fiume giallo dall'acqua tranquilla.
Cassiano, che aveva raccolto notizie ben retribuite, e ora sapeva che stava alitando sul collo di Turíbio, arrivò sulla riva del fiume alla fine del pomeriggio.
- E se quel dannato bastardo ha già attraversato il fiume?
Andrò dritto alla tettoia, dove c'erano solamente, una accanto all'altra a formare un paravento, due dozzine di pelli di bue. Pistola in pugno, le sollevò una a una. Si voltò all'improvviso, violento, pronto a sparare.
Ma era solo un ragazzetto magrolino, che succhiava un pezzo di canna da zucchero lungo come un bambù.
- Hai visto se è passato di qui un tizio, bianco, col gozzo, su un cavallo leardo colle zampe nere? Sai se è andato sull'altra sponda?
- Gnornò. Questo tipo io non l'ho visto, no.
- Che fine ha fatto il barcaiolo, allora?
- È mio padre, sì, signore... È andato a prendere lo zucchero a Coanxa... Domattina presto sarà di nuovo qui...
- Be', allora vattene e stai bene attento a quello che succede sulla riva del fiume... Ma non dire a nessuno che mi hai visto, capito!?... Se quel tale arriva, corri a dirmelo, che ti do dei soldi, quello che vuoi...
E Cassiano tolse i finimenti al cavallo e lo lasciò al pascolo, con una lunga fune, dietro alla fitta macchia di ortica dove c'era un praticello di erba bassa e tenera. Poi si nascose sotto una delle pelli, perché Turíbio Todo doveva per forza passare di lì, forse per traversare il fiume, ed era stata una gran fortuna, d'essere arrivato per primo.
Quando fu completamente buio, uscì quatto quatto dal suo nascondiglio con la pistola in mano. Grilli cantavano, civette ridevano e, in fondo alla notte freschissima, un cane abbaiò.
Cassiano scorse un falò a meno di trecento metri a valle. Si gettò a terra, come ai tempi in cui era soldato - aspettando che la sagoma del gozzuto si delineasse alla luce delle fiamme per poter schiacciare il grilletto. Ma fu dall'altro lato, dietro a lui, che scoppiettarono spari, dal canneto; e le pallottole gli fischiarono rasente alla testa.
- Ti dimentichi le precauzioni! - pensò con rabbia Cassiano, spegnendo la sigaretta, perché era stata la piccola brace rossa a trasformarlo in bersaglio.
A quel punto però anche dalla parte della strada, dove la chioma del tiglio nereggiava come un tapiro accovacciato, partirono altri spari.
Cassiano strisciò rinculando e in tre mosse successive oltrepassò la spianata fra la festuca e l'altea, fra l'altea e la tettoia, e fra la tettoia e la grassa palma di cocco della quaresima. Si accovacciò, coperto dalle foglie, e scrutò nel buio cercando di cogliere una figura o un volto in movimento.
Ma che succedeva?... Il tiratore da oltre il fiume, dal canetto, e l'altro, dalla strada, da dietro al tiglio, ora si sparavano fra loro? Ciascuno ora se la doveva vedere contro due?
Poco dopo, comunque, la sparatoria finì.
Ma Cassiano non dormì neppure un momenti per tutta la notte. Galli cantarono, esattamente all'ora in cui canta il gallo. Per il resto la vegetazione dormiva, taciturna e senza allarmi. Il fiume era un lungo lamento. Dalle stelle cadeva un freddo che schiacciava la schiena. E con il passare delle ore aumentava il profumo di foglie bagnate. Poi arrivò il mattino, insieme agli uccellini. L'alba stava irrompendo. E un tizio dalle spalle larghe apparve in piedi davanti al bivacco. Era armato di una falce, e ringhiò:
- Che fine ha fatto il tuo amico, quello col gozzo?
- Sono solo, come potete ben vedere...
- Non vedo proprio nulla!
E l'omone si appoggiò a uno dei pali della tettoia, proteggendosi contro una possibile aggressione alle spalle. Ritrasse il braccio con la falce, e insistette:
- Quanto vi ha pagato Elias il rosso, a voi due, per farla finita con me? Eh?!
- Non t'avvicinare, amico, così va bene!
Guardandolo negli occhi, Cassiano contrasse i muscoli della pancia; e il corpo gli oscillava di un nonnulla, leggerissimo, come legato a un filo, ondeggiando al soffio del vento. Allora gli giunse, da lì davanti, il lieve rumore, il tenue e costante gemito delle pelli di bue.
Nessuno dei due osava distogliere lo sguardo, fisso negli occhi dell'altro, entrambi aspettando lo slancio dell'assalto per il selvaggio corpo a corpo. Ma subito Cassiano comprese l'equivoco e gridò:
- Facciamola finita con queste scemenze! Sta sognando? Non c'entro nulla con questa storia, non conosco questo Elias il rosso, non ho niente a che vedere con lei!... Io sto inseguendo quel tipo col gozzo, a causa di una questione nostra, e lei mi sta facendo perdere tempo...
Il gigante, senza abbandonare la posizione di guardia, avvicinò le sopracciglia per pensare e abbassò la falce.
- Non so... Non so... E se non è vero?
Al che Cassiano si rese conto che lo doveva convincere rapidamente, altrimenti ci sarebbe stata la lotta bestiale, dando a Turíbio, che di certo stava ronzando attorno alla tettoia, l'opportunità di arrivare bello fresco come ultimo ospite. Disse perciò, furioso:
- Sono il soldato Cassiano Gomes, di Vista Alegre, capito?
- Hum hm! mmmm!... - fece l'uomo, lasciando cadere la mascella e agitando la testa come a dire di sì. E per lui s'era tutto chiarito:... aveva sentito parlare di quella lite, come no... Anzi, chiedeva sempre ai viandanti diretti a ovest se uno dei due aveva già fatto scopa... Che stupido! Li aveva presi per pistoleri di Elias il rosso, di São Sebastião, nemico suo... Ma erano apparsi così di soppiatto, nascondendosi... Ed Elias il rosso diceva sempre che avrebbe benedetto l'acqua del fiume con il suo sangue...
Si avvicinò subito a Cassiano, gli occhi che sprizzavano un'avida curiosità. Era il traghettatore. Gli si accovacciò tranquillamente davanti, mise per terra la falce e prese dalla tasca il tabacco e tutto il necessario per fumare. Cassiano dovette raccontargli la storia fin dall'inizio, mentre il barcaiolo accennava con la testa in segno d'approvazione e faceva altre domande, sbuffando gloriosi cirri di fumo.
Ma Cassiano aveva smania di acchiappare l'assassino, che sicuramente non era lontano. E il traghettatore, sapendo che doveva mantenersi neutrale, lo lasciò perlustrare inutilmente fino all'ora di pranzo. Turíbio Todo non comparve.
- Di certo ha avuto paura, per via degli spari... Ho sprecato molto piombo...
- Sì... Continuando così non combino un fico secco, e mi distruggo per nulla. È meglio che me ne torni a casa e lasci passare un po' di tempo, finché non si sente tranquillo e comincia ad abbassare la guardia...
Cassiano Gomes stava ingannando se stesso, perché in realtà all'improvviso si sentiva stanco, perché un uomo è un uomo e non è di ferro, e il suo difetto cardiaco cominciava a farsi sentire.
Chico il barcaiolo lo vide montare e partire a un ambio che il roano raspava mollemente, da quadrupede giramondo che da molto aveva perso ogni illusione.
Chico il barcaiolo non aveva espresso alcuna opinione e andò a pescare. Ma aveva appena fermato la canoa e gettato l'amo, in mezzo al fiume, quando dalla riva qualcuno si mise a gridare gesticolando. Non c'erano dubbi - era il gozzuto.
Chico il barcaiolo tirò su la lenza, diede qualche robusto colpo di pagaia e si diresse lemme lemme verso la riva.
Turíbio Todo, moderatamente ansioso, volle cominciare a dare spiegazioni sulla storia degli spari e il resto. Ma Chico, guardandolo in malo modo, gli fece cenno di salire sulla chiatta e spinse dentro il baio, che resisteva a zampe unite, pronto a impennarsi. Poi il traghettatore sciolse la catena, diede uno strappo con la pertica e la chiatta - quattro canoe dalla prua squadrata legate insieme, coperte da assi di legno e fornite di un basso parapetto senza cancelletto - ondeggiò e avanzò.
Turíbio Todo si sedette e rimase a controllare i movimenti dell'altro con la coda dell'occhio, sospettosissimo. Nessuno dei due parlò. Fiotti d'acqua colpivano delicatamente la carena della chiatta; l'anello là sopra strideva lungo il cavo; e la corrente sbatacchiava a monte.
I due uomini e il cavallo rimasero tranquilli. Ma proprio a metà del fiume il barcaiolo accigliato cominciò a fissarlo insistentemente. Turíbio, di profilo, abbassava gli occhi. E allora l'altro non ce la fece più a trattenersi:
- Siete una persona che non vale nulla, senza spina dorsale, senza carattere! Un vero uomo tornerebbe indietro...
- Io?... Sono un uomo pacifico, padre di famiglia, signor mio!... Vi sbagliate...
- Lo so... Scappate, vi nascondete... Mi fa schifo vedere uno svergognato come voi che m'insudicia la chiatta!
E sputò nell'acqua, scatarrando fragorosamente.
Turíbio Todo si accigliò, strinse i denti, con gli occhi che lampeggiavano di rabbia. Il barcaiolo però impugnava la lunga pertica. Anche su terra ferma sarebbe stato pericoloso affrontarlo, ma lì - e senza saper nuotare bene - no, no , assolutamente! Protestò solo:
- Io non vi ho offeso, signor canottiere! Ognuno sa gli affari suoi!... Vi state mettendo contro di me, eh?!
- Va bene, va bene... Ah, Dio me ne scampi. Se fosse... - Chico il barcaiolo dovette rispondere lentamente.
E gettò la testa all'indietro per grattarsi il pomo d'Adamo; si aggiustò il colletto della camicia; controllò rapidamente il cavo; spinse con il piede un rotolo di corda; e poi rimase a sbirciare Turíbio, senza sapere cos'altro aggiustare. Finché non passò un'anatra muta, volando in viaggio: collo proteso, zampe unite, planando ora su un'ala, ora sull'altra; deviò dalla rotta della chiatta con una manovra della coda, scese ancora, si allontanò, batté tre volte le ali e si posò sulle tavole della sponda sinistra.
- Guardate lì! Questa viene da lontano... È qui di passaggio. Quelle che vengono da vicino si fermano quando arrivano sul lato paludoso del fiume. Ma l'anatra muta migratrice, questa non si ferma: sorvola l'intero fiume e scende e si riposa solo sull'altra riva... È curioso! Fanno così, credo, per poter capire meglio dove sono...
Tranquillo. Ma Turíbio Todo non gli rispose. E il traghettatore continuò:
- Conosco le loro abitudini. Conosco queste piccole mandrie volanti! Vivono qua e là, come zingari, viaggiano sempre... A volte passano a stormi, tutti ordinati in fila per cinque... come per non farsi disperdere dal vento... E arrivano in certi periodi, è tutto già organizzato...
Turíbio fingeva di non vedere il sorriso di buona volontà che l'altro gli offriva. La corrente crepitava, cercando di farsi onda, e batteva contro le sponde. Il fiume aperto profumava di pioggia recente. E la chiatta odorava di catrame e olio buono.
- Ci sono i paturí... Ci sono le anitre dalla gola rossa... C'è il germano reale con il suo becco grande, e quell'altro azzurro, e uno dai mille colori... C'è l'alzavola, che fischia... Ci sono le marzaiole... Ci sono gli aironi. Tanti!... Ma non sono tutti i tipi di pennuti che volano sul fiume, nossignore: di sparvieri, ne passano solo di quelli grandi, con il ciuffo, sembrano aquile e vengono sempre dal sertão... E non tornano mai, sembra che gli altri li ammazzino, là... Io qui non ammazzo nessun uccello, mai. Passano anche i nibbi, ma solo quando stanno inseguendo qualche uccellino...
...A volte fanno pena quando c'è la siccità e arrivano certi anatroccoli stanchi, che senz'altro vengono da troppo lontano... Così per sbaglio pensano che questo sia il São Francisco, che ha lagune sulle sponde... Pensano di fermarsi sulle canne di bambù... Si vede che non ce la fanno più, ma che non possono fermarsi: continuano a sbattere le ali, sembra che qualcuno glielo ordini, chiamandoli, svuotandoli, da lontano, senza riposo... Secondo me molti cadono morti... Non vi sembrano cose strane, eh, amico?
- Sì.
Il cavallo diede una zampata al parapetto. Chico il barcaiolo insistette:
- Bell'animale, il vostro. È di carriera? Tiene un buon passo?
- Sì... Sì... - borbottò Turíbio.
E rimase ancor più serio, a braccia conserte, occhi quasi chiusi, godendosi la superiorità ottenuta così facilmente, così assoluta e pomposa che non alzava la testa solo perché a chi ha il gozzo non piace farlo; ma si sentiva con la coscienza in pace, perfettamente tranquilla.
La terraferma si avvicinava. Si affiancarono alla banchina. Turíbio pagò.
- Va con Dio!... - gli augurò ancora il traghettatore.
- Amen!... - rispose Turíbio, già di schiena, montando a cavallo. E partì.
Poco dopo stava risalendo la strada in vista dell'altopiano aperto, dove stormi di gru dalle lunghe gambe correvano gridando. Ma da lì Turíbio Todo cominciò a vedere posti che non conosceva. Pianure scure, senza alberi... Burití da Estrada... Terra rossa, "Carne di vacca"... Pompeu... Indaiá nane, quasi senza fusto, che aprivano le foglie verdi... Papagaio... E andava avanti sempre dritto, sempre verso sud.
Allora, in questi posti nuovi, gli vennero in mente cose nuove, e gli venne anche una gran voglia di riposarsi. Che bello, potersi liberare da tanti affanni... "Tutti giù per terra!"... Turíbio Todo era saltato fuori dal girotondo, e non volle più giocare.
Risalì. Salì fino a dove le recinzioni di filo spinato lasciavano il posto a palizzate di pertiche e argilla - magri pali neri che s'inchinavano gli uni agli altri. Salì ancora. Ora avvistava muraglie di pietre nere, costruite dagli schiavi neri. Le piccole fazende non avevano più verande, ma solo scalette fatte con lastre di pietra sovrapposte. E la gente mangiava fagioli neri, invece che fagioli marroni. Erano brave persone, ma ancora più sospettose dei suoi compaesani. E allora vide che aveva bruciato un altro bel po' di leghe, e che s'era lasciato indietro un altro po' di mondo.
Cosicché si trovava all'inizio della zona che chiamano Ovest di Minas.
Ora s'imbatté in un fiume verde e nascosto, un fiume che si trova sempre così all'improvviso, fiume vivo che corre attraverso i boschi come un animale.
- Questo fiume così bello, come si chiama, eh, amico?
- È il Parà... Che poteva essere?!... Ma passiamo sull'altra sponda, che qui la malaria è terribile!...
- Ah, questo no! Non posso passare, ho già traversato due fiumi e non voglio passarne altri, perché chi passa tre fiumi grandi dimentica il suo amore... Ma qual è la città più grande qui attorno?
- È Sant'Ana do São João Acima...
- Vado là e vedo se riesco a mandare una letterina a mia moglie!
Poi un gruppo di gente allegra lo chiamò. Andavano a sud, a lavorare nelle piantagioni di caffè. Baiani diretti a São Paulo. E uno di loro:
- Ehi, fratello! Andiamo a São Paulo, su!... A guadagnare un fracco di soldi... Davvero! Là i soldi piovono!...
Sentì nostalgia della moglie. Ma era solo per un po' di tempo. Poi sarebbe andato a prenderla. Andò anche lui.


Cassiano Gomes, tornando al paese, dichiarò:
- Queste storie di vendetta, no, non ne vale la pena. Non ne voglio più sapere. È meglio mettere tutto nelle mani di Dio...
Ma mentre parlava tranquillamente, la sua mano, senza che lui se ne accorgesse, accarezzava il manico del coltello, e per questo non gli credette nessuno.
In seguito Cassiano continuò a vedersi con la donna fatale della storia, proprio quella che aveva gli occhi sempre più grandi, più neri e più di capra attonita. E donna Silivana gli aveva mostrato la lettera spedita da Sant'Anna do São João Acima, e poi un'altra, anch'essa su carta a quadretti, piena di nostalgia, che veniva da Guaxupé e conteneva una fogliolina di malva con il disegno di un cuore trafitto da una freccia.
- È andato a São Paulo.
- Davvero?... Che sciocchezza" Non ce n'era bisogno... Non ce l'ho più con lui... Se torna, non gli faccio nulla... Se gli scrivi, puoi dirglielo...
Ma donna Silivana, con uno sguardo molto languido, concluse:
- Lascia perdere... Non è meglio così?...
Era vero, e le donne hanno sempre ragione.
Tuttavia un gentiluomo, congedato dall'esercito a causa delle valvole e dei ventricoli malfunzionanti, non si estenua senza risentirne in raid così faticosi per i sentieri della guerra senza pietà.
Cassiano si accorse che ora al minimo sforzo si sentiva stanco. E a partire da mezzogiorno non poteva più portare gli stivali, perché le caviglie gli si gonfiavano.
Andò dallo speziale e gli chiese di essere sincero.
- Sincero davvero, don Cassiano? Davvero? Voi... Be', se vi gonfiate di pomeriggio, e non si gonfiano gli occhi, ma solo le gambe, è cattivo segno...
- Morirò presto?
- Be', non così presto... Verso san Giovanni dell'anno prossimo... Ma se peggiorate un po', intorno a Natale.
- Deve andare così. La salute è di Dio, don Raimundo...
- Per tutti noi, don Cassiano, se Dio vuole aiutarci!...
Cassiano Gomes pensò: vendo tutto quel che ho, metto insieme i soldi, vado a Paredão do Urucuia a dire addio a mia madre... E poi allora vado giù e acchiappo Turíbio Todo a São Paulo, o dove s'è ficcato.
E disse addio a tutti, sapendo che non sarebbe tornato mai più.


Ma in cammino via via peggiorò e dovette fermarsi a Mosquito - villaggio sperduto incuneato fra le montagne, lontano da tutto - dove tre dozzine di stamberghe occupavano la valle amena, che profumava di borragine, miosotide e mirto, le mucche leccavano le mura delle case, gli alberi di casuarina risuonavano al vento e grandi fusti di jatobá facevano ombra davanti alle porte. Un posto, insomma, dove non si ha voglia di fermarsi foss'anche solo per la paura di doverci restare a vivere per sempre.
E fu là che Cassiano Gomes si sentì male e la sua insufficienza mitrale peggiorò molto. Lo tirarono giù dal cavallo e gli diedero ospitalità. Si sistemò su un pagliericcio, con la sua pancia da idropico e la respirazione difficile di un segugio che torna dalla caccia.
Migliorò. E digrignava i denti al pensiero di Turíbio Todo. Ma grazie a Dio aveva soldi. Chiese in giro se c'era lì un uomo che avesse del fegato, capace d'incaricarsi di risolvere una storia così e così... Dava un milione di réis... Non c'era nessuno. Cassiano aveva scelto male il posto dove cadere sfiancato: a Mosquito erano tutti piccoletti, giallastri o malarici, stracciati, schivi, non conoscevano il treno, molto pacati e senza iniziativa. Non si ricordavano di crimini violenti, non avevano morti sulla coscienza: - Scusate, eh ma vedete, qui nessuno vuole rovinarsi...
- E non c'è modo di far venire un uomo in gamba da qualche parte qui vicino?
- Nei posti più vicini, anche lì gente così per questo lavoro non ce n'è...
- Allora me ne vado! Subito!...
Ma non poté fare più di tre passi: barcollò e si dovette sedere sulla porta della bicocca; e lì seduto cominciò a passare tutto il suo tempo, un giorno dopo l'altro, con il petto sulle ginocchia e, per via dell'abitudine, con il Winchester in braccio e il parabellum a portata di mano.
Il paesaggio era triste e le cicale tristissime, di pomeriggio. Passavano porci con la testa presa da una specie di forcella, per impedire loro di attraversare i recinti dei poteri. Passavano galline chiocciando e spingendo i pulcini sotto il cotogno. E cuculi rossi, che volavano sui rami scarlatti dell'albero di ibisco.
E passavano anche i valligiani - donne con la gonna rimboccata, con l'orcio sulla testa, che venivano dalla fonte; bambini panciuti che giocavano a tirare pietre agli animali o a mangiare terra; e braccianti con la zappa o con la falce, ma molto soddisfatti e sereni, a un'andatura irregolare, strascicando le scarpe di tela o dondolandosi, come per inginocchiarsi, o ancora con il passo del papero - così, storto, con il piede piatto, come se stessero per inciampare.
E passò un fratello di Timpim che lo picchiava. Considerando la sproporzione fisica, era una gran vigliaccheria, e Cassiano lo chiamò:
- Ehi! Vieni qui!...
Il fratello di Timpim si avvicinò, pensando che ce l'avesse con lui, ma Cassiano gridò rabbioso:
- Vattene, diavolaccio! Sei troppo in gamba! Un vero ammazzasette! Vattene, che non t'ho fatto chiamare... Quando ti faccio un fischio, puoi venire.
Allora Timpim si avvicinò, molto esitante e con un'espressione sciocca.
- Vieni più vicino, ragazzo... Come ti chiami?
- Lei riderà di me... Ma se mi chiamate col mio nome di battesimo, Antonio, nessuno mi conosce... Timpim è un soprannome che non mi piace... Preferisco che mi chiamate Ventuno.
Cassiano cominciò a ridere, ma smise subito perché tossì e sputò sangue.
- Ventuno! Che buffo!... Ma perché ti chiamano Ventuno?
- È un altro soprannome che mi hanno dato. È che mia madre ha avuto ventuno figli, e io sono l'ultimo... E così mi sono ritrovato questo nome.
- E chi è quello spilungone? Quell'omone che te le stava suonando?
- È mio fratello Izé, signore.
- E perché ti stava picchiando?
- Perché voleva prendersi questo po' di manioca ammollita... Ma io non gliela do, perché la sto portando a mia moglie, che ha avuto un figlio ieri l'altro e in casa non c'è niente, e lei deve mangiare!...
- Oh, Ventuno! Ma allora sei sposato?... E questo è il tuo primo figlio?
- Gnornò, con questo fanno tre... Il primo è morto a un anno, e l'altro, che era una femmina, è nato morto.
- E perché tu, che hai questa testona piena di capelli, da uomo che non si fa calpestare, e queste sopracciglia che si uniscono sul naso, perché non hai reagito e non l'hai picchiato anche tu?...
- Sapete, mia madre mi diceva sempre che non devo alzare le mani sui fratelli maggiori... E dato che sono tutti maggiori, per questo tutti me le suonano.
Cassiano scrutava quel bifolco e lo guardava dall'alto in basso e poi dal basso in alto.
- Oh, diavolo! E dimmi, sei sempre così duro come l'acciaio? Non t'incurvi mai, non pieghi mai le spalle in avanti?
- Gnornò... Penso di no... Non so.
- Be', allora, tieni questi soldi e compra qualche gallina a tua moglie, e domani torna qui.
Ma il giorno dopo Timpim fece una sorpresa a Cassiano: gli portò il bebè per farglielo benedire, tutto fasciato con panni di lana, troppi, e con la boccuccia tappata da uno straccio di panno imbevuto di miele, a mo' di ciuccio. Timpim, tutto orgoglioso, esibiva il suo frugoletto, e quando qualcuno gli elogiava la bellezza del figlio, gli chiedeva ansioso d'aggiungere "Dio lo benedica" per scongiurare il malocchio.
E il bambino, che era grazioso e sveglio, aprì gli occhi in braccio a Cassiano, che, di fronte a tanta fragilità, si commosse:
- Non potrò neppure rivedere mia madre, prima di morire?!... - balbettò singhiozzando.
Chiese che lo mettessero a letto, ma era già un altro uomo, perché piangere sul serio fa bene.
Sul pagliericcio, appoggiandosi a un mucchio di stracci, cuscini e addirittura a un vecchio sellino che donne pietose gli aggiustavano dietro la testa, ansimando a fatica e cambiando posizione per tentare di incamerare un po' d'aria, si dimenticò delle armi da fuoco e aspettò l'ora di morire. La calma e la tristezza del paesino erano immutabili, con il canto di tortore e di cardinali e i lugubri muggiti del bestiame. E la placidità dell'ambiente a poco a poco gli addolcì lo spirito, mentre il volto gli si gonfiava sempre più, attorno alle labbra gli veniva un alone bluastro e la malattia gli sfilacciava il cuore.
Cominciò a chiedere alle vecchie di andare a pregare accanto al suo pagliericcio. Voleva che i bambini, bambinetti magri, giocassero lì vicino; e dava loro soldi. E se ne stava zitto, contando e ricontando le assi del tetto, nere di fuliggine, e seguendo i movimenti dei ragni, che gettavano fili a piombo per salire e scendere. E per la prima volta dopo tanti mesi si ricordò del fratello assassinato, rendendosi conto che era a causa della sua morte che era andato dietro a Turíbio Todo. Pensò anche al cielo, mentre fino ad allora non gli era mai avanzato tempo per farlo.
E dunque fu un giorno, quando stava peggio e aveva fatto aprire le finestre per far entrare un sole impietoso e bruciante, che gli piombò nella stanza, con gli occhi rossi e moccioso, piagnucolante, anche Timpim.
- Che cosa è successo, Ventuno?
Era suo figlio, il lattante, che era malato, stava molto male davvero, e per mancanza di mezzi, stava per morire. E Timpim cominciò a singhiozzare; ma le lacrime scorrevano e lui non si piegava.
Cassiano gli domandò:
- Ma dimmi, Ventuno: ad Abóboras non c'è un dottore?
- Sì, ma sarebbe meglio che non ci fosse, Dio mio! Io, che non ho nulla di nulla, come faccio a pagare il dottor medico, a trentamila réis ogni lega, per farlo venire qui?!... Ho mandato a prendere una ricetta, e il resto di quei soldi che mi hai dato l'ho speso tutto dallo speziale, in medicine...
- Be', ecco qui i soldi. Fa' venire il dottore. Compra le medicine e tutto il resto. Se te ne servono degli altri, ce ne sono ancora.
Timpim strabuzzò gli occhi, senza riuscire a credere a quello che stava sentendo. All'improvviso cominciò a piangere ancora più forte e s'inginocchiò ai piedi del benefattore, cercandogli la mano per baciargliela e profondendosi in ringraziamenti e benedizioni, quasi soffocato dai singhiozzi.
- Non è nulla... Non ci pensare... - si schermì Cassiano. - Voglio che il medico venga a vedere anche me... E già che ci sei, fa' venire anche il prete, che voglio confessarmi...
Ma Timpim ora insisteva per baciargli i piedi e, sempre grondando lacrime, esclamò:
- Dio la ricompenserà, don Cassiano Gomes! Io non posso, perché non ho nulla... Il bambino è già stato battezzato, subito appena nato, sennò sareste voi il suo padrino!... Ma anche così se mi permettete io sono il vostro compare e voi siete il mio più di tutti, perché non mi dimenticherò mai di tanta carità!...
Allora Cassiano, a sua volta molto commosso, perché è meglio essere buono che malvagio, lo strinse in un abbraccio, dicendo:
- Ricompense meglio di questa non ce n'è, compare Ventuno...
E Cassiano Gomes non poté nascondere il conforto che tutto ciò gli portava.
Venne il medico, venne il prete: Cassiano si confessò, si comunicò, ricevette l'estrema unzione, pregò, pregò. Mandava i soldi alla madre? No. Fece chiamare Timpim, per rivedere in lui la sua buona azione. Parlarono. Poi il moribondo disse:
- Questi soldi sono tutti per te, compare Ventuno...
Allora, con un'espressione felice, parlò della madre, strinse in mano la medagliera della Madonna dei Dolori, morì e andò in cielo.


A Turíbio Todo la buona notizia arrivò in una lettera della moglie, che, ora affettuosa, l'implorava di tornare a casa. Aveva già guadagnato un sacco di soldi e la lettera lo convinse definitivamente: comprò una valigia, comprò molti regali, mise al collo un fazzoletto verde per coprire il gozzo; calzò un paio di stivali rossi di vernice; e venne.
Scese dal treno anche con un bocchino, un orologio da polso, bei vestiti e una nuova concezione dell'universo. Ma doveva passare ancora una giornata a cavallo e aveva fretta, perché donna Silivana aveva begli occhi, occhi sempre grandi da capra attonita. Perciò non ebbe nemmeno il tempo di comprare un cavallo, ma ne rimediò uno imprestato, pranzò senza fame e partì.
Superò la prima lega. L'allegria larga della libertà non gli faceva sentire gli scrosci che ogni tanto venivano giù, perché era una giornata incerta, da matrimonio della volpe o della vedova, con una pioggerella diafana, obliqua e frettolosa, che correva qua e là per bisticciare con il sole.
All'improvviso sentì lo scalpitio di un galoppo sfrenato che gli veniva dietro. Fermò il cavallo sul ciglio della strada, davanti a un albero di sucupira, e scrutò e aspettò. Era un pony o una cavalla, un animale pezzato, magro, ben trattato, dagli stinchi scandalosamente robusti e pelosi, con un tizio allampanato in groppa. Il cavaliere tirò le redini quasi a lato di Turíbio, così che, a uno sbuffo del ronzino, un fiocco di schiuma bianca gli volò sul braccio.
- Il tuo cavallo ha la rabbia, amico?
E Turíbio Todo indicò con il frustino le nari dell'animale, che pulsavano ricoperte da un bianco d'uovo montato a neve.
- Gnornò... È stato molto tempo fermo... Per questo ora si stanca così.
Il bifolco, con un sorriso timido che rivelava molti denti spezzati, rimase a fissare Turíbio, che l'esaminava con una pazza voglia di ridere.
Perché l'altro, a guisa di mantello, vestiva un sacco di iuta a cui aveva scucito i lati facendo passare la testa per un buco sul fondo; e quell'abbigliamento bizzarro gli ricadeva davanti e sulla schiena come la pianeta di un prete durante la messa. Era scalzo ma portava sui calcagni degli enormi speroni e usava un ramoscello come frustino.
Il cavallino pezzato - era davvero un cavallo - con la coda legata e la criniera tagliata corta, sbuffante, magrolino, si distingueva per la stessa aria miserabile del padrone: le briglie si riducevano a una cavezza; al sellino da bestia da soma mancava una staffa; non aveva sottocoda né sottopancia.
Il tipo magrolino prese il coltello e il tabacco a treccia il che, nella convenzione delle strade del sertão, indica il desiderio di fare quattro chiacchiere. Ma Turíbio Todo aveva fretta:
- Se vai da questa parte, andiamo...
- Gnorsì...
E appaiarono le bestie.
Il piccolo bifolco lasciò cadere le redini sul collo del cavallino, che si sforzava di tener dietro all'andatura dell'altro cavallo; e tagliuzzava minuziosamente il tabacco, riunendolo nel palmo della mano.
Turíbio non gli toglieva gli occhi di dosso, e gli sembrava buffissimo, in faccia, in tutto, con quel cavallo, con quei cernecchi pidocchiosi e quella palandrana. Ma quel tipetto gli stava simpatico. E gli offrì una sigaretta.
Il giovane fece per prenderla, ma ritrasse bruscamente la mano.
- Molte grazie... Fumo solo queste, colla cartina di paglia di mais... Qui non siamo abituati a cose fine...
Che tipo! - pensò Turíbio Todo.
L'altro fece scattare il suo acciarino e aspirò una lunga boccata, al che sembrò farsi coraggio:
- Se posso permettermi, siete proprio Turíbio Todo, sellaio di Vista Alegre, che arriva dall'estero?...
- Sì. Vengo da São Paulo... Come lo sai? Sono arrivato oggi...
- Me l'hanno raccontato là al negozio.
Turíbio scoppiò a ridere. Quel piccolo buzzurro gli piaceva sempre di più.
- Perché gente come te non va a lavorare là? Potreste far soldi, imparare a vivere. Questa qui non è vita, è una miseria nera, da far piangere i sassi!... Se vuoi andare, ti spiego tutto per benino, ti aiuto, ti do dei soldi, se ti servono...
- Macché!... Qui si nasce, qui si resta...
E confuso, come se volesse cambiar discorso, il bifolco gli indicò:
- Guardate, lassù!
Sui rami più alti del cacciadiavoli, un apale, spettinato e smorfioso, gesticolava stridendo e saltellando. I cavalieri si fermarono. Turíbio Todo prese il revolver e lo puntò. ma la scimietta si nascondeva dietro al tronco e tirava fuori solo il musetto, ogni tanto, per guardarli. Turíbio s'intenerì, e rimise a posto l'arma.
Nel frattempo l'apale scivolava giù a spirale per il tronco e saltava sul tamarindo, e dal tamarindo sul mirto e dal mirto al jequitibá; scese scivolando per la corda angolosa della bignonia, risalì per la pista di fiori solari dell'acacia, si elevò all'altezza di una robinia; scomparve fra i rami più alti e da lì fischiò.
- Poveraccio, lasciamolo in pace! Perché maltrattare queste creaturine del bosco?... Anche loro si meritano di vivere... Là a São Paulo, un giorno...
- Quanto l'avete pagato, questo vostro cavallo?
Turíbio Todo si girò sorpreso, inquieto, perché era già la seconda volta che quel compagno così umile e mite l'interrompeva.
- Me l'hanno prestato... Andiamo avanti. Là c'è Restinga?
- Gnornò, è Quilombo.
Qui e là una capanna di paglia, sul ciglio della strada, in mezzo ai banani.
- Più in fretta, ragazzo, che non vedo l'ora di arrivare!
Arrivarono al guado di un torrente. Un vecchio con un sacco sulle spalle veniva dall'altra sponda, attraversando il torrente su una trave; volle salutarli e quasi cadde, e si rimise in equilibrio con difficoltà. Sul fango liscio della riva farfalle gialle atterravano per restare immobili come petali al suolo in una festa paesana.
I cavalli, immersi nella corrente fino agli stinchi, piegavano il collo ad angolo ottuso per bere. Sciami di pesciolini, cozzando in corsa o oscillando da fermi con palpitazioni da atleta, scodinzolavano nella trasparenza dell'acqua che le bestie sorbivano in getti copiosi.
L'aria era fresca. Dalla collina giungeva un buon profumo di muschio, di licheni e verdura vecchia. E la sella era così morbida, e le onde lo cullavano così dolcemente, che Turíbio tolse un piede dalla staffa e rimase a guardare con affetto una libellula che svolazzava scintillando e finì per posarsi sulla sua cavezza.
Anche l'altro se ne stava zitto e ruminava fra sé e sé, osservando il fango che a ogni movimento dei cavalli risaliva alla superficie dell'acqua e l'intorbidiva. Furono gli animali che, placata la sete, decisero di riprendere il cammino.
- Mi sento proprio allegro!... Vado da mia moglie, che non vedo da molto tempo... Penso di arrivare al casolare di sua madre domani pomeriggio. Se vuole partire con me, torniamo a São Paulo... Voglio riposarmi un po' e godermi la vita... - disse Turíbio Todo con un sospiro di soddisfazione.
- Ma don Turíbio Todo... Scusate la parola, ma questo mondo è una montagna di sterco! Non vale la pena di stare allegri... No, non ne vale la pena.
- Che discorsi, ti piace pensare alle cose tristi?... Che dici?...
- Si vive per soffrire... Tutti non fanno altro che soffrire... Non ne vale la pena!... E prima o poi tocca sempre morire...
- Sai una cosa? Devi occuparti della tua salute, per non farti venire queste idee... - consigliò Turíbio.
L'altro si ammutolì. Molto abbattuto, lugubre, sembrava che stesse portando il peso del mondo sulle spalle.
Salirono per una collina, scesero giù per la collina; e il sentiero entrò in un bosco fitto, in cui tutto era silenzio e ombra. Uno dei cavalli sbuffò e addentò il morso. Gocce di pioggia rimaste sulle foglie cadevano sui cavalieri, mentre i rami schiaffeggiavano loro il viso. E all'improvviso Turíbio Todo gelò sentendo venire dal contadino, un'altra voce ferma e adulta, ancora sconosciuta:
- Don Turíbio! Smontate e pregate, perché io ora vi ammazzo!
- Come? Cosa?... Sei ammattito?...
Ma il bifolco era serio e pallido, e nella destra teneva un vecchio pistolone a due canne parallele e sinistre.
- Smontate, presto, don Turíbio!...
E l'omino parlava tranquillamente ma tenendo tutto sotto controllo.
Allora Turíbio Todo, affrontandolo, si tirò su e fece la voce grossa.
- Smettila, bastardo, che ti faccio a fettine!...
- Non urlate, don Turíbio, non serve a nulla... Che Dio mi perdoni, e pure voi, ma non posso fare altrimenti, perché l'ho promesso al mio compare Cassiano, là a Mosquito, proprio nel momento in cui chiudeva gli occhi...
Sentendo il nome del nemico, Turíbio Todo si spaventò ancor di più. La mano del bifolco che reggeva il pistolone tremava. Anche Turíbio cominciò a tremare tutto come una canna.
- Ah, e quanto ti ha pagato? Posso darti il doppio, ti do tutto quel che ho!…
- Non serve, non è possibile, don Turíbio… Dio mi ha dato mio figlio, e lui me l'ha salvato… E gliel'ho promesso quando aveva già la candela in mano… È triste! Ma non c'è altro modo… Non c'è soluzione…
Attonito, Turíbio spalancava gli occhi e sentiva com'è terribile non avere tempo per poter pensare.
- Ascoltami… Anch'io ho famiglia… Ho…
- Smontate, don Turíbio…
- Per l'amore della Vergine santíssima! Per l'amore di tuo figlio! Non farlo! Dio ti punirà!… Non m'ammazzare…
- Pregate, don Turíbio, perché non voglio la vostra perdizione!
Allora Turíbio Todo fu stravolto dal terrore, e stese le braccia.
- Aspetta! Aspetta! Non sparare ora…
E portò la mano alla fronte, facendosi il segno della croce, gridando e cominciando a singhiozzare:
- In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, amen!… Padre nostro…
Ma no! Non così come una pecora! Si gettò di lato e impugnò il revolver e diede uno strappo alle redini e un colpo di speroni, facendo impennare il cavallo.
Ma il pistolone non fallì. Turíbio Todo vacillò e ricadde sulla sella con una pallottola nella guancia sinistra e l'altra nella fronte. Il cavallo corse via; il piede del morto uscì dalla staffa. Il corpo piombò di lato, contorto, e restò a terra.
Allora il piccolo Timpim Ventuno si fece anche lui il segno della croce e aprì le ginocchia, dando un colpo di speroni. E il cavallino pezzato prese al galoppo un sentiero fra i grandi alberi di itapicurú e le piante di cassia, correndo via dalla strada maestra.



(Racconto tratto dal libro "Sagarana", Casa Editrice Feltrinelli, 1984, traduzione di Silvia La Regina)





João Guimarães Rosa.



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