La Lavagna Del Sabato 25 Ottobre 2008


TIZIANO TERZANI E LA SUA LEZIONE DI VITA


Laura Di Simo





Ho incontrato, la prima e unica volta, Tiziano Terzani in un cinema di Firenze, gremito da scolaresche della provincia e di altre città: una piccola delegazione di professori (tra cui io) e studenti di scuole superiori veniva da Lucca. L’incontro pubblico era stato organizzato dalla Regione, rappresentata dal Presidente Claudio Martini e dall’amico e collega Massimo Toschi, oggi Assessore della Regione Toscana alla cooperazione internazionale, perdono e riconciliazione tra i popoli. L’argomento era la questione della pace nel mondo, allora più che mai messa in pericolo dall’attentato alle Torri Gemelle, l’11 Settembre 2001. La manifestazione si teneva infatti, secondo la mia ricostruzione, nei primi mesi del 2002 a seguito della comparsa sul “Corriere della sera” della famosa lettera di Oriana Fallaci intitolata La rabbia e l’orgoglio.

L’apparizione di Terzani sul palco, dove si svolgeva questo dibattito, al cospetto di un folto pubblico soprattutto di giovani, era di quelle destinate ad attirare l’attenzione, puntando anche sull’aspetto scenografico. Tiziano infatti indossava una tunica candida, con sotto larghi pantaloni all’orientale, sempre candidi e pianelle di tela. Sfoggiava una lunga barba bianca e capelli raccolti in un codino: spiccavano gli occhi mobilissimi e lo sguardo luminoso. Egli dunque, fedele alla linea scelta nei lunghi viaggi da giornalista, anche allora che era pensionato, dimostrava di aver introiettato lo stile di vita del paese che lo ospitava. Dal 2000, infatti, Terzani, che già da tre anni combatteva contro il cancro, si era ritirato in una casetta sull’Himalaya, nel tentativo di tenere a bada la malattia, affidandosi ora alle medicine alternative, ora alla meditazione, non con la certezza di aver trovato la verità, ma piuttosto con la curiosità di fare nuove esperienze. Il suo messaggio ai giovani, che rientrava nel progetto “pellegrinaggio di pace”, per appoggiare la campagna “Fuori l’Italia dalla guerra” promossa da Emergency fece centro e affascinò moltissimo, grazie anche allo stratagemma della mimesi: presentarsi cioè da orientale, pur essendo un occidentale.

Avevo letto alcuni suoi libri e lo conoscevo come giornalista impegnato, ma da allora ho seguito con maggiore interesse le sue vicende, fino alla scomparsa nel 2004.


Pregevole l’operazione di Alberto Malcagni di ricostruire la vita, l’attività giornalistica e letteraria di Tiziano Terzani. Questo manuale - credo si possa definire così - fa parte di un interessante progetto editoriale: la collana diretta da Francesco Coniglio è intitolata Contemporanei all’imbecillità e, come viene spiegato nell’introduzione, è dedicata alle voci fuori dal coro. Anche Terzani ci rientra, perché, pur non essendo uno sconosciuto, è un ‘non – allineato’, una voce perennemente alternativa, caratteristica che l’autore sottolinea, ripercorrendo e analizzando tutte le fasi della sua esistenza.

Si parte dalla polemica con personaggi contemporanei, che non hanno condiviso le sue scelte e le sue affermazioni, come Socci, Fallaci e Sartori, per arrivare poi, a mio parere, alla parte più interessante, che mette in contatto il lettore con il vero Tiziano, con il suo volto interiore, alla ricerca perenne della spiritualità. Risulta evidente allora come questo fine ultimo lo abbia guidato da sempre, anche quando da giovane non ne era del tutto consapevole e faceva il corrispondente nelle zone devastate dalla guerra, talvolta portandosi dietro la famiglia, per ottenere una totale integrazione. Dunque in origine c’era il bisogno di incontrare paesi come il Vietnam, la Cambogia e la Cina, dove - che ci fossero conflitti o no - apparentemente erano realizzati quei valori del comunismo, a cui la sua famiglia e la sua cultura l’avevano avviato. La scoperta di profonde contraddizioni all’interno di questi regimi, tuttavia, lo portava poi ad una sorta di rendiconto con la verità. La prima conseguenza dunque era la sua ribellione e relativa denuncia, che faceva scattare immediatamente l’ordine di espulsione (la più eclatante fu la fuga obbligata dalla Cina). Poco per volta, quindi, esperienza dopo esperienza, Terzani, che aveva ben imparato a guardarsi dentro, scopriva che la vera motivazione dei suoi viaggi e della full immersion nella cultura e negli usi e costumi orientali andava ben oltre i suoi reportage di guerra: era la ricerca della verità e/o della spiritualità che lo portava a mescolarsi con la gente, a diventare uno di loro, cosa che i suoi colleghi, i giornalisti di ieri e di oggi normalmente non fanno.

Il lavoro di Malcagni (Tiziano Terzani, Collana Contemporanei all’imbecillità, Coniglio editore, Roma 2007) dunque con puntualità e precisione quasi scolastica, ma anche con abilità analitica e descrittiva, arriva a farci capire pienamente questo aspetto essenziale della figura del grande giornalista, che si realizza soprattutto negli ultimi suoi tre libri: Lettere contro la guerra ( 2002), Un altro giro di giostra (2004) e La mia fine è il mio inizio, che è stato pubblicato dal figlio Folco nel 2006 e riporta fedelmente il testamento spirituale che Tiziano, ormai prossimo alla fine, nella sua casa dell’Orsigna,volle lasciare ai suoi figli.

Pertanto ritengo opportuno invitare anche chi non sa niente del suo impegno di scrittore e di uomo a scorrere le pagine del volume a lui dedicato: imparerà così a conoscerlo e ad apprezzarlo e sentirà nascere la curiosità e la voglia di leggere le testimonianze e i libri da lui prodotti, in cui trovare quella lezione di vita che è la sua vera eredità.



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