VOCE PRIGIONIERA

I testi


CHIARA BELLI


Dolore incandescente
dalle sbarre,
grida di vita,
disincantata e pianta,
nuova disperazione
che sconfina.
Un muro nudo
calato
senza altro respiro
possibile.
Nuovo strazio
di occhi ardenti
rinchiusi,
dal male o dal
bene, trattenuti
in una sottile
menzogna di cinta.
Murate.
Come vita secca,
recinta,
rasa
al suolo dell'infinito
possibile,
adesso stravolto.

Strappa la vita
dalle mura e guarda
che non si offuschi il presente
dei mali inutili,
mentre il ricordo lacera.
Guarda il pianto stretto
tra i cancelli del vuoto,
nello sguardo civile,
nella terra religiosa,
che stravolge
gli incantesimi più nitidi.
Consuma l'immagine
del pensiero penoso,
di donna strappata
alla sua stessa carne,
o mani intrecciate
al bicchiere di vino,
quando non si hanno
né mani
né vino.

Chiudi
quegli occhi
sulle mura
che delimitano
la cecità.

Ovvio che
le sbarre siano
povertà, ipocrisia, rumore
delle nostre
vite accartocciate.

Dal silenzio strisciano
i cuori infranti dal vuoto,
il male nelle vene,
le tragedie polverose,
i gesti insoddisfatti,
le mie mani penose.

Ovvio che
siano queste le sbarre
che chiudono
il buio
tra gli odori
di lacerazioni inutili,
di sospiri consumati

Ovvio che
il pensiero si spinga
alle mura
di giovinezze amare,
di mute anime tristi,
vecchiaie solitarie,
esistenze precipitate.

L'anima scivola
sulle pietre fragili
del giorno, mentre
le sbarre generano
nuove prigionie ardenti,
assaporano il mistero
delle vite fragorose,
e le mura scacciano
con la polvere
l'estate,
travolgendo speranze
premature.
____________________

Ti guardo e faccio
silenzio,
sulla tua vita scoscesa,
sui suoi voli,
che non oltrepassano
gli organi annebbiati.
Sono attraversata dal dolore
che percorre
la tua nuova solitudine
malata,
immeritata,
e vivi nel mio cuore
accanto ad altri.

Le mura protettive
si dissolvono,
e aspetti
la soluzione duratura.
Vorrei conoscere la pace
dello sguardo triste,
mentre mi scontro con il
bagliore
della tua sofferenza.

Potrei attraversare
caverne
senza un fuoco,
cieli deserti,
o le mie stesse paure,
pur di sospingerti
verso la salute nuova.

Preferirei lasciarti andare,
se significasse sperare,
applaudire
la vita che timida,
offuscata,
ritorna alla tua riva,
risuonando ancora
tra le tue braccia.

Vorrei sentir parlare
della tua libertà
dalla prigione di un
male
aggressivo e ingiusto

ELISA BIAGINI

Dentro la bolla
d'aria i corpi

1 alla volta,
la molecola

che resta
separata, una

scaglia, una
sfoglia di

tuo palmo
nella rete,

il muro
dentro:
la
spina è un'
altra grata.
____________________
(Genova, per noi)

E tu diventi
"l'anello che non tiene"
-in questa luce
gialla di febbre-,
t'aprono a spicchi,
i tuoi pori che
assorbono il
fuori: gli occhi
tuoi grandi come
lividi si bevono
quest'acido
collirio,
un bagno
che fissa solo
immagini di
buio.


LORENZO CAPANNI

INDAGINI 1

da quando mi aveva dato buca
non l'avevo più rivisto
del resto me ne stavo chiuso in casa
a ripensare all'astruso
caso magmatico
la mia mente rimescolava
le carte dell'enigma
la ferita al braccio mi bruciava ancora
indizi pochi e punti
impresa da buon detective
quello che io non ero
e quel nottambulo di automobilista dogmatico
sapeva di certo qualcosa
su tutta quella gente incornata
nottetempo
_________________

IDENTIKIT (SONO CIÒ CHE SONO)

perquisita la sua auto
ritrovato solo qualche libercolo
fradicio e ammuffito
ricavato da fogli
formato A4
sfornato in proprio
forse per i consimili happy few
sfoglio le poche pagine
scampate all'umido
con storie campate in aria
le solite
quelle che mi ha già raccontato
meglio
a voce
_____________________

NESSUNA TRACCIA

il plural killer non ha più colpito
dileguato assenteista
nessuna segnalazione
se non le divagazioni epiche
dello stravagante automobilista
incapace però di darmi
uno stralcio di identikit
renitente persino a identificare
i soliti sospetti
il suo cervello
una scatola nera accartocciata
malmessa inascoltabile e con
troppe interferenze nelle registrazioni
troppe onomatopee gracchianti

e se non fosse
un doppiogiochista?
____________________

AVVISTAMENTO 2

in un mondo parallelo
gettato
nelle segrete spiraliformi di
Piranesi vive
forse isolato
il temuto plural killer
ma in questa valle monotematica
sbucherà invece presto
allo scoperto
fra viali alberati serratamente
e cartelloni nidificanti prodotti nestlé
là a sbarrar la strada
alla mia macchina di ordinanza
e allora ci vorrà una bella sterzata
e subito in mano la ricetrasmittente
per richieder rinforzi
o per biascicare l'ultima segnalazione
______________________________

PERQUISIZIONI

non si è nascosto di certo qui
nulla gli ricorda il suo dedalo d'infanzia
i corridoi troppo lunghi e stretti
le celle trappole per topi arrugginite
solo le scale lo potrebbero attrarre
e la scarsa luce solare che penetra
a sprazzi e a pezzi squassando il buio
accarezzando le lunghe reti e i corrimano
la luce che dentro il suo vecchio covo di
meandri percorsi e perduti lo incuriosiva
la luce che ora rifugge rintanandosi in tunnel
in costruzione sotto monti e poggi lontani
da queste luride geometrie serialmente pietrificate
da questa gattabuia euclidea per esseri umani

MARCO CIUFFI

Qui non resta che cingersi intorno il paesaggio / qui volgere la spalle (A.Zanzotto)


I

Le nebbie dai monti
o le sere sui cementi quando
si fanno scure
adesso sono
le pornografie sul muro.
Le mura.
Non più luoghi,
o diversi i passi
o misure
nelle terre sconosciute
che dal muro crescono
o,quel che è peggio,
si fondono.
E se le terre scolorano
non sono le sere le nebbie
le mura,
è solo il passo che percuote il silenzio.

II

Il muro,
quindi l'unico
viso assoluto
che rende gli umori
che prende i paesaggi
o
che cerca memoria.
Non più quel viso
vedere-
vedersi nel tempo
un inutile gesto,
anche graffiare
il cemento del muro.


SIMONETTA DELLA SCALA

SUGGESTIONI NOTTURNE E DI LUCE PER LE ANIME ENTRO QUESTE MURA


PORPORE

Essere al porto,
dai tufi bianchi,
il padrone accusato,
sesso fra i dazi,
come unica porta.
Se recipere,
ex alto invehi,
penetrare.
Uno solo può tutto,
dal retroscena
imperla
al suo nescio quid.
____________________
La luce è solida e da un luogo imprecisato e inaccessibile del carcere come l'abato nel tempio, risuonano strani canti e acciottolio di pietre

PHARMAKOS

Bes beta sull'abato acuto.
L'orlo in cantata, al domino
a corbe. Detector, ferla
ai laschi main-gauche.
Alle dure echei di pietre
da costa.
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Si presentano alla mente lontani e confusi tempi in assetto militare

SQUAME NEL LAGO

Tregua al quarto assetto.
Facilmente sibilias Serapide.
Agli stami, nodi di ragazze
in alloggio.
I nudi, in stalle, all'osteria
ove si appressano
le squadre.
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Mostri seducenti e strani medicamenti in un oscuro gennaio

MECHIRE

Lamia al verno
mergi in posca.
Sòrti in giava.
Ridere in nylon
forse.
____________________

BERTI

Subito, après coup,
lasciarti indistinta,
lasciare, carni usteron
malvagi.
Berti di cera,
estate,
quando
non sai che ti guardo.
E suggere
di là,
chi cerchi una sera.
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Poveri ed alterati giacigli, intorno liquide urne funerarie dal sembiante umano

RIBES

Di pezze pevere
i letti mescàl.
A picche,
liquidi i canòpi.
Il grado fresco
delle membra
a cantina.
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Clima allucinatorio per oppressi e oppressori

La gronda di una candela
allucina il colore della superficie.
Strappare quella vista dal filo.
Filtrare come appesi
ad una nocca di corda
il dolore della gravità.
E la scena della novità
non gracchia più.
C'è il sole, l'uccellino, il cunicolo
bruciante come la febbre…
la viuzza Maria, il topo-fumo
di consuetudine.

E il poliziotto si spara in bocca
un'ultima pallottola.
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Sfasature di pelli e realtà nell'arsione

Mungono chicchi
i suoi tralci
senz'acqua.
La pelle dell'orizzonte
che non tampona
questa pazzia.
E il mulino carta
drappi sul baratro
non danno ululi
e sirene. Vedi
che ci sono ancora?
E' facile controllare
i morti fra le centraline.
E' lì che il pensiero fuma.
E' lì che lo puoi incastrare.
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Polveri di varia natura si addensano nella psiche

POLVERI

Turgore.
Meno di me di te.
Cuocere bacche in ottobre
entro la spremitura
Di ferri stagni al calore
non ha più importanza vertebrale
concitazione: la termite di marmo
il forte è gravido di ragne
Vince l'impiccagione una pioggetta grigia
che annega le bacche
e i suoni ragli del veleno .
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Piccoli ruvidi piaceri, verso la fine, sogno di sottrazione in assenza di guida nel lungo giorno

ADRÒMI

All'edima,
ancora hdews dran
eis qanatous,
upo qhxin: qhn.
Alibi, alibi
alla truscia mire
(in chente serio)
a laeds dessi
on the jour.
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Ed est sombre,
vivere che sia aux nuits
es est cedimi corpi
che sia, sombre, aux nuits,
cederti notte.


TOMMASO LISA

murato
(il risveglio del carcerato)

uno finisce che si sveglia un giorno
(Gabriele Frasca)

sottratto. e reso forma vile. resta
l'altro corpo. diverso. quasi fermo.
parassita. colto. davanti a questa
zona morta. distratta dallo schermo.
altrimenti. azzerato. e tutto intorno
rimane. un simulacro. vincolato
dal supporto. impalpabile. e torno
torno. adesso. soltanto. reimpostato
sul niente. stretto. tenuto da dentro.
nel corpo inutile. svuotato. al centro.
____________________

se ti alzi una mattina e dici. cazzo
che culo che ho. ci sono ancora. ancora
con tutte le mie parti. che poi. idiota.
senti e vedi. e percepisci nel corpo.
ti stupisci. che resti quasi una cosa
ferma. e finisce che infine. ri-vesti

come se niente fosse. queste vesti
in cui stai stretto. e poi ti gratti il cazzo
e ti ritrovi in piedi. con la cosa
stretta forte tra le tue mani. ancora
tra i peli e le tue cosce. che è il tuo corpo
che poi pensi. è mattina ma che idiota.

pensi che stai pensando. che sei idiota
rinchiuso nella pelle. e tra le vesti
che si squamano. vedi che sei un corpo.
solo una parte infima. in questo cazzo
di vita. e attendi di trovare ancora
un senso. mentre sei ridotto a cosa.
____________________

un resto. senza sapere. che cosa
voglia dire. che sei un misero idiota
recluso in altre parti. e dentro ancora
senza forma. che soltanto ti vesti
e dici. cosa faccio. e cosa cazzo
potrei fare. oltre a stare in questo corpo.

diventare altro dentro un altro corpo
sottratto. che finisce a fare cosa
la mattina. oltre che guardarti il cazzo
e dirti. ma che gran pezzo di idiota
che sei. che non c'è poi altro oltre alle vesti.
a questo vuoto. a cui ti attacchi ancora

per dare un senso. per sfondare ancora
oltre il contorno. il freddo del tuo corpo
in questa forma.
e poi infine ti vesti.
guardi la polvere. e sopra ogni cosa.
ti scopri. con un sorriso. da idiota.
in silenzio. senza dire più un cazzo.
____________________

che non c'è altro oltre il corpo di cui vesti
in questo cazzo di vuoto. e il tuo io idiota
ancora - è senza un senso - è vana cosa.
____________________


PAOLO MACCARI

DUE TERZINE D'AUTORITRATTO

La mente astrattissima e molto a caso…
Il ventre? Il ventre gonfio d'anima
e i piedi freddi, i piedi già cancrena

gli occhi a spasso lucidi come raso
vuote e serrate la bocca e le mani
i nervi attorti i nervi alla catena.
____________________

LA PARATA

Dopo i ritardi dopo le fini
dopo miracoli-delusioni
e altri storditi indocili animali
la placida la fumicosa ascesa
la solenne lattigginosa impresa
polvere la parata della polvere
l'agitazione la scandita fluida
processione della polvere
oh eccola
neve di polvere pioggia grandine
di polvere solchi dossi pianure
una rinnovata pupilla scura
eventi rimpastati molli mura
cementate e il frinire di scalpelli
animosi sicuri freddamente
casuali fatali e
danza la polvere
materia e atmosfera nuvola terra
creatrice scultrice marea vitello
sacrificale coltello salvezza
oh eccola
la polverosa interezza
dell'angoscia che striscia sulla polvere
polvere poveri strappi di mente
che cercano cura e invece sigillano
il fervido termitaio d'angoscia
l'imponente bastione in movimento
il movimento a vortice che scroscia
ecco la polvere l'avvenimento
un lungo strepito polvere ovunque
non un gesto libero
uno qualunque.
____________________

TU NON VERRAI

Come gli alberi passati dal vento
stormiscono; con la stessa distratta,
ineluttabile naturalezza
sento i miei vecchi in triste coro piangere
monotoni lamenti.
Da viluppo, da grigio parassita
a strappi, lungo sapienti tragitti,
la sofferenza ha guadagnato gli occhi,
s'è fatta sguardo e voce,
s'è resa anima, ha vinto impetuosa.

Tu non verrai ma potresti venire
ad ascoltare la nota luttuosa
nell'ospizio dove i vecchi lamentano
di non essere ormai ciò che furono
di essere ancora ciò che essi saranno
finchè saranno.

I declivi che hanno sceso i miei vecchi
sono scoscesi e pervi
e rotolarli è quasi
addormentare i nervi
in un tragitto senza scosse.
I sentieri si fermano
innanzi all'incubo e ve li adagiano.
Per il mio cuore è quasi insopportabile
accorgersi che l'incubo è abitabile.

Quando come il vento cade la vita
da quelle genti grondanti stanchezza,
ti par di vedere nei corpi liberi
dalla feroce brama
di vivere
il sollievo di non essere più assediati,
un po' come gli arbusti
che alzano lievi la testa,
quando ormai romba altrove
la devastante, la lunga tempesta.

Tu non verrai ma potresti venire
a vedere con quale infesta lentezza si
può morire.


FRANCESCA MATTEONI

(le Murate, Firenze 28 - 12 -2001)
SOGNO N° 975

Forchette spezzettano l'aria
a trame di spine fogliame nei muri
mi schiude orbite vaghe.
Premuto nel raggio stupefatto
sovraesposto ai miei piedi di cicche e di sterco
sono l'uccello apriporta in un buco di pianti da gatti
sono l'uccello acrobata su dirupi di reti e soffitti.
Con il becco m'intruglio
arancione di cere nel piatto del bianco.
Nel fisso orizzonte del bianco
a sbarre di polvere senza pioggia.
Solo io vedo un magma di sterpi alla grata
penetrata la morte dall'uscio
il mio certo apparire nei fiumi.

Fiorire è il silenzio degli altri nelle mie tasche boschive.
____________________


DESERTO

Nella sabbia luna striscia raschia ruvida rudere d'acqua
nel nessuno di nomadi freddi cicatrici di monti che mi tiro sugli occhi -
Quel vasto sconfinare dentro e sfaldarsi del dentro nel fuori
senza porte una casa che ruota e la strabica vecchia nel centro.
Mi taglia mi bolle mi rimescola gli ossi
nella pancia a scavarmi l'ansia dei morti
mi mastica lenta, convulsa
vocifera come il deserto -
Alfabeti di spettri.
Io animale di stracci le abbandono consunte le vesti.
Più vicina del dio, più leale.
So che è perdita e caos e sinapsi del cosmo e mio nervo.
Che m'imbratta con dita pennute
mi rovista la carne in presagi -

Colombe ne escono pazze e ignote.
____________________

.

MARCO SIMONELLI


Nella stessa cella due anni
facilmente diventi
un corpo assottigliato (eppure mancava
calore di branda)

Gli occhi s'appendono
in giro e sul soffitto non sai se guardare
oppure

Rosario non fa niente ma
spera
Totò racconta di sua moglie
e quel bambino
che ha solo sette anni

Durante la clausura una parete
è lo lo schermo un
desiderio probabile

Totò dalla sua parte ha appeso Anna Oxa
Rosario (si vergogna) un poster del Torino

"… se vuoi poi mi dedico alla cura della casa
a me pulire ogni tuo passo il gomito lo strofinaccio
rinuncio ad ogni stereotipo formale a me circondare
la tua gavetta come fosse il pranzo di natale …"

Totò dalla sua parte ha un poster del mitico Real
Rosario ritaglia Boy George da una copertina

Il secondino li guarda abbracciati dormire
di sonno lungo e asciutto
con faccia di noia abituata
di chi ha visto di tutto e lo considera brutto

Rosario che sogna che è tutta la giornata
Totò che pensa che è solo per due anni
____________________

ROSARIO FLUSSO 7

Totò me lo ricordo seduto dietro un libro
(oppure era una rivista di motori o qualcosa di donnine)
(non ricordo) eppure dagli occhi spiava per mesi
non fece altro che guardare e io che gli volevo bene
a quel compagno di rapina a mano armata non dicevo
(che dire o non dire fa lo stesso prima o poi)
e noi poi era una mattina di febbraio mi disse
che era sempre stato timido e non parlava che dialetto (mica me
che so le lingue anzi ti traduco l'intero corpo) ma non è
rabdomanzia la mia è più geografia dell'uomo che conosco
e ne conosco tanti -conoscevo- in quel giardino buio
era solo uno studente che voleva provare (diceva)
che non si sa mai e invece poi
lo capivo che non era il caso che sarebbe stato
ore nella cameretta a piangere su un fumetto da studente e poi
non l'ho rivisto (ma sono contento che rivedo mio padre
e se lo incontro gli chiedo scusa e poi lo prendo a bastonate)
____________________

ROSARIO FLUSSO 6

Negli anni settanta si poteva fare
ancora camminando sui ciottoli undergorund e le lattine
i mozziconi la gente la sera non era sospettosa e a noi
bastava poco (a me soprattutto) che dicessero
se vuoi entra e aprivo la porta e questo negro
(e lo so che adesso si dice che è solo di colore ma
colore per colore la sostanza nostra non cambia) visibilmente sotto
effetto inebriante però mi andava e io
entravo più per scrupolo che per curiosità
e un ragazzo sembrava malpelo avrà avuta la tua età
o quella mia che avevo allora non guardava neppure teneva
gli occhi sbandati a farne uscire stelle e non chiedevo se faceva
per gioco od interesse o (come dici tu) per riflesso di madre
attaccabrighe io ne approfittavo e nei bar nessuno rifiutava un giro
quel poco avuto fosse anche un niente era anche per te


FABRIZIO CILENTO

0


Vene umide di muri

autografi del tempo che non torna…

Il baco poi l'umbratile farfalla

svolazza. Emette il muto sberleffo:

brancola nel buio. Un tenue battito d'ali.

La schiaccio, la frantumo ma niente fuoriesce.


Non frana del muro la crepa….


1

Solo poche parole ai lupi

poi rotolo nel fango, mangio ghiande

e piroetto

sporcando tutt'intorno

chi mi riceve al suo cospetto.


Testimone senza tribunali

pastore senza sermone

litigarello, uggioso, fegatomarcio

sono il perverso della retroguardia:

sono l'acqua che prende la tua forma

sono lo scarabeo che t'imprigiona

tra le gambe delle sedie nelle notti piovose.

E non ti chiedo scusa.

2

A un ceppo legato come un matto africano

nel buio dell'anoressia sociale.

Ho appeso addosso nomadismo interiore

non latitudini, longitudini…


Hai provato anche a sfiorarmi

dopo esserti fidato dei miei racconti

di Pinocchio in giacchetta, istrione e marionetta.


Ma non troverai qui altro che

un lenzuolo bianco e pulito

non ancora marcato dalla foga del piacere.

3

Son morso adesso dalla nostalgia dei giochi

di sponda sul panno verde.

Tic tac è il rantolo del tempo

immutabile nei secoli dei secoli

dei secoli che sembrano secondi.


Nel vortice del niente ad imbuto

oscuri presagi di lampi

nemmeno una stitica pioggia.


Inutile cercare il corpo del reato.

Sono io stesso il corpo del reato !


4

Scavato il piatto della minestra

dissolta la mia immagine riflessa.

Croci scarlatte controluce alle finestre.


Son segni e li classifico:

a) una pietra levigata b) una porta socchiusa

c) un cavo che s'inarca in posizione yoga.


Poi si oscura la mia cella

e il pugno bussa alla tartaruga

con la testa nel suo guscio.


Ecco il gufo statuario che vi fissa

dalla nicchia ecologica…


Siete liberi ?


LUCA BOMBARDIERI
Rapsodi - Partitura per celle e detenuto






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