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Sagarana IL CANE


Brano tratto dal romanzo Il contagio


Walter Siti


IL CANE



 

La strada nuova della Bufalotta in molti non la cono­scono ancora, si ostinano a incolonnarsi come pecore nei gomiti semaforati di via Niccodemi; non sanno che svoltando verso il cantiere non ci si impantana più senza uscita, anzi in dolce salita si attraversa il re­sidenziale e si plana sulla palestra dall'alto, costeg­giando il maneggio. Asfalto nero e scorrevole come il velluto. In mezzo alla strada, incerto ma non impau­rito, c'è un cane che non sa dove andare – i bordi non lo attirano, sembra quasi che voglia sedersi lì, in quel pizzo suicida. Si scoprirà dopo che è una cagna.
Da un Porsche Carrera grigio argento scende un coatto con due cerchietti vistosi allo stesso orecchio, coda di cavallo e maglietta attillata sui pettorali; lascia acceso il motore, aperta la portiera – si rivolge alla cagna con gentilezza: «che stai a ffà, te sei persa? non ce l'hai un padrone, eh? qua t'arrotano, lo sai?». Lei è mansueta, lascia fare, lo segue nell'aiola. Un ra­gazzo in scooter rallenta, ha l'aria di uno studente; lui e il palestrato si intendono subito, «mica se pò lascià qua». La fidanzata dello studente sta proprio adesso al parchetto, lì c'è un centro per gli animali smarriti, vado e sento se qualcuno l'ha reclamata. «Altrimenti la porto a casa co' me» dice il palestrato, e si capisce che in fondo preferirebbe. Mentre è rimasto solo arriva un anziano con un cocker – lui fa sem­pre quel giro ed esclude di aver visto la cagna nei dintorni: «un rottweiler così bello l'avrei notato, di questo nero intenso». Non ha medaglietta però ha un collare luccicante; «un po' grossier» lo giudica il vec­chio e ne deduce che probabilmente il cane appartie­ne ai muratori che lavorano al cantiere, «con tutte quelle borchie».
Pian piano si crea un assembramento, una folla, una convention; ognuno si ferma e dà il suo parere: alloggiamola per questa notte e mettiamo un annun­cio su internet. Meglio i cartelli, se è di poveracci in­ternet non lo guardano, possiamo fotografarla col te­lefonino. La cagna intanto si è proprio sdraiata, si vedono le mammelle come se avesse allattato da po­co; «no, coi cuccioli non sarebbe così pacifica». Il cocker del vecchio snob scava buche come un osses­so; il palestrato chiama il suo pusher, «so' bloccato, c'è un cane senza padrone... tarderò de mezz'ora, sempre che... no, ma scherzi, e chi ce l'ha er core d'ab­bandonalla? oh, si è se vedemo domani». Torna lo studente con la fidanzata e una veterinaria, controllano se c'è il microchip sottopelle. Non c'è – pausa mor­ta, che il palestrato riempie raccontando: «a quattor­dici anni pesavo quasi cento chili... ogniqualvolta a casa mia scoppiava un casino, cioè sempre, me la sfo­gavo con il mangiare... compravo un pacco di zollette di zucchero e questa obesità m'ha devastato dentro... perfino la più cozza della scòla me rifiutava... poi mi sono ribellato al destino e ho detto basta... quello che fino adesso è stata la mia vergogna dovrà diventare il mio orgoglio..». Allo scoccare delle sei la cagna si al­za e annusa l'aria, inquieta.
Tre ragazzette cinesi, timide, si sono fermate in di­sparte; qualcuno le nota e la più grande trova il co­raggio di dire che, forse, loro quel cane lo conoscono. In un discreto italiano salta fuori la storia: accanto alla loro, qui in via Castellani, c'è una villetta in ristrutturazione, invece del cancello ci hanno messo un telo di plastica; oggi pomeriggio hanno visto il cane dei nuovi arrivati (sembrava questo) che ha rovesciato una seggiola e sulla spinta si è trovato oltre il telo, fuori in strada. Ecco perché è così mogia, non cono­sce il quartiere.
«Annamo, a bella»; lo studente si mette a correre, la cagna lo segue – appena svoltato l'angolo eviden­temente si raccapezza, sorpassa abbaiando. Evviva, mistero risolto, la compagnia si scioglie scambiandosi numeri di telefono; il coatto di Fidene, ricordandosi solo adesso che il Porsche è rimasto aperto e con la chiave inserita, parte di slancio dopo aver lanciato la sua sentenza: «sta là, 'o vedo... bisogna fidasse, na'a vita mica ce sta solo er male». (…)




(Brano tratto dal romanzo Il contagio, Mondadori edizioni, Torino, 2008.)




Walter Siti
Walter Siti (Modena 1947) ha insegnato letteratura italia¬na all'università di Pisa, Cosenza e L'Aquila. È il curatore dell'opera di Pasolini nei 'Meridiani". Ha pubblicato articoli e saggi di critica letteraria e i romanzi Scuola di nudo (1994), Un dolore normale (1999), La magnifica merce (2004) e Troppi Paradisi (2006).




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