La Lavagna Del Sabato 18 Aprile 2009


COSĖ HO AVVELENATO GOULART, IL PRESIDENTE SCOMODO

Antonella Rita Roscilli






Trentadue anni dopo la morte di João Goulart, Presidente della Repubblica in Brasi­le dal 1961 al colpo di stato dei 1964, alcuni quotidiani brasiliani pubblicano in piena estate la notizia che l'ex presidente potrebbe essere stato avvelenato nell'ambito del famigerato Piano Condor. A rivelarlo é l'ex agente del servizio di intelligence del governo urugua­yano Mario Neira Barreiro che, in un'intervista pubblicata online dal quotidiano "A Folha de São Paulo" il 27 gennaio scorso, ha affermato che Goulart "fu assassinato per avvelenamento su richiesta del governo brasiliano. La sua morte fu il risultato di uno scambio di medicine adulterate da un medico uruguayano, capitano del servizio segreto. Il primo ingrediente chimico era arrivato dalla Cia e fu testato su cani e malati terminali". João Goulart viveva in esilio da quando il regime militare aveva instaurato in Brasile una feroce dittatura che durò fino al 1985. Visse dapprima in Uruguay e poi in Argentina dove mori di attacco cardiaco all'alba del 6 dicembre 1976, nella sua fazenda a Mercedes. Aveva 57 anni e fu sepolto in tutta fretta e senza autopsia a São Borja, la sua città natale, nel Rio Grande do Sul.

I sospetti sulla morte vennero avanzati dalla famiglia già negli anni '80, ma all'epoca il Brasile era ancora sotto il regime militare. Solamente nel 2001 la camera dei deputati incaricò una commissione esterna di avviare le indagini, ma non si giunse ad alcuna conclusione. Ora i familiari di Goulart chiedono ancora una volta alla procura generale della Repubblica di investigare sul supposto complotto, e lo fanno alla luce delle nuove dichiarazioni di Barreiro.

Il colpo di stato del 1964 depose un presidente legittimamente eletto e deciso a trasformare il paese. João Goulart, detto Jango, apparteneva al Ptb (Partido Trabalhista Brasileiro) e assunse la presiden­za il 7 settembre 1961. Nel 1962 divulgò il "Piano triennale" elaborato dall'economista Celso Furtado per combattere l'inflazione e sviluppare il paese. Voleva realizzare riforme di base nell'ingiusta struttura agraria, nel campo tributario, amministrativo, bancario e educativo, proponendo una scuola viva che rivendicasse l'identità brasiliana. Approvò leggi che garantivano benefici ai lavoratori urbani e rurali e cercò di diminuire la partecipazione delle imprese straniere in alcuni setto­ri strategici dell'economia. Mantenne una politica estera indipendente e si rifiutò di appoggiare un'invasione di Cuba proposta dal presidente statuni­tense John F. Kennedy. Questa potrebbe essere stata una delle ragioni che determinarono la partecipazione diretta del governo degli Stati Uniti alle cospi­razioni per il golpe. Il 19 marzo 1964 a São Paulo fu organizzata la "Marcia della famiglia con Dio per la libertà", per mobilitare l'opinione pubblica con­tro il governo Goulart che, si diceva, "avrebbe finito per impiantare il comu­nismo in Brasile". Il 31 marzo 1964 si ebbe il colpo di stato e João Goulart perse i diritti politici per dieci anni. Fu l'inizio di una feroce repressione in tutta l'America Latina che coinvolse Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Cile e Bolivia. In seguito all'insorgere dei movimenti di liberazione nazionale gli Usa decisero che la loro sicurezza dipendeva anche dal controllo delle ideologie dei paesi sotto la loro egemonia. Il Piano Condor era stato creato con la regia statunitense proprio per coordinare una delle più spietate campagne di repressione contro qualunque opposizione. Portava il nome del condor, uccello tipico delle Ande, simbolo di astuzia nella caccia alle prede. Di sorve­gliare la "sicurezza interna" dei paesi vennero incaricate le forze armate locali, che si trasformarono in forze di occupazione: tutto ciò che riguardava ri­vendicazioni sociali o proposte di cambiamenti strutturali costituì da allora una minaccia all'ordine costituito.

Tra il 1976 e il 1977, a distanza di pochi mesi, in Brasile morirono i tre principali politici esiliati dopo il colpo di stato: l'ex presidente Juscelino Ku­bitschek mori il 22 agosto 1976 in un incidente di auto, Jango morì in Argen­tina nel dicembre dello stesso anno, l'ex governatore di Rio Carlos Lacerda mori in ospedale il 21 maggio 1977. In una lunga intervista pubblicata dal giornale "Brasil de fato" il 24 gennaio 2008, João Vicente Goulart, figlio di Jango ed ex-deputato, parla del processo aperto dalla famiglia contro le re­sponsabilità del governo statunitense per la morte del padre. Al Tribunale superiore di giustizia la famiglia Goulart ha chiesto inoltre agli Stati Uniti un indennizzo per danni materiali e morali sofferti dopo il golpe.

"In realtà - afferma João Vicente - tutto è iniziato nel 2002 quando l'ex ambasciatore statunitense Lincoln Gordon è venuto in Brasile per lanciare il suo libro sui fatti che anticiparono il colpo di stato. In due interviste al programma "Fantastico" di Rete Globo e alla Tv Cultura, Gordon affermò di aver usato 5 milioni di dollari della Cia per distruggere il governo João Goulart. Come possiamo accettare che nel nostro territorio uno statunitense venga a dire tranquillamente di aver stracciato la costituzione del nostro paese? In quel momento era reo confesso e fu allora che comprendemmo che non si era trattato solo di distruggere Jango. Fu molto di più".

In Brasile secondo i dati Ibge del 2004, su una popolazione di 183 milioni di abitanti gli analfabeti sono 14,6 milioni e gli analfabeti funzionali (che sanno solo leggere e scrivere il proprio nome) sono 32,1 milioni. Nel paese 56 milioni di persone vivono sotto la soglia della miseria, la massa sopravvive con seri problemi economici e non ha una coscienza politica. Grazie anche a que­sto, la vicenda di João Goulart si dissolse nell'indifferenza generale.

Il 15 luglio 2007 il giornalista Sérgio D’Avila pubblica online sul giornale "A Folha de São Paulo" un articolo dal titolo "Il Piano degli Stati Uniti anticipò l'azione dei militari". D’Avila rivela che "i1 governo statunitense si appresta a trasformare in archivio elettronico la serie di documenti che provano il coin­volgimento degli Stati Uniti nel golpe militare in Brasile e tra i documenti c'è un piano che rimarrà in cartaceo, custodito in una cartella della sezione degli Archivi nazionali a College Park, nello stato del Maryland, vicino a Washington. Si chiama "A Contingency Plan for Brazil" e risale all'11 dicembre 1963. Fu scritto da Lincoln Gordon e Benjamin Head, all'epoca rispettivamente amba­sciatore degli Stati Uniti in Brasile e segretario esecutivo del dipartimento di stato. Il piano elencava possibili azioni per causare una crisi istituzionale e politica in Brasile e suggeriva possibili interventi del governo americano. Uno di queste si intitolava 'Allontanamento di Goulart con le forze costruttive' e preve­deva l'uso della "persuasione" affinché João Goulart lasciasse il governo, gli succedesse ad interim l'allora presidente della camera Ranieri Mazzilli, e ci fosse un colpo militare". Secondo D’Avila nel fascicolo descritto si trova un telegramma in cui l'ex ambasciatore Gordon chiede "l'invio clandestino di armi di origine non americana" ai "sostenitori del generale Castello Branco", il primo dei cinque generali-presidenti che fino al 1985 terranno in piedi il regime militare: è l'operazione "Brother Sam" che sarà accettata e finanziata dal governo statunitense con invio di munizioni, gas lacrimogeni, caccia e navi armate di missili. Lincoln Gordon, autore del piano e oggi novantatreenne, vive in una casa di riposo vicino a Washington e, in­tervistato da "A Folha de São Paulo", ha tranquillamente giustificato il suo operato dicendo che il Brasile "poteva diventare una seconda Cuba".

Nel penitenziario di massima sicurezza brasiliano di Charqueadas, vicino alla città di Porto Alegre, nel Rio Grande do Sul, si trova rinchiuso Mario Neira Barreiro, condannato alla pena di 18 anni per furto, formazione di guerriglia e possesso illegale di armi. Cinquantatreenne.

agente dell'intelligence del governo uruguayano dal 1973 al 1990, Barreiro descrive al giornalista de "A Folha de São Paulo" il suo lavoro nel Gruppo Gama, il servizio di intelligence uruguayano negli anni '70 e, in dettaglio, racconta dell'Operazione Scorpione (subor­dinata al Piano Condor) che prevedeva l'assassinio di Goulart. Afferma di aver controllato Goulart dal 1973 al 1976, e che venne avvelenato per ordine del brasilia­no Sérgio Fleury, allora delegato del Dops, Dipartimento di ordine politico e sociale, il cui obiettivo era controllare e reprimere movimenti politici e sociali contrari al regime. Secondo Barreiro, Sérgio Fleu­ry si riuni con i comandanti del servizio di intelligence in Uruguay e nell'in­contro furono accertati dettagli dell'Operazione Scorpione. João Goulart pia­nificava forse il suo rientro in Brasile e allora cosa fare con lui vivo e magari nel paese, testimonianza di altri tempi? Perciò l'indicazione fu di vigilare i suoi passi, regolare le sue azioni e, se possibile, eliminarlo fisicamente. Secon­do Barreiro le capsule avvelenate furono piazzate in scatole di medicinali appena giunte dalla Francia. "Riuscimmo a mettere il veleno nelle medicine. Dopo la morte il corpo non si sarebbe dovuto esaminare per 48 ore, perché la sostanza poteva essere identificata".

L'ipotesi che Goulart sia stato perseguitato e assassinato dal regime mili­tare divide gli studiosi: per esempio Jorge Luiz Ferreira, storico dell'Università federale fluminense, afferma che non ci sono prove dell'omicidio e bisogna, inoltre, tener conto dello stato di salute in cui versava ìl presidente. Neiva Moreira, giornalista brasiliano e esiliato politico, racconta invece che nel settembre 1974 ricevette a Buenos Aires la visita di un diplomatico. "Ci sono due liste: una contiene i nomi dei deportati e l'altra - gli disse - di quelli che devono essere uccisi.Tu sei il primo della lista dei deportati. João Goulart è nell'altra lista".

La vicenda di João Vicente Goulart oggi esige una presa di posizione da parte della giustizia brasiliana per chiarire i sospetti. E per la prima volta la pubblica accusa e la polizia federale del Rio Grande do Sul hanno deciso di investigare sui fatti avvenuti. "Lottiamo per il riconoscimento di diritti legati ad uno dei leader più maltrattati nella storia del Paese" afferma Christopher Goulart, nipote di Jango e avvocato responsabile del processo.

Sempre nell'intervista concessa a "Brasil de fato" João Vicente Goulart ha detto: "Penso che il governo del presidente Lula deve appurare questa lunga storia... Abbiamo mandato la richiesta per aprire un'indagine al procuratore generale della Repubblica. Forse è l'ultima opportunità per chiarire non solo la morte di Jango ma anche la morte di Juan José Torres, ex presidente della Bolivia assassinato dall'Operazione Condor a Buenos Aires, la morte del gene­rale Pratts, militare cileno morto in esilio, e la sparizione di 30mila persone. Tecnicamente potrebbero dirci che non si può investigare perché qualsiasi assassinio dopo 20 anni cade in prescrizione, ma se non otterremo una rispo­sta dalle autorità del Brasile ci rivolgeremo al Tribunale internazionale dell'Aja. Non vogliamo omissioni, l'omissione è una voce muta che la Storia non può permettere".

Nell'aprile 2008, nel portale della camera dei deputati, è apparsa la notizia che Pompeo de Mattos, deputato del Pdt e presidente della Commissione dei diritti umani, ha aperto un'inchiesta pubblica per "chiarire cosa fu l'Ope­razione Condor e per scoprire la verità sulla morte dell'ex-presidente João Goulart". Il ministro Paolo Vannuchi della Segreteria speciale dei diritti uma­ni della presidenza della Repubblica afferma che "presto il ministro Dilma Roussef, responsabile dell'Archivio nazionale. annuncerà l'accesso agli archivi delle commissioni generali di investigazione sulla corruzione, del Consiglio di sicurezza nazionale e dell'antico Servizio nazionale di informazioni". Secondo Vannuchi l'esecutivo modificherà la legge 11.11105 sull'accesso ai do­cumenti secretati per creare un organismo che possa ricevere informazioni, testimonianze e archivi finiti indebitamente nelle mani di ex-partecipanti alla repressione.

Dopo quarantaquattro anni, forse il popolo brasiliano avrà diritto alla verità e alla memoria storica.


(Articolo tratto dalla rivista Latinoamerica, n° 1-2 del 2008.)



Antonella Rita Roscilli, giornalista brasilianista, si occupa di cultura latinoamericana e letteratura africana di origine portoghese.



 


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