Intervento guidato da Amara Lakous
Xenofobia e razzismo


Parto, come sempre, da un presupposto: non ho certezze.

Prima di entrare nel vivo della discussione voglio proporre alla vostra attenzione un episodio, significativo e realmente accaduto in Piazza Vittorio a Roma. Una signora italiana va a comprare il pane, ha un piccolo cane e lo lascia fuori, legato a un palo, perché c'è un apposito adesivo che indica che non può entrare. La signora, guardando l'adesivo, pensa visibilmente: questo è razzismo. La donna non è tranquilla: esce…torna…chiede un po' di pane integrale…esce nuovamente…Fuori del negozio ci sono infatti due piccoli cinesi vicino al cane. La signora si agita, sempre di più, alla fine giunge alla cassa ( mi trovo proprio lì vicino) e si sfoga dicendo: "non mi fido molto dei cinesi….mangiano i cani! Ora hanno aperto tantissimi ristoranti, proprio qui…. e in Cina mangiano i cani!" Quindi esce, senza scontrino, manda via i bambini e torna ancora una volta nel negozio.
La signora è razzista? E' xenofoba?
Un altro episodio: un sabato al mercato ci sono tantissime persone. Due immigrati cercano di rubare il portafogli di un italiano. Questo si gira e vede la mano dell'immigrato nella sua tasca, sta per derubarlo. L'italiano voltandosi dice: "Ladri!". Uno dei due gli risponde: "Razzista!"
Il signore italiano è razzista? Xenofobo?
Ancora: poco tempo fa ho letto una notizia su un giornale con titolo: "albanese restituisce un portafogli"

Da qui partono le mie considerazioni, che si legano a tre principali fattori.
Il primo è l'ignoranza: la signora del cane è sicura che in Cina mangino i cani?
Il secondo è la paura: questa stessa signora aveva ragione di temere i due piccoli cinesi?
il terzo: la generalizzazione.
Questi sono i meccanismi che fanno funzionare il razzismo.
Generalizzare alcuni casi fino farne una regola è un pericolo: non tutti gli albanesi sono ladri. Se una ragazza Nigeriana di buona famiglia viene a studiare in Italia, questa ragazza, per forza dovrà fare la prostituta?

Ora, secondo me, il nostro incontro è incentrato sulla scrittura, ed è necessario riportare la trattazione di questo argomento a ciò che più ci interessa. Per cui cercherò di legare il tema del razzismo e della xenofobia direttamente alla letteratura di migrazione. La questione è molto interessante e riguarda i contenuti di questa letteratura. Uno scrittore immigrato deve parlare di alcuni argomenti …c'è una ricetta, come per fare una pizza. Lo scrittore immigrato è tenuto, per essere pubblicato, ad attenersi alle regole, ad affrontare temi come il disagio, la violenza, la sofferenza, i razzismo... E mi chiedo: "Ma anche a costo di cadere nella cronaca?"
Non è possibile rimanere ancorati a certi schemi!

Io ho qui, e poi termino, un articolo in cui c'è una bella intervista con Roberta Sangiorgi che parlando della letteratura di immigrazione dice: "C'è stata una evoluzione delle tematiche. All'inizio il sentimento dominante era la rabbia: l'immigrato vittima di episodi di razzismo e lo scontro con un paese ostile. Poi gli scrittori immigrati hanno iniziato ad immedesimarsi in immigrati di altre nazionalità, fatto dovuto alla comunanza di sensibilità. Per dire un siriano si è immedesimato in un marocchino. Nei racconti più recenti inoltre c'è la voglia di fare proposte"[…]

Io credo che gli scrittori immigrati, quelli che non hanno niente da perdere, possano essere molto utili agli italiani, più di quanto non venga loro riconosciuto in questo momento.
Sono proprio questi scrittori migranti che hanno infatti il potere di restituire l'immagine più vera degli italiani. E' ovvio che ciò può essere fatto solo con onestà. E per questo ho detto che solo chi non ha niente da perdere può prendersi tale responsabilità. Certo ci sono dei rischi, in cui vedo cadere molti colleghi ed amici…Si tratta talvolta di un eccesso di rabbia e violenza nei confronti del nuovo paese, talvolta, al contrario, di un buonismo che porta ad esaltarne solo l'ospitalità e l'apertura…
Queste non sono che delle tracce.
Termino mettendo in guardia sul concetto stesso di ospitalità, un concetto ostico che non so accettare… Io non sono ospite in questo paese…sono forse un cittadino incompiuto, perché non ho diritto al voto, ma non un ospite…L'italiano è una lingua come tante: ha i suoi aspetti positivi e negativi, trovo retorico concentrarsi solo sulle cose positive…Chi partecipa alla vita economica, ha figli che studiano a scuola, parla in italiano, perché deve essere ospite? Il concetto di ospitalità è legato a due importanti concetti : il tempo ("l'ospite dopo tre giorni puzza") e lo spazio, per cui quando tu sei ospite a casa di qualcuno è lui che ti dice dove stare, quale stanza occupare…Io rifiuto questo concetto per il migrante: è una trappola.