AUTUNNO DI UNA NOTTE DI DESIDERIO

Fernando Lleras De La Fuente



Ed era meraviglioso,
come sentire un improvviso dolore
in un corpo paralizzato.

(W. Bentos)

Al suo fianco, un gruppo di donne di età incerta conversava sul senso profondo della vita, di fronte si celebrava la cerimonia di due vecchi che cenavano in silenzio; dal fondo del salone giungevano gli schiamazzi degli impiegati di un banco vicino: i domestici andavano e venivano portando grandi boccali di birra e piatti di cibi grassi: come tutti i martedì che la sua sposa trascorreva in compagnia dei parenti, era venuto a rifugiarsi nella sonnolenta taverna tedesca all'angolo.
Odiava la città, con un'ostinazione che il passare degli anni non aveva diminuito: le strade fiancheggiate da enormi edifici che anche d'estate impedivano il filtrare dei raggi del sole, gli squallidi alberi piantati nel cemento, le fontane soffocate dal traffico, i mendicanti, i poliziotti, con la destra sempre appoggiata alla canna del revolver, l'atteggiamento apparentemente umile dei banchieri, i profeti di grandi calamità, i venditori di meravigliose droghe, i cani di razza, i cani rognosi, i portieri in uniforme, i pazzi, gli esibizionisti, le esposizioni all'aria aperta, le luci al neon di cinque o diecimila ristoranti cinesi, i chioschi di riviste, gli adolescenti con le radio attaccate all'orecchio, le prostitute molto prudenti, le chiese, le sinagoghe le cattedrali ortodosse, i templi di Rosacroce, le palestre di yoga, il fischio dei dentisti nel chiamare un taxi, e i cani, rognosi o di razza, tutti allo stesso modo!
Odiava la città, è certo, ma odiava ancora di più questa taverna, disegnata da un pornografo in pensione.
L'odore di patate fritte impregnava l'atmosfera fino a trasformarsi in un'ossessione, e i vasi portavano sempre le impronte delle dita del servitore occasionale. Ma la solitudine notturna gli infondeva la segreta paura di giungere per caso a scoprire qualche oscura verità su se stesso, e la taverna era diventata l'ineguagliabile rifugio dei martedì.
Lì si sentiva, a parer suo, protetto dalla volgarità dell'ambiente, e il frastuono di voci e di piatti creava come una specie di protezione dal mondo esterno.
Chiese il piatto del giorno, e cominciò a guardare il giornale, mentre prestava una certa attenzione ai disgustosi commenti filosofici di una venditrice di profumi.
Erano quelli gli unici momenti in cui il tempo scorreva lentamente.
Del resto, le sue ore e i suoi giorni sembravano svanire senza che egli riuscisse a rendersene conto, nel mezzo della fatica di ogni giorno. Quelli erano, tuttavia, gli unici momenti nei quali rifletteva sul trascorrere del tempo, e faceva a se stesso promesse irrealizzabili su come smettere di fumare o prestare maggiore attenzione ai problemi dei suoi figli.
La taverna, d'altra parte, gli faceva perdere ogni interesse per le gravi notizie quotidiane: guerre, pestilenze, crimini, tutto sembrava lontano, irrilevante, sebbene inspiegabilmente legato alle angosce spirituali delle donne che aveva a fianco, la cui ispirazione non aveva limite!
Bevve lentamente un sorso di birra, e nell'alzare gli occhi il suo cuore diede un balzo: lì, a pochi metri da lui, era venuta a sedersi una donna che era il perfetto ritratto della sua sposa vent'anni prima.
Trepidante, prese una sigaretta e cominciò a osservarla attentamente cercando di non rendere molto evidenti la confusione e l'interesse. Si stentava a crederlo, ma era così: la stessa figura giovanile, gli stessi occhi, le stesse fossette che si formavano nel sorridere, lo stesso movimento delle mani, l'identica espressione dello sguardo, l'identico tono della voce!
Un'illusione ottica, disse fra sé, ma senza volerlo si diresse verso il lavabo, con l'unico proposito di passarle accanto e poterla vedere da vicino. Nell'avvicinarsi a lei, non nutriva il minimo dubbio. Era lei!
Quanto tempo sono vent'anni? Gli sembrava che si fossero d'un tratto cancellati e fosse ritornato alla giovinezza. I pensieri più folli cominciarono a nascere nella sua mente, e sensazioni che credeva morte e sotterrate si affollarono al suo cuore. Il sangue pulsò fino a gonfiare le vene della fronte, e un desiderio violento, smisurato, si impadronì di lui. La sua abituale timidezza si fece più grande. Come presentarsi di fronte all'immagine della propria sposa? In tutta fretta pensò a vari stratagemmi che di nuovo gli evocavano altri giorni, finché optò per un avvicinamento diretto, più consono all'età matura. Atterrito dalla paura di vedersi respinto dal suo passato, le si avvicinò "Ho pensato che non avrebbe mai osato" fu la prima frase che udì. "Lei è stato a guardarmi tutta la notte…"
Il suo tono, fra ironico e caldo, era perfetto. A partire da questo istante perse coscienza del significato delle parole e si lasciò avvolgere dall'atmosfera di sogno di quella realtà: sapeva quello che avrebbe dovuto dire e quello che avrebbe dovuto ascoltare, quello che avrebbe dovuto sentire e quello che avrebbe provocato. Sapeva che entro pochi minuti si sarebbe creato fra loro un profondo vincolo, rafforzato dalla banalità della taverna e che sarebbero stati gli ultimi a uscirne tenendosi per mano, ormai quasi all'alba, sotto lo sguardo offeso del cassiere.
Più tardi, tenendosi per mano, uscirono dalla taverna e si diressero verso il suo appartamento, attraverso le vie solitarie di una città assente.
Una volta giunti, si sedettero sul divano della sala, essa mise un vecchio disco, e cominciò a spogliarsi, con la sua abituale mescolanza di pudore e perversione. Pazzo di desiderio, la prese tra le braccia e la baciò a lungo: si sentì quasi giovane, molto intenerito, molto solo e totalmente abbandonato quando intraprese il desolante esercizio di fare l'amore con un ricordo.


(Racconto tratto dal libro Ombra e Penombra, Edizione Besa, Nardò (LE), 2001, traduzione a cura di Maurizio Fantoni Minnella)





Fernando Lleras De La Fuente è nato a Bogotà nel 1947. Studioso di musica e di economia, pianista e compositore, ha lavorato per qualche tempo nel servizio diplomatico. È stato professore di economia all'Università di Bogotà. Da alcuni anni ha declinato qualsiasi incarico diplomatico per potersi dedicare interamente alla scrittura (alla novella, alla poesia e alla saggistica interdisciplinare). Attualmente vive in volontario esilio a Caracas dopo aver lasciato la Colombia. Dopo Ombra e penombra, l'attività artistica di Lleras si è orientata verso la poesia: Silencio de segretos pasadizos (1979), El corazón suspenso (1989), Tiempo frágil (1993). Doce sonetos al amor (1997) conobbe una prima edizione in Europa, e precisamente a Vienna. Il suo ritorno al racconto è segnato dal romanzo La última muerte de Wozzeck (2000) e nel contempo prepara un nuovo studio sulla poesia.
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