Torna alla homepage

Sagarana ALTO-BASSO-FRAGILE


Luc Lang


 

Ammetterà che danno fastidio, ’sti scatoloni… non si possono sistemare? … in cantina, per esempio! no, è già piena, scatole di biancheria, cianfrusaglie, oggetti vari, ovunque! già così lei riesce a malapena a raggiungere la caldaia… e in solaio? perdite, perdite d’acqua, si rovinerebbe tutto! no, di posto non ce n’è più… Resta il garage che cade in rovina, ma lei ci tiene e parcheggiarci la macchina, non insisto, avanzo a zigzag tra le pile di scatoloni fino al bagno, impossibile raggiungerlo senza dare nell’occhio… è vero che esito a usare il bagno quando mi fermo poco, si noterebbe, ma qui c’è un caldo soffocante e prima di arrivare ho bevuto quasi un litro d’acqua, non resisto più, mi scuso, due minuti… Rieccomi, come nuovo, Antoinette si alza con fatica dalla poltrona, ha i capelli di neve impeccabilmente pettinati, indossa un bel completo a quadretti verdi e rossi, si è messa gli orecchini, la collana, gli anelli… vuole preparare una tisana, un tè? insomma qualcosa di caldo, ha i brividi, in piena estate… Oh, non la vedo più, non viene più! se non per il cane… si stupisce? lo so, Antoinette, lo so… è semplice, lei non viene più, e a me nessuno dice mai niente! E so bene che “niente” equivale a dire la vita di sua figlia e del genero, ma anche, cosa ancor più dolorosa, della nipote. Una specie di litania, ogni dieci minuti. La prego di rimanere seduta, il tè lo faccio io… Aspetti! guardi… la vede, qui nella foto? nel suo grembiule di scuola, col faccino sorridente, gli occhi stupiti dietro gli occhiali… a quel tempo le montature dei bambini erano brutte. Ah, la mia nipotina, che bei capelli aveva già… i genitori lavoravano sodo, mia figlia in un laboratorio e il genero coi suoi studi… non avevano tempo, andavo io a prendere a scuola Alix, le facevo da mangiare, il bagno, le leggevo la sera… quelle storie di principi azzurri che mi chiedeva sempre… lo so, Antoinette, accoccolata tra le sue braccia, “braccia tiepide”, diceva Alix… in parte quella bambina l’ho cresciuta io, lo sa, vero? … sì… no, stia seduta, gliel’ho detto, al tè ci penso io. Sguscio, stavolta in cucina, accendo il fuoco sotto una pentola d’acqua col manico di bachelite nera crepata, bruciata, frugo nell’armadietto delle spezie, tra vasetti di marmellata cristallizzata e scatolame, qualche bustina di Lipton senza più aroma, come polvere liofilizzata, ricettacoli di acari più che tracce di tè, presto! nell’acqua bollente, tintura d’acqua inodore… vassoio, zuccheriera in plastica-bicolore-con-coperchio-basculante, cucchiaini, tazze marroncine, ah! lei vuole che tiri fuori i biscotti alla cannella croccanti diventati gomma, arrivo col vassoio, zigzag, movimento d’anche, hop, hop, il piede destro s’impiglia in un borsone enorme pieno di scarpe da tennis e da basket di tutte le marche, tutti i colori, un quindici-diciotto paia, del 40, lo capisco dalle dimensioni… per un pelo non mi rovescio contro una sedia, evito lo schienale, proprio per un pelo! il tè fumante si è versato sul vassoio, mi brucia le dita, disfa le molecole pasticcere dei biscottini divenuti pappetta scura, poso il mio carico in fretta e furia sul tavolo della sala da pranzo, ahi! ahi! i pollici in fiamme! … ammetterà che così è proprio scomodo! Antoinette sorride… pensi un po’ se dovesse capitare a lei! un piede nella borsa, una ginocchiata contro uno scatolone, e badabum! cadi, ti bruci, un disastro!
Scatole di vestiti, scarpe, scampoli di stoffa, scorte di tessuti recuperati alla chiusura dei mercatini, kimoni, sari, cappotti di pelliccia, da aviatore… ma questo è un magazzino! sua nipote vuol mettere su un magazzino? No, gli scatoloni in cantina sono solo della figlia e del genero, non hanno posto da loro. Questi qui, invece, sono scatoloni della nipote, piccola differenza! un guardaroba infinito, quello che ha a casa per lei è troppo piccolo… Un giorno bisognerà pure sistemarla, la mia casa! sì, quando sarà tutto finito… sarà finito cosa? Lei scrolla le spalle, fa un gesto con la mano come per scacciare una mosca dal viso. Voleva per l’appunto che venissi a prendere alcuni scatoloni, preparati apposta per me, con dentro qualche tendina e un piumone, ma non so che farmene, se non scaricarli alla Caritas. È un’ossessione, ha continuato a telefonarmi ogni tre giorni finché non ho accettato di fare un salto… neanche dovesse affidarmi il suo testamento. Da quattro mesi Antoinette non dorme più in camera sua al primo piano, l’unico, il cesso è al pianterreno, e di conseguenza lei ci ha sistemato anche il letto, nella sala da pranzo. Problemi all’intestino sempre più “invadenti”… perciò quando mi sveglio in piena notte, con la pancia in subbuglio, che mi fa male, non ho il tempo di scendere le scale… Alix le ha ribattuto, con un tono che voleva essere rassicurante: sarà il tuo cancro, quello che ti ha fatto infiammare il ganglio sul collo… insomma una cosa normalissima. Eppure… non la vedo più, sa? semplice, non mi dicono mai niente! passano come fulmini, insieme o separatamente: figlia, genero e nipote, spostano qualche scatolone, prendono delle cose, portano altri scatoloni, un viavai furtivo di manutenzione: carico-scarico. E basta! Ma che ci vuol fare? ormai i miei conti sono vuoti… prosciugati! sicché Alix frequenta più volentieri la zia che i soldi ce li ha, adesso è lei che le paga i viaggi nei posti lontani, lo scooter, gli affitti in arretrato, io non posso più… la cosa la stupisce?
Beviamo l’acqua colorata a piccoli sorsi, mastichiamo i biscotti sfuggiti all’inondazione, il sole entra dalle finestre a ondate, una luce violenta e opaca, smorzata dai vetri sporchi. La sala da pranzo odora di umidità, il liquido bollente ci riscalda, la fronte ci s’imperla di sudore. L’unica cosa bella che crede di avere, l’unica! come una colomba tra quelle mani bianche di sarta capace, che per anni e anni hanno disegnato, confezionato, cucito: vestiti, gonne, pantaloni, cappotti di Alix, sì, l’unica cosa bella sono quelle visite domenicali della nipote… che le lascia in custodia la cagna, perché fino a giovedì lei lavora, e casa sua, col giardino, sembra la soluzione più semplice per sistemare l’animale. E così lei la intravede due volte a settimana, oh! Alix mica si ferma, lo sa, va sempre di fretta, ha amici a destra e a manca… glielo ripeto, non mi dicono mai niente… sì, Antoinette ripete instancabilmente… cosa? quel modo di lasciarla in sospeso, in bilico fra due intervalli: da domenica a giovedì, da giovedì a domenica… Mi allunga la tazza, le verso un altro po’ di tè, è come se il liquido riuscisse a scaldarle soltanto l’epidermide, le ossa restano fredde, un freddo inesorabile, ogni tanto appena una vampata improvvisa, alla base del collo, sotto l’orecchio destro, quando il ganglio si gonfia a dismisura. Nel giro di pochi mesi la casa le si è ristretta, per via della ridotta mobilità del suo corpo. Si trascina con fatica al primo piano solo per andare nella stanza da bagno, del resto le due camere, la sua e quella di Alix, dove per tanto tempo abbiamo dormito, sono già state abbandonate alla funzione di deposito. Non è di topi che pullulano, ma di valigie, scatole, casse, cartoni, borse della sua ingolfata discendenza, la sua casa trasformata in un deposito di bagagli, lei stessa messa in giacenza, almeno fino allo sgombero finale, lei, in una scatola, definitivamente al freddo. Ecco cosa la rallegra, a mo’ di ultimo marameo: quando sarà finita, tutti gli scatoloni che dovranno spostare! la somma di una vita di maunutenzione per velleitari erranti… Un senso di soffocamento mi schiaccia il petto… i brividi che la scuotono… dica un po’, Antoinette, fuori fa così caldo, faccia entrare un po’ di sole, sta tremando. Ma che dico! usciamo, Antoinette, un cappello in testa, ci piazziamo su due sdraio nel suo bel giardino, con il prato come tappeto, i cespugli di fiori… oh, no, Lucas! è troppo devastato… ma come? mi alzo, spalanco la finestra, la sala da pranzo di colpo invasa dalla luce dorata di un’estate sfolgorante. Poggio i gomiti sulla sbarra, scruto i 50 m2 di prato lasciato a un brutale abbandono, entrando dal cortile non l’avevo notato… in effetti qui e là il manto è punteggiato di larghe chiazze d’erba ingiallita con al centro, come un cuore velenoso, stronzi di cane più o meno densi, liquidi, secchi, che s’infiltrano nel suolo. E ai piedi dei cespugli assetati, dai fiori rari, buchi profondi e monticelli di terra smossa. E dunque anche il giardino… trasformato in gabinetto per cani in deposito. Antoinette ha ragione, tutto sa di fine, un odore di cartone bagnato, di pasta da carta e colla tiepida, e miasmi di merda che esalano nella terra sotto il sole. La saliva mi si rivolta sul palato, richiudo la finestra, una tristezza come un sentimento avvelenato, lei no, dai recessi della sua età, quasi cent’anni: si stupisce? raccogliere le cacche per poter tosare il prato, riempire i buchi quasi ogni giorno? no, in giardino ha smesso di andarci, è molto più semplice… Ci sarà pure un’altra soluzione, Antoinette, suvvia! e… e Alix non può… ma insomma, Lucas! la conosce anche lei! lei… lei che la ama tanto!




Racconto tratto dalla raccolta 13 crudeltà, Quarup editrice, Pescara, 2010. Traduzione di Matteo Colombo.




Luc Lang
Luc Lang, nato a Suresnes (piccolo centro della cintura urbana parigina, sulla riva sinistra del Senna) nel 1956, da famiglia di estrazione operaia, è sicuramente uno tra i più premiati giovani scrittori francesi, e probabilmente “il più americano”.




    Torna alla homepage copertina I Saggi La Narrativa La Poesia Vento Nuovo Nuovi Libri