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Sagarana POEMA ISTANTANEO


Stallo e decadenza


Julio Monteiro Martins


POEMA ISTANTANEO



Quando l’esercito di Silvio
si scontrerà
con i pentastellati
saremo all’Armageddom?
Al di là della fantapolitica,
ormai è fantascienza.
Battlestar galattica
tra i crateri ancora fumanti
dei Campi Flegrei.
 
 
Magnetismo. Dialettica.
La nausea non cancella la rabbia.
La rabbia non evita la nausea.
Sono due calamite distanziate
che in aria sostengono
fermo
il chiodo delle nostre ossessioni.
 
 
Progenie vanitosa
di Dante e mafia,
co-co-pro
per spacciatori di gas russo
dissanguati a progetto.
Tempi interessanti:
i tortelli della mamma
scoppiano in faccia
alla prima forchettata
e il ragù
si coagula subito
sotto una gelida crosta
di parmigiano.
 
 
La barca s’allontana dalla costa
e prende il largo.
Sembra tutto sereno.
Gli ecomostri
come scogliere,
macchie di colore
dal pennello più largo.
Là non ci sono più Digos,
né bancomat, né autovelox.
C’è il vento.
Attenzione però:
non guardare mai
sotto la barca!
 
 
Lampedusa Eldorado,
miraggio che libra
sul deserto del mare.
E sotto il gentile luccichìo
del Mediterraneo
l’ossario sommerso
dei sognatori.
Cibo per orate.
Non diventeranno mai
schiavi o detenuti
nei lager della terra ferma.
 
 
Una Cina opaca
si consuma a Prato,
o ai piedi del Vesuvio.
Nelle fabbriche-lager,
in cantine blindate,
si lavora a testa china
e ci si cadaverizza.
Poi si convertono i cadaveri
in asole e colletti,
in cerniere,
in piccoli bottoni di ossa.
 
 
Nel rimpinzarsi
di antilopi lente
o malate
il leone prende la parte che gli tocca,
le iene arrivano dopo,
gli avvoltoi ripuliscono le ossa:
governo di larghe intese.
 
 
Bucoliche infette
per satiri e ninfe prezzate.
Odalische in silicone
sorseggiano Bailey’s
sognano i suv d’argento
della Porsche.
Camminano
con spavaldo incedere
per via Montenapoleone
schermate da grandi occhiali Gucci,
ectoplasmi anoressici
che si immaginano glutei.
 
 
In periferia però
tutte le arpie
sghignazzando
azzannano
le anime in pena.
La coppia di anziani,
capelli bianchi lui,
lei tinti a metà,
sotto la fievole lampadina
a risparmio energetico
rileggono in silenzio
la lettera di Equitalia
e a vicenda si versano
il veleno.
 
 
Tra bolli, bolette,
mutui, multe,
rate, pizzi,
e forse affitti
il corpo trema,
suda freddo:
nuovissima claustrofobia.
Non l’abisso.
Non la maschera-di-ferro,
ma i denti storti della figlioletta,
l’asticella ortodontica.
 
 
Mentre il sole toscano
si libra sui colli
punteggiati di cipressi,
sboccia l’odio
stretto nella giacca,
cravatta slacciata,
costume per allodole
dei pelati di Casa Pound,
che non è casa ma tana,
e men che meno è Pound:
scippo al nome di un poeta
per ripararvisi dietro
mentre si spara.
 
 
Eia! Eia! Eia! Alalà!
Siamo trenta picchiatori,
e trentuno con l’orrore.
Bongo-bongo,
dove vai con ‘sto piccone?
Non voglio comprare niente.
Ti do un euro va bene?
Ti do un euro e sparisci!
 
 
Ogni viottolo sterrato
è una moschea senza tetto.
Ogni panchina
un gommone alla deriva.
Il grande cubo della Mecca,
il black bloc
al centro della piazza,
ci invita al girotondo inconsueto.
 
 
 
Il gendarme sparò in alto
ma un altro tipo
aveva appena gettato in aria
una monetina
ed ecco la pallottola
l’ha colpita in pieno
rimbalzando sul vaso di cocci,
poi, dall’altra parte della strada,
sul piercing di una ragazza mora,
poi sul manubrio di una bici,
per raggiungere infine
– che sfortuna! –
la testa fuori luogo
di Carlo Giuliani.
 
 
Uno spritz, please.
Una vendetta.
Quanta bamba!
Quanta maria!
Mi salverà la pera,
la slot-machine
in fondo al bar
o una mazzetta.
Signori, gioite!
Com’è lieta
la staffetta
Letta-Letta!
 
 
Maschera tragica
incorniciata
da riccioli bianchi
al centro dell’anfiteatro.
Persona in streaming.
I fuochi d’artificio della rabbia
illuminano l’arena
mentre i giornalisti vengono cacciati
dalle vomitorie.
Esplosioni e urla
ben in alto,
mentre in basso,
discretamente,
gocciola il razzismo.
 
 
Ogni giorno
si uccide una donna
per amore,
dopo averla stuprata
per cortesia
e averla torturata
per affetto
e averla sventrata
per tenerezza.
 
 
Poche bocche trovano
le mammelle della lupa.
Tutte le altre
rimangono asciutte.
I cuccioli deperiscono,
guaiscono piano
e muoiono in silenzio.
Non interessano a nessuno.
 
 
Alla corte del tiranno
la biondina
è la pupilla,
l’africana,
il culo.
Di nuovo la dialettica.
Il cuore marcio
di Caligola
è ora la sintesi dell’Europa.
Solo Bakhtin l’aveva compreso:
il mondo dell’alto
versus il mondo del basso.
Lo sguardo e l’ano.
La preghiera e la scorreggia.
Il bianco immacolato
che precipita,
si sporca,
s’ingrigisce,
s’annerisce.
Non più aura
né profumo,
ma oscurità,
lordura, sudiciume,
per favorire
l’orgasmo segreto e tenebroso.
 
 
Ogni luna
sarà inutile.
Niente cambia mai.
Il principio della realtà
consente
al principio del piacere
di sbizzarrirsi
purché sterile.
L’utero è rinsecchito
e ogni ovulo
deve mestruare.
 
 
Sangue o niente.
Rabbia o nausea.
Sotto i piedi
la terra trema
in scosse malauguranti.
Sopra,
invece,
non si muove un filo d’erba.





Julio Monteiro Martins

Julio Monteiro Martins (Niterķi, 1955)č uno scrittore italiano di origine brasiliana.





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