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Sagarana LONTANO DALLA CITTà


L’universo agreste corrotto dalla cultura e dalla modernità


Lorenzo Spurio


LONTANO DALLA CITTà



 

The Woodlanders (1887) di Thomas Hardy mette in scena una società agreste e edenica, quasi primordiale. È una società involuta e arcaica ma che vive in armonia il suo status sin quando non sopraggiunge un elemento perturbante a minarne le fondamenta. Questo elemento è rappresentato dal non noto, dall’alieno ossia da personaggi forestieri che s’introducono in quell’ambiente descritto da Hardy secondo una dimensione corale.
La critica tende a delineare due diversi tipi di personaggi nel romanzo: i woodlanders, i personaggi autoctoni del bosco (e del villaggio di Little Hintock) che sono nati e che hanno sempre vissuto lì, e dall’altra parte gli estranei, gli outsiders, ossia le persone che non appartengono a Little Hintock ma che entrano in contatto con esso. Sono principalmente due gli outsiders: Mrs. Charmond un’avvenente signora che è giunta dalla città per riposare ma anche perché è proprietaria di varie case al villaggio e il dottor Fitzpiers che si reca al villaggio per offrire la sua cultura, le sue conoscenze medico-scientifiche alla comunità dei woodlanders. Sono personaggi che Hardy tratteggia in maniera quasi riluttante; le loro descrizioni sono funzionali a rappresentarli in maniera contrapposta ai woodlanders.
Tra i woodlanders più rappresentativi ci sono Giles Winterborne, boscaiolo e produttore di sidro, e Marty che aiuta il suo anziano padre nella produzione di pertiche in legno. I woodlanders si dedicano completamente ad attività che li mettono a contatto con la natura. C’è una simbiosi dell’elemento naturale all’interno dell’universo di Little Hintock: spontaneità e innocenza dei woodlanders, la semplicità della natura, il frusciante universo del bosco e la completa assenza di modernità. Tutti questi aspetti contribuiscono a dare l’immagine di un universo mitico, che fa pensare all’età dell’oro o addirittura all’Arcadia di Sidney.
Non è interesse di questo breve scritto fornire un’analisi completa del plot, ciò che interessa è mettere in luce come nella narrazione la semplicità e la purezza di un ambientazione edenica venga sfidata dalla cultura, dalla scienza, dalla modernità. Per poter capire come questo avvenga credo sia necessario parlare di un altro personaggio della storia, Grace Melbury, figlia dei coniugi Melbury che sono dei ricchi produttori di pertiche in legno. All’inizio della storia viene detto che Grace, pur essendo nata a Little Hintock, si trova in città. Capiamo dunque che il personaggio di Grace si trova a metà tra i woodlanders e gli outsiders. È nata come woodlander ma poi è stata mandata in città con il fine dell’apprendimento della cultura, per l’istruzione. In città Grace si avvicina alla modernità, distanziandosi inconsapevolmente, dall’animo di Little Hintock.
Una volta che Grace tornerà a Little Hintock, al termine del suo percorso di studio, in città si sentirà dapprima frustrata ed annoiata della monotonia dei boschi, rimpiangendo forse la città ma poi riscoprirà la bellezza della natura, la purezza e la semplicità dei sentimenti dei woodlanders e si ricongiungerà ad essi. S’innamorerà prima del dottor Fitzpiers, uomo di cultura e, in un secondo momento, dopo aver riscoperto Little Hintock e aver rigettato il periodo d’istruzione trascorso in città, di Giles Winterborne.
Nella storia i personaggi che non sono autoctoni di quell’ambiente a Little Hintock non si trovano a loro agio, si annoiano, sbuffano, si sentono stanchi e apatici e più spesso sbadigliano.
Come si vedrà nel corso del romanzo sono proprio gli outsiders, i personaggi forestieri a Little Hintock che causeranno un lento sgretolamento dell’animo innocente dei woodlanders e che porteranno problemi. Hardy vuole sottolineare il fatto che dove in un ambiente tradizionale, originario e naturale si sviluppa il dramma, la tragedia, questa avviene perché c’è stato l’intervento di un uomo di cultura, di un cittadino, di un esponente estraneo a quell’ambiente primordiale.
Un’analisi di questo tipo non può che farmi pensare a un film di alcuni anni fa in cui succede qualcosa di molto simile, seppur viene trattato in maniera differente. Il film in questione è The Village, uscito nel 2004 (sceneggiatura e regia dell’indiano M. Night Shyamalan). Un primo parallelismo tra le due opere viene dal fatto che prima di intitolare il film The Village, Shyamalan aveva pensato di chiamarlo The Woods ossia ‘i boschi’, termine che compare nel titolo del romanzo di Hardy.
Il film è ambientato a Convigton (Pennsylvania), un piccolo villaggio agreste e incontaminato dalla modernità che ricorda molto Little Hintock di Hardy. Del villaggio viene sottolineata la sua dimensione corale, la sua auto sussistenza e la presenza di un assemblea di anziani. Anche se in The Village è presente l’elemento mostruoso-fantastico, assente in The Woodlanders, le due storie sono molto simili.
In The Village, al fine di preservare l’unità della comunità e di salvaguardare la sua innocenza, la sua purezza dalla dilagante industrializzazione e sviluppo della città, gli anziani del paese, riuniti in assemblea, decidono di inventarsi le “ creature innominabili” e più propriamente l’esistenza di un mostro che vaga nel bosco. Coloro i quali si addentreranno nel bosco cercando di fuggire dal villaggio saranno massacrati da questo mostro feroce. In realtà nel villaggio non esiste nessun mostro, anche se questo verrà chiarito solo alla fine del film. Colui che veste i panni del mostro è un ragazzo ritardato che in questo senso viene utilizzato dagli anziani per mettere in guardia i giovani a non lasciare il villaggio.
Alla fine del film si capisce che il mostro non esiste, così come non esistono le “creature innominabili” e che tutto questo non è altro che frutto dell’invenzione degli anziani per scoraggiare i giovani del villaggio ad andare in città. In realtà si scoprirà molto di più ossia verrà detto perché gli anziani hanno preso questa decisione. La creazione di questo limite invalicabile del villaggio costruito dagli anziani è motivato dal fatto che considerano la città, la società sviluppata, come sinonimo del male proprio perché molti dei loro congiunti che erano andati in città l’ avevano trovato la morte. La città è vista dai membri del villaggio come cattiva, illusoria, ingannevole e mortifera.
In entrambe le storie è evidente come sia presente la concezione secondo la quale il male appartiene sempre a qualcosa di esterno e di lontano e allo stesso tempo si configura come una paura dell’ignoto. Alcuni recensionisti hanno visto in questa attitudine la paura e il terrore dell’uomo contemporaneo nei confronti del diverso e hanno considerato eventi drammatici come la strage dell’11 settembre come un male proveniente dall’esterno.
La critica ha inoltre messo in luce accuse di plagio nei confronti della sceneggiatura di Shyamalan sostenendo che molti degli elementi messi in scena dal regista indiano si trovano in realtà in un romanzo dell’autrice americana Margaret Peterson Haddix intitolato Running Out of Time (1995) nel quale pure viene dipinta una società calata nell’800 e, di contro, una società a noi più contemporanea. C’è nel romanzo uno scarto temporale (di comportamenti, abitudini, stili di vita) tra due società: la prima descritta nel 1840 e l’altra nel 1996.
Ritornando a Shyamalan possiamo dire che lo stratagemma ideato dagli anziani per non permettere ai giovani di recarsi in città è motivato dal fatto che la città viene vista come luogo di alienazione, perdizione, morte e corruzione mentre il villaggio è espressione diretta di un animo autentico, di una sensibilità pura, originaria e naturale. È un contrasto che fa pensare al binomio natura-cultura che ritroviamo, seppur descritto con tinte diverse, in The Woodlanders di Hardy.
In Hardy non si fa riferimento alla città come luogo di perdizione, morte o corruzione ma la città viene indicata come luogo di superiorità mentale, istruzione, scienza e cultura, elementi che possono mettere a repentaglio un universo agreste fondato sulla semplicità, la cooperazione dei compaesani e la loro simbiosi con l’elemento naturale.
In modi e forme diverse dunque, Hardy e Shyamalan dipingono la città in maniera contrastiva al villaggio, al bosco e vedono nella città degli elementi che possono minare le basi e il benessere di uno spazio incontaminato, puro e scevro da qualsiasi elemento che si riferisca alla modernità.
Quando l’uomo colto e la società contemporanea entrano in contatto con una naturalità primigenia è la seconda a soccombere.






A partire dal romanzo di Thomas Hardy The Woodlanders, Oxford University Press, Usa, 2009 e dal film The Village, regia di M. Night Shyamalan,Usa, 2004




Lorenzo Spurio
Lorenzo Spurio è nato a Jesi, in provincia di Ancona nel 1985. Nel 2011 ha conseguito la laurea magistrale in Lingue e Letterature Moderne all’Università degli Studi di Perugia con una tesi di letteratura inglese dal titolo “Comportamenti devianti e spazi claustrofobici nella scrittura di McEwan” e nel 2008 la laurea triennale in Lingue e Letterature Moderne Comparate all’Università di Urbino “Carlo Bo” con una tesi di letteratura inglese dal titolo “Il concetto di ‘wyrd’ nel poema Beowulf”. Grande appassionato di letteratura straniera, ha scritto alcuni saggi e testi critici su alcune opere della letteratura del periodo vittoriano e modernista. Nel 2011 ha pubblicato Jane Eyre, una rilettura contemporanea (Lulu Edizioni) una raccolta di saggi sul romanzo Jane Eyre di Charlotte Bronte. Ha scritto, inoltre, un nutrito numero di racconti che ha pubblicato su varie riviste di letteratura e cultura italiana tra le quali Osservatorio Letterario - Ferrara e l’altrove, rassegna di poesia, narrativa e saggistica; La Ballata, rivista d’arte e cultura; Sagarana, rivista trimestrale di cultura; Il Leviatano, rivista di cultura e attualità; Frigidaire, mensile d’attualità; Inverso, quadrimestrale di poesia; Aeolo, rivista letteraria; Slavia, rivista trimestrale di cultura; Il Grandevetro, bimestrale di immagini, politica e cultura, Reti di Dedalus, rivista online del sindacato nazionale scrittori e con la rubrica “Scriptorium” del quotidiano Il Legno Storto. Dal 2010 è redattore della rivista di letteratura e cultura Segreti di Pulcinella diretta da Massimo Acciai e collaboratore della rivista d’arte Parliamone diretta da Bartolomeo di Monaco. E’ autore di Blogletteratura e cultura dove pubblica testi critici, recensioni di libri e film, interviste ad autori esordienti, articoli di cultura, segnalazioni, poesie di altri autori e analisi di opere letterarie della letteratura mondiale e direttore della rivista di letteratura Euterpe fondata nell’ottobre del 2011.




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